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Autore: King_Peter    08/12/2015    5 recensioni
{ InterattivaApocalypse!NowIscrizioni chiuse }
I was angry with my friend; I told my wrath, my wrath did end. I was angry with my foe; I told it not, my wrath did grow.
And I waterd it in fears, night and morning with my tears; and I sunned it with smiles, and with soft deceitful wiles.
And it grew both day and night, till it bore an apple bright. And my foe beheld it shine, and he knew that is was mine.
And into my garden stole, when the night had veild the pole. In the morning glad I see, my foe outstreached beneath the tree.

(A Poison Tree, William Blake)
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Semidei Fanfiction Interattive
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Heaven Knows
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Nathaniel ♠ Demone di Sangue


A Nathaniel sembrò che qualcuno gli avesse risucchiato l'aria dai polmoni.
Non appena i suoi piedi toccarono di nuovo terra, perse l'equilibrio e cadde sulle ginocchia, sbucciandosi i palmi delle mani.
Aveva il respiro corto ed affannoso; il cuore gli batteva impazzito nel petto, quasi a volersi liberare dalla gabbia di carne e sangue che lo teneva prigioniero. I capelli biondi gli ricadevano disordinati davanti agli occhi, puntati su un pezzo di asfalto nero e crepato.
Per poco non si era ammazzato con il suo stesso arco, durante il salto nell’ombra, nel quale erano stati catapultati fra le tenebre più nere che Nathaniel avesse mai visto. Adesso si trovavano su un lungo vialone, costeggiato da poche decine di case che sembravano essere alla periferia di una grande città.
Si girò per osservare il volto della figlia di Ecate, stremata da così tanta magia: era a terra, abbandonata sulla strada come una vecchia bambola di pezza; le mani erano macchiate di rosso, scure per via del succo di melograno.
Theodore Bouchard le stava dando una mano ad alzarsi, i suoi occhi rossi che si guardavano intorno in maniera irrequieta; aveva le aste delle frecce ancora infisse nella schiena e, ad ogni passo che faceva, stringeva i denti per il dolore.
A guardarlo bene, sembrava quasi un cane rabbioso, pronto ad attaccare: era proprio questo che Nathaniel aveva pensato quando lo aveva visto azzannare Jude al collo, scaraventandolo contro il tronco di un albero.
Poco distante da dove si trovava, Nathaniel notò un’altra ragazza, con la pelle blu ed il volto sofferente. Si teneva la pancia come se l'avessero pugnalata, le gambe strette al petto; con la mano libera cercava di stringere l’esile figura accanto a lei.
Nathaniel sbatté più volte le ciglia per poter osservare il filo sporco di un coltello spuntare dalla gola della figlia di Atena, i suoi bei ricci biondi macchiati di sangue. Gli occhi grigi di Vittoria erano spalancati su un cielo che non avrebbe mai più potuto vedere.
Anthony, l’unico figlio di Apollo del gruppo, si aggirava confuso per la strada, come se avesse preso una botta in testa. Prima che qualcuno potesse aiutarlo, venne afferrato da un ragazzo che Nathaniel aveva già visto giù al campo, un traditore, il quale gli puntò un coltello di bronzo celeste alla gola.
L’unica ciocca rossa dei suoi capelli si caricò di colore, alla luce della luna. - Fermi dove siete. - intimò loro, indietreggiando lentamente verso il gruppo di case alla sua destra, cercando di aprirsi una via di fuga. - Fermi o lui muore. -
Rain aprì il palmo sporco della mano, cercando di mormorare un incantesimo; aveva i denti rossi e Nathaniel non sapeva se fosse sangue o qualcos'altro. Sfinita da tutta quella magia, svenne esausta ai piedi del figlio di Afrodite.
Nathaniel fece per mettere mano al suo arco, ma fu costretto a fermarsi quando vide un sottile rivolo di sangue scorrere lungo il collo di Anthony, bianco come un lenzuolo.
- Ho detto fermi! - ripeté agitato il ragazzo, gettandosi una veloce occhiata alle spalle. Il figlio di Nemesi lo imitò, incontrando solo lo sguardo preoccupato di Nick, la linea delle sue labbra piegata sino a formare una smorfia di rabbia.
- Dove ci troviamo? - domandò il traditore, facendo inginocchiare Anthony davanti a lui. Serrò la presa sul pugnale, mentre le tempie del figlio di Apollo pulsavano in maniera violenta. - Rispondete. -
Nathaniel scosse ingenuamente la testa, i capelli che gli danzavano davanti agli occhi come i macabri spettri che osservava nei suoi sogni. Con sua sorpresa, fu il figlio di Efesto dietro di lui ha rispondere.
- Cleveland. - si limitò a dire Nick; stava sudando ed aveva la fronte imperlata di goccioline iridescenti. - La città del terrore. -
Nathaniel aggrottò la fronte, non riuscendo a capire il perché di quella affermazione; notò però la paura e la disperazione che si agitavano nella sua voce, dubitando che si trattasse solo del fatto che uno dei traditori teneva un coltello alla gola del suo migliore amico.
Il ragazzo con la ciocca rossa si mosse a disagio sul suo posto, come se non avesse la minima idea sul da farsi; la sua fronte era una matrice di rughe di concentrazione e di terrore.
Fu allora che Theo fece un passo avanti, le gambe magre e livide. - Lascialo andare. - ordinò, la voce impregnata di determinazione.
Per un attimo, Nathaniel pensò che stesse ricorrendo ad uno dei tanti talenti dei suoi fratelli, la lingua ammaliatrice, ma presto si rese conto che non c'era magia nelle sue parole. Non aveva mai visto un figlio di Afrodite così combattivo, prima di allora. - Non sporcare ulteriormente la tua coscienza, Takeshi. -
Il ragazzo premette ancora la lama sul collo di Anthony, ricordando a Nathaniel una delle immagini più consuete nella mitologia norrena: un sacrificio. - Tu non mi conosci. - sibilò sulla difensiva, mentre la sua ciocca rossa rifletteva le fiamme che gli bruciavano dentro. - Non ti permetto di giudicarmi, stupida puttanella. -
Se anche fosse stata un'offesa, e non solo un modo per sembrare più minaccioso, Theo non indietreggiò. Il sangue sulle sue labbra si era seccato. - Lo facevo per sopravvivere. - fu la sua unica risposta, nessuna traccia di rabbia nella sua voce. - Forse sono solo una puttanella, come dici tu, ma mi è bastato un semplice sguardo per scavare a fondo nel tuo cuore. -
Mosse un altro passo, mentre Nathaniel non si permetteva neanche di respirare. I suoi occhi rossi ancorarono quelli neri di Takeshi, senza lasciarli andare. - Tu volevi scappare, non è vero? - domandò. - Il ruolo di traditore ti è sempre stato stretto. -
Takeshi urlò, la sua voce amplificata dall'eco che ne seguì, facendo sembrare la zona ancora più desolata di quanto già non fosse. - Smettila, smettila maledizione! - gridò, il vento che giocava con i suoi capelli e li gonfiava. - So cosa stai cercando di fare, stronzo. Se non la finisci, sarò costretto a tagliare la gola al tuo amico. -
Gli occhi di Anthony implorarono pietà; aveva le mani alzate in segno di resa e, dalla posizione delle sue labbra, sembrava che stesse pregando. - Sarò costretto. - ripeté pensieroso Theo, cercando di pulirsi la bocca con il polso. Si stava avvicinando a Takeshi senza mostrare paura, forse perché non poteva permettersela, dopotutto. - Che interessante scelta di parole. -
Il traditore sputò a terra, quasi come se avesse detta una bestemmia. - Non un altro passo. - sussurrò; adesso Nathaniel poteva vedere il coltello così pericolosamente vicino alla carotide di Anthony. Un solo sbaglio e il figlio di Apollo sarebbe morto. - Sono specializzato nell'eliminare i nemici. E voi, che lo vogliate o meno, siete miei nemici. -
Theo rise; Asher, poco distante da lui e con la spada in mano in attesa dell'ordine di attaccare, lo guardò come se fosse pazzo. Poi tornò a rivolgere la sua rabbia nei confronti di Takeshi. - Lascialo andare. - ordinò perentorio, una luce di sfida nei suoi occhi chiari.
Per un attimo ci fu il silenzio, seguito da un movimento veloce di Takeshi, il quale afferrò il braccio destro di Anthony e gli pugnalò la mano; il sangue rosso gli schizzò sul viso. Nathaniel si portò le mani alla bocca, mentre l'urlo del figlio di Apollo riempiva la notte.
- Fate come dice, maledezione! - esclamò con voce roca, mordendosi l'interno delle guance per cercare di smorzare il dolore. Takeshi stava ammirando il suo operato inespressivo, il pugnale ormai irrimediabilmente sporco di sangue.
- Lo ucciderà! -
La voce di Nick suonò come una preghiera allo sguardo duro che gli rivolse Theo; il suo stiletto d'argento bramava la luce della luna, un guizzo di speranza in quell'oscurità crescente. - Se lo lasciamo andare, questo bastardo informerà la C.A.D.M.O. della nostra posizione. - sostenne, incitando gli altri ad attaccare mentre ne avevano l'occasione.
Asher si fece avanti, la sua spada che brillava nella notte. - Non possiamo permettere che viva. -
- Nessuno ucciderà nessuno. - affermò burbero Theo, il suo tono di voce che ricordava il lamento di una colomba ferita. Anche se cercava di mostrarsi forte per tenerli tutti uniti, sotto sotto era solo un figlio di Afrodite come tutti gli altri; debole, insicuro, volubile. - Sono stato abbastanza chiaro? -
Eppure, in quell'occasione, nessuno osò contraddirlo: da quando il colore dei suoi occhi era cambiato, sottoposto agli esperimenti della cosa, incuteva un certo timore e rispetto. La prima volta che Nathaniel lo aveva visto, aveva provato il desiderio insaziabile di compiacerlo, di soddisfare ogni suo bisogno e, soprattutto, di uccidere per lui.
E ne era rimasto spaventato.
- Noi siamo i tuoi nemici, certo. - continuò il figlio di Afrodite, tornando a rivolgersi a Takeshi. - E allora perché non lo hai già ucciso, perché stai indugiando? - domandò, i suoi capelli tenuti indietro dalla fascia a fiori che portava sulla testa.
Chiunque fosse Theodore Bouchard, Nathaniel era sicuro essere il semidio più forte che avesse mai conosciuto; e il più pericoloso.
Takeshi ringhiò. - Stai cercando di far leva sul lato compassionevole del mio carattere, non è cosi? - chiese, quasi ridendo. In lui c'era qualcosa di affascinante, per Nathaniel, qualcosa che lo faceva assomigliare ad una sorta di animale ferito bisognoso di aiuto. - Piccolo, stupido figlio di Afrodite. Lascia che ti illumini: non ne ho uno. -
Theo socchiuse gli occhi rossi, risultando ancora più minaccioso di quanto Takeshi stava cercando di essere. - Dimostramelo, dimostrami che sbaglio. -
Anthony sgranò ancora una volta gli occhi, l'urlo che stava per uscire dalla sua bocca spinto giù per la gola, soffocato dalla paura. Asher e Nick, entrambi dietro le spalle di Nathaniel, trattennero il fiato, le armi ancora strette in pugno mentre Theodore si avvicinava a Takeshi a mani vuote.
Adesso i loro volti erano a pochi centimetri di distanza. - Dimostramelo, traditore. - ordinò, pronunciando quell'ultimo appellativo come se fosse veleno.
Takeshi lo guardò con tutta l'aria di chi avrebbe voluto volentieri cavargli gli occhi, mentre stringeva il collo di Anthony fra le mani. Il sangue si era seccato sul bronzo celeste, ormai. - Non hai le palle, per farlo. - disse Theo, prendendogli la mano ed allontanandola dal figlio di Apollo, il quale si rialzò in maniera sconnessa e corse via, rifugiandosi fra le braccia di Nick. - Non le hai avute nemmeno per fermare Jude, quando mi ha sottoposto all'ATT-451. Sapevi che avrebbe potuto uccidermi, eppure non hai fatto niente. - lo accusò con sprezzo Theo.
Takeshi distolse lo sguardo, fissando il cielo oltre le case che costeggiavo il viale. - Tu non sai niente, di me. - sibilò, a voce così bassa da sembrare una preghiera. A Nathaniel sembrò che stesse ricordando qualcosa, qualcosa di passato, ma che gli faceva ancora male.
Il figlio di Afrodite ora stese la mano, il palmo candido e perfetto. - Il pugnale, adesso. - gli chiese; i suoi occhi rossi, per quanto gentili fossero, sembravano scintillare come quelli di un demone, un demone affamato di lotta e di sangue; un essere insaziabile.
- Stai bene? -
Anthony era sopra di lui, sul collo brillava cupa una lieve ferita. Nathaniel, ancora scosso per tutto quello che era successo, non si era accorto di essere rimasto in ginocchio per tutto quel tempo.
Annuì in maniera burbera e si guardò i palmi arrossati, ignorando il sangue che pulsava appena sotto la sua pelle. Si rialzò in piedi, recuperando le sue armi, mentre Asher aiutava Nick a fare delle bende, strappando parte delle loro magliette.
Takeshi aveva restitutito l'arma a Theo, il quale l'aveva riposta nella cintura di stracci fermata sulla vita. Il tempo di pochi secondi e il figlio di Apollo era accanto a Rain, mormorandole qualcosa per farla stare meglio; cercò di sostenere il peso del suo corpo da solo, piegandosi poco dopo aver fatto due passi.
La ragazza dalla pelle blu era ancora stesa a terra e Nathaniel, per quanto si sforzasse, non riusciva a capire cosa le stesse succedendo: sembrava avere la febbre, ma allo stesso tempo stare bene; la sua pelle fumava, reagendo a chissà cosa.
Nick gli era accanto, lo stiletto pulito ancora in mano. - Sta combattendo contro il sangue di iperboreo che le circola dentro. - gli spiegò, quasi come se gli avesse letto nel pensiero. - Sta combattendo per rimanere in vita. -
Nathaniel annuì, scontroso. - Come tutti, qui. -
- Già. - rispose Nick in maniera trasognata, ricordando qualcosa di spiacevole. Poi si allontanò, dando una mano ad Anthony per sostenere la figlia di Ecate. Chissà quali segreti nascondeva, quel ragazzo.
La voce di Theo adesso era strana, come se non avesse più forze nemmeno per parlare. Nathaniel quasi non se n'era accorto, ma l'aria intorno a loro aveva uno strano odore; sapeva quasi di mirto e di ibisco. - Non possiamo rimanere qui, non siamo al sicuro. -
I fianchi del figlio di Afrodite, lasciati scoperti dalla maglietta strappata in più punti, erano rossi come il sangue. - Ci serve un posto sicuro dove riposare e curare i feriti. -
Si piegò accanto a Nathaniel per dare una mano alla ragazza dalla pelle blu, che più tardi scoprì essere Aeren, l'infermiera del campo; sotto quel pallore azzurro non l'aveva riconosciuta.
Il figlio di Nemesi si strinse nelle spalle, il vento che sfiorava il suo viso con le sue mani calde. - Non sono mai stato a Cleveland. -
Incoccò una freccia, con fare metodico. - E credo che dovremmo muoverci. - aggiunse, guardando Takeshi e il suo ciuffo rosso. - La C.A.D.M.O. sarà già sulle nostre tracce, non è così? -
Il traditore annuì. - La magia della figlia di Ecate è forte, ma Jude ha dalla sua una schiera dei suoi fratelli. - spiegò, con voce tetra. I suoi denti sembravano ancora più bianchi, colpiti dalla luce della luna. - Non ci metterà molto a trovarci, se non ci muoviamo in fretta. -
- Quindi che si fa? - chiese Asher, la spada sguainata in mano e lo sguardo circospetto. - Giriamo per Cleveland finché non troviamo una casa abbandonata che possa ospitarci? -
Involontariamente tutti si voltarono a guardare Theo, che aveva assunto il ruolo di capo, con tutti i dispiaceri che ne seguivano. - Nick? - chiese in maniera gentile.
Il figlio di Efesto alzò lo sguardo, guardandoli uno ad uno per soffermarsi poi su Anthony, il quale sembrava sul punto di collassare per il peso che portava. Eppure trovò lo stesso la forza di spiccicare qualche parola. - Scott non ti ha trovato qui? - domandò, il volto sporco di terra e di fumo. Nick contrasse la mascella, stringendo i pugni.
- Scott? - domandò il traditore, passandosi una mano fra i capelli corvini. - Il satiro? - continuò, sotto lo sguardo assente di Nick. Il figlio di Nemesi intuì che fosse successo qualcosa, ma non poteva azzardare altre conclusioni, dato che non conosceva tutti i fatti.
Theo imbastì un mezzo sorriso, sforzandosi di mostrarsi ottimista. - Nick, ti prego. - sussurrò, la luna che risplendeva sopra di lui e che rendeva la sua pelle quasi d'avorio. - Fra poco questo posto pullulerà di mostri. -
Lasciò la frase in sospeso, anche se tutti conoscevano come essa continuava. - Se sai qualcosa, diccelo. -
Il figlio di Efesto adesso sembrava sul punto di vomitare; stava tremando come una foglia, Nathaniel ne era certo, dato che conosceva quel tipo di paura.
Distolse lo sguardo dalla scena, rivolgendo i suoi occhi alla luna: l'aveva provata anche lui quando era stato costretto a scappare da Iverness, ad abbandonare la Scozia senza sapere se l'avrebbe mai rivista, un giorno.
E Nick aveva pregato, pregato di non tornare mai più a Cleveland.
Corrugò la fronte, come a ricordarsi meglio. - C'è una casa sicura, più a sud. - disse infine, quasi sudando freddo. Il suo volto era una maschera di paura e di disperazione, la sua voce mischiata ad una buona dosa di adrenalina. - È dove Scott mi ha portato. Ci sono dei medicinali, possiamo usarli per Aeren. -
Sputò a terra, con aria da duro, mentre le sue dita e quelle di Anthony si incontravano sulle spalle di Rain, anche se lui sembrò notare appena quel gesto. - Nick. - provò a sussurrare il figlio di Apollo, ma lui non sentì, completamente nel panico per via di tutte le sensazioni che lo avevano travolto non appena aveva messo piede in quella città.
Theo sorrise, abbassando poi gli occhi sul corpo senza vita di Vittoria. Il suo sguardo si fece cupo. - Nathaniel, potresti portarla tu? - chiese, piegato dal peso della ragazza che stava aiutando. Il figlio di Nemesi fissò prima lui, poi la figlia di Atena morta a terra, sentendo nuovamente il bisogno di soddisfare ogni suo desiderio.
Scosse la testa, stringendo i denti per mandare via quella sensazione di asservimento. - Stai bene? - gli chiese allora il figlio di Afrodite, mentre Nathaniel annuiva in maniera brusca e si abbassava per recuperare l'esile corpo della ragazza a terra. Ripose l'arco al suo posto e si incamminò con gli altri, chiudendo per ultimo il gruppo.
Anche se erano nel cuore della notte, utilizzarono le strade secondarie e i vicoli stretti, dentro i quali era buio pesto. Nick era in testa e faceva loro da guida; ad ogni passo che Nathaniel muoveva, i capelli di Vittoria gli solleticavano il volto, facendogli arricciare il naso.
Si fermarono un paio di volte per evitare delle volanti della polizia, soprattutto perché Theo era mezzo nudo e Nathaniel trasportava sulle spalle il corpo senza vita di Vittoria. Nessuno di loro aveva voglia di essere accusato di omicidio proprio in quel momento.
Cleveland, per quanto fosse bella, sembrava comunque una città fredda, poco accogliente e ricca di segreti. E Nathaniel non apprezzava i segreti, era risaputo.
Avevano camminato per circa dieci chilometri con la paura che qualche altro traditore potesse uscire dalle tenebre e ghermirli, ma invece regnò la calma più assoluta. Si limitarono a seguirsi l'un l'altro, guardandosi le spalle e camminando il silenzio.
I muscoli di Nathaniel stavano cedendo. Finalmente Nick si fermò sotto un piccolo lampione a bordo strada, il quale contribuì a rendere ancora più spettrale il suo viso scarno.
Davanti a loro vi era una piccola villetta a schiera, compresa di giardino e di una vecchia altalena cigolante al vento di Settembre. I fianchi erano coperti di edera, arrampicatasi fin alle finestre del secondo piano.
Rain si era svegliata. - Siamo arrivati? -
Aveva la voce tirata di fatica, ma, a parte qualche livido, sembrava stare bene. Nick annuì con aria assente più di una volta, mentre Anthony ed Asher si scambiavano un'occhiata preoccupata: da come si erano guardati, nemmeno loro due sapevano cosa fosse successo a Cleveland al loro amico.
Il figlio di Efesto tirò su col naso. - Bentornato a casa. -
Si avviò verso il portico d'ingresso, così come Theo, imitato da Asher, Rain ed Anthony. Non appena entrarono in casa, Nathaniel posò delicatamente il corpo di Vittoria su un divanetto consunto; sembrava che dormisse.
Poi si lasciò cadere su una sedia, sfinito, mentre Nick faceva strada agli altri nei meandri della casa. Lo specchio appannato dell'ingresso gli mostrava il riflesso di un ragazzo stanco e dagli occhi scuri, quelli che in Scozia la gente aveva accomunato alla superficie del lago di Loch Ness; quegli stessi occhi che avevano portato portare a credere che fosse lui il mostro, assieme alla sua famiglia.
Quanto odio può provare l'uomo, quanto rancore prima che esploda?
Poggiò i gomiti sul tavolo, tenendosi la testa fra le mani arrossate: erano finalmente fuggiti dal Campo Mezzosangue, ma una di loro era morta e Nathaniel sospettava che fosse solo l'inizio. Vittoria era una figlia di Atena, la dea della saggezza e della strategia militare, quindi avrebbe potuto loro far comodo.
Invece adesso cosa restava loro?
Avevano poche armi, erano in inferiorità numerica e non potevano far altro che scappare. Nathaniel sapeva che i traditori non si sarebbero fermati finché non avrebbero avuto le loro teste: chiunque, in quella casa, avrebbe potuto essere il prossimo.
Era solo nella stanza, finché non vi irruppe anche Theo, il quale si diresse verso il lavabo, controllando se ne uscisse dell'acqua fresca. Se ne versò un bicchiere, trangugiandolo con la ferocia di un animale in gabbia.
I suoi occhi erano pericolosamente vicini, quando si sedette accanto a lui. - Dobbiamo occuparci dei suoi riti funebri. - gli disse poi. Nathaniel provò un leggere formicolio alle punta delle dita, ma non si mosse.
Theo si agitò a disagio sulla sedia. - Voleva solo una vita migliore, dobbiamo ringraziarla. -
Il figlio di Nemesi annuì, brusco, fissando il figlio di Efesto che era appena passato davanti a loro senza nemmeno guardarli: fissava ogni oggetto in quella casa con timore, come se qualsiasi cosa lì dentro gli ricordasse ciò invece aveva cercato di dimenticare anni prima.
Nathaniel lo indicò con un dito. - Perché credi che siamo arrivati proprio qui? - gli domandò, gli occhi pesanti. - Sembra spaventato. -
Gli occhi rossi di Theo scintillarono come le braci di un focolare. - Non ne ho idea. - si limitò a dire, slacciando la fascia che aveva in testa e liberando la chioma mossa dei suoi capelli: senza l'autorità e la determinazione che gli aveva visto addosso poche ore prima, Theodore Bouchard non sembrava altro che un semplice adolescente, un adolescente con il peso del mondo sulle spalle.
Giocherellò con i lacci della fascia. - Forse i suoi ricordi hanno influenzato la magia di Rain. - azzardò a dire, imbastendo un leggero sorriso. Posò le mani sul tavolo. - Deve essergli successo qualcosa di catastrofico, se la sua paura ci attirati nell'unico luogo in cui si sente vulnerabile. -
Nathaniel fissò con occhio critico i tatuaggi sulle braccia di Nick e quelli che riusciva a vedergli sul collo, appena sopra il colletto della maglia. - Devono avere per forza un significato. - sussurrò, in modo tale che Nick non sentisse.
- O forse è solo un patito dei tatuaggi, chi può saperlo. - Sbadigliò, contagiando anche Nathaniel. - Sembri stanco morto, dovresti riposare finché possiamo. -
- Potrei dirti la stessa cosa. - ribatté pignolo lui, mentre sentiva le palpebre farsi ancora più pesanti di quanto già non fossero. Theo sorrise.
- Forse mi darei del pazzo, ma sento come un fuoco dentro, un fuoco che brucia e che mi fa andare avanti. Proprio qui. - confessò, posandosi una mano all'altezza del cuore. - È qualcosa che non ho mai provato prima. -
Nathaniel lo guardò, senza tradire però la sua paura: le sue sensazioni erano vere? Che cosa gli aveva fatto la C.A.D.M.O.? Spostò lo sguardo dal codice a barre che lo identificava sul polso al suo viso, così speranzoso.
- Dormi Nathaniel, potremmo non avere più occasione di farlo. - sussurrò, prima di sparire. Il figlio di Nemesi fece per seguirlo e magari montare un turno di guardia, ma si abbandonò sul tavolo della cucina, il canto lenitivo di Anthony a qualche stanza di distanza che accompagnava la sua discesa nel mondo di Morfeo.
 
 
Quando si svegliò, si rese conto che qualcuno gli teneva una mano sulla bocca.
Indietreggiò, colpendo con la testa il mento del suo aggressore, il quale mugugnò un'imprecazione in greco antico. Provò a morderlo, ma si fermò quando si rese conto che si trattava di una ragazza, una ragazza dai capelli blu come la pelle di Aeren.
Lei gli fece segno di togliere la mano, a patto che lui non proferisse parola. Nathaniel, che non aveva ancora capito se si trattasse di un'amica o una nemica, annuì, mettendo subito mano al suo arco.
- E tu chi diavolo sei? - sbraitò, con voce ancora roca per via del sonno, incoccando una freccia prima che lei potesse accorgersene. Lo sguardo che la ragazza gli rifilò era ancora più freddo di una tempesta glaciale: un sottile arco d'argento le spuntò magicamente fra le mani, mentre nei suoi occhi brillava il fuoco della rabbia.
Non rispose, rimanendo in attesa nel silenzio: gli unici rumori a riempirlo erano alcuni scricchiolii della casa stessa e il cigolare a vuoto dell'altalena, appena fuori dalla porta. C'era anche qualcuno che russava leggermente, qualche stanza più in là.
Nathaniel, con l'arco ancora puntato alla ragazza, ne osservò il singolare colore dei capelli, raccolti in una treccia che le ricadeva morbida sulle spalle. Il figlio di Nemesi si alzò rumorosamente dalla sedia, facendola strisciare sul pavimento.
Lei imprecò in greco ancora una volta, prima che lo spingesse via e un cerbero infernale irrompesse nella stanza: il suo latrato odorava di carne umana, mentre il suo pelo era così scuro e denso che sembrava essersi appena fatto un bagno nel sangue.
La ragazza incoccò e scagliò una decina di frecce nel giro di pochi secondi, rotolando via prima che il cerbero potesse azzannarla. Con un calcio spezzò uno dei piedi del tavolo, rovesciandolo per usarlo da scudo. Il cerbero ringhiò e l'intero scheletro della casa si mosse.
La ragazza lo tirò via prima che il cerbero lo colpisse. - Mi spieghi chi cavolo sei? - domandò, incoccando una freccia con aria ancora frastornata. Fece attenzione a non sfiorarne la punta, impregnata di veleno.
Lei gli fece segno di tacere, gli occhi iniettati di sangue per quanto fossero sgranati dalla rabbia. La treccia che raccoglieva i suoi capelli si era sfatta e adesso numerose ciocche le solleticavano il viso.
Il cerbero ringhiò ancora, ma non attaccò. Calò nuovamente il silenzio, nel quale Nathaniel poteva sentire il ritmo insistente del suo cuore al centro del petto.
Poi, prima che il figlio di Nemesi potesse parlare ancora, la ragazza si alzò, incoccando una freccia e scagliandola dritta nella gola del mostro. Una polvere che sapeva di zolfo la investì, facendola sputare a terra per il disgusto.
Nathaniel fece per alzarsi, ma lei gli fece segno di rimanere fermo. - Non muoverti. - lo avvertì, prendendo un'altra freccia. - Questi non sono semplici mastini infernali. La C.A.D.M.O. li ha potenziati, anche se così facendo li ha resi cechi. -
Il figlio di Nemesi la guardò, non sapendo cosa pensare. - Cacciano seguendo i rumori, capito? - sussurrò, tenendo l'arco ben teso davanti a sé. Allora Nathaniel si alzò il più silenziosamente possibile, guardando fisso verso l'ingresso.
- Le mie Cacciatrici ne hanno avvistati almeno tre, in città. E due di loro vi hanno seguiti. - spiegò, muovendo solo le labbra. Era una fortuna che Nathaniel sapesse leggere il labiale. - Quindi stammi vicino e non fare rumore. Dobbiamo scovare l'altro. -
Scivolarono nel corridoio, i loro passi attutiti dal tappeto steso sul pavimento. Fortunatamente le porte delle camere erano tutte aperte, quindi poterono facilmente controllare se in esse si trovasse il secondo cerbero.
Anthony si era addormentato accanto a Nick, le loro mani unite come se avessero condiviso qualcosa di molto importante, durante quella notte.
In un'altra stanza stava riposando Rain, rannicchiata fra le lenzuola di un comodo letto a castello; su di lei vi era invece Aeren, il braccio blu abbandonato nell'aria. Sul pavimento, Asher, abbandonato su una semplice coperta quadrettata, aveva la bocca leggermente aperta e il respiro leggero.
L'unico a mancare all'appello era proprio Theo.
Nathaniel vide la ragazza dare istruzioni alle sue compagne che si trovavano al di fuori della casa, tutte provviste di archi argentei e occhi spaventosamente pericolosi, per essere al massimo quindicenni. Il figlio di Nemesi la seguì fino in bagno, dove non trovarono altro che le magliette strappate di Nick ed Asher, usate per fare delle bende.
- La cosa mi puzza. - sussurrò Nathaniel, dando le spalle alla ragazza. Fu un attimo, poi lei lo atterrò e gli premette il ginocchio proprio in mezzo alle spalle, comprimendogli la gabbia toracica.
Nathaniel ansimò in cerca d'aria.
Le rifilò un calcio fra gli stinchi, liberandosi dalla sua stretta, cercando di alzarsi. Lei allora tirò fuori un pugnale e lo ferì alla caviglia, facendolo urlare. Ancora una volta, la casa tremò, proprio mentre il secondo mastino faceva irruzione da una finestra, seminando sangue nero e schegge di vetro sul pavimento.
Aveva la bocca sporca di sangue, forse perché aveva massacrato il resto delle Cacciatrici. E adesso stava puntando proprio verso di lui.
Anche se il sangue scorreva copioso lungo il suo piede, Nathaniel incoccò una freccia e la scagliò contro il mostro, prima di infilarsi nella lavanderia e chiudere a chiave la porta. Dubitava che una misera lastra di legno li avrebbe tenuti lontani, ma era solo un modo per prendere tempo.
Afferò un lenzuolo e lo usò per creare una sorta di laccio emostatico da stringere sulla caviglia. Imprecò per il dolore, pensando che l'arteria tibiale era andata.
Dove diavolo era Theo? Era già morto? E che ne sarebbe stato del resto dei semidei nella casa?
Aveva urlato, certo, ma stavano tutti dormendo durante l'attacco; chissà se avevano avuto il tempo di mettere mano alle armi e reagire.
La porta tremò. Poi un'altra volta. E ancora.
Nathaniel controllò quante frecce gli restassero, incoccandone una con le dita tremanti; strinse i denti. La puntò verso la porta, mormorando una preghiera e chiedendosi se quello sarebbe stato il suo ultimo scontro.
La ragazza lo stava chiamando, la sua voce era nelle sue orecchie, ormai. L'alba stava sorgendo quando la porta venne sfondata e Nathaniel lasciò andare la freccia.
Ora i rumori erano cessati e Theodore Bouchard era in piedi davanti a lui, la punta avvelenata della freccia a pochi centimetri dal suo naso, fermata dalle sue dita sottili.
I suoi occhi rossi brillavano cupi. - Nathaniel. - sussurrò, senza armi in mano né sangue sui vestiti. Poi gettò un'occhiata alla benda sulla sua caviglia, precipitandosi verso di lui. - Dei dell'Olimpo, sei ferito! - esclamò.
Era terrore quello che Nathaniel stava provando?
- Stammi lontano, mostro! - urlò, prima che sulla porta spuntassero anche le teste di Asher e Nick; i loro occhi si incontrarono e fu come se lui, dannato, chiedesse aiuto ad un angelo caduto qual'era il figlio di Efesto, tormentato dai suoi fantasmi.
Il figlio di Afrodite adesso gli era accanto. - Nathaniel, sono io. Sono Theo, non mi riconosci? - chiese, allontanando il suo arco con un calcio. Il figlio di Nemesi scosse la testa, mentre il suo cuore non accennava a diminuire il suo ritmo selvaggio.
Aveva la voce roca e impastata di dolore. - La ragazza, la Cacciatrice, è una dannata. - sussurrò lui, come una litania a cui aggrapparsi per non cadere nel baratro. - I mastini, i cerberi infernali. Era posseduta, ci hanno trovati. La C.A.D.M.O. Morte. -
Stava andando a ruota libera e Theo si stava occupando della sua gamba. I suoi occhi scintillavano come le stelle in una notte senza nuvole.
La caviglia pulsava violentemente, così come le sue stesse tempie. Nathaniel si concesse un sospiro di sollievo, prima che i volti di Asher e Nick si tramutassero in delle spaventose maschere di gargoyle, mostri e demoni che si agitavano nella sua mente.
Non sapeva cosa quella ragazza gli avesse fatto, ma stava perdendo il senno: veleno? Che diavolo stava succedendo?
Theo adesso stava sorridendo, un sorriso che però non gli aveva mai visto addosso: la sua pelle, poco a poco, da rosa che era diventò rossa, rossa come il sangue che impregnava la gamba di Nathaniel; i suoi occhi, rossi come il resto del suo corpo, scintillavano malvagi, malvagi come quelli del diavolo.
Nathaniel indietreggiò fino al muro, guardando insistentemente Asher e Nick per ricevere un aiuto, aiuto che non sarebbe mai arrivato. Il vento aveva preso a spirare, alle sue spalle, anche se il figlio di Nemesi non sapeva da dove arrivasse; non c'era nessuna finestra, nella lavanderia. 
Prima che il bruciore agli occhi diventasse un pizzicore doloroso, Nathaniel urlò. Poi lacrime e sangue rigarono il suo volto, scorrendogli lungo il collo e ribollendo selvaggi fino al petto, là dove il cuore gli batteva impazzito.
Sembrava che il suo stesso sangue stesse creando una gabbia, fili e reti che imprigionavano il tamburo che lo ancorava alla vita. Inspirò ed espirò freneticamente, riempiendo i suoi polmoni di ossigeno.
Non era spaventato dall'essere rosso che aveva davanti, né dal fatto di poter morire, ma dal voler compiacere Theodore Bouchard con il suo sangue.
Il figlio di Afrodite gli sorrise, ancora una volta. - Vellutati passi del dio: non sul terreno incede, ma la sua strada e sulle teste d'uomo. - gli sussurrò ad un orecchio, prima di affondargli la mano nel petto, stringendo il suo cuore come un trofeo.
Prese un respiro profondo, soddisfatto per il suo sacrificio; poi reclinò la testa all'indietro, in un moto di pura vita. Sentiva il pomo d'Adamo scoperto e un vuoto pesante in mezzo al petto.
Quando aprì gli occhi non provò altro che paura, una paura irrazionale: era stato solo un sogno, anzi, un incubo; il tavolo era ancora lì, integro, segno che non c'era stata nessuna lotta. Nelle sue orecchie risuonavano il russare leggero di Asher ed il respiro affannoso di Aeren.
No, Nathaniel sapeva che non era quello a fargli paura.
Cacciò un urlo solo quando vide la ragazza dai capelli blu davanti a lui, la Cacciatrice, con le braccia strette al petto. Accanto a lei, c'era Theo, il suo padrone, l'essere rosso che aveva visto nel sogno; il demone del sangue lo stava guardando, i suoi occhi scintillavano come le fiamme dell'Inferno.
Quale Inferno? si chiese Nathaniel, fissandolo. Lui sorrise, lo stesso identico sorriso inquietante che gli aveva visto addosso nel sogno, prima che gli strappasse il cuore. Il suo Inferno, quello in cui stava affogando.
 
 
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♔ King says: Ask me ♔
 
 
Ma bonsoir, miei carissimi seguaci; come va?
È passato quasi un mesetto da quando ho aggiornato per l'ultima volta, ad Ottobre, e ne sono successe di cose! Ma sono sicuro che non vi interessano, no?

Eccomi qui con questo nuovo capitolo di Heaven Knows, questa volta incentrato su Nathaniel Reeve (Lady of Castamere), il burbero ma coraggioso figlio di Nemesi. Devo dire che mi sono davvero divertito a scriverlo, soprattutto la parte finale, quella dell'incubo.
Sono un tipo molto creepy, lo so AHAHAHAHAH Amatemi ♥
Che cosa sta succedendo a Nathaniel, perché si sente attratto, in termini di asservimento, a Theo? Su Ask ho anticipato boccaccia mia che diventerà pazzo e sarà proprio Theo a condurlo sul ciglio del burrone, ma non si può mai sapere, con me in giro u.u
 
I nostri fuggitivi sono arrivati a Cleveland, una città del terrore, come dice esplicitamente Nick: perché, secondo voi? E cosa significano tutti quei tatuaggi sul suo corpo? Sarà solo un patito, come sostiene Theo, oppure c'è qualcosa sotto? Ovvio che c'è, che domande c: 
Durante l'incantesimo di Rain si sono portati dietro anche Takeshi, che qui irrompe usando Anthony come scudo umano (sorriami Angie u.u), ma viene prontamente fermato da Theo, un Theo diverso da quello che abbiamo visto negli altri capitoli, non trovate?
Salutiamo, purtroppo, la nostra figlia di Atena, la bella Vittoria. Dai, detto così sembra che lo stronzo sono io, però lei si è fatta piantare un coltello in gola, non è colpa mia çç
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! L'ho riletto tante volte e sono sicuro che mi sia scappato qualche errori o frase poco convincente, quindi non vergognatevi a farvi sentire, ok? Siete sempre i miei sudditi più leali, sappiatelo c:
Per i prossimi aggiornamenti, rimaniamo che ci sentiamo fra due settimane, forse anche meno, se riesco a preparare altri capitoli. Ne ho uno pronto, quello di Amber, ma vorrei almeno avere un capitolo di riserva in modo tale da aggiornare senza però arrivare con l'acqua alla gola.
Avete capito, si? AHAHAHAHAHAHAH
Quindi, se tutto va bene, ci sentiamo il 22 con il prossimo capitolo :') Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi lasciate una recensione, anche piccola, se vi va! c:
Alla prossima,
 
King


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Soon on Heaven KnowsAmber ♠ Vergine di Ferro
  
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