Serie TV > NCIS
Segui la storia  |       
Autore: Gaia_dc    06/12/2015    1 recensioni
Sono trascorsi due anni da quel fatidico giorno e niente è più come prima. All'NCIS si respira un clima di tradimenti e stranezze si fanno sempre più insistenti, fino a quando qualcuno non farà finalmente ritorno a casa con delle risposte. Tony è l'unico a sapere della sua presenza ed insieme porranno fine a tutto questo a tutto questo scompiglio arrivando a conclusioni del tutto inaspettate. Intanto l'eccessiva discrezione di Tony, il suo atteggiamento lunatico, viaggi in tutto il mondo, sentimenti creduti ormai persi che riaffiorano, la complicità di una coppia che ha fatto sognare tutta la grande famiglia, spingeranno Gibbs, McGee, Abby, Ducky e Palmer a indagare e pedinare l'agente Dinozzo... Che sia effettivamente accaduto l'impossibile? Solo una persona sarà capace di ridare vita a quella che un tempo era la miglior squadra investigativa di sempre.
-
Ed eccomi qui con una nuova fanfiction, contenta dell'esito della precedente "I Will Be Your Ninja". Spero vi piaccia.
Buona lettura.
Gaia
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Arrivati all’NCIS, mentre era intento a riflettere su come rintracciare uomini che per il mondo erano morti da anni, McGee fu il primo ad accorgersi della loro presenza, sgranando gli occhi.
Tony: “L’audace femme-fatal israeliana fece la sua comparsa, mentre brusii e sguardi di stupore si levavano nella stanza” disse romanzando quello che stava accadendo, facendo sorridere la ragazza.
McGee: “Ziva? Tony ma tu non dovevi farla rimanere in ospedale?”
Tony: “Disse il pivello sbalor…” stava per rispondere quando Ziva gli tirò una gomitata.
McGee: “Ma almeno stai bene?” chiese avvicinandosi alla ragazza.
Ziva: “Tranquillo McGee. Sto bene…”
Gibbs: “Questa l’ho già sentita!” disse entrando, e mettendosi d’avanti a Ziva con il solito caffè.
Dopo qualche attimo di silenzio, in cui tutti temettero la reazione del capo
Gibbs: “Se non ci dici cosa sta succedendo, come credi che possiamo aiutarti?”
La ragazza sorrise. Gibbs sapeva bene che nessuno l’avrebbe segregata in quella camera per più del tempo da lei ritenuto necessario. Ziva si rese conto che era giunto il momento di dare delle spiegazioni. Era arrivata senza dire nulla, ed aveva girato mezzo mondo con Tony facendosi ritrovare in seguito ad un’esplosione… E loro non avevano osato chiederle nulla. Sul perché se ne fosse andata, sul perché fosse tronata… Se aveva intenzione di rimanere. Odiava essere al centro dell’attenzione, ma lo doveva a tutto loro.
Ziva: “Ari e Rivkin avevano ingaggiato uomini che sarebbero morti al loro posto, indossando delle maschere. Hanno poi convinto Vance che ero un pericolo per la sua famiglia e che la morte di sua moglie era colpa mia. Mi ha chiamato mentre ero a seppellire mio padre, e mi ha dato due mesi di temo per trovare il colpevole ed abbandonare l’NCIS. Tornare a Tel-Aviv. Per sempre.” Disse tutto d’un fiato. Poi aggiunse, con gli occhi lucidi, mentre abbassava lo sguardo non volendolo far notare “Non l’ho voluto io!”
Abby che era arrivata giusto in tempo per ascoltare, ed era rimasta dietro Ziva con la bocca spalancata, corse ad abbracciarla, cogliendola di sorpresa.
Abby: “Ma è terribile! Perché non ce l’hai detto? Ti avremmo aiutato… Come un famiglia!”
Le ultime parole dell’amica le avevano procurato un nodo alla gola, e se sulle prime rimase rigida quando venne abbracciata, subito dopo si sciolse, e lo ricambiò.
Ziva: “Oh Abby… Ma voi siete la mia famiglia! È solo che…” Non riusciva a spiegare che Vance aveva minacciato di uccidere Tony, e quando incontrò il suo sguardo, fu lui a continuare. Non voleva ammettere che era spaventata per lui, e che non voleva rischiare, nonostante quella fosse la sua indole.
Tony: “Vance è un uomo potente. E sa come ottenere ciò che vuole” concluse senza entrare nello specifico.
Gibbs tirò uno scappellotto a Ziva
Gibbs: “Regola 28: quando hai bisogno di aiuto, chiedi!”
Aiutata da Tony nei moment in cui non riusciva a trattenere le lacrime, spiegò loro quello che era successo nella sua infanzia, e tutto quello che avevano fatto Ari e Tali. Disse anche che era convinta fossero a Tel-Aviv, e che stessero organizzando di attaccare il Mossad per poi arrivare alla sede dell’NCIS. E giacché, nonostante Abby non ne fosse ancora convinta, Tony chiarì che quello che avevano visto quella notte, prima che Ziva scappasse, era tutta una messa in scena.
 
Gibbs: “Ziva, sei sicura di essere in forma per affrontare quest’inferno?”
Ziva: “Prima o poi dovrò farlo!” rispose, convinta di quello che diceva.
Gibbs: “Allora va’ da Ducky e fatti dare qualcosa che possa usare qualora la ferita si riaprisse…”
Ziva stava per ribattere, ma Gibbs le tirò un leggero scappellotto facendola sorridere, proprio mentre le porte dell’ascensore si aprivano, e lei non poté far altro che obbedire.
Gibbs uscì dall’ascensore, e Ziva scese al piando di sotto per raggiungere Ducky.
Stava per entrare nella sala autopsie, quando si fermò sulla soglia con la mano sulla maniglia. Lui era l’unico che non aveva ancora visto dopo tanto tempo. Aveva sempre tentato di proteggerla, sin da quando era appena arrivata e nessuno si fidava di lei. Fu il primo ad aiutarla, una volta tornata dalla Somalia, tentò di rassicurarla, di farla parlare, per liberarsi di quel peso. Ducky teneva a Ziva molto più di quanto lei abbia mai immaginato.
Abbassò la maniglia, e senza pensarci entrò nella stanza, correndo verso il dottore ed abbracciandolo. Lei che non sopportava gli abbracci… O almeno così voleva far credere.
Ducky: “Oh-oh, Abby… Che succede? Hai novità sul caso? O sullo stato di Ziva?” l’aveva colto di sorpresa, mentre era intento a incidere il cranio di un cadavere con il bisturi, insieme al suo aiutante Palmer, che alla vista di quella scena, iniziò a balbettare.
Palmer: “Do-Dottore…” si sistemò gli occhiali che gli erano scivolati per lo stupore “Non è…”
Ducky si girò, e quando vide Ziva, rimase con gli occhi sgranati per un minuto, finché non si riprese e l’abbracciò a sua volta.
 
Tony raggiunse il laboratorio di Abby, che gli aveva mandato un messaggio.
Tony: “Abby che succede? Ho letto il messaggio… Abby?”
Nella stanza non c’era musica, e la scienziata era difronte a lui con uno sguardo serio.
Chiuse la porta a chiave.
Tony: “Ho un déjà-vu…” disse sarcastico. Aveva già vissuto un momento simile, un anno prima.
Abby: “Allora?” chiese impaziente con uno sguardo arrabbiato e le mani sui fianchi.
Tony: “Non lo so… Mi hai chiamato tu!” rispose sbuffando, immaginando dove volesse arrivare l’amica.
Abby: “Tony non fare il finto tonto con me! Voglio sapere cos’è successo in quella stanza con Ziva”
Tony immaginava tutt’altro, e ripensando a quella sera, sorrise senza accorgersene.
Tony: “Te l’ho detto: Non è successo niente! Era una copertura”
Non stava mentendo, semplicemente stava omettendo quello che era successo subito dopo. Quel bacio pieno d’amore che lui aveva riconosciuto come vero, e non più una copertura.
Abby: “Okay non me lo vuoi dire. Ma ho un’altra domanda… Perché non vuoi accompagnarla a Tel-Aviv?”
Tony: “Scusami?”
L’amica non si sbagliava. Tony aveva paura di andare, perché se non fosse riuscito a riportarla indietro, si sarebbe sentito in colpa di nuovo, e sarebbero ricominciati i momenti di depressione, i discorsi di Abby, e le giornate vuote.
Abby; “So quello che vedo nei tuoi occhi! E per una volta non grazie alla scienza. Tony, se non sarai tu ad andare con lei, come credi che tornerà qui?”
Tony: “Non l’ha fatto allora, perché dovrebbe farlo adesso?”
Abby: “Perché prima era stata costretta da Vance, adesso no! Perché so che in quella camera, quella sera è successo qualcosa!”
Tony: “Perché mai dovrebbe tornare qui? Non ha più nemmeno un lavoro! Lei è nata per essere libera, per essere un agente operativo”
Abby: “Si, ed anche per scombussolarti la vita. Ragiona, Tony! Ha la cittadinanza americana, è già stata un’agente federale che ha offerto ottimi servigi all’NCIS, e manca un membro nella squadra!”
Non aveva tutti i torti, ma non era quello il problema.
Abby: “So quanto hai sofferto e che hai paura di dover rivivere quel dolore e sentirti in colpa perché spettava a te riportarla qui, ma anche lei non se l’è passata bene! Anche lei è stata male come te, perché era stata costretta ad una vita che non voleva, e l’ha accettata per il tuo bene!”
Tony abbassò lo sguardo.
Abby: “Ho una cosa che ti era caduta nel magazzino” aggiunse prendendo la collanina dalla tasca “te l’ha data perché eri la persona che più di tutte la meritava. Adesso tocca a te darla a chi la merita!”
Tony la prese e la mise nel taschino, sul cuore. Diede un bacio ad Abby e corse via.
 
Erano sull’aereo che li avrebbe portati a Tel-Aviv. Tony e Ziva. Ancora una volta su di un aereo, e sapevano entrambi che quella sarebbe stata l’ultima volta.
Tony: “Ziva… Perché sei così sicura che siano a Tel-Aviv?”
Vide i suoi occhi perdere gradualmente quella luce che da poco avevano riacquistato, pentendosi subito della domanda.
In realtà Ziva non era convinta che i suoi fratelli fossero lì, era invece convinta di una cosa che la rattristava ogni qual volta la sua mente ci pensava. Le tornò in mente quel tagico momento in cui circa due anni prima aveva visto Tony salire sull’aereo, voltarsi a guardarla un’ultima volta, per poi scomparire nello sportello del velivolo. Lei non ne avrebbe avuto la forza. Sapeva però che prima o poi se ne sarebbe dovuta andare, ma neanche adesso… Anzi, specialmente adesso, non sarebbe riuscita a salire sull’aereo che l’avrebbe riportata a casa, e per questo voleva poterci tornare con Tony, sperando così di non dover compiere un atto tanto doloroso.
Ziva: “Intuito… Credo che in questo momento stiano per prendere d’assalto la sede del Mossad”
 
Scesi dall’aereo raggiunsero subito l’edificio. Era mattina, e non volevano perdere tempo.
Appena arrivati, scesero dall’auto preceduti dalle loro pistole. Era da tanto tempo che Ziva non metteva piede nella sede del Mossad, anche se aveva avuto due anni a disposizione. Tony si accorse delle sue esitazioni, ma conoscendola, non disse nulla.  In più aveva notato che la luce nei suoi occhi era tornata. Finalmente dopo anni, aveva riconosciuto in lei quella ninja che non si fa abbattere da niente e nessuno, che vorrebbe piangere, ma non lo fa, eppure continua a rimanere vigorosa e splendente. La Somalia l’aveva cambiata, e tutto quello che accadde in seguito, fino alla morte di Eli ed al loro addio, ma adesso, dopo tanti anni, era tornata in gioco! Nessuno l’avrebbe fermata!
Ziva: “Tony controlla che non ci siano ordigni nascosti, io faccio evacuare l’edificio”
Tony iniziò ad ispezionare la zona, mentre la ragazza raccolse le sue forze e con un sorriso che si meravigliò anche lei di avere, nonostante le critiche condizioni, entrò e raggiunse lo studio di Orli. Prima di entrare si fermò un attimo a riflettere, e si accorse che quella era la sua vita, che tutto ciò che la rendeva felice era semplicemente poter essere un’agente federale come Gibbs le aveva insegnato ad essere, ed avere qualcuno al suo fianco che non l’avrebbe mai lasciata sola, qualcuno come Tony, che era disposto a soffrire per lei, tanto quanto lei era disposta a fare per lui. Entrò come un uragano nell’ufficio del direttore del Mossad, e saltando i convenevoli, senza preoccuparsi dello sguardo sbalordito di Orli, si affrettò a spiegare in tono freddo e distaccato
Ziva: “Devi far evacuare l’edificio. Ari, Tali e Rivkin sono ancora qui, non c’è tempo per le spiegazioni!”
Orli: “Agente David? Cosa ci fai qui? E di cosa stai parlando?” chiese confusa sia dalla visita inattesa, che dalle sue parole.
Ziva: “Ti ho detto che non devi fare domande perché non c’è tempo! Fidati di me e non accadrà nulla ai tuoi uomini!” continuò con lo stesso tono.
Orli: “Come faccio a fidarmi di te se entri nel mio ufficio” si scaldò “E mi dici che devo far evacuare l’intera sede del Mossad perché i tuoi stupidi fantasmi si rifanno vivi nella tua testa?”
Ziva: “Non sono i miei fantasmi, e men che meno sono nella mia testa! Sono qui, e tra poco tu e la tua agenzia non ci sarete più! E allora avranno il controllo d’Israele e saranno liberi di attaccare l’NCIS e l’America!” Disse con uno sguardo gelido, riuscendo a non far incrinare la voce, nonostante la tensione stesse salendo.
Orli continuava ad esitare, ma era questione di attimi.
Ziva: “Non sarei mai venuta qui se questa cosa non coinvolgesse le persone che amo, che adesso stanno mettendo a rischio la loro vita per me!” aggiunse riferendosi a Tony, e con un tono più delicato per tentare di persuadere Orli.
Il direttore prese il telefono e senza staccare gli occhi di dosso dalla ragazza, ordinò di evacuare tutti gli edifici del Mossad.
 
Dopo essersi assicurati che fossero tutti a dovuta distanza dalla sede, Ziva e Tony fecero un ultimo giro d’ispezione per assicurarsi che nessuno fosse ancora in pericolo. Ziva si stava occupando dell’ala ovest, mentre Tony stava entrando nella sala interrogatori e sentì il sangue gelarsi nelle vene. Quella era la stanza nella quale Eli lo aveva interrogato sulla morte di Rivkin, e lui aveva cercato lo sguardo Ziva nella telecamera.
Rimase paralizzato, finché sentì la sua voce.
Rivkin: “Sarò stato il tuo incubo per un po’ di tempo… Devo ammetterlo DiNozzo, hai avuto fegato!”
Tony: “Non ho avuto fegato, se ti ho ammazzato, è stato per proteggere Ziva dagli uomini luridi come te!”
Rivkin gli si avventò addosso, ma prima che potesse torcergli un solo capello, ci fu uno sparo sonoro, che lo bloccò buttandolo per terra esanime. Una volta per tutte!
Dietro la porta comparve la figura di Ziva che reggeva ancora la pistola dritta d’avanti a sé.
Ziva: “Credi ancora che abbia bisogno di protezione?” sdrammatizzò.
Tony sorrise, sapendo che se non fosse intervenuta, probabilmente adesso sarebbe stato lui ad essere steso per terra senza vita.
Si guardarono negli occhi, uno di quegli sguardi che li ha sempre lasciati senza fiato, e che significava più di mille parole. Uno di quegli sguardi che solo tra loro riuscivano a donarsi e che dava ad entrambi la speranza di essere ricambiati.
Ziva era ancora sulla soglia della porta a guardare Tony negli occhi, quando questi vide un ombra comparirle da dietro fuggitiva. Non fece in tempo a realizzare cosa stesse succedendo che le si buttò addosso, proprio nel momento in cui un altro proiettile era uscito dalla canna della pistola. Una frazione di secondo in più, e di loro due non ne sarebbe rimasto più niente. Alzò immediatamente lo sguardo, e senza pensarci sparò un colpo a sua volta, facendo cadere Ari a poca distanza da loro. Era ancora sopra di lei, e non poté fare a meno di ripensare a quando si trovarono 10 anni prima nella stessa situazione, ma avevano ruoli opposti, mentre erano chiusi in un container.
Tony: “Per la domanda di prima… Si! Credo ancora che tu abbia bisogno della mia protezione!” scherzò.
Ziva era ancora confusa da quello che era appena successo, e fissava Tony con occhi pieni di gratitudine. Non le importava più della morte di Ari, perché aveva capito che lui non era mai stato un fratello per lei.
Si rialzarono, e dopo aver terminato il giro di perlustrazione, uscirono fuori.
 
Tony: “Ari e Rivkin erano dentro… Ma Tali e Vance dove saranno?”
Ziva: “Vance non lo so, ma se Tali non era con Ari può essere solo in un altro posto”
Dentro di sé ringraziava che Tony avesse avuto la prontezza di uccidere Ari, o lei, probabilmente, non avrebbe avuto la forza di ammazzarlo… Prima di avergli fatto patire la paura come lui aveva fatto con lei! Ormai si sentiva libera ed inarrestabile, sicurezza che, sapeva bene, sarebbe sparita quando si sarebbe trovata davanti alla sua sorellina.
Ziva: “Avverti Orli di quanto appena accaduto. Ti aspetto in macchina.”
Quando Tony raggiunse il direttore, venne meravigliato dal tono della sua voce.
Orli: “Agente DiNozzo… Devo ringraziare lei e l’agente David per aver salvato la mia agenzia prima che Ari e Tali potessero metterli tutti a tacere” stava per continuare ma venne interrotta bruscamente dal ragazzo.
Tony: “L’agente David ha un istinto come pochi, e se le dice una cosa non si sbaglia!”
Orli: “Infatti avevo intenzione di…”
Tony: “Non ho finito! Nell’edificio, però, erano riusciti a penetrare solo Ari Haswari e Michael Rivkin. Tali David è ancora una mina vagante. Ero venuto ad avvertirla che stiamo andando a cercarla” disse senza lasciare spazio ad ulteriori risposte, avviandosi alla macchina. Si rigirò per un istante.
Tony: “L’agente David non ha mai chiesto aiuto a nessuno, ma se le dice che siamo tutti in pericolo, si deve fidare!”
Orli ripensò alle parole del ragazzo, e prese una decisione che dubitava avrebbe mai preso.
 
Tony: “Ziva dove stiamo andando?” osò chiedere, aggrappandosi al sedile dell’auto e pregando di non sentirsi male, mentre Ziva, alla guida, andava a tutta velocità mantenendo uno sguardo serio e attento. Non rispose.
Quando, per la felicità di Tony fermò la macchina, si trovò difronte al teatro dell’opera.
Ziva: “So che è qui dentro!”
Non sapeva cosa avrebbe fatto una volta trovata, non sapeva come si sarebbe comportata l’unica cosa di cui era certa era che entrando se la sarebbe trovata di fronte e l’avrebbe dovuta affrontare. Tony capì le sue preoccupazioni e le mise una mano sulla spalla.
Tony: “Entro io!”
Quelle parole la destabilizzarono, e mentre Tony apriva la porta del teatro, Ziva rimase fuori a riflettere su cosa fare.
Come previsto, sedeva sul bordo del palco. Li stava aspettando.
Tali: “Sapevo che non sarebbero riusciti a fare molto legandola ad una colonna!” disse senza alzare la testa.
Tony: “Ma perché fai tutto questo?” voleva trovare un compromesso. Era sempre la sorellina di Ziva, e Dio solo sa quanto le era mancata in tutti questi anni.
Tali: “Perché il mondo va così! Se non ti imponi, non sarai mai nessuno!”
Tony ascoltava con attenzione le parole della ragazza, ritenendole del tutto insensate.
Tali intanto si alzò in piedi sul palco puntando la pistola contro l’agente.
Tali: “E Ziva questo non lo capirà mai! Abbiamo tentato di uccidere anche te, e tu sei qui a tentare di farmi ragionare… Ma non c’è niente su cui ragionare, se non che lei ha ucciso mia mamma e che ha voltato le spalle alla sua famiglia. È diventata un membro dell’NCIS e ci sta ostacolando!”
Tony non resse più tutto quello a cui stava assistendo, soprattutto quando vide la sua amata dietro le quinte ad osservare tutto quello che stava accadendo, ed i suoi occhi diventare di ghiaccio, come se stesse congelando tutte le lacrime che voleva versare. Non sarebbe mai crollata così, non davanti alla sorella, non le avrebbe mostrato di essere fragile. Stava tornando a richiudersi in quella corazza che l’avrebbe allontanata per sempre da lui.
Tony: “Ma siete voi ad averle voltato le spalle! E non siete certo voi la sua famiglia!”
 
Ziva: “Tali è inutile continuare così! Ormai sei da sola, Ari e Rivkin non ci sono più, e tu ti stai addentrando in un gioco pericoloso. Lascia stare, e torna a combattere per la giustizia!” le disse ignorando le parole di Tony, che sapeva l’avrebbero fatta commuovere.
Tali la guardava negli occhi. Erano solo loro due, non vedeva più nient’altro. Sembrava stessero discutendo animatamente, ma con i loro sguardi. Poi la giovane ruppe il silenzio, facendo cadere ogni speranza di Ziva.
Tali: “No! Io non torno indietro, anche se sarò da sola, ma non permetterò che tu e il tuo amico mi ostacoliate!” disse osservandola mentre puntava la pistola su Tony.
Ziva: “Tali ti prego, non lo fare!”
Un colpo partì, ma una frazione di secondo dopo Ziva le saltò addosso deviando il proiettile che sfiorò la spalla di Tony.
Avrebbe accettato tutto, ma non che sparasse all’uomo che amava.
Iniziarono a combattere senza armi. Erano entrambe molto agili, ma non c’era da meravigliarsi dato il loro addestramento. Tony invece stava recuperando fiato e si stringeva la spalla ferita.
D’un tratto Ziva riuscì a recuperare la sua pistola e la puntò sul petto di Tali, che cercava di divincolarsi.
Ziva: “Ti prego Tali, non mi costringere”
Lacrime amare scivolarono lungo le guance della sorella che non voleva arrendersi, nonostante fosse alle strette. Era sempre stata molto testarda, ma adesso stava esagerando.
Poi si ricordò di quando aveva sparato a Ziva ferendola al ventre, e le tirò una ginocchiata ben assestata, che le strappò i punti facendole perdere il respiro. Scivolò sul lato, stringendo i denti per non urlare o piangere, quando si accorse che Tony era stato ferito, e nonostante fosse una ferita superficiale, stava perdendo molto sangue. Non poteva sopportare di vederlo così sofferente, e se anche le costò molta fatica, pallida in volto, si alzò in piedi facendo appena in tempo a schivare un calcio. Poi afferrò la sua pistola e prima che potesse riflettere su quello che stava facendo, assalita da un vortice di emozioni premette il grilletto, e con le lacrime agli occhi vide la sua sorellina che tanto amava esalare l’ultimo respiro.
Le si inginocchiò di fianco, e con una mano si teneva l’addome, mentre con l’altra le stringeva un braccio.
Ziva: “Sei cambiata. Non è così che ti ricordavo, e non sarà così che ti serberò nel cuore, non so chi tu sia, ma non certo quella bambina che amava andare all’Opera, e che portava non onore il nome di Tali David.” Disse d’un fiato.
Il suo pensiero, però, si spostò subito su Tony che giaceva ancora seduto per terra appoggiato agli spalti del teatro.
Gli prese il volto tra le mani, dimenticandosi della ferita al ventre.
Ziva: “Tony! Tony ti fa molto male? Tony rispondimi!”
Tony non rispondeva e lei si agitò.
Ziva: “Tony!”
La voce le si ruppe in gola, e stava per scoppiare in un pianto disperato.
Tony: “Ehi mia Ninja… Tranquilla, è solo un graffio!”
Ziva lo abbracciò sollevata, e felice che fosse ancora sveglio.
Una lacrima solitaria le rigò il volto, ma fece in tempo ad asciugarla prima che il ragazzo la notasse… Pensò. Tornarono a guardarsi negli occhi. Il cuore batteva forte ad entrambi.
Tony: “Non ti avrei mai abbandonato prima che ti dicessi che…”
I soccorsi arrivarono proprio in quel momento, interrompendo quel magico momento.
Li aveva mandati Orli, ordinando loro di setacciare la zona per trovare i due agenti, immaginando che probabilmente sarebbero stati feriti.
Soccorritore: “State tutti bene?”
Ziva lo guardò con uno sguardo fulminante, e senza badare alla domanda gli spiegò la situazione. Si fecero portare entrambi al pronto soccorso, dove i medici si presero cura di loro ed in poche ore li rimisero in sesto con punti e fasciature.
 
Stavano uscendo dalla clinica, mano nella mano. In quei giorni qualcosa era cambiato, la consapevolezza di non essere soli al mondo e che forse c’era ancora un briciolo di speranza perché entrambi fossero ricambiati. Si stavano guardando negli occhi, riprendendo da dove avevano lasciato a teatro, ma ci fu ancora qualcuno che li interruppe.
Orli: “Ziva devo parlarti” chiese avvicinandosi ai due, senza nemmeno salutarli.
Tony: “Stiamo bene, grazie!” rispose acido.
Orli: “Ti devo parlare urgentemente” continuò senza curarsi del ragazzo.
Ziva: “Non mi pare che abbiamo più niente su cui discutere. Stiamo tutti bene e non c’è più alcun pericolo per noi o il Mossad. La conversazione finisce qua!” concluse allontanandosi.
Orli la prese per un braccio.
Orli: “L’età avanza, e mi rendo conto che ormai non riesco più a gestire un’organizzazione com’è quella del Mossad. Non mi accorgo di molte cose, che invece a te sembrano essere ben chiare. Domani darò le mie dimissioni. So che tu, al contrario sei molto giovane, ma non vedo altre soluzioni se non quella di nominarti direttore del Mossad” disse d’un fiato.
Ziva la fissò senza muovere un muscolo. Non sarebbe mai tornata nel Mossad, nell’organizzazione di suo padre nella quale aveva trascorso l’inferno della sua infanzia. Non dopo quello che era accaduto in Somalia, non dopo tutti i segreti che suo padre aveva sempre avuto con lei. Tony nel frattempo aveva smesso di respirare. Stava vedendo sfuggire dalle mani ogni possibilità di poter stare con l’amore della sua vita, di poter tornare a quei giorni felici dove insieme si prendevano cura dei sospettati, quegli sguardi fugaci e quelle battutine o quei gesti che tanto gli erano mancati.
Orli: “Quello che ti chiedo è di pensarci su. Hai una notte intera!”
Una notte per decidere il destino della sua vita non era abbastanza, ma considerati i tempi per prendere le decisioni importanti nel Mossad, era una concessione enorme. Non voleva accettare, voleva poter rimanere con Tony, e seguirlo a DC. Vivere una vita con lui. Ma lei non faceva più parte dell’NCIS, e dopo tutto quello che aveva combinato, nonostante fosse stata costretta per il loro bene, dubitava che l’avrebbero riammessa in squadra.
Ziva: “Non sono più un’agente del Mossad”
Orli: “No, ma sei stata addestrata nel migliore dei modi. E soprattutto tu sei la figlia di Eli David!”
Ziva: “Non voglio essere ricordata come la figlia di un uomo nobile come direttore, ma penoso come padre e come marito!”
Era la prima volta che Tony la sentiva parlare in certi termini riguardo a suo padre. Aveva sempre pensato a quanto doveva essere stato difficile per lei non avere più parenti, ma non aveva mai pensato che la sua morte potesse anche rappresentare una forma di libertà per lei. Infondo Eli era l’ultimo anello di una catena che la legava indissolubilmente al suo tragico passato, passato dal quale voleva allontanarsi a tutti i costi.
 
E mentre a Tel-Aviv si avvicinava l’ora di pranzo, a DC erano ancora le sei del mattino.
Gibbs era già sveglio. Quella notte non aveva proprio dormito, e si stava dedicando alla sua barca. Si era fermato per bere un sorso di Brandy quando sentì la porta della sua casa aprirsi. Solo una persona poteva cercarlo a quest’ora.
Gibbs: “Fornell sono in cantina. Porta una bottiglia di Brandy che si è finito”
Non ci fu risposta da sopra. Tipico.
Aveva ripreso a lavorare sul legno che lo sentì scendere lentamente le scale. Ma quando si voltò, si accorse che a portare il Brandy non era il suo amico.
Gibbs: “Leon?!” pronunciò il suo nome in tono di disprezzo.
Vance: “Gibbs ho bisogno d’aiuto”
Fece un cenno con la capo in risposta per farlo parlare.
Vance: “Ho sbagliato. Non è per colpa di Ziva se mia moglie è morta, e non avrei dovuto farmi usare da loro in questo modo.”
Gibbs gli prese la bottiglia dalle mani e gliene versò un po’ in una tazza.
Gibbs: “Se hai paura che ti venga a cercare, puoi stare tranquillo. Non sei tu il suo obiettivo. Se hai paura che ti denunci, non lo farà!” rispose serio.
Vance: “Tu lo sai perché era un tuo agente, ma le cose possono essere cambiate!”
Gibbs: “No, lo so perché la conosco. Quello che cambia sono le situazioni, non le persone!”
Vance: “Lo sai anche tu che le persone cambiano. Quando è arrivata qui, era un uragano, e quando è tornata dalla Somalia era tutta un’altra persona più insicura. È vero, sono le situazioni a cambiare, e quando cambiano, mostrandoti il lato crudele della vita, allora cambiano anche le persone!”
Gibbs: “Solo apparentemente. Ho cresciuto Ziva come fosse mia figlia, e da padre so quali sono le sue debolezze. Ho rivisto la luce nei suoi occhi quando è tornata qui ad avvertirci che sarebbe partita, e ce ne siamo accorti tutti. Tutti tranne te” lo rimproverò. Poi continuò “Sei ancora il direttore dell’NCIS, e puoi ancora fare qualcosa per lei.”
 
Ormai era diventata sera  a Tel-Aviv. Tony e Ziva avevano trascorso il loro ultimo pomeriggio a parlare della proposta di Orli, che sapevano avrebbe cambiato la loro vita. Poi avevano deciso di non pensarci più. Probabilmente quelle sarebbero state le loro ultime ore insieme, e decisero di vedersi un film. Un lunghissimo film che videro abbracciati. Nessuno dei due lo stava seguendo, perché entrambi tornavano con la mente a quel bacio in aeroporto di due anni prima. I loro incubi tornavano a galla e si facevano sempre più reali.
 Quella notte si addormentarono così, stretti l’uno all’altra, in un abbraccio che volevano durasse in eterno, a sognare l’uno la propria vita con l’altra. Fu nel cuore della notte che Ziva si svegliò, e tentando di non svegliare il ragazzo, senza fare rumore si alzò e andò nel giardino della sua casa. Si accovacciò per terra ed iniziò a riflettere, ma prima che potesse prendere una decisione, una mano le si appoggiò sulla spalla infondendole sicurezza.
Tony: “È qui che abbiamo sotterrato le tue ultime volontà”
Ziva: “C’è ancora una cosa che non ti ho detto”
Tony: “Siamo entrambi abituati ai segreti…”
Ziva: “Circa vent’anni fa, questo posto non era così. Era solo una zona arida, senza alberi né piante. L’unica cosa che regnava qui era il terrore, mine antiuomo, ed il ricordo di una morte dolorosa”
Tony aveva già capito cosa intendesse Ziva, e senza farla continuare, la prese per un braccio facendola alzare in piedi”
Tony: “Si sente ancora la presenza di tua madre. E credo sia per questo che hai voluto sotterrare i tuoi sogni proprio in questo punto. Ma adesso voglio che la nostra ultima notte sia speciale. Vuoi ballare con me, occhioni belli?”
Ziva sorrise. Non aspettava altro. Ballarono insieme per un tempo che parve infinito, guardandosi negli occhi, e ritornando con la mente a Berlino, quel luogo dove tutto acquisì un senso nelle loro vite, dove misero la loro canzone, dove lei finalmente ballò con un uomo che meritava il suo amore.
Erano le quattro del mattino quando si decisero a tornare dentro casa, e stanchi dal viaggio e da tutto quello che avevano dovuto sopportare in quei giorni, crollarono subito. Ziva si addormentò sul petto di Tony, sentendosi protetta fra le sue braccia.
Non trascorsero più di due ore che Tony si svegliò.  Era arrivato il momento di partire, di andarsene lasciando la sua amata lì, in quel posto, dove probabilmente si sarebbe fatta una carriera. Non dubitava minimamente delle sue capacita, e sapeva che sarebbe stata un direttore attento, preciso, coraggioso ma anche con un grande cuore.
Si alzò dal letto tentando di non svegliarla, le diede un bacio sulla fronte, con le lacrime che gli rigavano il volto e se ne andò, chiudendo la porta dietro di sé. Una porta che non avrebbe mai più riaperto.
 
Il problema, però era che Ziva non aveva proprio dormito, ma aveva continuato a tenere gli occhi chiusi per non dover sopportare un altro addio straziante come quello che accadde due anni prima. Aveva sentito la porta chiudersi silenziosamente, e in quello stesso attimo strinse il suo cuscino tra le mani, come a volersi trattenere per non corrergli dietro. Riempì la casa di singhiozzi, ed un pianto affannato e angosciante, ma doveva riuscire a superare anche quel momento. Come aveva sempre fatto. Si mise seduta sul letto. Essendo sola, ed al riparo da sguardi indiscreti, aveva pianto così tanto che adesso aveva dolori alle tempie ed allo stomaco. Si alzò e andò in bagno a sciacquarsi il volto. Le sue lacrime si mischiarono con l’acqua del rubinetto, e rimase a guardare il suo riflesso nello specchio. Chi era quella donna? Un’altra persona. Non certo quella che aveva imparato ad essere nel Mossad. Come cambiano le persone! Ma davvero le persone possono cambiare se stesse? Davvero le persone possono decidere di essere diverse? No! Perché se fosse stato possibile, lei avrebbe fermato Tony, e per lui sarebbe stata disposta ad abbandonare ciò per cui è nata, l’agente federale, ma non l’ha fatto. Le persone non cambiano. Le situazioni si!
Si diresse in salotto, e si accorse che sul tavolo c’era un libro con una busta dentro. Lo prese e si sedette sul divano, e quando lo aprì, prima di strappare la busta, lesse una frase sottolineata: Aht lo levahd. Sentì le lacrime tornare a scorrere veloci sul suo viso. Poi prese la busta bianca e la aprì, ma quello che ci trovò dentro la lasciò senza fiatò. Fece cadere il libro sulle sue gambe portandosi entrambe le mani sulla bocca. Guardava dritta davanti a sé, senza riuscire più a respirare. Sembrava stesse avendo un attacco d’asma apparentemente improvviso, ma lei sapeva bene a cosa era dovuto. Nella mente gli tornarono le immagini di quella maledetta estate in cui contava i giorni che mancavano alla sua morte. Un’estate trascorsa in un campo di addestramento per terroristi in Somalia. Erano una decina di uomini che quotidianamente le si presentavano con delle domanda sull’NCIS, e costantemente lei taceva. Nessuno le aveva insegnato a stare zitta, ma quando la propria famiglia è in pericolo, allora ci si adatta. Si impara da soli. Ogni volta la torturavano con metodi diversi, ma alla fine era diventata un’abitudine, e non le sembrava più tanto orrendo. Aveva smesso di vivere nel momento in cui Malachi l’aveva lasciata andare in quel campo. Non vedeva più la luce, ma poi un giorno la routine s’interruppe. Saleem l’aveva portata in un’altra stanza, incappucciata, e quando le tolse il sacco dalla testa, improvvisamente il suo cuore riprese a battere. Non era sola. Non doveva più affrontare quell’inferno da sola. Aveva d’avanti a sé l’uomo che non aveva mai smesso di amarla, e che stava mettendo a repentaglio la sua vita per lei. Non era la prima volta, e non fu nemmeno l’ultima. E lei aveva fatto lo stesso.
Quando riprese a respirare, estrasse il contenuto dalla busta: la sua collanina. Gliel’aveva regalata per Natale quando era tornata dalla Somalia. Saleem gliel’aveva tolta dal collo, e lei era convinta che non avrebbe più avuto l’ultimo ricordo di sua madre. Poi però quel Natale, la notte della vigilia, Ziva l’aveva chiamato per incoraggiarlo a dare il suo regalo a Dolores. Già dalla mattina si stava lamentando, lei gli aveva detto che almeno avrebbe dovuto fare il regalo solo ad una persona, e lui le aveva risposto con una domanda retorica e chi ti ha detto che non lo farò anche ad altri? Non ci aveva fato molto caso, ma quando la sera della vigilia lo chiamò, e lui le andò incontro, le portò un regalo. Lo scartò e quando vide la sua collanina ebbe più o meno la stessa reazione che aveva avuto ora. L’ho raccolta da terra mentre McGee ti stava slegando aiutandoti ad alzarti le aveva detto.
Due anni fa l’aveva lasciata a lui, alla persona che più la meritava. Erano successe varie cose, ed era andata perduta, ma adesso ce l’aveva tra le mani. Tony gliel’aveva regalata un’altra volta. Forse perché anche lei era la persona che la meritava di più, per lui.
Riprese a piangere ancora più forte. Come poteva dimenticare tutto questo? Come poteva dimenticare che aveva messo a repentaglio anche la sua carriera per lei? Adesso era il suo turno. Senza pensarci di più, si mise la collana, prese le chiavi della macchina e uscì di corsa diretta per l’aeroporto. L’auto non partiva, e Ziva decise che l’avrebbe raggiunto di corsa. Tentava di spingere sulle sue gambe più forte che poteva. Mandava messaggi a Tony per dirgli di fermarsi, lo chiamava ma lui non rispondeva. I polmoni le bruciavano, ma non le importava perché stava inseguendo il suo sogno, e quando arrivò all’aeroporto, non si fermò un attimo. Trovò il gate dal quale stava per partire l’aereo per DC, e dal vetro vide l’ultimo passeggero imbarcarsi. Era Tony. Si era voltato per un secondo, poi aveva ripreso le sue cose ed era entrato nell’aereo. Gli sportelli si erano chiusi.
 
Tony stava salendo sul suo aereo. Si fermò davanti alle scale, facendo passare avanti gli altri passeggeri. Si domandava ancora se fosse la cosa giusta, ma non c’erano altre soluzioni per il bene di Ziva. Il cellulare gli si illuminava di continuo, ma non lo volle accendere per paura che fosse qualcosa che lo avrebbe spinto a cambiare idea e ad agire facendo del male a Ziva. Salì le scale, si girò un’ultima volta sperando di vederla. Come se fosse possibile che all’ultimo secondo avesse cambiato idea e fosse venuta lì a fermarlo. Impossibile, le aveva manomesso l’auto proprio per evitarlo, ed anche se aveva trascorso una vita correndo, dubitava fortemente che l’avrebbe raggiunto. O anche solo che avesse voluto rinunciare alla carriera per lui. Si girò e sparì dietro la portiera dell’aereo.
 
Eluse tutti i blocchi di sicurezza, facendo insorgere la polizia contro di lei. La inseguiva, ma lei correva in quel tunnel che l’avrebbe portata dritta difronte all’aereo. Correva senza curarsi della polizia, e quando finalmente uscì da quel corridoio, si trovò dinanzi l’aereo che proprio in quell’istante si stava sollevando in volo. Era troppo tardi.
 
Tony intanto era entrato, e sentì il cellulare che gli squillava all’impazzata. Ma questa volta non era Ziva. Si decise a rispondere.
Tony: “Capo?”
Vance: “Agente DiNozzo ho sbagliato. Ma prima che sia troppo tardi, avverta l’agente David che il direttore la rivuole nella squadra. L’NCIS ha bisogno di lei.”
 
Era troppo tardi, aveva visto l’amore della sua vita andarsene perché non era stata abbastanza veloce. Non sarebbe più riuscita a vivere la vita che desiderava, per colpa del suo stupido egoismo. Sentì la polizia che le prendeva le braccia, e non oppose resistenza. Non ne valeva più la pena. Aveva fallito, come suo padre, come i suoi fratelli, come Rivkin. Aveva fallito.
Due poliziotti le misero le manette, e senza opporre alcuna resistenza lei li seguì.
Tony: “Fermi! Non avete il diritto di arrestare un’agente dell’NCIS!”
Ziva si girò di colpo. Non poteva crederci, Tony era lì, davanti a lei e adesso poteva dire con certezza che niente e nessuno gliel’avrebbe più portato via. Tirò un calcio ai due poliziotti che la stavano scortando e con le braccia ancora legate dietro la schiena, corse da Tony che la sollevò girando su se stesso, senza mai staccare gli occhi dai suoi.
Tony: “Non ti lascio più Ziva! Te lo prometto!”
Ziva: “Tony ho sbagliato tutto, lo so, ma io voglio tornare a casa con te. Anche se non avrò un lavoro, voglio tornare dalla mia famiglia!”
Tony: “E chi ti ha detto che non avrai un lavoro. Vance ha chiamato. Si è pentito e ti rivuole nella squadra. Per sempre!”
Entrambi avevano gli occhi lucidi, e finalmente per la gioia di quel momento. Momento che non avrebbero mai dimenticato.
Ziva: “Ti amo, Tony”
Le parole le uscirono dalla bocca senza che lei se ne accorgesse. Non aveva più la consapevolezza del suo corpo. E questo non le importava, perché in quel momento Tony le prese il volto fra le mani, e lentamente avvicinò il suo viso a quello di Ziva. Sentivano i propri respiri sulla pelle, e finalmente, dopo 10 lunghi anni si baciarono con la consapevolezza che niente e nessuno li avrebbe più divisi. Un bacio con gioia, un bacio vero, diverso da tutti gli altri. Un bacio che alludeva ad una lunga storia d’amore, che non sarebbe finita mai!  Si guadarono negli occhi, e sotto l’applauso di tutti i passeggeri di un altro aereo che stava partendo, diretto a Berlino, mentre i due poliziotti a terra, guardavano la scena inteneriti, seppur con dolori nelle parti intime, e chiedendosi come fosse possibile che una ragazza tanto dolce potesse fare così male, Ziva e Tony ripresero a baciarsi con amore. Sentivano di appartenersi l’un l’altro e fra loro non c’era più alcun imbarazzo. Tony iniziò a baciarla sul collo, raggiunse la clavicola. Ziva sapeva già dove volesse arrivare e sebbene era quello che anche lei desiderava, lo fermò.
Ziva: “Tony… Non qui…”
Tony: “Ehi… Cerca di capirmi… ho resistito a tutto questo” disse indicando il suo corpo “per ben 10 anni!”
I due risero di gusto. Erano solo loro. E nessun altro. Adesso alla domanda come stai?  non avrebbero più dovuto mentire! Perché il loro sogno, il loro desiderio più grande, era appena divenuto realtà! Sarebbero rimasti insieme per sempre.









-Nota: Ciao a tutti. Ecco l'ultimo capitolo di questa storia. Allora cosa ne pensate? Spero vi sia piaciuta. Ho deciso di lasciare spazio alla vostra fabtasia per immaginare come sarà adesso la vita tra Tony e Ziva e con i colleghi. Vi faccio gli auguri per un felice Natale e noi ci vediamo alla prossima storia.
Baci. Gaia.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > NCIS / Vai alla pagina dell'autore: Gaia_dc