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Autore: norawasabi    06/12/2015    1 recensioni
Newtmas | AU | OOC
Thomas e Minho custodiscono un segreto, ma per un errore maldestro compiuto da Thomas questo segreto verrà condiviso con una terza persona.
Ciò che tiene nascosto Newt, invece, è ben diverso. E non sarà rivelato tanto facilmente.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Minho, Newt, Thomas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era passata una settimana dalla morte di Teresa.
La vita di Thomas si era fermata, così come quella del resto degli abitanti del piccolo paesino.
L’intera scuola perse il suo caratteristico entusiasmo che la distingueva da tutti gli altri licei nelle zone intorno, la morte di una studentessa aveva portato una nebbia pesante nei corridoi e tutti sapevano che vi sarebbe rimasta per un bel po’.
Harriet e Sonya si premurarono di sistemare alcuni effetti personali della ragazza nel suo armadietto, posizionando qualche candela finta nel centro cosicché nessun oggetto potesse bruciarsi.
Ad ogni pausa o intervallo almeno una mezza dozzina di studenti si riunivano davanti al luogo destinato ai ricordi: Teresa era popolare e molto amata, anche se da fuori Thomas era convinto che non si notasse.
La fanciulla indipendente, misteriosa, affascinante e tremendamente bella faceva breccia nel cuore di chiunque, e il fatto che se ne fosse andata aveva scosso l’intero ambiente intorno a lei.

< Thomas? > una flebile voce femminile attirò l’attenzione del ragazzo, che si voltò di scatto.
Era Brenda, e stava sorridendo dolcemente.
< Stai fissando l’armadietto da quindici minuti buoni. > continuò.
Thomas si avvicinò a lei e l’abbracciò. < Scusami. Pensavo. >
< A cosa? > chiese lei, senza allontanarsi.
< A quello che è successo nelle ultime due settimane. Mi sembra un sogno, è tutto così assurdo… non riesco ancora ad abituarmici. Io non… >
Brenda fece un passo indietro, scambiando sguardi intensi con Thomas quasi come se volessero scrutarsi i pensieri per rivelare ciò che non avevano il coraggio di dire.
< Non mi sento più parte di questo mondo. È cambiato tutto, non sembra la realtà. Non mi aspetto che tu capisca, è solo che… >
Brenda inarcò le sopracciglia in segno di preoccupazione. < Non capisco la tua situazione, ma so cosa vuol dire quando la tua vita viene sconvolta profondamente. E so che c’è bisogno di tempo. >
Thomas annuì distrattamente, poi volse il suo sguardo verso le scale alla fine del corridoio concentrandolo sull’unica persona che contava in mezzo alla massa di studenti seduti sui gradini.

E il suo cuore cadde in un abisso.

< Non è più successo nulla fra voi due? >
Il ragazzo sospirò rumorosamente, il che bastò come risposta.
Il dolore che provava dentro di sé non aveva minimamente a che fare con ciò che mostrava esternamente, e questo gli aveva procurato esattamente ciò che cercava: la pace.
Nessuno, fatta eccezione per Minho e Brenda, gli aveva rivolto la parola.
Nessuno aveva cercato di consolarlo con il solito finto buonismo.
Nessuno gli aveva chiesto della morte di Teresa, come se assistervi di persona non fosse già stato abbastanza.
Tutti si mantenevano a debita distanza, sia per indifferenza che per paura a causa delle dicerie che giravano su di lui e quella sera.
Tutti quanti, compreso Newt, anche se per motivi diversi.
L’unico dal quale avrebbe potuto trarre il conforto necessario per andare avanti anche a rilento lo ignorava, proprio come facevano tutte le persone con le quali non aveva mai avuto a che fare.
Come se non si fossero mai conosciuti.
Come se il tempo fosse tornato a quattro anni prima.
Thomas notò che Brenda lo stava fissando insistentemente ma non poteva fare a meno di seguire Newt con gli occhi, non era in grado di togliere le catene, non voleva.
Si accorse del suo sguardo spento, della camminata a rilento, delle labbra torturate dai mille morsi che probabilmente si era inflitto fino a pochi istanti prima, delle occhiaie che marchiavano il suo viso, delle nocche costellate di lividi e abrasioni.
Thomas avrebbe voluto contribuire al suo bene piuttosto che al suo male, ma tutto era andato storto.
Gli errori commessi non sarebbero mai stati cancellati o dimenticati.
In un istante crebbe in lui un forte senso di angoscia che ancora non aveva provato da quando era morta Teresa.
Fu la prima emozione che percepì da una settimana a quella parte, e non gli piacque affatto.
C’erano ancora molte cose alle quali voleva rimediare, questioni da chiarire, faccende da portare alla luce ma, inspiegabilmente, aveva la costante e molesta impressione che il tempo stesse per esaurirsi, che di lì a poco tutto sarebbe finito e lui sarebbe stato irrimediabilmente costretto a vivere a metà.
Mentre Thomas osservava Newt voltare l’angolo e sparire, lasciò scappare una lacrima.
Come a voler lasciare spazio alle altre che si sarebbero accumulate senza possibilità di essere liberate.

E si sentì male solo immaginando quante avrebbe dovuto trattenerne ancora.
 

Dopo aver passato un po’ di tempo con Brenda chiarendole un’ultima volta tutta la faccenda dalla quale, almeno lei, era riuscita a sfuggire, Thomas uscì nel cortile interno della scuola intento a dirigersi sulle panchine intorno al campo da basket.
Tirò un sospiro di sollievo rendendosi conto che, quasi certamente, Brenda era l’unica persona in grado di capire le circostanze senza lasciarsi prendere impulsivamente dalle emozioni.
Non l’aveva sorpresa a incazzarsi per essere stata tenuta all’oscuro di tutto da quando si erano conosciuti fino ad allora, né tantomeno era rimasta delusa.
Aveva semplicemente accettato la realtà dei fatti, ma soprattutto gli aveva offerto sostegno.
Nonostante non fosse direttamente coinvolta, Brenda era disposta a stargli vicina e questo fece sentire Thomas a casa.
E felice.
E non voleva negarselo solo perché la sua vita sembrava essere sommersa di sbagli e conseguenze dolorose.
 

Le lezioni continuavano e Thomas non aveva intenzione di parteciparvi.
Preferiva di gran lunga il gelido pavimento del campo da gioco sul quale si era sdraiato.
Man mano che le nuvole passavano sopra di lui a una velocità insolita, Thomas riviveva secondo per secondo la morte di Teresa.
Il corpo che si accasciava sull’asfalto duro, gli occhi vitrei sofferenti, la folla urlante che quasi sicuramente non sapeva nemmeno cosa stesse succedendo in realtà, i medici dell’ambulanza che, con fare rassegnato, annunciavano l’impossibilità di fare qualcosa per salvare la sfortunata ragazza.
Thomas sapeva che non si trattava di sfortuna perché, per l’ennesima volta, era stata colpa sua.
Una folata di vento pungente lo travolse riportandolo al momento in cui Teresa indietreggiò cadendo nella trappola mortale delle autostrade, momento in cui Thomas percepì il colpo insieme a lei.
Chiuse gli occhi, inspirò ed espirò profondamente, poi si portò alla bocca la sigaretta che aveva sfilato dalla tasca di un tale e la finì rapidamente.
Riaprì gli occhi e permise alla luce solare filtrata attraverso le nuvole di accecarlo.
Non chiuse gli occhi.
Voleva sentire qualcosa.
Voleva osare, voleva tormentarsi per ricominciare a provare sulla sua pelle gli stimoli esterni.
Spense definitivamente il mozzicone sul dorso della sua mano.
Niente.
L’unica cosa che sentì furono dei passi pesanti e strascicati, che terminarono con un tonfo proprio al suo fianco.
< Thomas, che cazzo stai facendo qui? >
< Lo stesso che stai facendo tu, Minho. Salto le lezioni. >
L’asiatico imitò Thomas coricandosi sulla schiena, emettendo nel mentre un verso di fastidio.
< Si gela. Potevi scegliere un posto migliore. > lo riprese, persistendo con il suo atteggiamento da ispettore.
< Chissene. > fu la risposta.
Minho ridacchiò, poi si avvicinò cautamente all’amico quasi a voler sfruttare il suo calore per riscaldarsi. < Hai visto cos’ha lasciato Joshua Miles nell’armadietto di Teresa? Agghiacciante. >
Thomas si voltò e, finalmente, guardò in faccia Minho. < No, non ho visto. Cos’ha lasciato? >
< Ha scritto una specie di poesia d’amore e l’ha appesa sullo sportello interno. Secondo me è un’idiozia. >
< Secondo me anche. >
< Non vai a vedere? > continuò l’asiatico.
< Fra un po’. Sei appena arrivato, mi vuoi già fuori dalle palle? >
I ragazzi si concessero qualche minuto di pausa da tutto lo stress accumulato e dall’orrore al quale avevano assistito.
Thomas si sentì persino in colpa a ridere dopo tutto quello che era accaduto, ma non poteva farne a meno. Minho faceva quell’effetto.
< Comunque, Minho… >
< Discorso serio? >
Thomas sorrise impercettibilmente, sollevato dal fatto che non ci fosse stato bisogno di introduzioni imbarazzanti.
< Non riesco a smettere di pensare a cosa sarebbe successo se non avessi detto o fatto determinate cose. Per colpa mia Hanna e Teresa sono morte, e Newt… Dio solo sa cosa ha passato e sta passando tutt’ora. Vivo con questo sentimento ogni giorno anche se in realtà non riesco a provare più nulla. >
Minho si alzò e si mise a sedere, scrutando l’orizzonte. < Dire a una bambina che c’è un ponte nel bosco non ti rende l’artefice della sua morte. Cercare di aiutare una ragazza che non è in condizioni di badare a se stessa non fa di te un assassino. Il modo in cui ogni persona percepisce gli avvenimenti esterni non è affare tuo. >
Thomas si tirò su e squadrò l’amico per la seconda volta. < Avrei dovuto immaginare che Hanna ci sarebbe andata da sola. Avrei dovuto sapere cos’avrebbe escogitato la mente perversa di Teresa dopo aver scoperto che non l’amavo. Avrei dovuto pensare di più ai sentimenti di Newt anziché fare l’egoista. Minho, lo sai anche tu che se non avessi fatto certe cazzate ora sarebbe tutto a posto. >
Minho si voltò e Thomas si stupì alla vista di tale serietà dipinta sul volto dell’asiatico.
< Niente di ciò che hai fatto aveva cattive intenzioni nascoste o evidenti. Non sei crudele, Thomas. Puoi ancora riparare il riparabile. >
Le lacrime che tanto si era impegnato a trattenere fuoriuscirono come se non avessero aspettato altro per tutto il tempo.
Dopo una settimana si era realmente reso conto dell’accaduto e, per la prima volta, si lasciò andare.
Percepì un vuoto, precedentemente colmato da Teresa, allargarsi dentro di sé.
La testa cominciò a girargli vorticosamente e, appena si stabilizzò di nuovo, prese furiosamente a rovistare nelle tasche del suo vecchio giubbotto, infine tirandone fuori un braccialetto logorato di pelle nera.
Lo osservò per una manciata di secondi, dopodiché tirò una pacca a Minho e si diresse fulmineo verso l’armadietto di Teresa.
Non trovò anima viva nei dintorni.
Si avvicinò cautamente a quella sottospecie di altarino pieno di oggetti inutili e privi di significato, poi si soffermò ad osservare una foto vecchia della ragazza.
Appese il braccialetto come meglio poteva all’angolo in alto della cornice e, con un debole sorriso, si concentrò su un piccolo particolare dell’immagine che solo ai suoi occhi poteva risaltare.
Tra i mille gioielli colorati che coprivano interamente il polso di Teresa, uno in particolare spiccava in mezzo agli altri: un bracciale di pelle nera.
 

< Hai visto quant’è patetico Joshua Miles? >
Una voce roca ed improvvisa ottenne tutta l’attenzione che Thomas stava riponendo nella foto.
Non voleva girarsi.
Sapeva a chi appartenesse.
< Non l’ho ancora letta, sinceramente. La… la poesia, intendo. >
< Avevo capito. >
Silenzio.
< Ti va di parlarne? >
Thomas sussultò. < Mh? >
< Vuoi che parliamo o no? >
Newt si avvicinò a Thomas sperando che prendesse coraggio e lo guardasse in faccia.
E così fu.
< Perché vuoi farlo? > chiese con voce tremante, ancora incredulo.
< Perché non ho ancora sentito la tua versione dei fatti. >
Thomas rimase immobile, incerto su cosa dovesse dire e come dovesse dirlo.
< Non le ho detto di andarci. >
Newt annuì, incitandolo a continuare.
< Le ho parlato del ponte, poi… l’ho vista casualmente sul ciglio della strada, voleva entrare nel bosco. Io e Minho l’abbiamo inseguita fino a lì. >
Nonostante gli occhi lucidi, Newt era intento ad ascoltare ogni singola parola.
< Nessuno ci andava da tempo. Non pensavo che l’avrebbe fatto. Era un discorso casuale, io… >
< Va bene così, Thomas. >
Thomas inarcò un sopracciglio.
< Ho bisogno che tu mi prometta una cosa. > fece un respiro profondo, poi continuò. < Niente più segreti. > concluse, con la voce oramai quasi distrutta dal pianto trattenuto.
Thomas annuì lievemente, spostando lo sguardo sul pavimento. < Quindi… ricominciamo? >
Newt gli sorrise. < No. Andiamo avanti cercando di non crollare di nuovo. >
Dopo qualche secondo di quiete e occhiate imbarazzanti, il discorso riprese.
< Non volevo farti soffrire. >
< Lo so. >
< Ho fatto cazzate troppo grandi per poter andare avanti senza distruggermi ancora. >
Newt accorciò ancora di più la distanza fra di loro. < Con il tempo tutto migliora. Lo so per esperienza. > disse con voce bassa e rilassata.
< Non ce la faccio, Newt. Affogo nelle colpe. È insostenibile. >
< Non hai colpe, Tommy. Fidati se ti dico che il tempo fa molto più di quanto tu creda. Se ti fidi di me, stai già facendo progressi. >
Thomas faticava a capire cosa stesse succedendo intorno a lui, parlare di nuovo con Newt si avvicinava più ai suoi sogni che alla realtà e tutti i sentimenti che aveva segregato nel profondo del suo animo ora gravavano su di lui contemporaneamente, senza un briciolo di pietà.
Il tempo era l’unico fattore che gli avrebbe permesso di capire chi fosse e cosa avrebbe dovuto fare negli anni a venire.
Non pretendeva affatto una strada facile, né una corta.
Voleva solo stare bene.
E per farlo, doveva fidarsi di Newt.
Dei suoi amici.
Ma soprattutto di se stesso.
< Mi hai capito, Tommy? Impara dal passato senza piantare radici, e pensa al futuro. >
Thomas deglutì sonoramente. < Posso considerarti parte del mio futuro? >
Newt si avvicinò e gli stampò un lieve bacio sulle labbra.
< Sì. >

 
 
A/N
… Un mese.
Esatto.
UN MESE.
Vabbè, inutile dirvi che vi scriverei tremila pagine di scuse prolisse e disperate.
MA!!
Non lo faccio perché dai, andiamo, nemmeno io avrei voglia di leggerle.
Btw, passiamo al dunque.
Mi scuso velocemente per lo schifo che trasuda questo capitolo ma io vi giuro che ho perso l’ispirazione da un giorno all’altro.
Se stai scrivendo una fanfiction ma non hai né tempo né ispirazione stai pur certo che ce l’hai nel culo.
Poi se sei fortunato ti sblocchi, ma succede solo ai piùbbravi. A me no, per l’appunto.
Davvero, se questo capitolo vi fa schifo ditemelo.
Non mi è venuto altro in mente, anche perché le cose rimaste da dire per me erano ben poche.
Ah, spero che almeno qualche individuo piccino sia rimasto sorpreso dalla morte di Teresa perché ho cercato di rendere il tutto più misterioso possibile nel capitolo precedente.
POI CIOÈ, VOGLIO DIRE, Secrets è finita.
F I N I T A
A D I O S
G O O D B Y E
Sono triste, ma anche felice (soddisfatta forse è un termine più corretto).
Chi mi ha seguita fin qui sappia che lo amo con ogni cellula del mio corpo.
No, davvero, anche se non recensite io apprezzo lo stesso tutte le visite che ricevo.
Magari tante sono perché la gente apre per caso, MA DETTAGLI.
Mando un bacio a tutti.
E tanti gattini.
Grazie davvero. E a presto :B
- Nora
P.S.: Appunto velocissimo !!! Ho preso spudoratamente spunto da James Dashner (anche detto il mio secondo papà) per una frase. Forse l'ho pure scopiazzata malamente, ma vbb. Non sto a dirvi qual è, tanto lo capite.

 
   
 
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