Post Script
Pt. 1
I'll sacrifice one
moment for one truth Sacrificherò un istante per una verità
If we get through tomorrow, Se arriveremo a domani then we'll be fine Staremo bene
“Ecco
perché ho paura: ho perduto qualcosa di importante, non riesco più a trovarlo,
e ne ho bisogno. Paura come qualcuno che perde gli occhiali, va dall’ottico e
scopre che in tutto il mondo non ci sono più occhiali e lui dovrà fare senza, e
basta.”
-
John
Green
***
Era
martedì della seconda settimana di scuola quando Annabeth
rifece la sua comparsa in classe: Percy la vide
entrare con quel suo passo deciso, il volto un po’ sciupato e lo sguardo
eternamente altrove. Si sedette al suo fianco come se non fosse stata assente
per una settimana intera; probabilmente era una sua impressione, ma a Percy pareva di riuscire a scorgere dalla maglietta
arancione della divisa scolastica le clavicole un po’ più sporgenti del
normale.
« Che c’è? », gli domandò piccata Annabeth, notando come il ragazzo le stesse facendo i raggi
x.
Lui
scosse la testa frettolosamente e si voltò dal lato opposto, piuttosto
imbarazzato.
« Annabeth! » esclamò Rachel, che si dondolava sulla sedia davanti a loro: « sei
sciupatissima! ».
Persino
Grover pensava che quello fosse un commento fuori
luogo; Percy fu improvvisamente felice di non dover
partecipare alla conversazione.
« Mi sono ammalata. ».
Rachel aggrottò la fronte con aria grave.
« Il tempo ha fatto il matto ultimamente.
Sicuramente è stato il cambio di stagione! ».
Percy vide con la coda dell’occhio Annabeth annuire brevemente, come a voler troncare il
dialogo, per poi estraniarsi come suo solito guardando fuori dalla finestra.
Si
sentì stupidamente deluso; che cosa si aspettava? Dopotutto, di fatto quello
era solo il secondo giorno che trascorrevano come compagni di banco.
***
Annabeth guardò insistentemente fuori
dalla finestra, finché Rachel non recepì il messaggio
e voltò la sua attenzione altrove. Sfortunatamente, nello stesso istante la
professoressa Dodds fece il suo ingresso in aula:
quel giorno sembrava persino più cattiva del solito. Fece l’appello, e quando
arrivò al cognome “Chase”, alzò lo sguardo sugli alunni scrutando tra i loro
volti fino a incontrare quello di Annabeth. La
ragazza si alzò in piedi con un gesto secco, facendo stridere le gambe della
sedia sul pavimento come unghie sulla lavagna. Arrivò alla cattedra, e allungò
all’insegnante il certificato medico di degenza ospedaliera. La signora Dodds lesse giusto le prime due righe, quindi restituì il
foglio alla ragazza e prese ad annotare qualcosa sul registro.
« Non so come abbia fatto a procurarsi un
certificato medico per una semplice febbre, signorina Chase. Stia sicura che
non le andrà bene una seconda volta. ».
La
signora Dodds guardò Annabeth
con aria austera, e la ragazza le restituì uno sguardo di sufficienza, quindi
le voltò le spalle e tornò al suo posto senza dirle una parola. Per un istante
l’intera classe aveva trattenuto il fiato. Percy
tornò ad osservare di nascosto la sua compagna di banco mentre si riaccomodava
al suo fianco; degenza ospedaliera, per la febbre? La signora Dodds non pareva avere tutti i torti, in quel caso.
***
Le
due ore di statistica corsero via abbastanza velocemente, con la Dodds che parlava da sola con la lavagna e gli studenti che
stavano attenti a non farsi cogliere col cellulare in mano mentre facevano
tutto al di fuori che seguire la lezione. Finalmente era arrivato il momento
della settimana che Percy adorava in assoluto: nuoto
col professor Brunner.
La
retta che gli studenti pagavano alla Goddess’ era
esageratamente alta per la maggior parte delle tasche dei comuni mortali, ma di
fronte ad una struttura all’avanguardia come l’edificio che ospitava la
piscina, Percy non poteva che essere soddisfatto di
spendere in quel modo i suoi soldi – anche se in realtà erano i soldi di suo padre.
Lui
e Grover salutarono le ragazze e si recarono nei loro
spogliatoi per cambiarsi ed indossare il costume da nuoto con il simbolo
dell’accademia sul fianco e si ritrovarono fuori poco dopo.
Rachel arrivò al fianco di Annabeth con il nuovo modello femminile proposto
dall’accademia quell’anno. Un sobrio due pezzi privo di scollatura sul seno,
sostanzialmente una fascia e un pantaloncino leggermente più corto ma più
attillato di quello che portavano i ragazzi.
Annabeth, invece, indossava il pezzo
di sotto e la maglietta arancione, senza gilet.
« Tu non partecipi, Annabeth?
», le domandò Grover, sorpreso. Annabeth
scosse la testa: « Ho il certificato medico. » spiegò,
stringendosi nelle spalle.
Senza
dire nulla andò a sedersi sulle panchine a ridosso della piscina.
« Oh, ragazzi, Annabeth
è così timida! Pensate che si è cambiata nel bagno, invece che nello
spogliatoio assieme alle altre. » bisbigliò Rachel guardando altrove, dal tono di voce si capiva quanto
trovasse tenera la ragazza nuova.
Percy guardò l’amica dai capelli rossi e
strinse le labbra, indeciso su cosa dire.
« In realtà, penso che non voglia farsi
conoscere e basta. », affermò Grover facendo
spallucce, come se si scusasse di dire quello che pensava.
Il
primo giorno di scuola anche Percy l’avrebbe pensata
come Grover, ma se ripensava a quei momenti che
avevano passato insieme sotto il porticato durante il temporale, non ne era più
così sicuro. Annabeth era un mistero per lui.
« Che oche. ». Questa volta Rachel non si fece problemi a mantenere basso il tono di
voce, e i suoi amici capirono immediatamente il perché. Drew e il suo seguito
di barbie avevano accerchiato Annabeth.
« Perché non hai messo il costume? »,
la sentirono gracchiare da quella distanza.
La
bionda rispose qualcosa nel suo solito tono risoluto ma il trio non riuscì a
cogliere, Drew rispose e le risate delle sue amiche riecheggiarono nella
struttura.
Percy guardò verso l’ingresso della
piscina con fare scocciato: adorava il professor Brunner,
ma perché ogni volta che succedeva qualcosa, lui non era mai presente??
Neanche
l’avesse evocato, l’uomo sulla quarantina entrò allegramente ciabattando forte
sulle brillanti mattonelle azzurre, e il rumore parve allertare il gruppo di
Drew, che subito si disperse allontanandosi da Annabeth.
Il
professor Brunner passò di fronte a Grover, Rachel e Percy ammiccando a quest’ultimo, quindi si fermò proprio di
fronte ad Annabeth.
La
ragazza rimase seduta a guardarlo con la testa leggermente inclinata verso
destra, come se fosse curiosa di sentire che cosa avesse da dirle il prof.
« Chase! Ho saputo dello scherzetto che ha
fatto alla piscina della sua vecchia scuola, ad Oakland. ».
« Secondo voi di che scherzo parla? »,
sussurrò Grover, drizzando le orecchie assieme al
resto della classe.
Percy scorse le guance della ragazza
arrossarsi lievemente, e i suoi occhi grigi sfuggire imbarazzati allo sguardo
del prof.
Tuttavia,
di qualunque cosa il prof Brunner stesse parlando,
era evidente che non avesse intenzione di sbandierarlo ai quattro venti e che
lo trovasse anche abbastanza divertente, nonostante tutto. Diede una pacca
amichevole sulla spalla della ragazza, che al contatto si irrigidì e arrossì
ancora di più: dalla sua espressione si diceva che avrebbe preferito trovarsi
in qualunque altro posto piuttosto che lì, sotto gli occhi curiosi di tutti.
« Oh, voi giovani! Ammiro un sacco la
vostra energia. Ciononostante, Chase… spero che tu non intenda ripetere la cosa
anche qui. La palestra è stata restaurata giusto prima delle vacanze estive.
Insomma, sarebbe un peccato. », il professor Brunner le fece l’occhiolino e Annabeth
gli sorrise timidamente, appena appena.
« Non si preoccupi prof. », quasi
balbettò, « un fulmine non cade mai due volte nello stesso punto. ».
Il
signor Brunner si fece una grossa risata, ridendo di
una battuta che solo loro due potevano capire, sotto lo sguardo leggermente
allibito dell’intera classe.
« Suvvia, voi altri. Che state
aspettando? Riscaldamento, immediatamente! ». Brunner abbandonò la sua aria bonaria per tornare ad essere
l’allenatore esigente che tutti conoscevano.
« Chissà di cosa stavano parlando. »,
mormorò Rachel mentre faceva i suoi esercizi di
stretching, tra Grover e Percy.
« Vorrei tanto saperlo anche io. »,
ammise Percy, piegandosi in avanti fino a toccarsi le
dita dei piedi con la punta delle dita delle mani.
***
Percy fece le sue vasche, quindi uscì
dalla piscina per lasciare la sua corsia agli altri compagni in fila. Vide Annabeth dall’altro lato della palestra che lo guardava, ma
appena le sorrise lei si voltò. Non gliel’avrebbe fatta passare liscia; la
raggiunse e si sedette al suo fianco sulla panchina.
Lei
si scansò appena per evitare di bagnarsi.
« Sei un buon nuotatore. », ammise la
biondina, guardandolo di sottecchi. Percy sapeva di
esserlo, ma era di natura piuttosto modesta.
« Mi sono allenato per tutta l’estate. »
« A New York? », chiese Annabeth, piuttosto scettica conoscendo il livello di
inquinamento di quell’angolo di mare. Percy rise: « Dei, no. Ho una casa al mare in un posto fuori città, ogni
anno ci vado con mia madre e il mio patrigno. ». Annabeth annuì, prendendo nota dell’informazione.
« Anche i tuoi sono divorziati, eh. »,
mormorò, la testa nuovamente persa i altri pensieri. Percy
intercettò il suo sguardo e cercò di richiamare la sua attenzione.
« Oh, Paul è un tipo apposto. I miei
funzionano meglio presi uno alla volta, piuttosto che insieme.
», per enfatizzare il tutto, il ragazzo fece il segno di due polsi
incatenati che venivano separati.
« Non ti tuffi? », si affrettò a chiedere,
tornando a posare lo sguardo sulla piscina e sui suoi compagni di classe che
eseguivano diversi stili di nuoto nelle corsie. Annabeth
fece una smorfia: « Il mio medico dice che non posso
fare attività sportiva per altre due settimane. ».
« Ah. ». Quando si parlava di salute, Percy sapeva che era buona educazione non indagare oltre. Cosa
che Drew, appena uscita dalla piscina, sicuramente ignorava.
« Cara, te l’ha
prescritto il medico? E ti ha detto anche di prendere una mela al giorno, per
caso? ».
Percy le lanciò un’occhiata gelida che la
ragazza tuttavia non colse affatto, infatti andò incontro ai due e si sedette
nel mezzo, con le ginocchia a contatto con quelle del ragazzo.
Annabeth si scostò ancora lungo la
panchina. Clarisse, un’altra compagna di classe, era seduta lì vicino sul bordo
piscina, con le gambe nell’acqua. « Oh, come minimo
non saprà nuotare. ».
La
pazienza di Annabeth era al limite.
« Ma per favore », le apostrofò, con tono
da sapientona, « sono nata a Oakland. I miei piedi sono praticamente palmati.
».
Percy si sforzò di reprimere un sorriso
spontaneo e Drew invece fece una risata forzata quanto falsa.
« Allora perché tieni la maglietta e
non indossi il costume? Hai qualcosa da nascondere? »,
insinuò, acida.
« Ma per
favore! » ripeté Annabeth, ignorando le due
ragazze.
Clarisse
diede un calcio nell’acqua schizzando la biondina: in pochi secondi la
maglietta le aderiva completamente alle forme generose del seno.
« Siete proprio delle deficienti. » non poté
evitarsi di commentare Percy, mentre le due
sghignazzavano tra di loro.
« Lascia perdere, Percy.
Non ne vale neanche la pena. », affermò Annabeth con voce gelida, abbassando le mani ai bordi della
maglietta per sfilarsela. Drew e Clarisse smisero di ridere in contemporanea, e
Percy quasi aprì la bocca dallo stupore.
« Per dio! », si lasciò sfuggire Drew,
trattenendo le risate. Anche se da ridere c’era ben poco.
Immediatamente
sotto i contorni della fascia del costume, la gabbia toracica di Annabeth era deturpata da una cicatrice rossa che le
scavava la pelle in diagonale, fino all’ultima costola. Percy
si chiese se non le avessero trapiantato un polmone.
Che
razza di cicatrice era quella? Mai visto qualcosa di più spaventoso. Sulla
carnagione chiarissima della ragazza risaltava peggio di un marchio a fuoco,
disegnando due diversi livelli di pelle: quella sana tutta intorno, e quella
della cicatrice che andava riformandosi.
Annabeth sospirò sonoramente, per
cercare di calmare l’alzarsi e l’abbassarsi furioso del suo petto. Cercava di
non darlo a vedere, ma era chiaro che le era costato molto liberarsi della
maglietta.
« Se mi ammalo di nuovo, chi glielo va a
dire a quella pazza della Dodds? » chiese a nessuno
in particolare, abbandonando la maglietta bagnata sul pavimento.
Se
anche qualcuno gliel’avesse raccontato, pensò Percy,
sicuramente quella strega non ci avrebbe creduto.
***
Ciao a tutti!
Qualora qualcuno si stesse facendo domande
sulla mia latitanza, volevo far sapere a tutti che sto bene x°D Sono solo impantanatissima con
gli esami all’università.
Ho diviso questo capitolo in due parti
essendo originariamente di dodici pagine, ho pensato che sarebbe stato più
facile da leggere D:
Ringrazio chiunque abbia letto fin qui e
in particolare le anime buone che hanno recensito lo scorso capitolo, spero di
ritrovarvi qui nonostante la mia latitanza ^^”
Come sempre ripeto che le frasi della
canzone all’inizio del capitolo sono riferite a Thalia,
la citazione sotto invece si rifanno a qualcosa che succede nel capitolo J
Lo Spin off di Thalia è workinprogress, quanti hanno voglia di leggerlo?
A presto
Clarrianne Donavon