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Autore: Ilune Willowleaf    11/03/2005    1 recensioni
La seconda mia ff su Slayers, quella con cui ho iniziato a concepire la lunga saga che pubblicherò qui. Nel Mare del Chaos accade qualcosa di molto strano... cosa sta succedendo, che ha spinto LoN a riportare in vita due Dark Lords e un Dragon Lord?
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap XIX - Unaspected helps

Cap XIX - Unaspected helps! - guarda guarda chi è arrivato!

Nella sala principale dell’Hellmaster Manor, la sala del trono, Phibrizio, fissava il corpo esanime di Valgarv. La castazione di quell’incantesimo non era particolarmente difficoltosa, per lui, ma doveva essere costante. Percepiva il dolore provenire ad ondate da qul corpo su cui, una dopo l’altra, si riaprivano ferite vecchie di secoli. Dall’altra gabbia, Lina assisteva impotente allo strazio cui era sottoposto il Drago Ancestrale. Anche se un tempo erano stati nemici, non poteva restare insensibile d’innanzi a tanta sofferenza, non mentre dal ragazzo si emanava un alone di dolore tanto denso da risultare percepibile persino ad un’umana come lei. Le sue mani, protese fuori della gabbia, battevano contro lo scudo invisibile che la circondava, isolandola acusticamente dall’esterno. Urlava. Urlava a Phibrizio di smetterla, alternando alle più terribili minacce e agli insulti più pesanti, alcuni dei quali non sapeva nemmeno di conoscere, inutili tentativi di castare qualche incantesimo… inutile, Phibrizio riusciva a neutralizzarla completamente, era in suo totale potere.

“Gourry, dove sei? Dove cavolo sei finito, sei la mia guardia del corpo, muoviti a venirmi a salvare!” fu il suo amaro pensiero. Aveva paura, non l’avrebbe ammesso mai con nessuno, nemmeno con sé stessa, ma aveva una paura del diavolo… come darle torto, del resto: si trovava senza poteri, nelle mani di un Dark Lord con l’hobby della tortura fisica e psicologica, e non sapeva se e quando qualcuno sarebbe venuto a salvarle la pellaccia… si ripromise che, se ci avesse rimesso la pelle, avrebbe tormentato Phibrizio, sottoforma di fantasma, per il resto dell’eternità!

Phibrizio si accorse infastidito che, da qualche minuto, il flusso di dolore e sofferenza fisica e psicologica proveniente da Valgarv s’era attenuato, fino a sparire quasi del tutto. Rimaneva solo il dolore a livello puramente fisico, dovuto alle ferite che, per un meccanismo psicosomatico, gli si erano riaperte un po’ in tutto il corpo.

Cominciava a sospettare che qualcosa non stesse andando secondo i suoi piani, quando la porta del salone esplose. Esplose letteralmente, perché un botto tremendo precedette di poco la pioggia di schegge di metallo e pietra di cui era composta la porta, che investirono come una grandine metà della sala. Alcune briciole color ossidiana arrivarono ai piedi del mazoku, che alzò lo sguardo verso l’ingresso.

Dove un’istante prima la massiccia porta chiudeva l’alto ingresso, ora, tra i cardini da cui pendevano miserandi pezzi di metallo semifuso, si stagliava, nella polvere sollevata dall’esplosione, la massiccia e maestosa sagoma di Garv Chaos Dragon, il Re Demone Drago, circondato da un’aura rossa che rivelava tutta la sua furente rabbia.

Con un selvaggio urlo di guerra, il re Demone Drago si scagliò, spada tratta, sul suo nemico di mille anni, scaricando in un terribile fendente una forza spaventosa, derivata dalla rabbia profonda che provava in quel momento.

Il furore non gli impedì però di guardarsi intorno, individuare Valgarv e la gabbia in cui era rinchiuso, e accertarsi delle sue condizioni.

La vista dell’amato allievo coperto di ferite sanguinanti, privo di sensi e, all’apparenza, di vita, per poco non gli fece perdere la concentrazioni, e gli costò una ciocca di capelli, tagliata dalla punta della falce di Phibrizio.

-Hai fatto presto ad arrivare, Garv…- fece Phibrizio in tono saccente -Sei lesto, a correre, quando si tratta del Drago Ancestrale, vero?-

-E tu sei diventato più vigliacco di quanto non ricordassi… prendere ostaggi e torturarli così è anche più da vigliacchi che pugnalare alle spalle un’avversario che non se l’aspetta, posto in inferiorità numerica…- Garv si stava spostando lentamente; aveva inuito la natura delle sbarre della gabbia; bene, non sarebbero state un problema per la sua lama.

-Garv, siamo demoni, noi dobbiamo essere spietati, crudeli, e, perché no, anche ‘vigliacchi’, se con questo termine tu indichi ‘approfittare delle debolezze di un avversario per schiacciarlo’… o forse preferisci comportarti da bravo bambino?-

-Chiudi quella fogna, Hellmaster. Sai che odio i tuoi metodi sporchi. -

-Vuol dire che la prossima volta prima li laverò ^^ contento?- Phibrizio sapeva come far perdere la pazienza, con quel suo sorrisino innocente sotto quegli occhi così terribilmente spietati… Detta in tutta franchezza, solo Xelloss pareva capace di batterlo nel campo di far saltare i nervi a qualcuno…

Garv ghignò: conosceva bene le tecniche subdole dell’altro, sapeva che perdere le staffe, in quel momento, era l’ultima cosa da fare. La sua mente elaborò in fretta un piano: si scagliò contro Phibrizio, fingendo di voler solo colpire l’altro demone, ma quando l’altro Dark Lord si spostò per evitare un fendente, si accorse troppo tardi che il colpo non era destinato a lui, bensì alle sbarre della gabbia. Lo spostamento d’aria e l’energia magica che lo accompagnava tagliarono come burro le sbarre di entrambe le gabbie, i cui fondi, con i rispettivi prigionieri, caddero rumorosamente a terra.

-Bel lavoro, Garv… peccato che tu ora sia senza un briciolo di forza, vero?- sghihgnò allegramente Phibrizio. Aveva ragione: quel colpo, in cui aveva impresso tutta la sua forza fisica e ogni briciolo di energia magica che aveva, l’aveva stremato. Dannazione, perché non riusciva a rigenerare la sua energia? Perché si sentiva drenare via come un’arancia spremuta?

In quel momento sopraggiunsero anche Luna, Gourry e Philia. La prima si diresse subito a dar manforte a Garv, per tenere impegnato Phibrizio il tempo che il cognato e la draghetta andassero a recuperare i due prigionieri.

Lina era stordita dalla caduta, ma tutta intera. Gourry la prese in braccio senza troppi complimenti, portandola poi in un angolo un po’ più tranquillo e riparato, e andando poi ad aiutare Philia a spostare Valgarv.

La ragazza, nel frattempo, stava lanciando un recovery dietro l’altro sul corpo esanime del Drago Ancestrale, il cui sangue arrossava il pavimento intorno, e le vesti di entrambi.

-Come sta?- chiese il ragazzo, aiutando Philia a trascinare via Valgarv.

-Perde troppo sangue. Oh, devo riuscire a fermare le emorragie!- la draghetta continuava a castare gli incantesimi di guarigione anche mentre lo spadaccino trascinava il corpo del drago privo di conoscenza nello stesso angolo un po’ tranquillo in cui aveva portato anche Lina. Alla fine, notando con crescente angoscia quanto il drago ancestrale fosse gravemente ferito, si preparò alla maggiore delle formule di magia divina curatrice. Il bello della doppia natura di Valgarv, era che su di lui funzionava sia l’infusione di magia nera, sia le formule curative della magia bianca.

-Holy healing hands, Breath of mother earth, I pray to you, save this friend lying before me, With your limitless mercy…- intonò Philia, il bel volto contratto nello sforzo di quell’incantesimo che, malgrado la formula relativamente breve, era uno dei più complessi e preziosi della magia bianca. -Resurrection!- dalle sue mani, un fiotto di luce bianca, che avvolse il corpo di Valgarv, ormai quasi insopportabilmente freddo e pallido per la perdita di sangue, in un tiepido, morbido e avvolgente calore.

 

In quella sorta di limbo protettivo in cui la sua coscienza e parte della sua anima si trovava, Valgarv si guardava attorno, preocupato. L’aria era sempre la stessa, tutto intorno pareva immutato, ma lui aveva sempre più freddo. Rabbrividì, toccandosi un braccio e trovandolo coperto di un freddo e viscido sudore. Sapeva. Sapeva che quello era uno dei sintomi della morte. Quante volte vi era andato vicino, nei primi anni in cui era stato al fianco di Garv? Quante volte aveva rischiato di morire, per aver usato troppa energia tutta in una volta, o per aver perso troppo sangue, quante volte l’ala della morte l’aveva sfiorato? Garv lo aveva sempre riafferrato al volo, strappato alla morte, o per lo meno a una lunga e dolorosa convalescenza, per lui era un giochetto, infondergli un po’ di energia, e poi lasciare che la rigenerazione automatica demoniaca facesse il suo dovere. Quell’energia era sempre così turbolenta, calda e rossa come un fiume di sangue, bruciante, ma non dolorosa, anzi: era quel tipo di calore piacevole anche quando è così intenso da essere quasi doloroso. Era il calore intenso e bruciante dell’amore di Garv. E ad ogni goccia della calda e pulsante energia che era scesa in lui, ad ogni stilla di quell’essenza di potere, lui aveva sentito rinnovarsi nel suo cuore la fedeltà, la riconoscenza, l’amore per il Dark Lord che, per quasi mille anni, era stato il centro del suo universo.

Il ricordo di quel calore turbinante parve riscaldarlo un poco. Anzi, non era una semplice sensazione. Il gelo stava svanendo. Poco a poco, la terribile sensazione del freddo appiccicoso lo stava lasciano, scacciata da un tepore a lui sconosciuto. Era energia, quella che fluiva in lui… ma un’energia diversa da quella di Garv. Se si può dare una definizione di colore all’energia vitale, quella di Garv era di un rosso intenso e sanguigno come la sua chioma, mentre quella che stava fluendo, lo stava circondando e scaldando come un dolce abbraccio era rosa, un rosa confetto striato dal bianco, i due colori preferiti di…

-Philia!- esclamò Valgarv, riconoscendo infine l’energia.

-Forza, ragazzo, laggiù ti stanno aspettando!-

-Esatto, e non è carino far aspettare una ragazza carina come quella!-

Dalle sue spalle, due voci quasi identiche, ben note al Drago Ancestrale.

-Rashart e Raltark!- Valgarv si voltò, stupefatto. Come potevano quei due essere lì? Erano forse una creazione della sua mente?

-Allora, non ci hai capiti? Dai, torna nel mondo dei vivi, che hanno un dannato bisogno di te, laggiù!-

-Ma voi… voi che ci fate… qui?- balbettò Val

-Noi? Beh, eravamo tranquilli tranquilli nel mare del Chaos, quando ci sono passati vicinissimi due draghi ancestrali… no, aspetta, erano tre, ma uno era un cucciolo, e i due adulti parevano preoccupatissimi. Abbiamo colto uno stralcio della loro conversazione, e c’era il tuo nome… per lo meno, un nome che assomigliava al tuo vecchio nome, parlavano di Valtier. Così li abbiamo seguiti fino a qui. Però adesso non abbiamo la minima idea di come tornare di là… mi sa che ci siamo cacciati in un brutto guaio, eh, fratellino Raltark?-

-Già, temo che ora siamo ridotti a fare i fantasmi, visto che non possiamo tornare nel Mare del Chaos, Rashart. - ridacchiò l’altro. Valgarv osservò per qualche istante quelli che, secoli prima, erano stati suoi amici e compagni di battaglie e di bevute memorabili, assieme a Garv; i due mazoku gemelli, quasi identici nell’aspetto, e tanto simili nel carattere allegro, gioviale e battagliero. Entrambi alti, poco più di lui, e quindi non poco, con capelli rossi come quelli di Garv; sparati all’insù come gli aculei di un porcospino Rashart, che vestiva ancora la divisa da general che indossava nella sua ultima battaglia, sciolti in morbide ciocche che gli arrivavano alle scapole Raltark, il cui immacolato caffettano rosso coi bottoni di pietre dure non recava traccia del sangue che lo imbrattava quanto il priest era stato tagliato in due dalla falce di Phibrizio, cinquecento anni prima. Era stato tagliato in due, mentre gli faceva scudo.

-Raltark… io… io volevo ringraziarti…-

Il mazoku parve sorpreso dalle parole del demone-drago. I lineamenti del volto si contrassero in un’espressione tra lo stupito e il curioso.

-Prego?-

-Ecco… tu sei morto… per difendere me… e non ha mai avuto modo di dirti grazie…-

Raltark arruffò in un gesto affettuoso i capelli di Valgarv -Il primo dovere di un subordinato è quello di proteggere il suo capo. Se tu fossi morto, Garv-sama ne avrebbe sofferto tantissimo… e per proteggerlo da tale dolore, ho dato volentieri la mia vita. E poi, lo sai, no, che volevo tornare con Rashart…-

Valgarv annuì. Circa seicento anni prima, Rashart era morto in una battaglia, caduto non per mano di avversari che lo fronteggiavano a viso aperto, no… caduto per mano di un demone traditore, che lo aveva pugnalato alle spalle con una lama avvelenata. Pochi erano i veleni capaci di agire sui mazoku, e quello della lama era il più letale esistente, praticamente istantaneo. Raltark aveva letteralmente rivoltato come un calzino il traditore, l’aveva sbudellato e scuoiato vivo, l’aveva ridotto a una poltiglia sanguinolenta con una furia e una rabbia che avevano fatto impallidire persino Garv… il che era tutto dire, vista l’esperienza in materia di carneficine che il Dark Lord aveva.

Ma da quel giorno, l’allegro e battagliero priest era cambiato. Era sempre cupo, depresso, triste. Con la morte del gemello, sentiva perduta metà della sua anima, se anima si può definire ciò che infiamma di sentimenti pulsanti un mazoku. Per lui, morire per salvare Valgarv aveva rappresentato un duplice gesto: evitare a Garv il dolore di perdere qualcuno caro come e più della vita stessa… e la possibilità di riunirsi al fratello.

-Ma adesso, sei tu che devi proteggere Garv-sama da quello psicopatico di Hellmaster… e stargli accanto. Per cui, ora muovi quelle chiappe e torna nel tuo corpo!- continuò Rashart il discorso, sorridendo. Valgarv annuì vigorosamente, ma poi, un pensiero improvviso lo fulminò…

-Ehhh… io, però, mica so come fare…-

*gocciolone di tutti e tre…*

In quel momento, Philia lanciò il Resurrection, e la corrente calda che già lo avvolgeva lo risucchiò in un’oscurità dolce e confortevole.

 

La battaglia continuava senza tregua. Da una parte, Phibrizio, che alternava ai colpi con la falce e agli incantesimi frecciatine sarcastiche al Re Demone Drago; dall’altra, Garv e Luna, che cercavano principalmente di coprire gli altri, il tempo necessario a Philia per salvare la pelle a Val. Conoscendo l’orgoglio del demone-drago, si può supporre che si sarebbe mangiato la lingua prima di ammeterlo, ma doveva riconoscere che, senza il Cavaliere di Cephied, non avrebbe resistito a lungo agli attacchi di Phibrizio.

 

Deep Marin Castle, pochi minuti prima

Dolphin era seduta sul suo trono, immobile. Era in corso una serrata conversazione telepatica con Zelas, che stava relazionando a lei e a Dynast gli ultimi fatti. Dynast prese il comando, con un secco ordine.

-Chiamate i vostri subordinati. Ci vediamo tutti all’Hellmaster Manor, il prima possibile. In assetto da guerra. Phibrizio stavolta ha esagerato. -

L’apprendere di come Phibrizio avesse rubato l’energia maligna a non uno, ma addirittura due Dark Lords lo aveva non poco inquietato, e temeva che il ‘fratellino’ volesse impadronirsi in maniera definitiva e permanente anche dell’energia dell’Ha-ou e della Kai-ou, oltre che di quella del Maryuu-ou e della Juu-ou (trad dei precedenti termini: Ha-ou = re supremo [Dynast], Kai-ou = sovrano del mare [Doplhin], Maryuu-ou = Re Demone Drago [Garv], Juu-ou = sovrana delle bestie o Greater Beast [Zelas]. N.d.Ilune. Già che ci siamo, Mei-ou = re dell’inferno o Hellmaster [Phibrizio]), finendo così con l’ucciderli.

Dolphin aprì gli occhi. Poseidon era in piedi alla base sinistra del suo trono, immobile, nella stessa posizione in cui si trovava quando la sua Signora aveva cominciato la comunicazione telepatica con gli altri due Dark Lords.

Dolphin si alzò. -Nerea!-

Una figura si materializzò davanti a lei, in ginocchio. Era una  ragazza di forse sedici-diciassette anni, con capelli lunghi fino alle scapole, raccolti in una coda all’estremità, lisci e di un pallido azzurrino; gli occhi blu erano chini a terra, in segno di rispetto. Era Nerea, la general della Kai-ou. Stretto in mano, in parallelo al pavimento, la sua arma, un lungo arpione dalla punta d’orialchon istoriata di rune. Nessuno, salvo la sua Signora e Poseidon, sapeva che era la sorella minore di Poseidon stesso, unica sopravvissuta della sua famiglia a una terribile epidemia, sei anni dopo che Dolphin aveva portato via suo fratello.

Da quando Dolphin, mille anni prima, aveva perso interesse per tutto a causa della morte di Poseidon, era lei che si occupava dell’‘amministrazione’ del regno sommerso su cui la Dark Lady aveva per quattro millenni dominato incontrastata. Col ritorno in vita di Poseidon, e la conseguente ‘rianimazione’ di Dolphin, i suoi impegni si erano un poco alleggeriti, ma per un motivo o per l’altro era sempre in giro per gli oceani.

-Mia signora…-

-Nerea, Poseidon! Indossate le armature…- sogghignò -andiamo a sculacciare il piccolo Hellmaster… stavolta sono d’accordo con Dy-chan, ha sorpassato ogni limite!-

I due subordinati annuirono, e un istante dopo, sui loro corpi comparvero le armature da combattimento. Entrambi con alti stivali a metà coscia, polsiere in acciaio istoriato magicamente di orialchon, le cui rune componevano incantesimi protettivi, e spallaccio tondo, a sinistra lei, a destra lui. Nerea indossava sul torace un corpino che modellava il fisico snello e idrodinamico, e una protezione alla vita composta da una cintura da cui pendevano come una corta gonna strisce di metallo e cuoio. Poseidon invece indossava, sopra l’aderente maglia a scaglia di pesce, una sorta di cotta di maglia molto sottile e leggera, ma l’aspetto non doveva trarre in inganno: era mithril e orialchon, cioè il meglio del meglio in fatto di protezione magica; una delle migliori opere del priest, ottenuta dopo anni di studi e tentativi. Nella sua mano, il bastone da priest, sulla sommità del quale un delfino di lucido metallo pareva guizzare dalla spuma attorno a una sfera color blu notte.

Dolphin sorrise nel notare che entrambi i subordinati si erano armati al massimo. Un attimo dopo, anche lei indossava la sua tenuta da battaglia. Passò le mani sottili e diafane sulla tunica blu intessuta di mithril scintillante, dalle ampie maniche, che scendeva fino al ginocchio, tagliata da due vertiginosi spacchi laterali che arrivavano alla sommità della coscia; sulla cintura istoriata di rune magiche, sul corpetto che le proteggeva il torace, e le protezioni per i fianchi fissate alla cintura. I polpacci snelli erano protetti da sottili, infrangibili schinieri di mithril e orialchon, che li avvolgevano alla perfezione, mentre i piccoli piedi erano nudi, come al solito. I suoi passi, mentre scendeva i gradini, risuonarono ovattati, nella ampia sala rotonda.

-Bene. Andiamo. - disse semplicemente. I due mazoku, ai suoi fianchi, annuirono, preparandosi a teletrasportarsi dietro di lei.

 

Eternal Ice Palace (casa di Dynast, per intenderci)

Nell’ampia sala dalle pareti di ghiaccio, o forse era pietra azzurra coperta da uno strato di ghiaccio eterno, il primogenito del Maou Shabranigdo si alzò dal suo imponente trono di ghiaccio (o forse è vetro? Non gli si gelerà il deretano a stare seduto ventiquattro ore al giorno su un blocco di ghiaccio? N.d.Ilune - Scema, lui è la personificazione del freddo, non si gela no! N.d.Dess - Che ci fai tu qui? Fila dove devi stare!!! N.d.Ilune), sussurrando appena quattro nomi. Fu più che sufficiente: i suoi quattro subordinati comparvero all’istante, inginocchiandosi davanti al suo trono. Gli occhi azzurri dell’Ha-ou, tanto chiari da parere bianchi, si soffermarono per un’istante su ognuno di loro. Era stato fortunato, mille anni prima, non ci aveva rimesso nessuno dei suoi subordinati, nella Kouma Sensou. No, non fortunato, si corresse mentalmente, abile. Abile e abbastanza intelligente da non mandarli allo sbaraglio in missioni impossibili… pensò, rammentando disgustato come Phibrizio avesse mandato i suoi subordinati a combattere anche quando era chiaro che quella era la cosa più disastrosa che potesse fare, al momento. E si erano visti i risultati, con tre disintegrati dai draghi e dagli elfi, e uno disertore. Lui no, lui era sicuro che nessuno dei suoi quattro subordinati lo avrebbe mai tradito. E lui, naturalmente, non avrebbe mai mandato allo sbaraglio in una battaglia impossibile nessuno di loro.

Lo sguardo si soffermò di nuovo sui quattro, genuflessi, a capo chino, in silenziosa attesa dei suoi ordini.

Grau e Nost, i due Priest gemelli, l’uno coi capelli neri e l’altro con la chioma candida, le ciocche che scendevano lisce e morbide sulle orecchie e sul collo, e sul panneggio bianco e blu delle tuniche. Il loro aspetto umano era quello di due bambini di non più di dieci anni, ma i pochi umani che avevano fissato i glaciali occhi azzurri dei due priest vi avevano letto in un istante il gelo di millenni di vita.

Dynast spostò lo sguardo sul General genuflesso alla destra dei gemelli, Gro. Appariva come un umano di vent’anni, con una lunga treccia nera che scendeva ordinata sulla schiena, una corta barba sempre nera, sul mento, curata in modo quasi maniacale. Indossava una divisa blu, con finiture azzurre, e un mantello azzurro ghiaccio.

Infine, a destra di Gro, Shella. Anche i suoi capelli blu erano raccolti in una treccia, salvo il ciuffo della frangia che, morbido e vaporoso, le ricadeva sulla fronte e sugli occhi verdi, rispettosamente abbassati. La divisa, il cui modello era immutato da secoli, le aderiva al corpo minuto e formoso, il mantello fermato all’altezza delle clavicole da un lungo fermaglio inciso le cadeva attorno in eleganti pieghe. Lei era l’unica, dei suoi subordinati, ad avere origini umane. Eppure, era senza dubbio la migliore, la più potente, capace di crearsi quasi totalmente da sola il demone-spada che pendeva alla sua vita, Doolgorfa, solo cento anni dopo essere stata tramutata in mazoku. Era anche la più fedele, su questo Dynast non nutriva alcun dubbio. Tanto fedele da difenderlo fino alla morte, come era successo non più di quattro anni prima, nello scontro contro Lina Inverse. Malgrado fosse la più giovane, era il suo braccio destro, era lei che si occupava di molte incombenze relative alla zona dell’Eternal Ice Palace, e che lo accompagnava quando le esigenze richiedevano la presenza di un subordinato.

-Preparatevi a combattere. All’Hellmaster Manor. - disse, in tono di voce piatto.

Si udì una mezza esclamazione, soffocata: Shella si era quasi strozzata con la sua stessa lingua, quando aveva sentito la destinazione: nel bel mezzo del Deserto della Distruzione! Doveva bollire qualcosa di davvero grosso, se Dynast andava in quella fornace, portando con sé tutti e quattro i suoi subordinati, lasciando così sguarnite le postazioni del Nord Polacco!

Anche gli altri tre mazoku erano rimasti a dir poco shockati dalle parole del loro signore, ma non reagirono di una virgola. A un cenno di Dynast, si alzarono in piedi. Nelle mani dei priest si materializzarono due bacchette di cristallo, che svolgevano la stessa funzione di catalizzatore e amplificatore svolta dai bastoni degli altri priest, mentre nella mano di Gro comparve un’arco candido, dai riflessi metallici. Shella portava già al fianco la sua spada.

Un gesto della candida mano, e sulla elaborata tunica dai colori cangianti dal bianco al blu dell’Ha-ou comparve la sua armatura, un capolavoro dell’arte dell’istorio oltre che della guerra, tali erano le volute istoriate sul candido metallo. Rune portettive si intrecciavano al suo stemma sul pettorale, s’incurvavano in flessuosi sigilli sulle polsiere e convergevano senza mai sovrapporsi all’altezza delle articolazioni. Il mantello blu bordato di candida pelliccia di ermellino scendeva dalle ampie spalle del Dark Lord, rese ancora più larghe e imponenti dai magnifici spallacci ornati di micidiali punte.

Un istante dopo, la sommità della scalinata da cui torreggiava il dark Lord era vuota. Meno di un secondo dopo, anche gli altri quattro demoni erano scomparsi dalla sala, che rimase immersa nella sua fatata luce riflessa da mille vetri, o forse mille ghiacci, solo per sé stessa.

 

Wolf Pack Island

-Allora, capo, ci tocca tornare laggiù…-

Zelas appariva molto tesa e nervosa. Stava fumando la sesta sigaretta nel giro di tre minuti, da quando aveva interrotto il contatto mentale con gli altri tre Dark Lords non aveva aperto bocca, se non per convocare il suo subordinato.

-Si, Xel. Quel rompiscatole di Dy… umph, non credo che me la caverò con un semplice muso lungo da parte sua, se non intervengo anche io contro Phibrizio. Andiamo, ma cerchiamo di pararci il culo anche stavolta…-

Fece comparire un calice nella sua mano. Xelloss si affrettò a riempirlo col contenuto di una bottiglia prelevata dalla loro cantina attraverso la dimensione astrale. La Dark Lady trangugiò in un sorso il rosso di Zephilia, facendosi riempire il prezioso calice altre cinque volte, prima di parlare di nuovo.

-Suppongo non si possa rimandare. Muoviamoci. - scomparve nell’aria. Xelloss guardò il mezzo dito di vino rimasto nella bottiglia, principalmente fondi e sedimenti. Stringendo le spalle, scolò quel goccio dalla bottiglia, scomparendo poi nella dimensione astrale, dietro al suo capo.

 

Deserto della distruzione

La prima a comparire fu Zelas.Sopra alla eterea tunica bianca era comparso un leggero corpetto che le avvolgeva il seno prorompente, con larghe spalline unite a spallacci tondi. Schinieri dello stesso materiale ai polpacci, e polsiere agli avambracci sottili, su cui spiccavano ugualmente una mezza dozzina di bracciali e cavigliere di varie fogge. Una larga cintura proteggeva il ventre, mentre la testa bionda come il grano maturo era circondata da un sottile diadema metallico ornata di rune.

Un attimo dopo, a sinistra e leggermente più indietro, Xelloss.

I loro poteri erano sufficienti a permettere loro di penetrare la barriera di Phibrizio ed arrivare col teletrasporto fin alla porta, sfondata, di accesso.

Un istante dopo, comparvero tre figure: Dolphin, Poseidon e Nerea. Lo sguardo della Dark Lady marina si posò sull’imponente portone che giaceva, fracassato, a terra.

-Questo è il tocco di Garv…- disse, mentre un grosso gocciolone si formava sulla testa dei cinque presenti.

-Beh, che facciamo, aspettiamo il fratellone, o andiamo avanti noi fragili fanciulle?- le chiese Zelas.

-Si va. Tutti insieme. - le rispose una voce, calma e fredda, alle sue spalle. Dynast era arrivato, coi suoi quattro subordinati. Andò in testa, e si addentrò nell’ombra oscura del maniero, lieto di sfuggire alla calura opprimente che quel deserto aveva anche nel cuore della notte. Dietro di lui, le Dark Ladies, e in coda, i sette subordinati, che stringevano nervosi armi, bastoni e bacchette, pur cercando di non farlo notare. L’unico che non pareva nervoso era Xelloss, che pareva calmo e tranquillo come se stesse recandosi a fare una passeggiata. Ma, si sa, il suo enigmatico sorriso era imperscrutabile per tutti, tranne forse per la sua master. Scuotendo la testa per scacciare questa riflessione al momento inopportuna, Shella accellerò il passo portandosi un poco più avanti, pronta a difendere il suo Signore a costo della vita… come sempre, del resto.

 

 

La prima cosa che vide, fu l’azzurro. L’azzurro del cielo più intenso degli occhi di Philia, che lo scrutava preoccupata, alla ricerca del più piccolo segno che indicava il rinvenimento. Valgarv fece per alzarsi a sedere, subito trattenuto da Philia. -Resta giù. Sei ancora debole, hai perso molto sangue. Ora mi devo occupare di Lina, aspetta un momento. -

Il clagore della battaglia aveva quasi coperto le parole della draghetta, e Valgarv, con uno sforzo che gli parve immenso, voltò il capo, assistendo allibito allo scontro tra Garv e Phibrizio.

-Dannazione, Garv è in svantaggio! Arrivo, Maestro!- malgrado sentisse le gambe di pastafrolla, cercò disperatamente di alzarsi.

-Val, per carità, sta fermo! Non ti agitare, o si riapriranno le ferite!- Philia, impegnata a castare un recovery su Lina, non potè trattenerlo fisicamente, ma ci pensò la forza di gravità per lei: Valgarv cadde a terra, incapace di reggersi in piedi per la debolezza. Il pavimento attorno a lui era totalmente fradicio di sangue, la sensazione calda e appiccicosa che gli trasmetteva gli riportò alla mente i terribili ricordi rivissuti fino a poco prima. Non voleva perdere di nuovo una persona cara. Non poteva perdere di nuovo Garv. Era già successo, e non voleva che ciò si ripetesse ancora.

-Rashart e Raltark mi hanno chiesto di proteggere Garv al posto loro. Devo andare.- si rialzò, le mani immerse nel suo stesso sangue, che colava dai tagli delle braccia, riaperti. La rigenerazione tipica del Mazoku su di lui era più lenta.

-Stupido!- Philia gli tirò uno schiaffo. Valgarv si fermò, stupito di quel gesto. Philia non lo aveva mai picchiato, prima. Negli occhi della ragazza brillavano lacrime -Se vai adesso, morirai: sei ancora troppo debole. Se tu morissi, Garv ne soffrirebbe troppo. - prese le mani del ragazzo tra le sue -Lui combatterà meglio, se sa che sei al sicuro. - la sua voce era ferma. Valgarv non replicò, ma il suo sguardo volto verso la battaglia era bramoso e… si, preoccupato. Si leggeva chiaramente l’ansia in quel volto striato di sangue, l’apprensione e il terrore che potesse capitare qualcosa di brutto a Garv.

-Philia ha ragione, Val…- Lina si era faticosamente rialzata a sedere, amorosamente sostenuta da Gourry -Se tu ora andassi a combattere al suo fianco, lo intralceresti e basta. Lascia che Philia finisca di curarti. -

 

 

Uno scalpiccio alle loro spalle li avvisò che non erano soli, ma bastò una frazione di secondo perché i Dark Lords e i subordinati capissero chi sopragiungeva dietro di loro: Dessran, Naga, Amelia e Zelgadiss, che non erano riusciti ad arrivare fino al portone col teletrasporto, e avevano dovuto farsi in levitazione i sei chilometri che li separavano dall’Hellmaster Manor. Nessuno disse nulla, ma fecero passare in testa Dessran, che era, a conti fatti, quello che meglio conosceva la dimora dell’Hellmaster, visto che Zelas e Dynast non vi avevano messo piede che un paio di volte, negli ultimi mille anni, e Dolphin… beh, negli ultimi mille anni lei non aveva messo il naso fuori dall’acqua…

 

 

Lina emise un lungo sospiro -Gourry, portami più vicino che puoi al luogo dello scontro. Evocherò il Laguna Blade. -

-NO! Lina, non farlo! Ti prosciugherebbe totalmente!- Gourry l’aveva stretta di più, immobilizzandola seduta a terra. Lina cercò debolmente di svicolarsi.

-Devo farlo, Gourry. Guardali…- indicò lo scontro. Garv stava avendo la peggio, Luna era coperta di ferite, l’armatura piena di incrinature e scheggiature.

-Non ho altra scelta. Se non intervengo, moriremo tutti…-

 

 

-Qualcuno ha pensato di avvertire i Dragon Lords?- chiese a un certo punto Dessran.

*Gocciolone dei tre Dark Lords*

-Eeehhhmmm… no… - fu la rispostina di Zelas. Per poco non caddero tutti a terra.

-Ehi, era Garv quello incaricato di parlarci per comunicazioni di servizio! Non guardatemi male! Io quelli lì neanche li posso vedere!- protestò la Dark Lady.

-Non importa, appena sentiranno il casino della battaglia che si sta svolgendo, si precipiteranno qui!- tagliò corto Dolphin, non desiderando, in quel momento, che la sorella cominciasse a sklerare.

-Allora, per farglielo sentire meglio, andiamo ad aiutare i nostri amici e a fare un po’ più di casino in nome della giustizia!!- si intromise Amelia, scattando in testa in posa ‘paladina della giustizia’. Occhiata schifita dei mazoku (anche se non sono proprio sicura per quanto riguarda Dynast-faccia-impassibile… N.d.Ilune) per la posa…

-Amelia, che c’entra la giustizia ora?- le chiese Zelgadiss, il cui gocciolone persisteva, assieme alla sgradevole sensaziona data dall’avere a pochi metri di distanza tre Dark Lords e sette tra general e priest di cui si fidava poco o nulla.

Amelia preferì non rispondere, le stava venendo il fiatone nel cercare di seguire il passo rapidissmo e instancabile dei mazoku.

Per fortuna sua e dei suoi polmoni, nonché della sua regale milza che cominciava a protestare vigorosamente, arrivarono alla fine ai calcinacci che fino a poco prima erano la porta della Sala del trono… non senza aver percorso almeno tre chilometri di contorti corridoi, sale, volte, templi e scorciatoie che Dessran pareva conoscere a menadito.

-Anf… anf… anf… ‘mazzateo, se l’architettura rispecchia il nostro carattere, non c’è dubbio che a Phibry manchi ben più di un venerdì…- ansimò Dolphin -Ma chi è stato il suo architetto?-

-Non glie l’ho mai chiesto, Lady Dolphin… ma le assicuro che i primi tempi mi perdevo almeno sei volte al giorno, qui dentro…- rispose Dessran cortesemente, ma non senza una punta d’ironia -A dopo le chiacchiere!- furono le sue ultime parole, prima di lanciarsi come una furia nella sala, un lampo nero che interruppe la posizione di stasi delle tre persone al centro della sala.

-Giusto, andiamo!- gli fece eco Amelia, seguita da Zelgadiss e Naga. Lo shamano, calcolata però la situazione, afferrò appena in tempo le due ragazze, trascinandole nell’angolo tranquillo di Lina & co.

-Qui saremo più utili. Amelia, Naga, occupatevi di Lina, passatele energia. Io aiuterò Philia con Valgarv. -

Philia accolse con un sorriso sollevato l’arrivo degli amici, in particolare di Zelgadiss, che iniziò ad aiutarla castando a ripetizione recovery sul corpo di Valgarv. Grazie allo shamano, le ferite sparivano, anche se la stessa cosa non si poteva dire delle cicatrici.

-Sono arrivati i rinforzi, ragazzi!- sogghignò Zelgadiss, indicando i Dark Lords e i subordinati, che avevano circondato Phibrizio su tutti i fronti -Adesso lo conceranno a dovere!-

Ma Phibrizio non pareva dello stesso avviso.

-Phibrizio, in nome del fatto che siamo Dark Lords e tuoi fratelli, ti diamo un’ultima possibilità: arrenditi, restituisci l’energia che hai rubato, e chiuderemo un occhio sui casini che ci hai causato…- disse Zelas, puntando contro l’Hellmaster una lunga picca rostrata che le era comparsa tra le mani poco prima di arrivare alla sala dello scontro.

-Io ho un’idea migliore, Zelas…- sul volto dell’Hellamster si dipinse un sorriso crudele -Voi mi date tutta la vostra energia, schiattate, e io mi gusto da solo la distruzione del mondo!-

-Tu sei pazzo!!!- eslamò Dolphin, puntando a sua volta contro il “fratello” il suo tridente, il suo simbolo di autorità del mondo sommerso.

-Si, forse…- sogghignò Phibrizio, mentre dalle sue mani uscivano numerose sfere di cristallo di rocca, che cominciarono a tingersi di svariati, vorticanti colori. I mazoku si sentirono mancare, fu come se la gravità fosse diventata cento volte superiore, non avevano neppure la forza di pensare…

 

 

  
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