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Autore: bloop    08/12/2015    2 recensioni
Cosa succede quando Roma incontra la Romagna? E quando un turista - prendiamone ad esempio uno qualunque, chiassoso ed espansivo - si prende una cotta per una barista, ma ha solo tre settimane di tempo a disposizione da trascorrere con la sua bella?
Aggiungiamoci una piccola migliore amica intenzionata ad evitare cuori spezzati, un silenzioso migliore amico che non riesce a stare zitto davanti ad un'ingiustizia, un ragazzo fin troppo socievole e innamorato e concludiamo con una coppia di gemelli eterozigoti dotati di lingua pungente.
Ventuno cappuccini del buongiorno al Bagno Girasole basteranno ad intrecciare tutte queste vite? Scommetto che avete già intuito la risposta.
«È carino».
«Ninì...»
«Sì?»
«Vacci piano».
«Non vado proprio da nessuna parte, sto solo dicendo che è carino. Non ho intenzione di farci cose né di innamorarmi o di sposarlo o...»
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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- Come ti sconvolgo la vita in tre settimane -

 

11. Giorno nono

 

Elia si stropicciò gli occhi e sbadigliò, osservando il fascio di luce che filtrava dalla serranda e in cui fluttuavano infinitesimali granelli di polvere; si voltò lentamente verso il letto di Sebastiano e si sorprese di trovarlo vuoto e intatto. Si tirò su a sedere, controllò l'orario sul cellulare e quando vide che erano solo le sei e tre minuti si stupì e pensò che non era possibile che Castelli si fosse già svegliato. Si grattò la nuca e si guardò intorno spaesato ed indeciso sul da farsi: non poteva certo andare a chiamare Leo e Tommaso, l'avrebbero cacciato in malo modo e sarebbe stato del tutto inutile. L'unica cosa che poteva fare era infilare i pantaloncini del Real Madrid, le scarpe da tennis, una maglietta e scendere in spiaggia a fare jogging con l'inseparabile ipod a dettargli il ritmo delle falcate.
Da quando avevano messo piede a Cesenatico, non l'aveva mai vista così tranquilla. Niente automobilisti furibondi alla disperata ricerca di un parcheggio gratuito, niente ciclisti che percorrevano strade e marciapiedi come se ne fossero i padroni, niente pedoni lenti tra cui zigzagare. C'era una luce particolare ad illuminare la città e la spiaggia, un'atmosfera che stimolava Elia a riflettere e pensare troppo, mentre correva lungo il bagnasciuga. Si chiedeva dove fosse finito Sebastiano, rideva perché sembravano alternarsi nei risvegli preoccupati dall'assenza dell'altro. Ridacchiava da solo, canticchiando sottovoce qualche canzone, che inevitabilmente lo faceva pensare ad Elisabetta. A volte credeva fosse davvero assurdo che tra tutte le ragazze del mondo lui si fosse innamorato di lei, l'unica che non aveva la minima intenzione di condividere con lui albe e tramonti, che non voleva saperne delle sue attenzioni, delle sue confessioni sincere, delle sue chiacchiere.
Sospirò tra sé e cercò di distrarsi: forse guardarsi attorno e cercare qualcun altro era la cosa giusta da fare. Quindi attuò il suo piano alla lettera: lasciò vagare lo sguardo tutt'attorno e non poté fare a meno di sbuffare quando notò una coppia correre nella sua stessa direzione tenendosi la mano. Senza nemmeno pensarci deviò verso i lettini, sperando di potersi togliere quell'immagine della mente, ma ciò che trovò fu un'altra coppietta avvinghiata su un lettino. Era mai possibile? Cercava di smettere di pensare ad Elisabetta e incappava solo in coppie apparentemente felici! Il colmo, era davvero il colmo. Lanciò loro un'ultima occhiata prima di accelerare il passo per andarsene il più in fretta possibile.
Fece solo pochi passi prima che un'illuminazione lo cogliesse, allora si girò e «Porca vacca, Castelli!» sbottò divertito, levandosi gli auricolari dalle orecchie. «Pensavo fossi morto!»
Sebastiano sussultò e sbadigliò, aprendo lentamente gli occhi e focalizzando il sorriso sornione di Elia, in piedi in fondo al lettino su cui stava dormendo con Anita. Come un lampo si ricordò dell'appuntamento e delle loro labbra gonfie per i troppi baci, abbassò lo sguardo e la trovò lì, la guancia sul suo petto e il viso così vicino al suo che aveva un'irrefrenabile voglia di baciarla per svegliarla dolcemente.
«Terra chiama Seba» lo riprese Elia, ridendo forte e facendo sì che anche la biondina saltasse sul posto e aprisse gli occhi.
«Buongiorno!» esclamò raggiante e decisamente divertito, attirando due sguardi straniti su di sé.

Anita era confusa e cercava di ricordare cosa fosse successo e perché avesse dormito su un lettino in spiaggia, ma ancora di più cercava di capire perché fosse stato Elia a darle il buongiorno e non Sebastiano. Si voltò leggermente e lo trovò lì, ad un palmo da lei, con un piccolo e timido sorriso sulle labbra sottili e di cui ormai sapeva il sapore, ma che non avrebbe mai smesso di voler baciare.
«Ciao» la salutò in un sussurro e lei arrossì lievemente, ancora scossa e confusa, nascose il viso nell'incavo del collo del biondo e chiuse gli occhi, lasciando che lui le circondasse la vita con entrambe le braccia e se la spostasse sul corpo.
«Messaggio ricevuto, vi lascio soli. Quando torno indietro spero ve ne siate già andati, fra poco aprono gli ombrelloni» disse Elia, per poi partire di corsa senza aspettare una risposta dal suo amico.
Sebastiano accarezzò la schiena di Anita, lentamente e con delicatezza, poi cominciò a depositare piccoli baci sulla sua spalla e sui suoi capelli. Ninì uscì dal suo guscio con ancora gli occhi chiusi e strofinò il naso sulla mandibola di lui, che sorrise e si voltò verso di lei, fece combaciare le loro labbra e la strinse ancora di più a sé. Non voleva lasciarla andare, non poteva pensare che sarebbe dovuto succedere comunque e voleva solo godersi quegli attimi di pace e gioia che viveva con lei. Lo stava facendo innamorare profondamente ed irrimediabilmente e lui non avrebbe opposto resistenza a quel calore che gli scioglieva il cuore e lo faceva stare bene. Lei lo faceva stare bene e avrebbe lottato fino allo stremo delle sue speranze affinché lei avesse continuato ad essere il suo faro nella notte.
Anita sarebbe volentieri rimasta lì abbracciata a Sebastiano anche tutto il giorno, ma una lieve sensazione di agitazione le punzecchiava lo stomaco, come se ci fosse qualcosa che avrebbe fatto bene a ricordare, ma non sapeva cosa. E poi che all'improvviso sgranò gli occhi e «Ma che ore sono?» domandò, poi si spostò, sedendosi accanto a lui per cercare il cellulare nella borsa che avevano usato come cuscino fino a quel momento. Il lavoro. Era ora di andare al lavoro e non avrebbe fatto tempo nemmeno a tornare a casa per cambiarsi o lavarsi. Si morse il labbro inferiore, combattuta tra l'idea di mollare tutto, a costo di sorbirsi una strigliata coi fiocchi, e quella di comportarsi da persona responsabile.
«Ti accompagno al bar» disse Sebastiano, sedendosi accanto a lei, che osservava muta la sabbia sotto i suoi piedi.
«Facciamo il bagno?» chiese lei, lasciando confuso il ragazzo, che inclinò la testa di lato e la guardò incuriosito.
«Mando un messaggio a Michele e gli dico che non vado a lavorare, poi facciamo il bagno» continuò imperterrita, ormai convinta della sua scelta folle e irresponsabile. E così fecero. Anita inviò in fretta quell'SMS al collega, poi nascosero borsa e vestiti sotto le schienale ripiegato del lettino. 
Sebastiano, in preda ad uno strano imbarazzo, si fissava i piedi senza il coraggio di alzare lo sguardo. Il fatto era che, nonostante fosse un tipo piuttosto spontaneo, trovarsi lì davanti a lei in boxer lo imbarazzava un pochino. Quindi non aveva il coraggio di far nulla, a parte spostare la sabbia con fare assorto. Forse non c'era molta differenza tra stare in costume o in mutande, ma...
Solo quando Anita lo incoraggiò a muoversi, sorridendo divertita, lui annuendo si rese conto di una cosa: forse non era l'unico ad essere rimasto in intimo. Sgranò gli occhi e arrossì violentemente, facendosi travolgere da un rumorosa risata isterica, un attimo prima di prenderle la mano e correre verso la riva.

«Fantastico, ogni giorno ne manca uno in più» sbuffò Elisabetta, sedendosi ai piedi del letto di Leonardo. «Vi sembra una cosa normale?» domandò retorica.
Si era svegliata presto quella mattina ed era uscita dalla camera con l'intento di usare il bagno, trovando la camera di Sebastiano ed Elia aperta e vuota. Era dunque entrata - senza nemmeno bussare - nella stanza di suo fratello e ne aveva svegliato gli ospiti per comunicare loro la notizia.
Tommaso sbuffò, riemergendo dalle profondità del cuscino con cui aveva cercato di soffocarsi una volta accortosi dell'orario immondo a cui era stato svegliato.
«Non lo so, ma non vedo l'ora che tocchi a te».

Dal letto occupato da Leonardo giunse un muggito di assenso, che lasciò a bocca aperta Elisabetta. 
«Siete proprio dei caproni» borbottò, lanciando una ciabatta a suo fratello e una al suo amico, «Sebastiano è rimasto fuori tutta la notte ed Elia è scappato!» continuò.
Tommaso si mise a sedere e la fissò con astio. «Vai a cercare il tuo innamorato e smetti di rompere i coglioni» berciò, sdraiandosi di nuovo e nascondendo la faccia sotto il cuscino. Elisabetta sbuffò e si alzò suo malgrado, uscendo dalla camera e dirigendosi a passo spedito verso la propria.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma le cose non stavano esattamente andando secondo i suoi piani. Non le piaceva mostrar loro quanto apprezzasse stare in loro compagnia, ma almeno a se stessa doveva riconoscere che le continue sparizioni della metà dei ragazzi la facevano sentire sola. Tommaso non era mai stato così rancoroso nei suoi confronti, Elia continuava a sparire e ora ci si metteva pure Sebastiano con la sua biondina e gli appuntamenti a quattro, portandogli via anche l'ultima speranza di trascorrere una vacanza assieme a quelli che considerava amici suoi. Non era lì solo per "rompere i coglioni", per dirla nei termini di suo fratello: Elisabetta era a modo suo molto legata a tutti e quattro quelli che chiamava imbecilli, nessuno escluso, anche se a ognuno in maniera diversa. Sbuffò sonoramente, delusa dagli ultimi risvolti, poi prese una decisione: non sarebbe rimasta lì a piangersi addosso, se i ragazzi volevano incontrare nuove persone, lei avrebbe fatto lo stesso. Quindi si spogliò, indossò il costume e un prendisole, poi recuperò borsa e infradito e uscì, i grandi occhiali da sole a schermarle lo sguardo corrucciato.

Solo quando i brontolii dei loro stomaci erano diventati più forti di qualunque altro richiamo, i ragazzi si erano ritrovati seduti tutti allo stesso tavolo al bar del Bagno Girasole per il pranzo; Sebastiano sorrideva come un ebete, Elia non la smetteva di ridere e raccontare chissà cosa a Tommaso, Leonardo si guardava attorno alla ricerca di Dio solo sapeva cosa ed Elisabetta aveva una lunga argomentazione pronta per essere spiattellata a quei fedifraghi dei suoi amici. Ecco che dunque, dopo che Michele - più nervoso che mai - ebbe preso le ordinazioni, lei attirò l'attenzione attaccando con un'infinita e petulante serie di rimproveri che spossò i ragazzi più dell'intero viaggio Roma-Cesenatico. Una lunga ramanzina che, però, ebbe buon esito: quella sera infatti uscirono tutti insieme, solo loro cinque e nessun altro. Nemmeno a dirlo, cadde il diluvio universale, e prima dell'una Sebastiano era così ubriaco che Leonardo colse l'occasione al volo per defilarsi, con la scusa di riaccompagnarlo al b&b.
Far camminare dritto un Sebastiano decisamente sbronzo non era un'impresa facile, soprattutto se il ragazzo gridava ai quattro venti quanto fosse felice di aver baciato Anita Paraboschi senza curarsi della possibilità che qualcuno la conoscesse. Leonardo camminava con le mani in tasca e stava pronto a scattare nel caso il suo amico si lanciasse in folli corse verso i passanti.
Proprio mentre stava per placcare il biondo, riconobbe la figura minuta della ragazza verso cui stava correndo a perdifiato. Sorrise spontaneamente, mentre accelerava per evitare che Agnese si spaventasse; stava camminando a testa bassa, lo sguardo fisso sulla strada per evitare di entrare nelle pozzanghere.
«Agnese!» la salutò Sebastiano a voce talmente alta che tutti si voltarono a vedere chi fosse quel casinista che si metteva ad urlare in mezzo alla strada. La ragazza sussultò e alzò il viso verso chi l'aveva chiamata, gli occhi spalancati e la bocca semi-aperta.
«Ciao» rispose lei, travolta dall'esuberanza del biondo e dal silenzioso avvicinamento di Leonardo, che la guardava sorridente.
«Fate una passeggiata?» chiese, rivolta all'ultimo arrivato, conscia del fatto che parlare con Sebastiano non fosse poi così produttivo. Leonardo rise piano, scrollò la testa e affiancò l'amico facendo schioccare la lingua sul palato.
«Accompagno il timido ubriaco in albergo» rispose, controllando che Sebastiano non stesse facendo qualche danno, guidato dai fumi dell'alcol. Anche Agnese spostò lo sguardo sul biondo e rise quando lo trovò a fissare il cielo con la bocca spalancata; «Vi accompagno» mormorò, senza nemmeno rendersi conto del sorriso e del rossore che decoravano il suo viso. Leonardo sentì un tuffo al cuore, ma non si azzardò a cercare di convincerla che non fosse necessario: aveva la possibilità di passare del tempo con lei, più o meno da soli, e non se la sarebbe fatto scappare. Fu così che Agnese invertì la rotta e si incamminò spalla a spalla con Leonardo; dopo un paio di passi il ragazzo si bloccò e tornò indietro, per prendere Sebastiano per un gomito e trascinarlo letteralmente verso casa.
Lungo il tragitto verso il b&b Sebastiano aveva cominciato a raccontare della prima partita della Roma a cui era andato e Agnese si era finta interessata, ma Leonardo aveva notato che si era avvicinata di un passo a lui, come se avesse paura del suo amico.
Quando giunsero davanti alla camera, il biondo tirò fuori le chiavi e si lanciò contro la porta chiusa, scatenando le risate di Leo e Agnese, che lo osservavano a qualche passo di distanza.
«Penso che chiamerò Ninì» biascicò, scompigliandosi i capelli già disordinati.
«Non fare stronzate, okay? Io accompagno Agne a casa e torno qui» rispose Leonardo con tono pacato e serio. Ogni volta che Sebastiano si riduceva in quello stato toccava a lui recuperarlo e fare in modo che non combinasse guai, ma quella sera non aveva proprio voglia di rimanere a fare il baby-sitter. Non se l'alternativa sembrava essere quella di passare del tempo con Agnese.
Il ragazzo annuì e si lasciò cadere mollemente sul letto, tirando fuori il cellulare e osservando lo schermo con le sopracciglia aggrottate e il labbro inferiore sporto all'infuori. Agnese sorrise intenerita, nonostante non avesse mai amato l'alcol e le persone ubriache; le venne in mente della sera in cui Anita aveva esagerato con la vodka e lei era stata tentata di lasciarla lì, tanto c'era Giovanni con lei, poi invece si era convinta a portarla a casa sua perché Anita si era rifiutata di farsi vedere così da sua madre. Fu una delle serate peggiori che passò in compagnia della sua amica e da quel momento rifiutò ogni invito ad andare a ballare con lei e Giovanni.
«Andiamo?» domandò Leonardo con voce dolce e un sorriso appena accennato sulle labbra; lei annuì, ancora immersa nei suoi pensieri per realizzare quello che stava succedendo.
«Pensi che chiamerà davvero Anita?» chiese con un filo di voce, mentre tornavano in strada e aspettavano che si creasse un varco nel fiume di gente che camminava nel senso opposto a quello in cui dovevano andare loro. Leonardo infilò le mani nelle tasche dei jeans e fece schioccare la lingua contro il palato, soppesando le cose da dire: certo che l'avrebbe chiamata, ma Agnese era davvero sicura di volerlo sapere?
«È ubriaco e ha parlato di lei tutta la sera. La chiamerà e parlerà con lei di lei», ridacchiò immaginandosi la miriade di figuracce che il suo amico avrebbe fatto quella notte. Anche Agnese trovò la situazione comica e cambiò discorso, guidata dal buon umore e dalla tranquillità che si impadroniva di lei quando c'era Leo nelle vicinanze.
«Ti va un gelato?» propose, indicando il locale illuminato e pullulante di turisti e non, ragazze seminude e uomini con più profumo di una commessa del centro commerciale. Nonostante la fila che usciva dalle porte di vetro e il brusio che si levava dai tavoli, Leonardo non seppe dire di no e le circondò le spalle con un braccio, per non perderla nella calca e nel flusso di passanti che non sembravano intenzionati a lasciarli passare. Agnese arrossì talmente tanto che sperò di non essere vista e lo seguì dall'altro lato del marciapiede, piacevolmente sorpresa e scossa da quell'iniziativa inaspettata ma decisamente gradita. Sorrise apertamente e si voltò verso di lui, osservandone il profilo, il naso dritto e leggermente appuntito, gli zigomi alti, le labbra carnose, le ciglia lunghe e la barba della lunghezza che piaceva a lei. Distolse lo sguardo per non rischiare di essere beccata e si schiarì la voce, per poi sussurrare un timido «Grazie» appena udibile perfino da lei stessa.

Così ripresero a camminare con due coni da tre gusti e il cuore un po' più pieno di spensieratezza e gioia, perché stavano bene l’uno con l’altra e non desideravano altro che passare un'altra ora insieme.
«Ti piace viaggiare?» chiese Agnese, leccando il gelato al cioccolato che cercava di scivolare lungo il cono. Leonardo scrollò le spalle e sorrise malinconico alla strada davanti a sé. 
«Non ho mai viaggiato tanto in realtà. Con i ragazzi non mi sono mai allontanato troppo da Roma e non ho soldi per andare via da solo. Quello che guadagno con i miei due lavori lo do ai miei per pagare l'università e le attività extra delle mie sorelle» spiegò. Agnese lo guardò senza preoccuparsi di sembrare sfacciata e, quando lui si voltò per capire il perché del suo silenzio, lei gli sorrise apertamente. 
«Sei davvero un ragazzo d'oro» mormorò, per poi arrossire vistosamente e tornare a dedicarsi al proprio gelato.
Stavano per avvicinarsi alla zona più frequentata del lungomare di Cesenatico e lì la folla si intensificava, così Leonardo prese la mano di Agnese per avere la certezza di non perderla. Lei - per l'ennesima volta - arrossì; aveva sempre pensato che in due mani strette si celasse un patto di intimità e fiducia, soprattutto la seconda. A quel punto non era difficile immaginare che Leonardo si fidasse di lei, non dopo tutte le confessioni e le parole che erano corse tra loro, ma lei? Lui era un tipo silenzioso e riservato - non ci voleva un genio per capirlo -, ma si era lasciato andare. Si era fidato. E Agnese si fidava? Era molto tempo che non regalava a nessuna nuova conoscenza che qualche sorriso e alcune timide parole. Con Leonardo però era diverso: la sua presenza le trasmetteva sicurezza; se doveva fidarsi di qualcuno, quello sarebbe stato lui. Quindi quella mano la strinse e si lasciò guidare tra la folla, pur con le ginocchia tremanti e un formicolio invadente all'interno dello stomaco.

Era stesa sul letto Anita e guardava con insistenza il soffitto. Di stanchezza non c'era traccia nei suoi occhi verdi nonostante l'ora e la serata intensa. Agnese se n'era andata da ormai un'ora, anche se del suo rassicurante messaggio di buonanotte in cui le comunicava di essere rientrata sana e salva ancora non c'era traccia. Quindi lo aspettava in silenzio, ripensando a ciò che era successo quel giorno. A partire dalla lunga e irritante discussione con Michele, per finire con l'infinita conversazione di quella sera con l'amica. Agnese aveva ascoltato in silenzio i suoi racconti su Sebastiano, poi aveva indugiato un po', indecisa su cosa rispondere, e infine aveva optato per la verità; le aveva risparmiato tutte le ipotesi catastrofiche su cui di certo aveva riflettuto, ma le aveva ripetuto per l'ennesima volta di andarci piano, di non perdere la testa, di non fare sciocchezze e tenere i piedi per terra.
Peccato che Anita la testa l'avesse già persa. La sentiva come un palloncino leggerissimo e fluttuava trascinandola tra le nuvole: com'era possibile opporre resistenza? Come resistere a quegli occhioni azzurri, ai capelli biondi costantemente spettinati dalle mani grandi, quelle labbra sottili, la voce profonda, quella risata…?
Una delle sue canzoni preferite prese a suonare all'improvviso, nella notte, dal comodino. Prima ancora di affrettarsi a rispondere per evitare di svegliare qualcuno - tipo suo fratello, perché della madre e del compagno poco le importava - una parte di lei sperò di sentir parlare proprio quel qualcuno da cui Agnese cercava di metterla in guardia. Poi, mentre cercava di afferrare il telefono nel buio, per un attimo si preoccupò che a chiamarla fosse proprio lei, magari in difficoltà.
«Pronto?» chiese sottovoce, senza preoccuparsi di nascondere l'apprensione.
E invece...
«Ciao sono ioooo, amooore miooo». L'altro qualcuno a cui aveva pensato, ma sulla cui chiamata non aveva sperato davvero, stava cantando a voce sommessa e strascicata, alternando parole a risatine incontrollate. Ciononostante non poté impedirsi di sentire le farfalle nello stomaco e arrossire a quell'appellativo.
«Ciao» balbettò dunque con un filo di voce; poi balzò in piedi, prese una felpa con mani tremanti e corse sul balcone, dove sperava di poter parlare in pace senza svegliare suo fratello.
«Pensavo a teee, quanto mi manchi tuu... serenata rap, serenata metropoplitana... no. Meproto...metoprolitana! Metrotolipana...» L'inconfondibile e chiassosa risata di Sebastiano esplose nella cornetta del telefono così forte che Anita dovette scostare l'apparecchio dall'orecchio, pur sorridendo intenerita. 
«Serenata metropolitana» suggerì, i denti stretti sul labbro inferiore come per impedirle di sorridere più di così.
Un gemito di pura frustrazione le fece aggrottare le sopracciglia; «Serenata mal riuscita» la corresse Sebastiano in tono lamentoso.
Anita ridacchiò; riusciva ad immaginarlo perfettamente: disteso supino sul letto con le mani dietro la testa e il telefono in vivavoce appoggiato sul petto, la labbra incurvate in un broncio da bambino.
«Puoi sempre rimediare» lo incoraggiò.
Era come se l'avesse vista arrivare, la risata che le giunse all'orecchio. Non era stato difficile consolarlo, in fondo. 
«Ciao» la saluto con voce impastata, poi, calcando la "c".
«Hai bevuto?» Il dubbio, capirete, era lecito.
Una risatina. «Nnnno».
«No?»
Un'altra risata. «Forse».
«Forse?» chiese conferma Anita in tono divertito. Di solito decisamente non le piacevano certe improvvisate da ubriachi, ma la telefonata di Sebastiano sembrava un'eccezione alla regola. Sebastiano sembrava l'eccezione a tutte le sue regole.
L'unica risposta che ottenne per un po' fu una lunga, lunghissima risata, che ad un certo punto contagiò anche lei, per poi affievolirsi piano piano fino a spegnersi in qualche lungo istante di silenzio e respiri affannati. 
«Ti ho baciato» mormorò poi Sebastiano; nella sua voce bassa risuonavano così tanta sorpresa e soddisfazione, quasi lo avesse realizzato solo in quel momento, che Anita non poté che arrossire violentemente, mentre un brivido di felicità ed eccitazione le attraversava il corpo.
«Sì, un sacco di volte» confermò in un sussurro.
«E ti è piaciuto?»
Anita sentì una dolce stretta allo stomaco, poi il cuore prese a battere talmente veloce che riusciva a sentirlo chiaramente. Sorrise ripensando alla sera precedente, alle labbra di Sebastiano che cercavano le sue, a tutte quelle volte che le aveva trovate e sembravano non volerle lasciare andare.
«Moltissimo» sussurrò, imbarazzata ma dannatamente felice.
Il ragazzo rispose con l'ennesima risata da ubriaco felice, in bilico tra la realtà e il mondo offuscato dall'alcol. 
«Quindi potrei riprovarci!» esclamò, non a chiedere conferma ma a preannunciare quello che sarebbe potuto succedere nei giorni a venire.
«A te è piaciuto?» mormorò Anita a bruciapelo, intenerita dalla sua stessa reazione da ragazzina innamorata. 
«E lo chiedi?»
L'ennesimo moto di ilarità colpì entrambi, l'imbarazzo sembrava non essere più di casa; c'erano solo loro due, le parole farfugliate, quelle gridate, quelle trattenute e quelle biascicate. Solo loro due e nessun altro.
Un’intensa nostalgia si impossessò del cuore di Anita, che cominciò a chiedersi se quella sarebbe diventata la loro quotidianità: sentirsi al telefono, ridere insieme, ammutolire, arrossire per frasi buttate lì senza riflettere. A distanza.
«A cosa pensi?», la voce arrochita di Sebastiano la strappò a quel tunnel di malinconia che la stava inghiottendo.
«Vorrei essere lì con te» confessò sincera, per poi cominciare a torturarsi il labbro inferiore con gli incisivi. Il silenzio del ragazzo la mise in allarme: forse aveva esagerato, non avrebbe dovuto dire una cosa così diretta e schietta. Sospirò piano e guardò la strada sotto di lei, ormai deserta.
«Non sai cosa darei per venirti a prendere e portarti qui» ribatté lui, cogliendola di sorpresa. Rimase a bocca aperta Anita, incredula e stupita. Se solo avesse potuto sgattaiolare fuori sarebbe già scappata per raggiungerlo, infilarsi sotto le coperte con lui e lasciarsi cullare dal calore e dalle mani di Sebastiano che le accarezzavano la pelle proprio come su quel lettino giù in spiaggia.
«Vuoi andare a dormire?» chiese Sebastiano, la voce sempre meno sporcata dall'alcol e il tono dolce di chi si è reso conto di aver telefonato nel pieno della notte.
«No, riesco a stare sveglia ancora un po'» rispose Anita, sistemando il cappuccio della felpa in modo da proteggere il collo dalla leggera brezza fresca.
Rimasero in silenzio per un po’, poi il ragazzo sbuffò e si lamentò a mezza voce sforzandosi di esprimere tutta la disperazione del caso. Quando la ragazza, leggermente preoccupata, gli chiese cosa stesse succedendo, udì un lungo e sconfortato sospiro. «Leo m'ha chiuso dentro». Seguì una breve pausa, poi Sebastiano si convinse a confessare quale fosse il vero problema, mettendo in mostra la sua solita innata raffinatezza: «e io devo pisciare».
La risata cristallina di Anita lo fece sorridere apertamente e gli riportò alla mente il viso della ragazza, gli occhi verdi e vivaci, i fini capelli biondi sempre spettinati, quelle labbra morbide e sottili che avrebbe voluto accarezzare con le sue.
«Ho voglia di baciarti, Ninì» piagnucolò, accasciandosi sul pavimento ai piedi del letto e scompigliandosi il ciuffo malmesso.
Anita ammutolì all'istante e si mordicchiò il labbro inferiore, vincendo contro la tentazione di uscire di casa e correre da lui.
«Anche io» mormorò, preda dell'imbarazzo ma tanto, tanto felice.
Stava correndo troppo, ne era consapevole, ma ormai non poteva più fermarsi. Al solo pensiero del ragazzo seguiva una serie di sospiri, sorrisi, sguardi sognanti e ricordi che le azzeravano definitivamente la concentrazione e la trascinavano per divagazioni e sogni da ragazzina innamorata.  

Passeggiare per le strade affollate non era mai piaciuto ad Agnese, ma doveva ammettere che con Leonardo accanto aveva tutto un alto sapore. Usciti dalla gelateria l'aveva presa per mano e si era incamminato nella direzione che lei gli aveva indicato e si erano immersi nel brusio della gente, in silenzio, con il cuore che non sembrava voler rallentare e il rossore non accennava a diminuire.
Per la testa di Agnese iniziavano a viaggiare certi pensieri che, se solo quella sera non fosse stata influenzata da tutto quel parlare entsiasta di baci, emozioni e rischi, avrebbe normalmente chiuso a chiave in qualche angolo remoto della sua mente. Eppure ora non riusciva a frenarli, non riusciva a smettere di pensare che, forse, il fatto di essere lì con Leonardo e che lui non la lasciasse fisicamente nemmeno per un attimo magari volesse dire qualcosa. Ad un certo punto, addiritura, si ritrovò a sperare che lui la baciasse, perché le sarebbe davvero piaciuto, salvo poi arrossire e cacciare quel pensiero così sciocco.
Non sarebbe successo, ora né mai, e Agnese non avrebbe decisamente dovuto fantasticarci su. Almeno lei doveva rimanere coi piedi per terra, senza farsi coinvolgere troppo profondamente, da nessuno. Prevedeva che gestire la relazione a distanza tra Anita e Sebastiano sarebbe già stato abbastanza complicato per tutti, senza che persino lei si prendesse una cotta per un ragazzo così... così. Non c'era dubbio che lui le piacesse, ma da qui a prendersi una sbandata correva un po' di strada, no? Non voleva coprire quella distanza, per quanto una parte di lei - minuscola e dotata di decisamente poca autorità - non volesse che correre a scoprire cosa l'aspettava alla meta: e se lui avesse ricambiato?
Sarebbe stato un bel problema. E paradossalmente sembrava non esserci definizione migliore per la situazione di entrambe le cesenaticensi: un bel problema.
Agnese sospirò in silenzio e si azzardò a lanciargli un'occhiata, sorprendendolo poi a guardarla, con suo sommo stupore e imbarazzo. Entrambi sussultarono e arrossirono.
Leonardo le sorrise prima di distogliere lo sguardo e tornare a fissare la strada che stavano percorrendo.
Quando Agnese sentì lo stomaco riempirsi di farfalle, pensò che avrebbe dovuto procurarsi un buon insetticida. Poi sorrise, cercando di convincersi che l'unica causa fosse la sua stessa battuta.
«Quindi quei due si sono baciati» buttò lì Leonardo, una volta deciso di interrompere il silenzio. Non che la tranquillità lo infastidisse, ma era sinceramente curioso di sapere che cosa passasse per la testa di Agnese.
La ragazza arrossì, turbata da quell'argomento dopo i pensieri appena fatti, e annuì. «Non ho sentito parlare d'altro tutta la sera» commentò in tono divertito. «Ormai li abbiamo persi».
Il ragazzo soffiò una risatina, poi scrollò leggermente le spalle. «È un male?»
Agnese tacque qualche istante, poi sospirò. «Non lo so. Immagino di no» gli concesse, «ma sarà sicuramente... complicato, quando ripartirete».
E come avrebbe consolato Ninì se tutto ciò a cui riusciva a pensare fosse stata l'assenza di Leonardo? E di Elia e Tommaso. Nessuna distinzione. Nessun- ah, e chi voleva prendere in giro? Le sarebbe mancato anche Elia, certo, ma con Leonardo c'era qualcosa di diverso e negarlo sarebbe stato sciocco. Eppure si ostinava a farlo. Sciocca, sciocca Agnese!
«Manca ancora più di una settimana» mormorò lui in risposta, mentre svoltavano in una strada più piccola e tranquilla. Oltrepassarono un gruppo di ragazzi chiassosi e molesti, che agitando bottiglie mezze vuote gridavano frasi senza senso; Agnese affrettò il passo e Leonardo le lasciò la mano per circondarle le spalle con un braccio, con fare protettivo.
Agnese arrossì di più, mentre il suo battito accelerava sia per via di quel gesto che del conto alla rovescia che era partito nella sua mente: più di una settimana significava comunque solo pochi giorni. Si incupì.
«Ma conosco abbastanza bene Castelli da sapere che non si lascerà sfuggire Ninì. Dubito che non sentirete più parlare di noi», il ragazzo sorrise.
Oh, incoraggiante, pensò Agnese. «Una relazione a distanza è comunque una relazione a distanza» replicò, abbassando lo sguardo. «Non esattamente ciò che si dice semplice».
«Se ne vale la pena può funzionare».
«Potrebbe».
Leonardo sospirò, chiedendosi se lei fosse sempre così ottimista, ma continuò senza commentare: «Castelli ha già perso la testa da un po'. Per lui ne vale la pena di sicuro».
«Be', anche lei, ma... praticamente non si conoscono. Come può valerne la pena? Come fanno ad esserne sicuri?»
Calò il silenzio e piano piano rallentarono il passo fino a fermarsi ai piedi di un palazzo dall'aspetto familiare per entrambi. Leonardo lasciò scivolare il braccio via dalle sua spalle, arretrando poi di qualche passo, mentre Agnese rabbridiva a causa di una sensazione di freddo che aveva poco a che vedere con la temperatura. «Sono... sono arrivata» mormorò poi, a testa e occhi bassi, nonostante entrambi lo sapessero già.
Il ragazzo annuì e abbozzò un sorriso, poi la guardò. «Non sempre hai una certezza, spesso devi solo rischiare e buttarti, sperando che vada bene» rispose, con un tono serio che le mise i brividi.
Agnese annuì e mosse lentamente un altro passo indietro, senza avere il coraggio di alzare lo sguardo. Sentiva una nuova tensione tra loro e non riusciva a non chiedersi di cosa - di chi - avessero appena discusso. Anche se forse era una domanda molto sciocca - di chi altri avrebbero dovuto parlare, se non dell'allegra coppietta?
«Be', grazie della compagnia. Sono stata bene». Teneva già le chiavi di casa tra le mani, quella giusta era già pronta per aprire il portone.
Leonardo soffiò un sorriso, disperdendo così la tensione di poco prima. «Sì, anche io» disse solo, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni corti.
Se ne stava lì, immobile e un po' ingobbito; sembrava in attesa di qualcosa e non appena Agnese formulò questo pensiero girò la chiave nella toppa e si aprì una via di fuga. «Be', buonanotte» farfugliò, per poi sparire all'interno prima che lui potesse rispondere.
Agnese lo sentì mormorare il suo saluto mentre ancora il rimbombo della chiusura del portone riecheggiava nel corridoio vuoto.
Si sentì subito in colpa, oltre che molto stupida. Cosa le era preso? Perché gli aveva chiuso la porta in faccia? Dopo che le aveva tenuto compagnia e offerto il gelato, nonché confessato un sacco di cose personali? Dopo quello che le aveva appena detto, poi, aveva avuto una reazione davvero sciocca.
A volte bisognava buttarsi e basta, aveva detto.
Prese un respiro profondo e prima di potersi rendere conto di aver preso una decisione, spalancò di nuovo il portone, incrociando così lo sguardo sorpreso di Leonardo.
Guardò altrove, mentre copriva la distanza che li separava - l'asfalto era particolarmente interessante quella notte. «Scusami, io...» Si decise ad alzare lo sguardo solo quando a separarli fu niente più un passo - un passo di Leonardo, ma due di quelli di Agnese.
Rimasero immobili ad osservarsi qualche istante, l'uno confuso e l'altra terrorizzata - perché più di così, per quanto ci provasse, non riusciva proprio a rischiare. Poi Leonardo capì e sorrise, andandole incontro. Si avvicinò lentamente e, presa la sua mano nella propria, si chinò su di lei.
Mai nella sua vita Agnese si era sentita così felice, elettrizzata e frastornata per un bacio su una guancia.
«Buonanotte».
E sotto lo sguardo attento di Leonardo sgattaiolò di nuovo dentro il portone del palazzo, libera di poter sorridere apertamente senza essere notata.


Bloop's corner:
Ciao lettrici e lettori! Sono sempre Mari! Scusatemi per l'immenso ed imperdonabile ritardo con cui aggiorno! Non ho mai tempo e purtroppo nemmeno Mich...
Però eccoci con un nuovo capitolo pieno di feelings e dolcezza! Cosa ne pensate? State bevendo una tazza di té caldo mentre leggete delle fughe amorose di Sebastiano e Anita?
Fateci sapere cosa ne pensate, mi raccomando!
Spero di riuscire ad aggiornare prima, nel caso vi ringrazio per la pazienza! 
A presto
AP


 

   
 
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