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Autore: Jane_sfairytales    08/12/2015    1 recensioni
Anno 2923 della Terza Era.
Una nave candida solca le acque alla volta dell'Occidente: sono elfi diretti alle Terre Immortali, come loro diritto. Eppure sembra che il mare non voglia farli passare: poco prima del salto, viene al mondo una bambina e lei non può proseguire. Il Vala Ulmo appare, redarguendo gli elfi sul fatto che il viaggio verso Aman debba essere compiuto per consapevole scelta, ed una bambina appena nata, questa consapevolezza non la ha: egli la prenderà con sé.
Questa è la storia di un amore filiale, e di come amare significhi anche e soprattutto lasciar andare, per quanto ciò possa far male.
[ Questa è la prima storia di una serie che vorrebbe abbracciare tutte le vicende narrate da Tolkien in Lo Hobbit e LOTR, nonché qualcosa sul "dopo". Il presente racconto è introduttivo per il nuovo personaggio da me creato. Probabilmente lascerà aperti degli interrogativi, soprattutto sul mio rispettare o meno il canon: per quanto in mio potere l'ho fatto, ma essendo solo un PROLOGO ad una storia più grande, non posso svelare tutto subito. Ad ogni modo, il personaggio principale è di mia totale invenzione, quindi credo le si possano concedere alcune libertà. Spero sia comunque gradevole. ]
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Ulmo
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino della fanciulla nata sul mare al tramonto.'
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8



 
Quando Aragorn, il suo amico, compì sei anni, Linriel ricordò d’improvviso la vita che aveva avuto con me: anche ella conosceva il giorno in cui era nata e quanti inverni avesse vissuto, ma se ne era dimenticata in quel luogo dove il tempo sembrava esser fermo in un eterno incanto. Allora comprese d’essersi gettata a capofitto in quella nuova avventura, com’era suo solito, dimenticando i miei insegnamenti: a lungo aveva osservato gli uomini prima di comprenderli o potersi mischiare tranquillamente a loro, perché con quelle leggiadre creature doveva esser diverso? Disse ai ruscelli d’esser davvero indignata con se stessa: ella era la figlia del mare non per nulla, e in quanto tale doveva esser paziente! Così, con calma e determinazione, la piccola si inserì nel mondo elfico a poco a poco, interessandosi con inesauribile curiosità di qualsiasi attività queste nobili genti si dedicassero, chiedendo spiegazioni che più che volentieri le venivano date: erano secoli, forse millenni che i piedi di un bambino elfico non solcavano quelle terre e tutti tenevano alla sua felicità. Scoprì dunque che essi erano immortali e che non divenivano adulti prima dei cinquanta o cento anni: questo la rassicurò anche se ancora non comprendeva pienamente il concetto d’eterno, ma sapeva che anche i Valar lo erano, quindi non c’era di che preoccuparsi.
Nuovamente la calma scese nei cuori dei Saggi mentre la piccola tornò a sorridere, riacquisendo la spensieratezza della sua giovane età e nessun’ombra li turbò per molto tempo, mentre ella viveva amata e coccolata da tutti.
Così, quando Víresse* giunse, ella disse al Sire: - Sono pronta, è il tempo. –
- Di cosa? – chiese lui senza capire. – Di scegliermi il nome! A breve compirò gli anni e voglio che voi sappiate che nome ho scelto: mi avete accolto e voglio ricambiare diventando parte attiva di questa comunità; ormai conosco il Sindarin e il popolo della valle, vorrei che voi conosceste me. – il Signore acconsentì e grandi furono i preparativi per quel giorno di metà mese, in cui la trovatella, Hecilë, sarebbe ufficialmente entrata a far parte della gente di Gran Burrone.
 *
 
 
Gli elfi mi tennero tutto il giorno impegnata, eppure mi impedivano l’accesso a quasi ogni zona della casa e i boschi erano stranamente silenti, così decisi, dopo aver giocato un po’ all’aria aperta con Aragorn e parlato al fiume, di ritirarmi in biblioteca e trovare un tomo bello grosso, che potesse dilettarmi a lungo, fino a cena: era molto tempo che non entravo in quel luogo, per quanto mi attraesse, perché non avevo bisogno di leggere le storie sui libri, visto che mi bastava chiedere e subito gli elfi mi accontentavano donandomi racconti magnifici.
Scelsi quindi la canzone di Luthien e Beren, di cui già conoscevo alcuni spezzoni e mi persi totalmente: ore e luce scorsero inosservati fuori dalla finestra, ma io ero immersa nell’antico Doriath, lontana secoli da lì.
Una lacrima calda, una lacrima blu cadde sull’ultima pagina, perché i due amanti erano morti e con essi Dior, Nimloth e i due gemelli. Non era giusto: come potevano gli elfi essere così crudeli? E perché Ulmo non mi aveva detto di guardarmi anche da loro oltre che dagli uomini? Ora non lo sapevo più se volevo far parte di quella casa che tanto amavo. Mi sentivo distrutta. Strinsi forte il volume al petto, non sapendo cosa fare.
Sobbalzai quando due occhi grigi come il mare ferrigno in un dì nuvoloso si chinarono per essere alla mia altezza. Avevo sempre pensato che fossero molto belli, di sicuro più giovani di altri, ma comunque antichi: chissà se sapevano. – E’ tutto vero? – chiesi in un soffio ad Elrohir: lui che era sempre così gentile, come avrebbe mai potuto compiere ciò che era scritto in quel libro? Egli annuì pacatamente e subito tornarono i lacrimoni: i miei occhi era come se si sciogliessero quando piangevo, e il blu sfumava in un grigio-azzurro impossibile, tanto era intenso e greve: sapevo di non doverlo fare, di doverlo mascherare, ma avevo l’anima a pezzi e mi era impossibile non mostrarlo. – M-ma come potete aver fatto tutto questo? N-non è giusto. Siete…crudeli. – sobbalzavo talmente mentre singhiozzavo che l’elfo mi prese e mi strinse tra le braccia d’impulso, come per tenere assieme tutti i miei fragili pezzi. – Va tutto bene: è stato tanto tempo fa, adesso non è più così, è tutto finito. – di nuovo gli occhioni tristi. – Davvero? Non mi stai mentendo solo perché pensi che io possa avere paura? – lui si fece serio. – Io credo che tu sia molto coraggiosa invece. –
- Davvero? – esclamai illuminandomi, ed un grande peso abbandonò i nostri cuori; l’atmosfera tornò calda ed accogliente. – Certo! Infatti, io ed Elladan avevamo pensato ad una cosa che ora però non posso rivelarti: è una sorpresa. – come poteva quel sorriso essere luminoso quanto il sole e scaldarti allo stesso modo? In seguito Elrohir me lo domandò spesso. – Ad ogni modo, quella storia alla fine si conclude bene: Elwing, la figlia fuggita, riporta il Silmaril nel Reame Beato assieme all’amato Eärendil, che adesso naviga col suo vascello nel cielo, e la notte ci mostra la sua luce. –
- Davvero? –
- Certo! E più tardi io la mostrerò a te. C’è sempre un lieto fine, basta crederci. – era riuscito a farmi sorridere ancora, ed aveva avuto l’onore di tenermi tra le braccia: sapevo che per lui questo era magnifico, visto che con Elladan facevano sempre a gara per avermi quando erano a casa dicendo che li facevo sentire così felici e completi, da ricordargli il tempo in cui la loro madre non era ancora andata via, e a me questo piaceva.  
– Io sono suo nipote. – mi rivelò di getto, ma non compresi. – Mio padre, Elrond, è figlio di Eärendil ed Elwing. Siamo Mezzelfi. I nostri nonni scelsero la vita immortale e così mio padre, mentre il suo gemello Elros, decise per la mortalità e diede vita alla stirpe di Nùmenor, quella grazie a cui nacque l’Ovestron, e molto altro ancora. – sorrise il principe di quella semplificazione appena fatta.
– Valar… - sussurrai spalancando gli occhi, nuovamente color oceano profondo. – Siete invero molto nobile, principe Elrohir. – mormorai ricordando le etichette degli uomini e apostrofandolo in Alto Elfico, ma egli scosse il capo – Sono semplicemente me stesso, e se merito tale appellativo, lo si dovrà solo alla giustizia del mio operato ed a null’altro. Ad ogni modo, non sono qui per narrarvi la storia di famiglia, cosa che se vorrete farò in altra sede, ma per condurvi a cena: siete attesa. – e prendendomi per mano, mi guidò al banchetto.
 
La sala esplose in grida di giubilo ed ovazioni, perché tutti si erano dati un gran da fare perché quella serata fosse speciale e la trovatella potesse sentirsi a casa: le mie pietanze, danze e musiche preferite  furono eseguite, e fu tutto un gran ridere e gioire. Non mi preoccupai più di non dimostrare le quattordici primavere che avevo e di sembrare appena più grande di Aragorn: eravamo elfi e gli elfi crescevano lentamente. Poi venne il tempo dei regali: non smisi un secondo di piangere, però di gioia, e i miei occhi brillavano come due lapislazzuli. C’erano libri, splendidi abiti, tiare per capelli, abiti ed utensili per lavorare come fabbro, artista o pasticciere: la gente di Imladris aveva pensato davvero a tutto. Elladan ed Elrohir poi, mi fecero una splendida promessa, mi concessero ciò che desideravo da sempre: - Quando l’estate sarà nel suo pieno fiore, cavalcherai con noi in uno dei nostri viaggi: ti serviranno questo elfico arco e questo pugnale dal manico in avorio; nonché il cavallo che ti aspetta fuori. – urlai di gioia incapace a trattenermi – Speriamo siano di tuo gradimento. – risi forte abbracciandoli entrambi. Chi davvero mi stupì fu Aragorn: a marzo io gli avevo scolpito degli animali in pietra, e lui si presentò con un dito fasciato ed un lupo abbozzato nel legno. Mi mancò il fiato mentre un mare di emozioni mi avvolgevano: gioia e malinconia si mischiavano in un flusso dolceamaro. La sala si fece muta, attendendo una mia reazione che mi costrinsi ad avere: – Avevo un amico al sud… - mormorai infine quasi impercettibilmente – Si chiama… chiamava, non so che fine abbia fatto ora. Comunque il suo nome è Alarca, un lupo bruno, grande e possente… magnifico. Questo gli somiglia Aragorn… grazie. – il mio amato compagno di giochi mi sorrise e si inchinò: quello sarebbe sempre stato uno miei regali preferiti.
Infine fu il tempo del re. Questi incedette fiero, un pacco di velluto tra le mani che scoprì al mio cospetto: una tiara intrecciata simile alla sua, ma con al centro un magnifico zaffiro intagliato a goccia; immediatamente cercai il suo anello, ma fortunatamente lo vidi ancora risplendere al suo dito e sospirai gioiosa. – Io, Elrond Mezzelfo, Signore di Imladris, ti accolgo tra noi come sangue del mio sangue: accetti? – chinai onorata e sopraffatta il capo che mi venne incoronato, sentendomi di nuovo un po’ più grande di quanto realmente ero, adeguandomi alla solennità del momento. – Adesso dimmi, figlia mia, quale nome hai scelto per rappresentare te stessa al mondo? E ti prego non osare Hecilë, perché non lo accetterò mai. – risero tutti: quell’impertinente nomignolo mi era stato dato da Elrohir, subito seguito da Elladan ed Aragorn e ben presto da tutta la gente dei boschi; il Re non approvava, ma era detto con tale dolcezza che a me risultava estremamente gradito: era come se, non avendo una madre ed un padre, tutti potessero avermi per figlia loro, coccolandomi fino allo sfinimento. Ma adesso non era più esattamente così… adesso anche a Imladris avevo un padre, benché sarei sempre stata la “figlia della valle” per i suoi abitanti e la figlia del mare nel mio cuore. Osservai commossa l’antico Signore dagli occhi gentili, ricordando la sua storia e quanto amore avesse nel cuore per esser riuscito a superare tutti quei dolori.
– Sire… padre… - dissi tremante perché avevo chiamato così una sola persona, ma sapevo che egli avrebbe approvato. – Dolci amici che tanto siete stati buoni con me… Io sono Gaer: mare e rame, perché vengo dal mare e sono nata al tramonto. Spero possiate accettarmi e giudicandomi in base alle azioni che compirò per voi e nel futuro, perché del passato solo questo so, il resto è perduto. Mi accogliete? – i calici si alzarono e la festa continuò ancora più animata: Gaer era davvero un nome magnifico, ed era così che per sempre mi avrebbero chiamata.

 
*
 
Così Linriel Lomë, la bambina nata sul mare al tramonto, al confine con le Terre Immortali e cresciuta da un Vala, entrò a pieno titolo a far parte della nobile e  giusta famiglia di Elrond Mezzelfo, e fu amata davvero molto. Quindi sì, questa è la storia di un amore filiale, e di come amare significhi anche e soprattutto lasciar andare, per quanto ciò possa far male.


* Vìresse = aprile in Quenya

Spazio d'autrice.
E anche questa storia volge al termine!
Per vostra fortuna (o sfortuna, dipende dai punti di vista XD), essa è solo il PROLOGO di un serie di cui son pronta a pubblicare la seconda parte, che tratterà dell'epoca in cui si svolgono i fatti de Lo Hobbit, fino a giungere agli anni de LOTR, cui è però dedicato un ulteriore racconto. Per ora ho scritto solo 11 capitoli, che mi impegnerò a pubblicare a cadenza pressocché settimanale (impegni permettendo).
Ringrazio tutti coloro che si sono appassionati a Linriel Lom
ë e desiderano seguirla nella sua veste di figlia adottiva di Elrond Mezzelfo: la principessa Gaer.
Ringrazio 
Dilo_Dile2000 e Dream_come_true_Fanfics (Diletta e Cristina) per il loro sostegno ed affetto, e milla984 per il suo impegno ed attenta analisi della storia. Ogni singola parola da parte di ciascuno mi è stata di grande aiuto.
PICCOLA ANTICIPAZIONE:
non ho ancora scelto il titolo per la prossima long, ma credo sarà " Gaer: la principessa ribelle".
Buona festa dell'Immacolata a tutti voi, spero di sentirvi presto.
Un abbraccio affetuoso,
vostra, Jane.

 
  
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