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Autore: Vika_I_Love    06/12/2015    2 recensioni
La vita di Molly Sue è una lotta continua, ha lottato nel Bronx, ha lottato in carcere, ha lottato per ricevere amore ed ora lotta per farsi spazio nella WTA.
Le sue convinzioni vacillano quando il suo percorso incrocia quello di una ragazza, Molly ha paura di Emily, ha paura di diventare “umana”, Emily è l’unica a non avere paura di Molly, l’unica che riuscirà a cambiarla.
Molly non sa che Emily per lei sarà un tornado.
Il tornado passa violentemente e prende tutto, tutto ciò che vuole.
“Lo sguardo della più piccola era perso nel vuoto, il cuore le batteva a mille, le faceva male, le bruciava dentro al petto come se da un momento all’altro dovesse scoppiare.
Emily invece era decisa, la guardava dritta negli occhi, cercava di captare qualcosa che andasse oltre le apparenze, cercava di capire realmente chi fosse Molly Sue.
Molly non poteva essere la ragazza viziata e senza sentimenti, non poteva essere come la descrivevano i giornali, lei non aveva il cuore di pietra.
Portò le mani sul viso della bionda, riuscì a catturare il suo sguardo, l’accarezzò delicatamente.
-Sei troppo bella per non farti male
Storia rivisitata
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Sei troppo bella per non farti male

Il dolore come forma di bellezza, il dolore come forma di grandezza

 
 
-Molly avanti svegliati, hai una conferenza stampa, non puoi continuare ad evitare i giornalisti-
La ragazzina si stiracchiò, guardò il telefonino “12:00”, scosse il capo, Vera aveva ragione non poteva continuare ad evitare interviste, ma le domande pertinenti a Wimbledon bruciavano ancora, aveva perso una finale nonostante avesse portato a casa più punti e più game.
Si alzò dal letto, e con estrema forza di volontà si incamminò verso il bagno.
Non aveva voglia di essere fotografata, non aveva voglia di rispondere a nessuna domanda, ma era lavoro, faceva parte del lavoro.
Aveva 17 anni e troppi zero in banca secondo alcuni, doveva dimostrare di meritarli non solo per il tennis ma anche per la sua bontà e generosità.
Non aveva parlato con Vera da quel giorno, da quando si era liberata dal pianto negli spogliatoi, non aveva voglia di parlare di tennis, non dopo quella maledetta finale, si limitava ad allenarsi ad intensificare gli allenamenti a prolungarli se fosse stato opportuno, ma non voleva spendere una parola sul tennis.
Vera capì che Molly avesse capito che doveva alzarsi ed accettare gli impegni in agenda.
 
Molly un ora dopo era seduta dinnanzi a un centinaio di giornalisti, le domande le mettevano quasi paura, non perché avesse timore di queste ma bensì le risposte erano quelle che le facevano paura, conosceva la sua pazienza, semplicemente perché non ne aveva molta.
-Hai perso per colpa di due punti chiave, su entrambe le palle sei arrivata dopo una notevole corsa, ma la Molly Sue che siamo abituati a vedere in campo sarebbe arrivata facilmente su tutte  e due le palle, questo calo di prestazioni è dovuto alle ore piccole?-
La ragazza guardò il giornalista, nascose la rabbia dietro ad un sorriso saccente, aveva legato i capelli perché tutti avrebbero dovuto vedere ogni sua smorfia
-Sinceramente non ho capito la domanda, se mi hai chiesto quanto ho dormito, io ti rispondo poco, la mia prima finale slam non è riuscita a farmi dormire, ma non credo che la Stewart abbia dormito molto di più, sono riuscita a mettere a segno più palle vincenti ed ho portato a casa 3 game in più, se nel secondo set avessi investito meno energie, credo che staremo parlando di altro-
Sorseggiò dell’acqua dal bicchiere che era posto dinnanzi a lei, portò lo sguardo su un giornalista e gli fece segno per fargli capire che toccasse a lui
-AJ cosa ti ha detto dopo la finale? E chi era quella ragazza che ti faceva compagnia al party dopo la finale?-
Molly si voltò versò Vera, la ragazza venne capita nell’immediato dalla sua coach.
Quelle domande erano scomode, si prese una manciata di secondi per rispondere
-Non rispondo a domande che non hanno nulla a che fare con il tennis-
Il giornalista dalla borsa sfilò un giornale, in copertina si notava un bacio, ma questa volta Molly non baciava AJ, e in quel momento capì perché le avesse domandato di Emily.
Molly si alzò dalla sedia e molto agitata le puntò un dito contro –Ma fai sul serio?-
Vera cercò di far sedere la sua atleta ma con poco successo, Molly continuava ad agitarsi –Chi cazzo ha scattato quella dannata foto? Perché il volto della ragazza non è coperto?-
La ragazzina andò a pochi passi dal giornalista, le strappò il giornale dalle mani e con voce rauca continuava ad urlagli contro –Mi spieghi che cazzo c’entra la mia amica?-
Lanciò il giornale verso Vera, e continuò a tenere viso duro contro quell’uomo –Io ti denuncio se quella foto finirà in rete o in qualche giornale dozzinale-
Molly guardò tutti i presenti, e non riuscì a rispondere ad altre domande, andò via dalla sala conferenze seguita da Vera, adirata dall’atteggiamento aggressivo di Molly.
 
 
Vera raggiunse Molly, erano nel corridoio principale, la ragazzina continuava ad agitarsi e a gesticolare, si guardava intorno notando che le persone la guardassero più del solito.
La donna si portò a pochi passi dalla sua atleta, le portò le mani sulle spalle per farla calmare –Molly, ora devi calmarti, le fotografie rubate e le bugie sul tuo conto fanno parte del lavoro purtroppo, non puoi incazzarti ogni volta che succede, oramai dovresti essere abituata, devi riuscire a capire come farti scivolare addosso determinate cose-
Molly fece un respiro profondo, provò almeno a riprendere a respirare regolarmente, si voltò verso una ragazza che la guardava quasi impietrita, aveva un giornale stretto tra le mani, la bionda senza alcun tipo di accortezza sfilò il giornale tra le mani di quella ragazza.
La copertina la fece sussultare, Emily era finita in prima pagina, sfogliò la rivista e le foto del loro bacio erano ovunque, c’erano anche delle foto di Molly mentre fumava marijuana affacciata alla finestra dell’albergo.
Vera era allibita, scosse il capo cercando una soluzione, Molly aveva esagerato,  perdere una finale di uno slam, non era una scusa abbastanza valida per ridursi a fumare spinelli, per non parlare del bacio dato alla ragazza del bar.
 
Molly era agitata, era dispiaciuta per Emily, lei era semplicemente una ragazza che lavorava in un semplice bar, non sarebbe dovuta finire su una copertina di un giornale famoso in tutto il mondo.
E se l’avessero visto i suoi genitori?
E se l’avessero visto i suoi amici?
E se l’avessero visto i suoi colleghi?
Emily avrebbe rischiato perfino di essere licenziata per cattiva condotta, non poteva avere rapporti con gli atleti, ed ora il loro bacio era su tutte le copertine.
Doveva risolvere la situazione, non sapeva come fare, ma qualcosa avrebbe dovuto fare.
 
 
 
Emily scese dalla macchina, era davvero molto spossata, il viaggio in aereo l’aveva stancata e il tragitto dall’aeroporto a casa in macchina era interminabile, file di traffico ovunque.
Ad accoglierla c’era il suo tanto amato cane, un bull dog bianco e marrone, nonostante la stazza, riuscì a correre e a saltellare per farsi prendere tra le braccia della padrona.
Emily lasciò un paio di baci sulla testa del suo cane, fece qualche passo lasciandosi il giardino alle spalle ed aprì la porta di casa.
-Mamma sono arrivata- la ragazza lasciò le valigie alla porta, pochi secondi dopo la madre varcò la porta del salone, corse verso la figlia e la strinse tra le braccia –Tesoro finalmente, Tess mi ha detto che saresti venuta, ti ho preparato la pasta al forno-
Emily scosse la testa divertita, sua madre era sempre la stessa, il suo primo pensiero era sempre quello di farle trovare un pranzo abbandonate, come se stesse tornando a casa dopo uno sciopero della fame per difendere i diritti delle donne, -Mamma ho mangiato qualcosa per strada tranquilla, ora ho solo bisogno di dormire-
Si incamminò verso la sua camera, ma la madre la fermò, le strinse la mano –Io ormai ho cucinato, ed ora devi mangiare-
Emily sorrise, le baciò una guancia e sapendo che non sarebbe andata a dormire se non avesse mangiato almeno un piatto di pasta si recò in cucina.
 
Tess le saltò letteralmente addosso, la sua migliore amica la stava aspettando in cucina, aveva apparecchiato la tavola, si notava che lo avesse fatto lei, oltre alla pasta, a tavola c’erano polpette e patatine fritte, bottiglie di birra e di grappa, in quel momento capì che non avrebbe dormito, Tess la stava aspettando, voleva tutte le news delle due settimane inglesi.
 
Le due ragazze si sedettero a tavola.
Emily notò qualcosa di strano nella sua amica, qualcosa non le tornava, aveva capito che ci fosse qualcosa che non andava per il verso giusto.
Le domande che le venivano poste erano vaghe, non era la solita Tess, Emily accese una sigaretta, guardò dritto negli occhi l’amica
-Cosa devi dirmi Tess? E’ successo qualcosa a Stella?
Tess era nervosa, si toccava le mani di continuo, guardò l’amica e decise di parlare
-Stella sta benissimo, il problema è un altro-
La ragazza dalla borsa sfilò un giornale e lo porse ad Emily, -Questo è il problema-.
 
 
Emily strinse tra le mani quel giornale, era impietrita, guardò la copertina, guardò Molly, guardò le loro labbra incollate, e infine guardò Tess.
La mora nascose il giornale velocemente, lo gettò nella sua borsa per evitare che la madre lo vedesse.
-Oddio, ora come cazzo faccio? Ti rendi conto della gravità della situazione?-
Bevve dell’acqua, cercando di calmarsi, ma non funzionò.
La salivazione era insufficiente, le labbra secche e il cuore batteva troppo veloce.
Tess si alzò dalla sedia, si avvicinò all’amica –Calmati Emy, non è successo nulla-
La ragazza prese le chiavi e le sigarette e uscì di casa, seguita dall’amica.
 
Aveva bisogno d’aria, si sentiva soffocare, si sedettero su un muretto poco distante, Emily accese una sigaretta e fece due lunghi tiri in breve tempo.
Tess sorrise, le strinse una mano –Si risolverà tutto tranquilla, conoscono tutti Molly, sanno che è una squilibrata, tu sarai solo una vittima-
Emily guardò Tess con aria sorpresa, non si aspettava di certo quel commento, anche perché in realtà lei aveva baciato Molly più che volentieri, lei non era una vittima, a dire il vero lei era stata la carnefice, Molly era stata la vittima in quella situazione.
Tess notando il silenzio dell’amica, saltò giù dal muretto, portò le mani sulle gambe dell’altra ragazza
-Oddio, non mi dire che … -
Indietreggiò di qualche passo e continuò ad urlare isterica –O mio Dio, Emily ma cosa hai fatto? Ti rendi conto? Tra tutte le persone su questa terra, proprio la più ribelle, la più stronza, la più presuntuosa, la più viziata e, Dio perdonami se dico, la più sexy tra le persone hai baciato?-
 
Emily scoppiò a ridere, scosse il capo mentre la sua risata padroneggiava il parco, scese anche lei dal muretto, posò una mano sulla spalla di Tess
-Ora dovresti calmarti tu-
La ragazza ancora incredula dette uno schiaffò sul braccio della mora –Io non ho parole, ma come ti è saltato in testa? Stella è una sua fan, e tu l’hai baciata-
Emily incrociò le braccia, si godeva lo spettacolo, quando Tess andava di matto era davvero divertente
-Io vado da Stella, si sarà svegliata, le tue urla avranno svegliato anche gli orsi in letargo-
Emily si recò in casa, aveva bisogno di vedere la sua sorellina.
Stella era malata, aveva una malattia grave, non poteva essere risolta, non c’erano abbastanza soldi per aiutare la bambina, per riuscire a sconfiggere quel brutto male, bisognava essere ricchi.
Emily era l’unica della famiglia a guadagnare uno stipendio fisso, il padre era stato licenziato dall’azienda perché non c’erano più soldi per pagarlo, la madre si occupava delle tre figlie tutto il giorno, Serena era troppo piccola, frequentava il terzo anno del liceo scientifico, non poteva lavorare essendo minorenne.
Era una situazione complicata, Emily riusciva a guadagnare abbastanza per comprare gli unici farmaci in grado di tenerla in vita, sperando che i giorni guadagnati potessero portare ad una soluzione, ad un miracolo.
 
 
Vera si guardava intorno, viaggiavano in prima classe ma non riusciva a trovare una posizione comoda, malediva Molly, l’aveva scaraventata in un aereo diretto in Italia, non riusciva a capire l’intento della sua atleta, ma comunque non l’avrebbe lasciata sola, la diciassettenne, se lasciata sola, era un pericolo pubblico.
 
Vera si voltò verso Molly, aveva bisogno di sapere, se non conosceva tutti i particolari non poteva difenderla.
La prima volta che la vide, il suo cuore si strinse, ricordava perfettamente il momento in cui aveva incrociato il suo sguardo:
“Era il suo primo giorno di lavoro presso il penitenziario, era stata assunta per allenare le ragazze, per farle distrarre, per far sfogare loro la rabbia in modo diverso, in modo propositivo.
Varcò la porta che l’avrebbe portata nello spazio ricreativo, la pioggia era battente, e quello spazio era scoperto, ma le detenute pur di godere dell’aria aperta, erano in campo, si facevano bagnare dalla pioggia.
Poco distante da lei, delle ragazze si divertivano, urlavano a squarciagola, quello che successe dopo fu veloce,  suonò l’allarme, 6 sentinelle corsero nella direzione di quel gruppo di detenute, si fecero spazio e non con poco fatica separarono le due ragazze, una delle due, presuppose la vincitrice della lotta se la rideva, era fisicamente 3 volte più grossa dell’altra, le conseguenze di questa differenza fisica erano visibili sul volto della ragazzina più gracile.
Pochi minuti dopo,non c’era più nessuno, eccetto lei e la vittima di tanta violenza, lei era ferma sull’uscio della porta, mentre quella ragazzina, sorrise dopo aver aperto la mano e dopo aver visto che quello che stava proteggendo era ancora suo.
Si diresse verso di lei, si fece bagnare dalla pioggia, solo pochi minuti in quel carcere e già aveva deciso di andar via, una ragazza, anzi una bambina ai suoi occhi, era stata lasciata da sola, mentre del sangue le stava colando da più parti del corpo, nessuno si preoccupava delle sue condizioni, aveva molti lividi e molte cicatrici, presuppose che non fosse stata la prima volta che quell’episodio prendesse piede nel cosiddetto spazio ricreativo.
Si avvicinò a quella ragazzina, pochi secondi sotto la pioggia ed era già bagnata fradicia, si chinò per aiutarla ad alzarsi da terra, sobbalzò dallo stupore.
Un occhio gonfio che non riusciva ad aprirsi, sangue che le colava dal naso, un graffio profondo sulla guancia, un labbro spaccato e il mento sbucciato, la vista di quell’immagine era agghiacciante, erano passati più di tre anni da quel giorno, ma tutti i giorni quell’immagine passava tra i ricordi della donna.
La mano le fu stretta, Molly si alzò dalla pozza di sangue, dalla pozza del suo sangue, si incamminò verso la porta, lei era sbalordita, -Ti porto in ospedale, sei conciata male-
In quel momento incrociò il suo sguardo, aveva solo un occhio aperto, l’altro non poteva aprirlo, sorrise
-Tu sei la mia coach? –
Quel sorriso le fece capire cinque cose
-La ragazzina mal ridotta era Molly Sue, la giovane promessa del tennis inglese
-Non si sarebbe licenziata
-Avrebbe reso Molly una tennista professionista in pochi anni
-Non avrebbe mai lasciato sola quella ragazzina
-Non avrebbe più permesso che le fosse fatto del male”
 
-Molly dobbiamo parlare-
La ragazza guardò la sua coach, avevo lo stesso sguardo di tre anni fa, sguardo che preservava solo alla sua coach, le fece un cenno con la testa, mentre continuava a giocherellare con le bacchette della sua batteria che portava sempre con se
-Ho letto le carte dell’adozione-
-Le hai firmate?-
Vera si prese qualche secondo, guardò fuori dal finestrino, fece un sospiro prima di risponderla
-Io non posso consegnare le carte se prima non mi racconti tutta la verità, io devo sapere cosa è successo quel giorno Molly, io devo sapere perché ti hanno rinchiusa in carcere, io devo sapere cosa stavi difendendo il primo giorno che ti ho vista ed infine io devo sapere perché hai scelto me-
Molly era impassibile, guardò la sua coach, non si aspettava una richiesta del genere, non aveva mai parlato di quel giorno, non aveva neanche voluto un avvocato, si era dichiarata colpevole, non voleva assistere ad un processo, non voleva parlare di quella storia.
Conosceva Vera da oltre tre anni, era riuscita a farla diventare una professionista, era riuscita non sapeva ancora come a scarcerarla, era riuscita a farla diventare una persona migliore, Vera si impegnava tutti i giorni per tutto il giorno a renderla una persona migliore, sia in campo che fuori dal campo.
Molly fece un sorso dalla lattina di coca cola, guardò Vera e capì che se non voleva perdere anche lei, doveva parlare, doveva raccontare, così si decise
-Ero piccola, avevo dodici anni, ero una bambina del bronx, era l’unica bianca del quartiere, mia madre mi aveva regalato una racchetta, costava poco ed era l’unica cosa che poteva permettersi, avevo due anni, l’unico gioco che avevo era quella racchetta, giocavo tutti i giorni, c’era un campo di tennis a venti minuti di distanza da casa mia, per dieci anni di seguito, per 3653 giorni di seguito sono andata al campo di tennis, inizialmente per giocare ma dopo qualche anno per me non era più un gioco, io mi allenavo 13 o 14 ore al giorno, finita scuola andavo al campo, e quando si faceva troppo buio tornavo a casa, i lampioni alle undici di sera si spegnevano, quindi dovevo andare via-
Molly si prese qualche secondo, fece un respiro profondo, ricordare quel giorno era difficile, fece un paio di sorsi di coca cola, Vera le strinse una mano, sentiva la voce di Molly, ascoltava, aveva un altro tono di voce
-Quel giorno sono tornata a casa come tutti i giorni, erano quasi le undici, la porta era aperta, e non sentivo l’odore di cucina della mamma, sono entrata in casa, mia madre era a terra, quel mostro era sopra di lei, l’aveva uccisa, sai cosa ho fatto?-
Vera era impaurita dalla freddezza della sua atleta, era distaccata, era apatica, i suoi occhi erano pieni di rabbia, ma ne parlava tranquillamente, come se vedere la propria madre morta sdraiata sul pavimento del soggiorno fosse una cosa normale, la voce di Molly la distrasse da quei pensieri
-Ho preso la pistola dalla borsa di mamma, l’ho caricata ed ho premuto il grilletto, gli ho bucato il cranio, per il giudice sono colpevole tanto quanto quel uomo, o almeno lo ero-
Molly allungò il braccio e sfilò dalla borsa di Vera i documenti per l’adozione, aveva gli occhi lucidi, usò la manica del suo maglione per asciugarli
-Io non sono un mostro, mia mamma era morta, io non sono un mostro, dovevo pur fare qualcosa, avevo paura, ero arrabbiata, io sono un mostro, io merito una seconda possibilità, tu sei la mia seconda possibilità, e non voglio che tu pensa che io sia un mostro, perché non lo sono, mi guardi come se fossi un mostro, tu cosa avresti fatto? Avresti sparato? Saresti scappata? Avresti pianto? Ti saresti fatta uccidere? Io ho solo difeso la mia mamma, ma ho fatto tardi- sorrise amara, le lacrime le rigavano il volto, il cuore le faceva male, non aveva il suo solito sorriso saccente, aveva gli occhi spenti –Quel giorno il rovescio lo avevo sbagliato 1 volta su trenta, per questo mi sono dilungata al campo, non avrei abbandonato il campo se non avessi messo a segno 30 rovesci su 30 prima, per questo ho fatto un quarto d’ora più tardi, e per colpa di quel rovescio sbagliato ora sto parlando della morte della mia mamma-
Vera abbracciò Molly, la ragazzina piangeva, non immaginava una cosa del genere, era convinta che fosse finita in carcere per colpa di qualche rissa o per spaccio, non sapeva e non immaginava neanche lontanamente che la sua atleta avesse ucciso un uomo, seppur per difendere la madre.
 
-Molly calmati, è tutto finito, ci sono io qui con te, non ti lascerò mai-
La ragazzina aveva i pugni stretti, si fece cullare tra le braccia della sua allenatrice, per lei Vera non era solo un allenatrice, per lei Vera era una seconda mamma, le aveva insegnato tanto e le aveva dato tanto, forse tutto quello che avrebbe potuto darle.
Molly si addormentò, e Vera capì che nonostante fosse scomoda, non avrebbe desiderato posto migliore dove stare.
 
 
Qualche ora più tardi, Molly e Vera erano davanti la porta di una casa a loro sconosciuta,  la donna non aveva chiaro il motivo che l’avesse portata fin li, si era limitata ad assecondare una Molly affranta.
La ragazza bussò alla porta, attese che questa venne aperta, poco dopo fu accontenta.
Una ragazza che non conosceva le si presentò di fronte, era scandalizzata di certo non si aspettava che una ragazza famosa quanto lei bussasse alla sua porta.
Molly le porse la mano –Piacere sono Molly- la mano le fu stretta poco dopo anche se con qualche incertezza, -Piacere, sono Serena- dopo qualche attimo di imbarazzo si sporse per farle spazio –En.. entrate-
Serena sparì subito dopo, Vera guardò Molly, era una situazione assurda –Cosa ci facciamo qui?-
Vera trovò la risposta poco dopo, Emily scese le scale che portavano al salone.
-Oddio, questo è troppo- Vera sbuffò, si accomodò sul divano arresa, le pazzie di Molly erano all’ordine del giorno, quasi si pentì per essere entrata in quella casa.
Emily guardò Molly, era perplessa, era incazzata, si scaraventò su quella ragazza e la spinse con tutta la sua forza, Molly finì contro il muro, era sorpresa da quella reazione, il rumore assordante conseguenza della spinta, fece alzare Vera dal divano, si posizionò tra le due ragazze, cercando di mettere un po’ d’ordine, ma una voce l’anticipò
-Emily questo non è il modo di accogliere gli ospiti- Vera si voltò verso la direzione della voce e capì, era una donna, certamente era la madre della ragazza, -Dovresti scusarti-.
Molly aveva la schiena contro il muro, non si mosse dopo aver ricevuto la spinta, si limitava a guardare Emily, come se le volesse dimostrare di non avere paura di lei.
La mora guardò la madre, allargò le braccia sconcertata –Non sono ospiti, si sono autoinvitate a casa, nessuno le ha invitate, non so neanche perché Serena le abbia fatte entrare-
La signora vistosamente arrabbiata con la figlia scosse la testa, guardò le due “autoinvitate”
-la cena è quasi pronta, se si calmano gli animi, per me siete gradite ospiti-
Emily si passò le mani in volto, non poteva credere che sua madre avesse invitato a cena quelle due.
Vera sorrise sarcastica, puntò un dito contro la mora –Di sicuro non hai la stessa educazione di tua madre-, guardò la donna e convinta la seguì in cucina –Io aiuto tua madre ai fornelli, voi due cercate di non uccidervi-
Le due donne sparirono, si chiusero la porta alle spalle, lasciando le due ragazze nel salone.
 
Emily guardò Molly, le fece un segno per farle capire di seguirla.
Andarono fuori, la mora si accomodò su una panchina in giardino, Molly preferì restare alzata, aveva le mani nella tasca enorme della sua felpa, guardò l’altra ragazza e cercò di capire cosa dirle, non sapeva perché, Emily continuava a metterla in soggezione
-Perché sei qui?-
La bionda continuava a guardarla, alzò le spalle ovvia –Voglio scusarmi, ho visto i giornali, credo che li abbia visti anche tu dalla tua reazione-
Emily sorrise, incrociò le braccia divertita –Vorresti farmi credere che sei venuta fin qui, hai preso un aereo, sei venuta nella parte opposta del mondo, per scusarti? Non avevi una scusa migliore? Il volo è durato parecchio, non potevi inventarti una scusa migliore?-
Molly era imbarazzata, Emily era troppo schietta, tutto quello che pensava, lei lo diceva senza problemi, si limitò ad ascoltare la sua risata, quasi infastidita alzò la voce
-Dovresti sentirti onorata, mi sono sentita in colpa, ho chiamato il tuo capo, mi sono presa le colpe, e sono venuta fin qui perché credevo che ti avrebbe portato problemi in casa quella copertina, volevo semplicemente difenderti perché mi sono sentita in colpa-
Emily si fece seria,  si alzò dalla panchina, guardò Molly, caricando troppo un espressione intenerita, quasi per prenderla in giro, le accarezzò una guancia –Tesoro, i miei genitori sanno che mi piacciono le donne, hanno altri problemi, ben più gravi del nostro bacio in copertina, tu non sei sempre al centro del mondo-
Molly strinse il polso della ragazza, con forza spostò la mano della mora dal suo volto
-Sai che ti dico? Vaffanculo, ho sbagliato, sei solo una stronza, di certo non meriti tutta la preoccupazione che ti ho preservato oggi-
 Le due ragazze vennero distratte, Serena aveva una bambina tra le braccia, indicò Molly –Hai visto Stella? Emily ti ha portato un regalo-
Stella guardò Molly, aveva gli occhi colmi di gioia, non poteva muoversi e da qualche mese aveva anche perso l’uso della parola, era gonfia per colpa di tutti quei farmaci, ma dai suoi occhi si notava la felicità, aveva sette anni, ma agli occhi delle persone estranee sembrava molto più piccola.
Molly sorrise, si avvicinò alla bambina, guardò Serena per capire se potesse prenderla in braccio, dal cenno della ragazzina capì che l’unica dispiaciuta di vederla era proprio Emily.
Abbracciò la bambina e la strinse tra le braccia-Visto Emily che bel regalo ti ha fatto- la voce di Serena non riuscì a distrarre Stella, guardava Molly con aria incredula.
Entrarono tutte in casa per non far prendere freddo a Stella, si accomodarono sul divano, Molly si era dedicata alla bambina, la riempiva di attenzioni mentre parlava con Serena, mentre Emily preferiva stare in silenzio e osservare la situazione.
 
 
La cena per la mora fu davvero imbarazzante, la madre in accordo con il padre avevano riservato il posto accanto al suo alla giovane tennista, credendo che le due stessero insieme, la copertina e la presenza della ragazza per loro non avevano altro significato.
Tutti elogiavano Molly e Vera, erano curiosi della loro vita, Emily si limitava a rispondere con monosillabi, anche se vedere la bionda dedicare tante attenzioni alla sorellina la riempiva di gioia, Molly aveva insistito per tenerla sulle gambe durante la cena e per imboccarla.
-Quindi per quanto tempo restate?- la signora Vivaldi sperava in una riposta positiva, sperava di avere quelle due tra i piedi per altri giorni, erano riuscite a rallegrare la serata, cosa difficile da vedere in casa Vivaldi, Vera guardò Molly, lei non ne aveva idea, si sarebbero dovute allenare, ma anche in Sicilia c’errano campi da tennis, quindi per lei non ci sarebbero stati problemi,
-Credo che resteremo solo per qualche giorno- Molly sorrise mentre imboccava la piccola di casa,
il sorriso della signora Vivaldi si spense
-Hai impegni importanti?-
Serena sorrise, mentre gustava la pasta –Mamma dai, fatti i fatti tuoi, avrà anche le sue cose da pensare- schiacciò l’occhio alla giovane tennista complice, ma Molly sorprese tutti
-Perché Stella non guarisce?-
Vera dette un calcio alla bionda, la guardò minacciosa, ma Molly voleva sapere, quella bambina le faceva tenerezza, voleva sapere se poteva essere utile, Emily guardò Molly, era incredula, non aveva avuto tatto, desiderava spingerla nuovamente, ma la risposta di suo padre la sorprese
-Le cure per riuscire a curare Stella costano troppo- il signor Vivaldi aveva gli occhi lucidi, con la voce quasi rotta dal pianto continuò –Non possiamo permettercele-.
Molly guardò Vera, le due si capirono, la più grande fece un cenno per acconsentire, e la più piccola parlò
-Il mio prossimo torneo si terrà negli stati uniti, tra due mesi, lì ci sono molti medici esperti, posso aiutarvi a farla riprendere per favore?-
La signora Vivaldi era incredula, Serena si alzò dalla sedia,  abbracciò Molly di slancio, i suoi genitori non avrebbero mai potuto dirle di no.
Vera pulì la forchetta con un fazzoletto, e continuò il discorso lasciato a metà dalla sua atleta
-Molly vi sta chiedendo se Stella può partire con noi ed Emily, Molly si sta allenando duramente solo per gli US open, non abbiamo altri tornei in programma, vuole iniziare le cure subito, quando sarà abbastanza forte per affrontare un viaggio, la porteremo con noi, in America le cellule staminali sono molto più avanti, quindi guarirà più in fretta, non ve lo chiede solo Molly, ve lo chiedo anche io-
La signora Vivaldi piangeva, era commossa, abbracciò la coach, erano increduli.
Molly e Vera si guardarono e sorrisero complici.
Il signor Vivaldi si alzò dalla sedia –Vado a prendere le coperte, è inutile andare in albergo, la casa è grande-
La coach sorrise –Non si preoccupi, io dormirò in camera con Stella e Molly può dormire con Emily- Vera si alzò, prese tra le braccia la bambina mentre sorrideva divertita dalle facce sconvolte delle due ragazze,
-Molly mi ha anche detto che avrebbe fatto i piatti con Emily, noi andiamo a vedere un film- la coach si divertiva a prendere in giro Molly, vederla farla i piatti anziché vederla in discoteca la faceva sorridere, e la rendeva felice.
 
Emily e Molly erano rimaste da sole in cucina.
La mora si limitò a posizionare i piatti nella lavastoviglie, si riempì un bicchiere di vino, ma questo le venne sfilato dalle mani, Molly sorseggiò il liquido rosso, -Ottimo- si accomodò sul davanzale della finestra in modo tale che il fumo provocato dalla sigaretta non potesse invadere la cucina.
Emily si sedette affianco a Molly –Almeno stasera hai il buon gusto di indossare un pigiama?-
La bionda sorrise –I tuoi genitori credono che siamo fidanzate?-
La mora deglutì, si imbarazzò diventando rossa, le parole le morivano in bocca, Molly era troppo diretta, ci sono modi e modi di dire le cose ma forse lei non conosceva i modi migliori
-Io credo … credo di si- la ragazza fece un tiro di sigaretta, guardò la bionda –scusa, non so come hanno fatto a pensarlo, domani chiarirò tutto-
Molly la guardò, le strinse una mano dolcemente –Non preoccuparti, non hanno tutti i torti, prima la copertina del giornale poi io che piombo qui all’improvviso, non mi crea problemi se non li crea a te-.
La mora sorrise, ora era lei quella in imbarazzo, Molly la stupiva ogni volta di più, fece qualche sorso di vino per poi posizionarlo nella lavastoviglie, aveva bisogno di allontanarsi da quella ragazza.
Aveva le mani sul ripiano della cucina, cercava di prendere fiato e di far passare il rossore delle guancie, ma la mano di Molly sul fianco la distrasse, guardò la mano della ragazza, fece un respiro profondo prima di voltarsi, quando lo fece non ebbe altro tempo per respirare.
Molly portò le sue labbra su quelle di Emily, accade tutto velocemente, le mani della bionda erano sul suo viso e muoveva le labbra in modo sinuoso, la mora non riuscì a negarle il bacio nonostante a pochi metri ci fosse la sua famiglia.
Molly approfondì il bacio, era un bacio dolce, desideroso, non era lo stesso bacio con cui riempiva i vuoti di parole con AJ, era completamente diverso, lo desiderava sul serio, aveva bisogno di baciarla, nonostante Emily l’avesse trattata malissimo in quelle ore trascorse insieme.
La bionda sorrise prima di lasciare un bacio sul collo della mora, era divertita nel vedere Emily imbarazzata e desiderosa, le sussurrò sensualmente con voce roca –Raggiungo gli altri, Stella mi starà cercando-.
Emily deglutì, aveva caldo, e non riusciva a capire come avrebbe potuto affrontare una notte con Molly al suo fianco.
 
Angolo autrice:
Mi dispiace per le due settimane di ritardo.
Ho avuto un brutto periodo, ci sono cose rimediabili ed altre no,
io purtroppo ho dovuto affrontare una cosa irrimediabile, che mi ha segnata
nel profondo.
Quindi mi dispiace per il ritardo ma spero che mi capiate, lo spero perché
La maggior parte di voi, sono lettori silenziosi quindi non saprò se sarò capita.
Ps: i titoli di ogni capitolo sono frasi estratte da canzoni di LOWLOW, così come il titolo della storia
  
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