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Autore: Sanae77    06/12/2015    10 recensioni
Sinapsi
si•nà•psi
1. In neurofisiologia, la connessione funzionale tra due cellule nervose o fra una cellula nervosa e l'organo periferico di reazione.

E se questa connessione avvenisse anche tra due persone?
Svegliarsi e non sapere dove si è collocati.
Non ricordare come ci si è arrivati.
Essere da soli, ma essere coscienti che di solito accanto a noi c’è un'altra persona, che però non c’è.
Un percorso particolare per scoprire la vita della coppia più famosa di CT.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordo
 
Tsubasa
Afferro il telefono, devo dirglielo, dopotutto stiamo insieme da cinque mesi, non posso partire senza farle sapere niente.
Ho fatto il suo numero di casa, il telefono squilla, squilla… sembra che squilli da un secolo, ma forse è solo la tensione.
Finalmente il ricevitore viene sollevato. “Pronto?” la sua voce, calda, bellissima.
“Ciao, sono Tsubasa”
“Ciao”
“Senti… volevo dirti che domai… beh domani parto per il Brasile” esclamo tutto in un fiato, l’urgenza di dirlo in fretta sembra che faccia scomparire il dolore che sento, ma è solo un'impressione e l’assenza di suoni dall’altro lato me ne da la certezza.
… silenzio
“Sanae, ci sei?” chiedo in un soffio.
“Sì, scusa è che non me lo aspettavo, quindi è arrivato il momento” il suo tono è cambiato; lo avverto, è triste.
“Già”
“Ci saranno tutti a salutarti?”
“Preferirei di no, mi farebbe solo star male, ma… non potevo partire senza dire niente a TE”
… silenzio, poi un sospiro, sento tirare sul con il naso.
“Sanae, non piangere, sai che sono felice di partire, che è il mio sogno.”
“Sì, però… staremo anche tanto tempo senza vederci.”
“Ci sentiamo per telefono, per e-mail… ok?”
… ancora nessuna parola da lei per qualche attimo, poi un profondo respiro come per farsi coraggio.
“Ok, Capitano”
“Perfetto Manager, a presto”
 
Ma lei non aveva seguito la mia richiesta, ed era venuta ugualmente alla fermata del bus per salutarmi.
 
Siamo l'una di fronte all’altro, avrei un'infinita voglia di stringerla a me, di baciarla, di toccare la sua pelle, di sentire il suo profumo, ma non siamo nell’intimità di casa, di una via nascosta, o degli spogliatoi, o perché no… nell’imbarazzante stanza dei cancellini.
Siamo in strada e decisamente non si può.
Di fronte a me, con un pacchetto in mano, un dono da portare con me, lo apro e vedo dei magnifici scarpini nuovi, spero proprio che mi porteranno fortuna in Brasile.
 
 
Sanae
Il momento tanto temuto è arrivato, da soli a una fermata del pullman. Cerco di reprimere le lacrime che sento premere all’angolo degli occhi, sorrido perché ha aperto il pacco e vedo la felicità scorrere nel suo sguardo, ci fissiamo per un attimo, e sì Tsubasa, anch’io avrei voglia di baciarti, ma so già che non lo faremo, perché siamo in strada.
Un rumore ci distrae, il mezzo che lo porterà via da me sta arrivando, il suo sguardo cambia, con una mossa solleva il suo migliore amico e lo fa arrivare alle sue mani, poi me lo porge, io lo afferro ringraziandolo, so perfettamente cosa significa, è il suo pegno d’amore per me.
Si volta e s’incammina verso il bus, stringo forte il pallone a me, come se stringessi lui, come se salutassi lui.
Non resisto lo chiamo: “Tsubasaaa”, si volta e io proseguo: “Realizza il suo sognoooo” con un saluto militaresco mi sorride, annuisce e sale sul mezzo senza voltarsi mai indietro, ed è lì che non riesco più a trattenere le lacrime, mentre veloce sto correndo con il pallone tra le braccia verso casa.
E da quel preciso momento la mia vita si è trasformata, ho capito cosa volesse dire le parole lontananza, tempo, attesa.
Tutto è cambiato, la percezione del tempo è modificata; da quel giorno in avanti il tempo è scandito da ritmi precisi. Alla fine ho deciso di togliere anche l’orologio dal polso, perché non sopporto più di vedere questo tempo che passa così lento, così immobile.
Da quando è partito, soltanto un messaggio, ‘sono arrivato tutto bene’ mi ha scritto. Da quel messaggio sono passati altri dieci giorni e di lui nessuna notizia, ho immaginato che all’inizio avrebbe dovuto organizzarsi, ma adesso che devo fare?
Non chiedo tanto, un messaggio la sera, che so ‘sto bene, mi manchi’.
Tu sai quanto mi manchi Capitano? Lo sai? No, non lo immagina, perché lui ha il suo adorato pallone.
Sono in camera, qua con me il suo ‘pegno d’amore’ che sto facendo rotolare avanti e indietro sotto la pianta del piede, mi verrebbe quasi voglia di prenderlo a pedate, chissà magari facendo due tiri scarico pure io tutta questa rabbia e frustrazione.
Decido così di andare fuori, forse mi aiuterà a superare questa giornata.
Prendo la palla sotto braccio ed esco, non faccio altro che rimuginare, e senza accorgermene raggiungo il campo di allenamento, è tardi, è quasi il tramonto ed è vuoto. Cammino trascinando i piedi e una volta arrivata al centro, mi metto seduta a gambe incrociate con la palla in mezzo.
Mi manca, come l’aria, come l’acqua che da vita, mi manca come il sangue che scorre nelle vene. Una prima goccia si deposita sulla mia gamba, con la mano tento di asciugare le lacrime, ma non stanno sgorgando dai miei occhi, alzo lo sguardo, è il cielo sopra di me che sta piangendo.
“Perfetto” mormoro a me stessa, mentre mi lascio avvolgere dalla pioggia, anche se adesso piango, nessuno se ne accorgerà.
La pioggia scende fredda lungo tutto il mio corpo, non me ne curo, è caldo, è estate e francamente è il mio ultimo pensiero.
Non capisco perché, ma improvvisamente l’acqua non cade più, alzo lo sguardo al cielo e vedo un ombrello sopra di me, mi volto e incontro il dolce sguardo di Yukari: “Sanae ti ammalerai così, vieni ti accompagno a casa” mi dice.
“Non importa, ti ringrazio, voglio stare ancora un po’ qua; da sola.”
Si china vicino a me posando un ginocchio al suolo, mentre una mano adesso la sento sulla mia spalla. “Non poi stare così finché non torna, lo sai che il Capitano non vorrebbe vederti in queste condizioni!” Mi suggerisce lei.
“Lo so, ma non posso farne a meno, vedrai che con il tempo mi abituerò… adesso è troppo presto per altro.”
Mi afferra per un braccio e mi tira su. “Forza alzati, non ti lascio qua a prendere un broncopolmonite” mi intima con decisione.
Quindi, come un automa la seguo mentre mi riaccompagna a casa. Esattamene non ricordo come sono finita a letto lavata e vestita, so soltanto che da quel giorno la mia amica mi è sempre stata vicina, coinvolgendomi in tutte le sue attività e cercando di farmi partecipare a ogni evento possibile.
 
Tsubasa
Sono arrivato da circa quindici giorni, sono stato talmente preso che non ho potuto contattare Sanae. Sono giorni che mi riprometto di farlo e invece; finalmente sono solo in camera da letto, riesco ad accendere il PC e collegarmi alla posta elettronica, una serie di messaggi mi accoglie insieme a una miriade di pubblicità.
Scorro veloce i nomi e di lei neppure l’ombra, inclino la testa pensando che dev’essere molto arrabbiata. Un nome però mi colpisce dopo che ho eliminato tutte le pubblicità: è Yukari.

Apro subito l’email e inizio a leggere:

Caro Capitano,
Spero che il viaggio sia andato bene, la squadra si sta allenando anche in tua assenza, e si sta impegnando tantissimo. Quando tornerai saranno molto preparati, non temere. Anche noi Manager ci stiamo impegnando, in questo momento sto sostituendo Sanae (Sta sostituendo? Aspetta, perché? È forse malata? La mia mente elabora delle ipotesi, mentre tento di capire perché mi sta scrivendo Yukari e non Anego) … non so come dirtelo Capitano … ma chiamala.
Yukari
 
Lo sapevo, lo sapevo, fisso l’orologio, non ricordo neppure se posso chiamare o no a quest’ora. Sono troppo agitato per riuscire a fare un conteggio decente del fuso orario, mi sollevo di scatto e raggiungo il telefono, lo afferro, e compongo il numero, non importa che ore sono dall’altro lato, devo sentirla.
“Pronto?” la sua voce, avevo scordato quanto fosse calda, morbida, avvolgente, mi lascio cullare un secondo dal suo suono prima di parlare.
“Sanae, ciao”
… il suo respiro è spezzato, deglutisce, poi finalmente riesce a dire qualcosa.
“Tsubasa, come va?” ma lo sento la sua voce trema impercettibilmente.
“Scusami” mi affretto a dire.
“Non preoccuparti” mi rassicura.
“No! Sono stato imperdonabile. Solo che qua è tutto così diverso e Roberto non mi molla un attimo, i primi giorni sono stati i più difficili, non hai idea della fatica che ho fatto per farmi accettare nella squadra.”
“Non preoccuparti, scommetto che sei entrato” adesso mi sembra di vederla sorridere, e il solo pensiero è bellissimo.
“Certo Manager, anche grazie a te”
“Non ho fatto niente…” dolce, il suo tono è tremendamente dolce, un improvviso dolore alla bocca dello stomaco, mi manca, mi manca da impazzire, sono stato così preso che fino a questo istante, per fortuna, non me ne ero reso conto, ma la mancanza è totale.
“Mi hai sempre sostenuto e questo è già un enorme incoraggiamento, avere la fiducia della persona che tiene a te… è tutto” il mio tono di voce tradisce l’emozione che sento nel parlare con lei, dei miei sentimenti.
“Sempre al tuo fianco no?”
“Già, sempre al mio fianco… come stai?”
“Me la cavo, a scuola tutto bene, e Yukari non mi lascia un attimo in pace”
(Yukari, dovrei ringraziarla, invece le dico quello che non avrei mai immaginato)

“Mi manchi, Sanae”
“Anche tu” ammette con voce incrinata, spero solo che non si metta a piangere, altrimenti la voglia di prendere il primo aereo per raggiungerla sarà insormontabile.
Per fortuna riesco a spostare la conversazione su un paio di cose buffe che mi sono accadute appena sono arrivato in Brasile. La sento sorridere attraverso questa cornetta del telefono che stringo tra le mani, ma non è certo come avere lei, tra le mie braccia.
Tra un sospiro e l’altro, una risata interrotta e ripresa, riusciamo a salutarci con la consapevolezza che il tempo e la lontananza saranno i nostri peggiori nemici.
   
 
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