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Autore: DarkSide_of_Gemini    07/12/2015    3 recensioni
Ethan Danvers era sempre stato considerato un ragazzo “strano”. Sin da bambino aveva sempre parlato di fate e folletti, e amava le storie fantastiche in cui creature leggendarie vivevano al fianco di uomini comuni. Non era la sua immaginazione da bambino a far sì che sognasse quelle creature ad occhi aperti: Ethan aveva un dono, possedeva la fede nell’immenso potere dell’immaginazione, e proprio per quello era in grado di vedere cose che sfuggivano agli altri ragazzi.
Quello che lui ha sempre considerato un privilegio, tuttavia, potrebbe trasformarsi nel peggiore degli incubi.
Dal testo: “-Oh, Ethan!- esclamava Ellen, e non riusciva a trattenere una risata –L’Uomo Nero è attirato dalla paura e dalla cattiveria dei bambini. Tu sei forse un bambino cattivo?-
Lui scuoteva la testa, e non mancava di aggiungere –Però… potrebbe sempre venire se sa che ho paura di lui-
-Proprio per questo non devi temerlo, tesoro. L’Uomo Nero si compiace del terrore degli altri. Tu devi essere più forte di lui, devi dimostrargli che la tua paura di lui può essere annullata dalla speranza e dalla bontà del tuo cuore. Fin quando avrai fiducia nel bene l’Uomo Nero non potrà mai farti del male"
Genere: Fantasy, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nightmares Are Back

9

 

Avanti e indietro come una belva braccata, era da un tempo indefinito che Pitch Black camminava senza sosta nello spazio angusto che era quella sua dimora, come un’anima senza requie vaga nella notte nelle stanze ormai abbandonate di un castello fatiscente, in cerca di una vendetta irrealizzabile.

Lo odiava. Adesso ne era più che certo: aveva ancora davanti agli occhi lo sguardo carico di sfida di Ethan, e se all’inizio non se ne era preoccupato poi tanto adesso invece il bisogno di sbarazzarsi di quel ragazzino petulante era diventata la sua massima priorità. Aveva sempre saputo che lui sarebbe stato il suo ostacolo più grande, ma aveva pensato di poterlo tenere a bada con le sue ombre, e lasciare loro il compito di sbarazzarsene quando lo avrebbero ritenuto opportuno. Ora il desiderio di metterlo a tacere era impellente, tuttavia il porre fine alla sua esistenza in maniera tanto brusca non garbava affatto all’Uomo Nero. Se c’era una cosa che sapeva bene era che la tortura era peggiore della morte, che la lenta agonia di un avversario donava più soddisfazione dello sbarazzarsene in fretta. Inoltre, aveva capito che a Ethan sarebbe importato ben poco di un nuovo scontro tra loro due, e ancora meno gli sarebbe importato di tutte le minacce dirette alla sua persona che Pitch avrebbe potuto mettere in atto; se c’era una cosa a cui Ethan teneva davvero, erano i suoi amici. Pitch ricordava bene di come il ragazzo si fosse infuriato quando era venuto a sapere del suo tradimento verso Octavia, e sapeva che la rabbia iniziale avrebbe lasciato il suo posto ad una tristezza ben più feroce. Dunque, se voleva colpirlo davvero, non era direttamente a lui che doveva mirare.

L’Uomo Nero si fermò, sollevando il braccio che Ethan gli aveva toccato durante il loro ultimo incontro: aveva smesso di bruciare, ma attraverso la consistenza semitrasparente adesso erano visibili i mattoni grezzi e graffiati del suo rifugio, era come nebbia evanescente alla quale sarebbe bastato un minimo cenno per dissolversi.

Pitch strinse il pugno, determinato più che mai. Tra le mura diroccate si levò una risata di trionfo, e sulle pareti iniziò ad innalzarsi una sfrenata danza di ombre.

******

Ethan sbuffò infastidito: era già la seconda volta che il telefono squillava insistentemente, e lui non aveva poi una gran voglia di alzarsi per rispondere. Gettò un’occhiata all’orologio: erano le otto di sera e in casa non c’era nessuno oltre lui, nessuno a cui rifilare l’indegno incarico. Cos’era meglio fare? Ignorare lo squillare incessante e tornare a concentrarsi sui libri, o rispondere e mandare al diavolo la ragazza delle televendite? Era matematico: ogni qualvolta interrompesse qualcosa di importante per rispondere al telefono, quasi sempre era l’esasperante signorina pronta ad offrirgli il più grande affare della sua vita. Infine Ethan dovette cedere: non riusciva a concentrarsi con quel chiasso in sottofondo.

La voce che gli rispose, però, non era affatto quella di un’impiegata, bensì quella della signora Jefferson.

-Ethan? Mio figlio è lì con te?-

-Cosa…? No, Sam non è qui-

Aveva intuito una malcelata preoccupazione nel tono della donna. Una strana fitta gli serrò lo stomaco, mentre dall’altro capo del telefono gli giungeva un silenzio non certo rincuorante.

-Non vi siete visti oggi?-

-No, mi aveva detto che aveva l’allenamento per il calcio-

Cosa voleva dire tutto quello? Quasi gli pareva di vedere il viso contratto dalla preoccupazione della madre di Sam, di vederla mordersi il labbro inferiore e sistemarsi gli occhiali con quel gesto rapido dell’indice che Sam doveva aver ereditato da lei. Il suo respiro gli giungeva rapido e irregolare, e gli parve persino di udire un singhiozzo sommesso.

-Aveva l’allenamento- gli giunse la risposta stentata –ma avrebbe dovuto tornare alle sette. È passata un’ora, e ancora qui non è arrivato nessuno. Pensavo… io e mio marito abbiamo pensato che potesse essere venuto da te-

Ethan si appoggiò al muro, senza avere la forza per replicare. Si accorse di ansimare come dopo una lunga corsa, un peso insostenibile gli si era fatto largo in petto.

Non poteva essere vero.

Non sapeva cosa dire, né cosa fare. Un nome gli era subito balzato alla mente, ma aveva fatto di tutto per mettere a tacere quell’improvviso timore. Non poteva certo farne parola con Lilian Jefferson. Non poteva certo dirle che sospettava che l’Uomo Nero avesse fatto qualcosa a suo figlio.

-Desmond vuole chiamare la polizia- la voce della signora Jefferson chiamò in causa il marito –se non è da te o da qualche altro compagno, né da mia sorella… non sappiamo dove altro cercare-

-Avete chiesto al campo di calcio?-

Il ragazzo si accostò alla finestra e scrutò nell’oscurità, quasi sperasse di vedere Sam dirigersi verso casa sua. Invece la strada era deserta. Nessuno che tornasse dal lavoro, nessun bambino in bici che si affrettava per tornare a casa. Solo il freddo della notte, la strada innevata, e le tenebre. Il regno di Pitch Black, la notte, in cui il suo potere giungeva al culmine. Il solo pensare che Sam fosse disperso chissà dove là fuori lo faceva star male.

-Abbiamo girato più volte l’intera città. Abbiamo chiesto a tutti quelli che conosciamo, ma nessuno lo ha visto. L’allenatore ha detto che è uscito insieme ai suoi compagni, come al solito. Non c’erano state risse né incomprensioni, nessuna ragione per la quale qualcuno avrebbe potuto tentare di regolare i conti una volta soli. Prima di tornare a casa c’è sempre una parte di tragitto che deve fare da solo, ma non c’erano mai stati problemi fino ad ora-

Ethan chiuse gli occhi. Gli girava la testa. Aveva ancora bene in mente la promessa dell’Uomo Nero: “Questa me la pagherai cara”. Possibile che quella fosse solo una coincidenza? Che la scomparsa di Samuel fosse indipendente da Pitch Black? Gli riusciva difficile crederlo.

Si fece promettere dalla donna di tenerlo informato, poi riattaccò. Iniziò a girare per la casa senza una meta, con l’impressione di dover fare qualcosa senza sapere cosa.

Cercava di convincersi che Pitch non c’entrasse con tutto quello. Poco prima aveva nevicato: forse Sam era semplicemente entrato in qualche bar in attesa che la tormenta terminasse. Sì, doveva essere così. Sarebbe tornato a casa fra poco, sano e salvo, al sicuro da Black. Nonostante per tutto il resto della serata Ethan avesse continuato a ripetersi quella versione dei fatti, non era riuscito a convincersi del tutto. E infine, quando era andato a letto, dormire gli era sembrata un’impresa che mai sarebbe riuscito a compiere.

******

Samuel non aveva avuto neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo. Stava attraversando la piazza deserta per tornare a casa quando un improvviso rumore lo aveva convinto a fermarsi: era come un fruscio prolungato, come se decine di serpenti stessero strisciando tutti nella stessa direzione. E serpenti gli era sembrato di vedere subito dopo, lunghe ombre dense e sinuose che si riversavano sulla strada dai tetti degli edifici, veloci e implacabili, tutte con un unico obiettivo che, era più che chiaro, era lui.

Era risaputo, Sam detestava i serpenti, lo avevano sempre disgustato sin da bambino, li trovava crudeli, inquietanti, con i loro corpi ruvidi di scaglie e gli occhietti neri che scintillavano malevoli, e quelle lunghe lingue biforcute che sibilavano in un perenne avvertimento di attacco.

Di certo, per donargli quell’accoglienza chiunque lo stesse aspettando voleva da subito mettere le cose in chiaro: da quel momento si giocava sul serio. E Sam sapeva bene chi stava per incontrare: Ethan e i Guardiani lo avevano messo in guardia: Pitch Black non si sarebbe fermato fin quando loro non fossero stati resi inoffensivi, uno per uno. Li avrebbe cacciati ovunque, braccandoli nell’ombra, e aggrediti con le forme che ai loro occhi erano più odiose. Sam aveva sempre saputo che quell’incontro sarebbe giunto, aveva spesso pensato al momento in cui l’Uomo Nero si sarebbe rivelato anche a lui, ma non riusciva mai ad andare oltre in quel pensiero: il suo non era uno spirito combattivo, men che mai aveva un animo intrepido propenso alla lotta o comunque forte abbastanza da reggere la tensione di quella situazione. Non sapeva immaginarsi fronteggiare l’Uomo Nero così come aveva fatto Ethan, e non avrebbe saputo allontanarlo come era riuscita a fare Nicole per il semplice fatto che il solo pensiero di toccarlo lo terrorizzava. Non sapeva immaginare qualcuno di meno adatto a lui a cui affidare il compito di proteggere la terra.

Era arretrato mentre le ombre si accavallavano e si innalzavano tra fischi e sibili; il suo unico pensiero, per quanto poco cavalleresco, era quello di darsela a gambe, allontanarsi il più possibile da quell’oscurità tanto viva da far spavento. Aveva iniziato a correre, e una voce l’aveva richiamato proprio mentre, come un’onda anomala, dietro di lui si levava un cupo muro di ombra fitta pronta a travolgerlo. Qualcosa, subito dopo, ne aveva per un attimo spezzato la compattezza: un boomerang gli aveva dato l’occasione di guadagnare pochi seppur preziosissimi metri.

Sam aveva sollevato lo sguardo: sui tetti delle case il Coniglio di Pasqua saltava come fosse la sua ombra, incitandolo a non fermarsi. Con un balzo, la Leggenda gli era atterrata dietro, frapponendosi tra lui e le ombre di Pitch. Poi il ragazzino non avrebbe più saputo spiegare cosa fosse accaduto, se non che, in un modo o nell’altro, quel mare nero di oscurità gli era precipitato addosso e l’aveva trascinato con sé.

Adesso era seduto su un pavimento di pietra grezza e fredda, in una stanza scura e umida. Tutto era immobile, e proprio quella calma era ciò che di più inquietante potesse mai esistere. Era tutto troppo tranquillo, un silenzio irreale regnava su quel luogo, come se tutti i rumori del mondo fossero stati cancellati per sempre, come se non potesse esistere più musica o il suono di una risata. Sam aveva timore persino di chiedere se mai ci fosse qualcuno, lì. Aveva paura della forza con la quale la sua voce avrebbe spezzato quella quiete surreale, e aveva ancora più paura di non ricevere una risposta.

Si alzò, il rumore dei suoi passi risuonò tra le pareti graffiate perdendosi in un’eco infinita. Poté allontanarsi solo di pochi metri dal muro: tutto d’un tratto si levarono dal pavimento una serie di lunghi busti d’ombra che sembrarono formare le sbarre di una cella di prigione. L’oscurità tremava e crepitava a tratti quasi fosse viva, e l’atmosfera del luogo si fece ancora più pesante. Samuel si ritrovò con le spalle al muro, tanto si era spaventato dalla velocità con la quale la sua prigione era stata delineata. Si sistemò gli occhiali e cercò di scrutare la sala sporgendosi appena dalla sua postazione.

-Così tu sei il quarto ragazzo-

Qualcosa saettò nella sua direzione: subito dopo gli si presentò per la prima volta il ghigno compiaciuto dell’Uomo Nero. Sam aveva visto molte versioni di lui nei vari libri di fiabe: in alcune illustrazioni era nient’altro che un’ombra indistinta, in altre era un uomo imponente dal sorriso malevolo o ancora un bel ragazzo dagli occhi scarlatti; nessuna di quelle figure somigliava anche solo lontanamente allo spirito che aveva davanti. I suoi occhi d’oro splendevano nell’oscurità come le più preziose delle gemme, e sul suo viso c’era qualcosa che attenuava la cattiveria dando alla sua intera figura una parvenza di un fascino arcano e senza tempo. Una malinconia velata nel suo sguardo era in netto contrasto con la rabbia che sembrava formare un’aura di odio tutt’intorno a lui.

Per un attimo Sam dimenticò che avrebbe dovuto dire qualcosa. Riuscì a staccare gli occhi dal viso affilato a pochi centimetri da lui, confuso per una ragione che non riusciva a spiegarsi. Di certo, qualsiasi fosse stata la sua idea dell’Uomo Nero, Pitch, con le sue emozioni contrastanti, sempre in bilico tra rancore e nostalgia, lo aveva colto alla sprovvista.

-Che cosa vuoi?-

Sì, avrebbe anche potuto trovare qualcosa di più originale da dire. Pitch Black sorrise di nuovo, quella volta senza la benché minima traccia di rimpianto.

-Bè, immagino che ti terrò qui fin quando i tuoi amici non arriveranno a cercarti. Mi farà bene un po’ di compagnia-

-Oh- Sam non poté fare a meno di sentirsi sollevato –quindi è una trappola per attirare gli altri? Sai, avrei potuto pensarci. Non è poi così geniale, come piano. Anzi, mi sembra piuttosto scon-...-

-Preferisci forse che ti uccida e faccia trovare il tuo cadavere da qualche parte?-

Black lo aveva afferrato per il colletto del giubbotto e lo aveva strattonato per tirarlo vicino a sé. La soglia della sua pazienza era quasi nulla, e questo non era di grande consolazione. Samuel deglutì rumorosamente e si affrettò a scuotere la testa. L’altro lo lasciò andare e prese a massaggiarsi le tempie come se già non ne potesse più di avere a che fare con lui.

-Certo, sempre ammesso che ti trovino… se non saranno qui entro tre giorni immagino che mi toccherà procurarti del cibo. Oh, ma di che mi preoccupo? Ti lascerò morire di fame. D’altronde non sono mai stato bravo a prendermi cura degli animali-

-Hei!-

L’Uomo Nero non badò alla sua protesta. Prese a camminare nella sala, le dita che tamburellavano sul marmo freddo delle pareti, lasciando scie di ombre scure che si dissolvevano sulla pietra come inchiostro nell’acqua.

Sam lo osservava, facendo al contempo lavorare la mente: doveva pure esserci un modo per uscire da lì, o trovare una maniera di avvertire qualcuno della sua posizione. Un’idea gli risollevò lo spirito: fece scivolare lentamente una mano nella tasca del giubbotto, aspettandosi di sentire l’ormai familiare forma rotonda sotto le dita. Il fischietto, quello che i Guardiani gli avevano consegnato per avvertirli in caso di pericolo. Quello sarebbe stata la sua salvezza: gli bastava riuscire a fischiare una volta sola. Poi si bloccò. Avere le Leggende lì era quello che Pitch voleva. Non aspettava altro se non poter giungere alla resa dei conti, certo di uscirne vincitore. Non poteva rischiare di velocizzare i piani dell’Uomo Nero, avrebbe significato condannare i Guardiani. Ma, in un modo o nell’altro, prima o poi lo avrebbero trovato lo stesso, no? Loro stessi cercavano il nascondiglio di Pitch Black da mesi. Samuel esitò, combattuto. Non era proprio il tipo da prendere certe decisioni. Infine, tutti i suoi piani sfumarono: per quanto tastasse non trovava in alcun modo l’oggetto della sua ricerca. Gli si strinse il cuore: doveva essergli caduto durante la fuga dagli Incubi. Era del tutto isolato. Se prima c’era stata anche una remota speranza di poter comunicare con i Guardiani, adesso si trovava completamente solo, per di più in compagnia di uno spirito vendicativo braccato dalla sua stessa smania di potere, e senz’altro instabile mentalmente.

Non poteva proprio andare meglio.

Doveva trovare un modo per uscire da quella trappola, o anche solo scoprire le intenzioni dell’Uomo Nero. Se non altro, avrebbe saputo cosa aspettava Ethan e gli altri, e se solo ci fosse stato modo di avvertire gli amici avrebbe saputo cosa dire per metterli in guardia.  Ma doveva fare tutto da solo. Nella sua vita, quella era forse la prima volta che si trovava a dover prendere il controllo della situazione. Samuel non era nato per essere un leader, si immaginava più che altro come l’aiutante impacciato dell’eroe nelle favole, non era certo il cavaliere valoroso dal quale dipendevano le sorti dell’umanità.

-E poi, cos’hai intenzione di fare?-

Pitch era rimasto in silenzio per molto tempo, rimuginando su chissà cosa. A quelle parole sollevò appena lo sguardo su di lui.

-Voglio distruggerli- la sua voce era un sibilo di minaccia, graffiante e impaziente –uno per uno. E anche voi, voi, dannati ragazzini, che vi siete frapposti tra me e il mio trionfo. Vi distruggerò uno per uno. E il primo sarà Ethan-

Sam sentì un’improvvisa scarica di rabbia, del tutto fuori luogo e in contrasto con il timore che fino a pochi istanti fa lo aveva gelato. L’odio di quell’uomo nei confronti di Ethan lo spaventava, era un sentimento viscerale, che non avrebbe ammesso una nuova sconfitta e non avrebbe lasciato spazio per la pietà. Eppure, oltre alla paura riusciva a suscitare nell’animo del ragazzino una collera che non aveva mai creduto di poter provare.

-Non riuscirai a sconfiggere Ethan-

Pitch sollevò il capo: sembrava sorpreso dalla sicurezza con la quale gli aveva rivolto quelle parole. Sul suo viso si dipinse una smorfia che presto fece largo ad un sorriso sbieco.

-Staremo a vedere. Ti lascerò a guardare, se vuoi, come il tuo eroe svanirà per mano mia. E poi, che cosa farai? Non sei un animo che aspira alla vendetta-

Sam fu costretto ad abbassare lo sguardo, colpito nel segno. Era vero, Sam non aveva mai pensato alla vendetta, mai nella sua vita aveva pensato di castigare un torto subìto, o rispondere alla violenza con altra violenza. Ora, che Pitch aveva minacciato Ethan, però, sentiva che per difenderlo avrebbe potuto fare di tutto.

-Non essere così sicuro della mia clemenza. Per difendere ciò che più è gli è prezioso l’uomo è disposto a commettere le più audaci follie-

E quello, cosa voleva significare? Doveva averlo letto in qualche libro, doveva essere una di quelle frasi retoriche di qualche astruso filosofo arcaico. Però, doveva ammettere che suonava abbastanza bene.

Tutta la soddisfazione di Samuel svanì al suono della risata dell’Uomo Nero –Follie, tu? Non mi fare ridere, Samuel. L’unica cosa che ti riesce bene è nasconderti sotto le coperte al minimo rumore sospetto-

 Pitch lo guardava con uno strano sorriso, si massaggiava il mento e pareva riflettere su qualcosa. Si avvicinò di nuovo al ragazzino, scrutandolo con maggiore attenzione. L’espressione saccente che aveva messo su non piaceva a Sam neanche un po’.

-Ah, ma forse se ti dimostrassi intrepido Ethan potrebbe degnarti di una seconda occhiata, non è così? Già… uno come lui meriterebbe un degno compagno al proprio fianco. Non penserai mica che possa ancora accettarti così, debole e serafico come sei. Quanto tempo ci vorrà prima che si stanchi di te?-

-Non puoi parlare di queste cose- tentò di difendersi il ragazzino –tu non sai ni-…-

-Oh, fidati, piccolo, io conosco molte più cose di quanto credi. Anch’io sono capace di leggere l’animo umano, per quanto a volte questo possa essere noioso. E credimi, tu e Ethan avete degli animi troppo diversi tra loro. Incompatibili, direbbe qualcuno. Lui è così forte, dallo spirito battagliero… e poi ci sei tu, la dolce quanto superflua spalla destra. Dici che saresti pronto a combattere per lui, e io ti credo. Ma lo faresti davvero solo nei tuoi sogni. Nella realtà non saresti in grado di affrontare il pericolo. Ti ritroveresti a scappare, volteresti le spalle ai tuoi amici con il solo scopo di metterti in salvo. Sei consapevole di non essere all’altezza di Ethan. Persino quella bambinetta irritante è più forte di te. E in caso di un conflitto, hai pensato a quello che succederebbe? Tu saresti solo di peso. Metteresti in pericolo Ethan più di quanto già non sarebbe, perché si ritroverebbe costretto a dover badare a te, e metterebbe la tua sicurezza prima della sua. Se solo gli dovesse succedere qualcosa in questa battaglia, sappi che sarà solo colpa tua-

-No, non è vero!-

Sam si allontanò con uno scatto dalle sbarre della sua cella improvvisata, abbassando al contempo lo sguardo come in un’amissione silenziosa delle sue colpe. Per quanto fosse duro ammetterlo nelle parole di Pitch c’era un fondo di verità: lui non era mai stato un guerriero, non era mai stato capace di affrontare situazioni che potevano comportare anche il minimo rischio. A scuola incassava le provocazioni senza neanche provare a difendersi, e girava alla larga quando avvertiva l’avvicinarsi di una rissa. Non era certo coraggioso, né capace di far fronte alle difficoltà grazie allo spirito pratico. Dopotutto, l’Uomo Nero aveva ragione: nel loro gruppo lui era forse il più debole, quello che avrebbe finito col mettere in pericolo tutti gli altri.

Tutto quello era troppo. Le parole spietate di Black, la consapevolezza di trovarsi lontano da casa, in un luogo sconosciuto, e incapace di poter avvertire qualcuno della sua posizione, tutto quello lo investì come una tempesta implacabile di sconforto. Sam non avrebbe voluto cedere lì, davanti al nemico, ma non poté fare a meno di lasciarsi scivolare contro il muro per finire seduto sul pavimento freddo, le ginocchia strette al petto. Nonostante lottasse per ricacciarle indietro, alla fine lasciò che le lacrime gli scivolassero libere sul viso.

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Buongiorno, sono di nuovo qui :D ecco, cominciate a capire cosa intendo quando dico che torturo le mie creature e distruggo i sogni delle coppie? Anzi, non avete letto niente, di solito faccio moooolto di peggio >: )  

Avete visto Le 5 Leggende sabato sera? *^* e dire che io ero fuori con le amiche e smaniavo per tornare a casa in tempo xD ovviamente dopo mi è calata la depressione causa Pitch-tesoro-morbidolce-di-zia-Rory. Per me quel poverino è un trauma. Solo perché è piccolo e nero T__T prima o poi troverò un modo per rapirlo e tenerlo con me *si apposta sul letto con un retino da pesca*

Sorvolando, coraggio, armiamoci di pale e forconi (?) e partiamo alla ricerca di Sam (in fondo averlo come animaletto da compagnia deve pure essere carino, voi che dite? Mi ricorda tanto un criceto).

È tutto? Credo di sì, smetto di inveire contro i vostri poveri neuroni, che si sprecano tanto a seguire le mie pippe mentali xD

Vi ringrazio al solito per seguirmi *-*

Alla prossima,

Rory_Chan

 

  
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