Capitolo
Quattro
- Il tutore, il minatore e lo scienziato.
un paio di antenne che oscillavano avanti e indietro. Uno scarafaggio.
Era grande come un pollice e aveva una striscia arancione sul dorso.
Non ne aveva mai visto uno simile prima d'allora, ma in fondo non era così strano:
aveva letto che esistevano più di tremila specie di scarafaggi.
Aveva anche letto che si nascondono quando avvertono le vibrazioni di qualcuno in avvicinamento,
che per ogni scarafaggio scoperto ce ne sono almeno dieci che la fanno franca.
Questo significava che erano ovunque»
» Scarafaggi, Jo Nesbø
Max
era pensieroso quando attraversò la porta insieme ai suoi
compagni,
in men che non si dica era stato catapultato in un'ampia sala: le
pareti bianche e il pavimento marroncino ben lucidato, la facevano
assomigliare alla palestra del vecchio liceo, anche l'odore che
impregnava l'aria era più o meno simile; quest'ultima era
stata
allestita da un tavolo per il buffet imbandito di leccornie costose,
un palco centrale che poteva ospitare almeno quattro persone, sedie
in plastica nera allineate contro al muro e musica classica di
sottofondo, ma che garantiva delle buone conversazioni. In mezzo alle
decorazioni dall'aria strampalata, c'erano uomini e donne che
indossavano la divisa nera dei Rocket, i cui volti esprimevano ogni
genere di sensazione.
Noia.
Gioia. Tristezza. Nervosismo. Curiosità.
Ogni
recluta presente all'evento viveva quell'attimo in maniera diversa,
insieme ai vari adulti spiccavano anche dei ragazzini, i quali
raggiungevano appena i sedici anni d'età. Non era mai troppo
presto
per diventare un membro ufficiale del Team Rocket, forse Giovanni
semplificava l'esame di ammissione, a quanto pare voleva permettere a
chiunque di essere un criminale.
Max scrollò le spalle e si
schiarì la voce con un colpo leggero di tosse,
cercò di mantenere
una posizione rigida mentre seguiva il Generale, era sua intenzione
quella di fare una bella impressione sui prossimi colleghi di lavoro.
Anche se oscurati dalla visiera sottile dei cappelli, ogni occhio era
puntato indirettamente sul plutone che avanzava a velocità
moderata
e Max, che allora si paragonava mentalmente a una cavia da
laboratorio, era invaso da una strana sensazione di disagio. Ma
restò
tranquillo, non era il caso di perdersi in fesserie, poi
osservò i
collaboratori che si allineavano davanti al palcoscenico vuoto.
Appena Dana aveva finito di sistemarsi, Max l'affiancò
velocemente e
cominciò a mordicchiarsi freneticamente l'interno guancia.
La
musica cessò di perforare le orecchie del giovane studioso,
solo
allora si era reso conto del brusio di sottofondo provocato da voci,
intente a giudicare i nuovi arrivati. Ma si placarono quando Giovanni
entrò da una porta secondaria, nella mano destra reggeva un
drink
color ambra, ci giocherellava lentamente e muoveva il bicchiere di
cristallo in modo circolare; a passo lento salì sul palco
per
piazzarsi su una sedia vuota non molto lontana dal microfono e,
mentre si accendeva un sigaro, puntò gli occhi scuri sugli
otto
personaggi appena arrivati dalla regione di Johto.
Max deglutì
dallo sconforto, aveva una voglia tremenda di abbassare lo sguardo,
era la prima volta che si ritrovava faccia a faccia con il Capo del
Team Rocket, non se l'era mai immaginato come un uomo dall'aria
minacciosa. Mentre era sul punto di sospirare per incoraggiarsi,
però, si sentì agguantare la mano da Dana.
Archer,
questo era il nome del Generale che li aveva accolti e accompagnati
fin lì, imitò i movimenti del Leader e si
piazzò davanti al
microfono. Iniziò a discutere del più e del meno
con un tono
abbastanza monotono, dietro agli otto sfortunati c'erano reclute che
sbadigliavano di continuo.
Quell'uomo ripeteva all'infinito il
regolamento, Max trovava quel procedimento piuttosto noioso e
nauseante, ormai aveva capito che esisteva un coprifuoco e che le
reclute potevano uscire solo tramite un permesso scritto, che motivo
c'era di comportarsi come un disco rotto? Max cercò di non
battere
ciglio, doveva omologarsi a ogni costo, ma cessò di
concentrarsi
sulla figura di Giovanni quando adocchiò due sagome
insolite,
impegnate a salire sul palco. Alla fine del tragitto i due avevano
preso posto sulle sedie rimaste vuote.
Max osservò i due
personaggi, da lì poteva inquadrarli chiaramente.
Prima c'era una
donna dal portamento fiero, era seduta al fianco sinistro di
Giovanni. Dal lungo vestito bianco capì che si trattava di
uno dei
Generali Rocket era la dama che, almeno al campo di addestramento,
descrivevano in mille modi diversi. Il suo viso possedeva dei
lineamenti piuttosto marcati, incorniciato alla perfezione da capelli
scarlatti di media lunghezza che assomigliavano a delle fiamme
ardenti, i suoi occhi possedevano un colore indefinito, forse erano
cangianti. Il corpo della comandante, poi, era sensazionale e Max si
emozionò durante l'osservazione. Pareva privo di qualsiasi
imperfezione, come se fosse dipinto da un pittore ricco di fama ed
esperienza.
Max era rimasto incantato dall'angelica visione e non
voleva più toglierle gli occhi di dosso ma, il secondo
individuo,
riuscì ad attirare l'attenzione dello scienziato.
Stranamente.
Occhi
rotondi e scuri, ciuffetti corvini che spuntavano da sotto il
cappello. Era chiaro che si trattava di una recluta, aveva il volto
coperto da uno strato di barba poco curata; c'era una cicatrice a
forma di “ics”piazzata in mezzo alla fronte, la
quale terminava
di decorare quel delizioso quadretto. Il ragazzo in questione
assomigliava a un esemplare di Sharpedo, ciò
riuscì a far sorridere
anche Max. La pelle dello sconosciuto era dello stesso colore del
cioccolato al latte, il suo corpo massiccio era coperto da
così
tanti muscoli che, il tessuto della divisa, si poteva strappare da un
momento all'altro.
Max arricciò la punta del nasino, pareva
deliziato, ma finì di sorridere.
Infatti
sia Giovanni che la recluta stavano tracannando dell'alcool e, mentre
Archer era intenzionato a prolungare il discorso, sembrava che i due
mandavano avanti una conversazione per soli uomini. Ridevano
continuamente, i loro occhi finivano spesso su Leila o Dana.
Max
digrignò i denti senza far troppo rumore, indignato.
Nessuno
poteva adocchiare in quel modo le sue amiche, ormai le vedeva
entrambe come due sorelle mancate.
«E
ora diamo la parola al vostro tutore»
esclamò all'improvviso Archer, poi si preoccupò
di mettere in
mostra ciò che si poteva considerare un sorriso, ma si
trattò di un
ghigno estremamente falso. «Sarà
lui ad accompagnarvi nelle prossime settimane, vi spiegherà
tutto
ciò che non è stato detto stasera, in
più vi mostrerà i vostri
alloggi, le stanze che potrete frequentare liberamente e quelle
destinate ai nostri progetti»
continuò a spiegare e si sistemò un ciuffo dei
capelli, poi si
voltò verso la recluta seduta accanto a Giovanni.
Lo
sconosciuto si alzò con due minuti di ritardo e, quando
lasciò il
bicchiere in un angolo, si avvicinò al microfono con una
camminata
impacciata.
Poi iniziò a parlare.
«Ruba
i Pokémon per profitto. Sfrutta i Pokémon per
profitto. Tutti i
Pokémon esistono per la gloria del Team Rocket»
il
tale aveva cominciato il discorso con il motto onorario del Team,
senza nemmeno appoggiare il cappello sul cuore. Max non aveva
apprezzato l'intervento, non era così essenziale, ma la
curiosità
lo invogliò a proseguire con l'ascolto. «Signori
e, giustamente, signore. Io non conosco voi e voi non conoscete me,
però questa sera ho avuto l'incarico di salire su questo
palco, per
discutere al meglio su ciò che vi aspetta all'interno del
Rifugio»
mentre
lo sconosciuto parlava con convinzione, proprio quando aveva preso
confidenza con l'arnese elettronico, partì un lampo
rossastro dalla
sua cintura così dietro di lui si materializzò un
enorme
Tentacruel.
Max rabbrividì all'istante e cercò di
non
guardare
la bestia, detestava ogni Pokémon che proveniva dal mare o
dall'acqua in generale. Per non parlare di quelle meduse troppo
cresciute, erano fastidiose e fameliche, non erano i Pokémon
adatti
a fare compagnia a una coppia di anziani. Inutili, perfettamente
privi di senso.
Proprio come il tizio che si sforzava di mettere
due parole in croce, era in grado di compiere il suo dovere solo
grazie all'alcool. Da sobrio, non era capace nemmeno di accogliere un
gruppo misero di compagni.
«Ehm...Io
e il mio Pokémon...Volevamo solo darvi il benvenuto
all'interno
dell'organizzazione, mi complimento con voi per essere arrivati fin
qui, non è semplice passare l'esame di ammissione.
Ha
messo in difficoltà anche me, anni fa»
Max
scrollò le spalle e sospirò irritato, se dei
bambocci di sedici
anni potevano ottenere il titolo di recluta, quell'essere allora era
proprio privo di intelletto.
Tutto muscoli e niente cervello.
Uno
studioso come Max non era intenzionato ad avvicinarsi a un tipo come
lui, grazie agli insegnamenti del padre aveva compreso chi era da
frequentare e chi no, ma nel Team Rocket era impossibile rispettare
le regole imposte dal genitore. Quella conferenza, quel discorso, una
vera perdita di tempo.
Intanto il Tentacruel restava al fianco
dell'allenatore, non lo perdeva di vista e si strusciava contro la
sua schiena: «Perciò,
visto che mi hanno dato il titolo di tutore, nelle prossime settimane
mi assicurerò di rimanere al vostro fianco a ogni ora del
giorno, vi
darò una mano nel prendere la decisione giusta, specialmente
se ci
saranno delle missioni in corso; correte pure a chiamarmi per ogni
piccolo dilemma, anche se sentirete la nostalgia di casa. Non
è
assolutamente un problema, sono qui per questo.
Ma
sarete liberi di farlo anche dopo l'orientamento, siamo dei compagni
di squadra, dei fratelli al servizio del nostro unico padre,
Giovanni.
Dobbiamo
aiutarci, collaborare e conquistare ogni regione del
mondo.
Permettetemi di augurarvi buona fortuna, con noi vi
aspetterà un cammino ricco di imprevisti e sorprese, non
è così
male la vita di una recluta Rocket»
E
finì di parlare, a quanto pare non sapeva più
come fare per
continuare.
Pareva
imbarazzato, anche il Tentacruel era confuso.
Un
minuto dopo, però, nella sala si sentì un forte
frastuono.
Era
il rumore provocato dagli applausi, chiunque lo stava
applaudendo.
Tutti, sì, solo Max non si era mosso di un
millimetro.
Quello strano individuo era riuscito ad arrivare al
cuore di tutti, anche Giovanni applaudiva soddisfatto.
Max
abbassò la testa e sospirò, come se si volesse
nascondere dalla
vergogna, veramente l'avevano consegnato nelle mani di quel tale?
Non
gli poteva andare peggio di così.
* * *
«Ivan,
sei stato magnifico!»
Quello
era stato uno dei tanti complimenti che avevano fatto a Ivan quella
sera, appena Tentacruel era tornato nella sua Pokéball, era
stato
assalito da una folla di reclute che l'avevano condotto di peso nella
stanza accanto, lì era in corso il party di benvenuto.
Avevano
trasformato Ivan nell'ospite d'onore, nessuno si era preoccupato di
chiamare i nuovi arrivati, erano tutti attorno al tutore e
dipendevano dalle sue labbra. L'interessato, poi, non era
così acuto
da notare la loro assenza, era in piedi sul tavolo, brindava alla
salute con un discorso campato in aria, oppure metteva in mostra le
doti canore con canzoni che conosceva grazie al padre. Beveva fiumi
d'alcool insieme ai suoi compagni, quella notte i limiti non
esistevano.
Due
specialmente.
Gerardo
e Zeno.
Zeno non era un uomo che si faceva vedere spesso nel rifugio, era
sempre
impegnato con gli scavi al Monte Luna e faceva ritorno ad Azzurropoli
per le grandi occasioni. Si guadagnava da vivere estraendo dalla
roccia i fossili dei Pokémon estinti, poi i suoi
collaboratori facevano il resto: li inviavano alla base dell'Isola
Cannella, per dare agli scienziati la possibilità di far
tornare in vita quelle misteriose
creature. Dalle rughe poco marcate che gli cospargevano il viso, si
capiva a prima vista che Zeno aveva quarant'anni suonati e, a causa
della forza brutale con cui picconava le pareti rocciose della grotta
oscura, si era procurato un fisico robusto e muscoloso da vero
minatore; era alto almeno due metri però, i capelli
lillà sparsi in
un cesto indomabile di ricci, lo aiutavano a mantenere un'aria
tranquilla e pacifica, quasi giovanile. Ivan lo soprannominava come
“il gigante buono”, ma ogni membro del Team Rocket
gli portava
rispetto dato che aveva conquistato il titolo di veterano. Erano
più
di vent'anni che scavava per conto della banda di criminali, mai una
volta si era fatto infinocchiare dalle autorità, erano in
pochi
coloro che riuscivano a invecchiare lì dentro.
«Ragazzo,
tu e Tentacruel avete fatto scintille su quel palco. Tutti
dipendevano dalle tue labbra»
si complimentò Zeno, aiutò Ivan a scendere dal
tavolo, poi gli donò
una pacca ben messa sulla spalla.
Ivan era sul punto di
inciampare, ma riuscì a stare in equilibrio grazie
all'intervento di
Gerardo, che non si allontanava mai.
«Grazie
Zeno, è bello vederti di nuovo tra noi»
cominciò Ivan e lasciò che Zeno gli riempisse il
boccale che teneva
nella mano destra, era veramente affezionato a quel gigante.
Assomigliava un po' a suo padre, in effetti. «Per
fortuna Giovanni ti ha dato il permesso di tornare, per quanto starai
qui?»
«Fino
alla fine dei festeggiamenti»
spiegò Zeno, poi appoggiò
il fianco contro al
tavolo per assumere una posizione più comoda. «Non
mi sono concessi benefici quando si parla di scavi, noi
minatori siamo d'impiccio per il Rifugio»
borbottò con una sonora risata, sorseggiò la
birra fresca a
grandi sorsi e intrecciò il braccio destro contro ai
pettorali
scolpiti: «E
voi ragazzi?».
«Il
mio lavoro procede bene, come al solito»
affermò Ivan entusiasta, non vedeva l'ora di raccontare dei
propri successi.
Zeno annuì contento e si lasciò scappare un
sorriso,
ormai considerava
Ivan come un figlio, ma passò direttamente a Gerardo. «E
tu Gerardo? È giunta voce fino al Monte Luna che sei
diventato uno
scassinatore professionista, devo credere a quei pettegolezzi?»
«Sì»
bisbigliò Gerardo, poi annuì con aria
soddisfatta. «Ho
saputo distinguermi in questo campo, diciamo»
«Oh dovresti proprio vederlo! Gerardo ha fatto
dei passi da gigante»
ecco che Ivan cominciò a parlare al posto dell'amico, voleva
solo
essere sincero. «Gerardo
ha
delle mani fantastiche, agili e svelte, è capace di fare
qualsiasi
cosa»
«Ivan,
smettila»
«Gerardo,
perché dici così? Non è forse vero?»
«Ho
capito, ho capito. Voi due siete dei ragazzi dalle doti eccezionali,
il Team Rocket ha fatto un vero affare a reclutarvi»
mormorò Zeno per interrompere la discussione dei due
giovani, poi si
infilò tra loro per cingerli in un delizioso abbraccio di
gruppo.
Il
trio scoppiò subito a ridere animatamente. Gerardo e Ivan
assalirono
il petto del gigante con una lunga serie di pugni. Era impossibile
scalfirlo.
I
tre formavano una bella famiglia.
*
* *
Erano
passate diverse ore da quando il tutore aveva finito il discorso, ma
nessuno l'aveva più visto da quando era sceso dal palco.
Molte
reclute l'avevano accerchiato, poi l'avevano trascinato via.
Max,
contento di non avere attorno quell'ammasso informe di muscoli, aveva
recuperato qualcosa di stuzzicante dal buffet, se non metteva in
bocca qualcosa rischiava di svenire dalla fame, poi si era messo a
chiacchierare con i pochi soggetti rimasti all'interno del salone.
Ogni
tanto masticava le cibarie che aveva recuperato, ma non si divertiva.
Anche
Leila aveva inseguito il tutore, solo Dana era rimasta nei paraggi e
faceva le domande più bizzarre ai due Generali, Ariana
compresa.
Max
le guardò per un attimo. Erano entrambe bellissime.
Era sul punto
di avvicinarsi, curioso di conoscere la donna che creava mille
emozioni nei cuori delle reclute ma, appena aveva fatto il primo
passo, Leila sbucò dalla porta e si fermò proprio
davanti allo
scienziato per sbarrargli la strada:
«Passerotto
sei ancora qui? Non vieni alla festa?»
«Festa?»
esclamò Max senza capire. «Sono
già alla festa Leila»
«Oh
no!»
Leila scoppiò a ridere,
poi intrecciò il braccio attorno a quello di Max. «Le
reclute hanno organizzato un party tutto per noi, è
nell'altra
stanza. Dovresti venire! C'è musica, festoni, birra...Di
tutto!»
«Party?»
mormorò Max insicuro, le spiegazioni della donna non lo
convincevano, poi lasciò il piatto dove l'aveva preso e si
lasciò
guidare dall'amica. «Ne
sei
sicura?»
«Certo!»
«Eppure
questo posto è così calmo...La musica
c'è anche qui...»
«Passerotto,
piantala»
la donna bloccò le
argomentazioni proposte da Max, continuò ad accompagnarlo
alla
soglia con passo veramente deciso. «E
poi ho bisogno del tuo aiuto, voglio parlare con il nostro tutore ma
non ho il coraggio per avvicinarmi, tu sei un uomo quindi
sarà un
gioco da ragazzi parlare con lui»
Max
deglutì e cercò un modo per riuscire a scappare,
ma a quanto pare
era inutile andare contro alle volontà di Leila. Una parte
voleva
evitare di parlare con quell'essere ripugnante, l'altra non voleva
far esplodere il carattere ardente della donna.
Era in mezzo a due fuochi, doveva trovare la maniera giusta per
liberarsi.
«Voi
due, dove state andando?»
Dana,
li aveva notati fuggire e si era aggregata:
«Al
party organizzato dalle reclute, vuoi venire con noi Primula? Stiamo
andando a conoscere il tutore»
«Certo!
Perché non me l'avete detto subito?»
Max
sospirò e lasciò che Dana afferrasse il secondo
braccio, era
spacciato.
A distanza di tempo sono riuscita ad aggiungere un capitolo a questa storia, della quale non mi sono dimenticata, affatto.
Sono mesi che lavoro senza sosta sul materiale che ho scritto in precedenza, il mio è un continuo circolo vizioso di cambiamenti e miglioramenti, solo oggi sono riuscita a concludere il capitolo che mi ha causato più "problemi". Mi dispiace far aspettare i pochi che seguono il racconto, ma sono la classica autrice che preferisce prendersela comoda, visto che Xavier si è assentato devo procedere a piccoli passi per correggere i miei eventuali errori grammaticali.
Quindi...
State sereni e non scordatevi di passare dal profilo di Komadori!
Mi viene da ridere, ho aggiornato la storia nel periodo in cui ORAS ha festeggiato un anno dalla sua uscita. Hahaha, come passa veloce il tempo quando ci si diverte!
Il mese prossimo anche noi Pettirossi festeggeremo un anno di attività, da quel lontano giorno ho avuto delle esperienze che hanno cambiato me, il mio modo di scrivere, di curare l'impaginazione dei miei racconti e di vedere il mondo. Secondo voi si nota? Beh, spero che non sia una mia impressione.
Però è bello sapere che un videogioco sui Pokémon ha coinvolto due persone così differenti e lontane, che le ha indotte a creare un piccolo angolo di scrittura che può piacere a chiunque. Le amicizie che mi sono fatta grazie a questo mondo colorato sono magnifiche e, anche se quei ragazzi abitano dall'altra parte dell'Italia, spero di non perderli mai di vista. (Il prossimo che dice: "Eh, ma i Pokémon sono giochi per bambini!" giuro che le prende di santa ragione).
E niente...
Le parole a caso finiscono qui, per oggi.
Grazie per coloro che si fermano per recensire, che si ostinano a leggere le fan fiction / One Shot che pubblichiamo.
Forse Xavier sarà assente a causa del suo troppo studio, un giorno quel ragazzo farà la stessa fine di Cyrus se continua così, però troverete questa povera autrice a coltivare la sua passione per la scrittura.
Ci rivedremo prossimamente, se non pubblicherò qualcosa entro Natale vi auguro delle buone feste in anticipo!
Grazie di cuore a chiunque, anche ai volponi che si fermano a leggere il testo e che non recensiscono. Siete belli, ciao!