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Autore: Janeisa    08/12/2015    0 recensioni
E' un viaggio tra le stelle.
L'incontro di due persone, di due personalità diverse ma complementari. Due stelle sullo sfondo di una galassia, una è consapevole di esserlo, l'altra non ha mai iniziato a brillare. Ed è giunto il momento che lo faccia. Ed è attraverso le asperità e gli ostacoli che giungeranno alle stelle.
Dal 1° capitolo
Quando tutta la tua carriera dipende dal tuo capo e lui ti chiede di saltare, l’unica cosa che puoi rispondere è quanto in alto? O almeno era così, solitamente. “Questo però è chiedere troppo” stava pensando Rose mentre ascoltava il professore che le spiegava quello che voleva che lei facesse.
«In pratica Rosaleen, siamo stati contattati dallo staff di produzione, a quanto pare qualcuno del cast ha richiesto un incontro per porre alcune domande. Sinceramente non ne vedo il senso visto che sono arrivati praticamente al terzo e credo ultimo film, sapere cosa è un buco nero ora ha sinceramente poco senso, ma comunque non spetta a noi chiederci perché. Lo staff di produzione ci ha chiesto questa consulenza, e non è una cosa da poco… »
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Pine, Karl Urban, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zachary Quinto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimers
"Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo"
Ovviamente non conosco in nessun modo Chris Pine, tutti gli eventi contenuti in questa storia sono frutto dell'immaginazione. 
Tutto il mio lavoro è rivolto a rendere quanto più veritiera possibile la caratterizzazione del personaggio e della sua situazione.


Per aspera ad astra

Big Bang– Parte 1


Capitolo 4- Caph
Beta Cassiopeiae (β Cas, β Cassiopeiae), conosciuta anche con il nome tradizionale di Caph, è una stella nella costellazione di Cassiopea. Di norma Caph è la terza stella più brillante della costellazione, dista dalla Terra circa 55 anni luce. Il suo nome deriva dall'espressione araba الكف الخصيب, al-Kaff al-khaīb, cioè "La palma fertile".

 
«Cioè tu mi stai dicendo che hai messaggiato tutto il weekend con Chris Pine e non la trovi un’informazione da riferire alla tua migliore amica!»
Questo fu il saluto di Leonora, il lunedì mattina.
«Nora, per favore vorresti abbassare la voce. Non vorrei finire sulla bocca di tutti» la supplicai mettendole una mano davanti alla bocca. Lei e la sua cavolo di voce da soprano. Mugugnò una domanda incomprensibile. «Che hai detto?»
Alzando gli occhi al cielo, Leonora mi indicò la mano sulla bocca e io mi affrettai a toglierla.
«Ragione, scusa. Che hai detto? Ripeti.»
«Quindi quando vi vedrete…» mi chiese con un sorriso malizioso sulle labbra.
«Sicuramente non lo vengo a dire a te.» risposi piccata, appoggiandomi alla scrivania del mio studio.
«E dai, Rose. Non puoi fare questo alla tua migliore amica» mormorò con la sua migliore faccia da cucciolo. Cosa a cui io non riuscivo a resistere.
«Oddio…non fare così…non è giusto» esclamai esasperata lanciando in aria le mani.
«Suvvia…non fare la preziosa. Oddio e pensare che potevo essere io…» borbottò senza vergogna. Mi voltai a fulminarla. «Ho ragione…sono più socievole di te…non fare quella faccia…e dai Rose sto scherzando»
«Non sei divertente»
In fondo sapevo che era vero. Io non ero molto divertente.
«Allora?!» chiese ancora. Era impossibile trattenerla.
«Allora, niente. L’ho incontrato venerdì, mi ha accompagnato a prendere Dominick che aveva avuto una crisi allergica…no tranquilla ora sta bene…poi sai com’è Nick, l’ha praticamente rapito. Hanno giocato a Star Trek…già non ridere…davanti alla televisione mentre preparavo la cena, ha mangiato con noi…non farti film ragazza… e non ti leggo il pensiero ma le tue facce sono esplicite. Ha, purtroppo, incontrato i miei…si purtroppo, mia madre voleva già rapirlo…e poi prima di andarsene mi ha chiesto il numero di telefono. Mi ha mandato un messaggio prima di coricarmi e basta…poi ci siamo sentiti un paio di volte. Nulla di più ed erano per lo più tutte domande su Dominick» spiegai velocemente mentre mi voltavo verso la scrivania e prendendo alcuni documenti. Dovevo andare a controllare una serie di progetti.
Leonora d’altra parte aveva un sorriso enorme e gli occhi luccicanti come se stesse guardando i negozi di Rodeo Dr. Era inquietante.
«Oddio, smettila. Mi fai paura. Sei inquietante» rabbrividii.
Se qualcuno mi avesse visto con Leonora e poi con gli altri, penserebbe che io sia bipolare. Una sorta di Dott. Jekyll e Mr. Hide.
«Perché che faccia ho?» domandò innocentemente la mia amica.
«Una faccia che non mi piace. Forza a lavorare. Hai i risultati dei test su quei materiali?» domandai spingendola fuori dall’ufficio e lungo il corridoio. Sbuffando Nora mi tese una cartellina.
«Si, i risultati sono buoni. Non eccellenti. Sembra che la matrice non riesca a resistere oltre un certo sforzo a quella temperatura. Dovremo provare a qualche altro processo di realizzazione. Forse la sinterizzazione. E pensiamo anche ad altri compositi.» mi riassunse mentre io leggevo i dati. Dovevo presentare due progetti quella mattina, tutti e due ai consulenti della Northop-Grumman, una società leader nell’industria aereospaziale e della difesa. Era un candidato eccellente per me, speravo di riuscire a lavorare con loro in seguito. Respirai a fondo, ero leggermente in ansia e Nora dovette accorgersene. Mi poggiò una mano sulla spalla e mi costrinse a fermarmi.
«Ascolta Rose. Non sono te e non ho il tuo cervello, ma sono abbastanza intelligente da dirti che se non ti assumono sono dei deficienti.»
«Nora, la loro azienda fattura miliardi. Non credo siano deficienti» puntualizzai per niente rassicurata.
«Si, lo sono se non ti offrono un contratto. Ora vai lì e falli secchi» mi disse indicando una sala riunioni dove potevo vedere già seduti in giacca e camicia tre uomini e una donna. Prima di entrare feci un respiro profondo e mi calmai.
“O al diavolo” pensai entrando con decisione nella stanza.

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«Bene, dottoressa Marrazzo. I suoi risultati sono interessanti.» disse uno degli uomini alla fine del secondo ciclo di domande, mentre sfogliava di nuovo il plico di presentazione. Gli altri attorno al tavolo annuirono.
«Ha seguito bene questi progetti nonostante combinasse aspetti non previsti dalla sua laurea. Una dottoressa in Astrofisica alle prese con la chimica dei materiali. Lei cosa ne pensa? Crede che sia stata un’esperienza utile? » mi domandò la donna guardandomi con attenzione e congiungendo le mani davanti al volto.
«Ehm» tossicchiai «Sinceramente…quando me lo hanno proposto ero molto scettica. Per le ragioni che ha già detto lei. “una dottoressa in Astrofisica alle prese con la chimica dei materiali”. Non mi sarei data un centesimo. Poi ho cominciato a comprendere quanto le connessioni tra le due materie possano essere profonde e utili per la scoperta di nuovi materiali da testare in condizioni critiche come quelle dello spazio. Sappiamo chiaramente che l’esplorazione dello spazio è solo all’inizio e siamo lontani anni luce dalla fantascienza che ci viene offerta in altre strade» dissi facendoli ridere. Navigare alla velocità della luce e superiore è un sogno per l’uomo e per l’umanità, un miraggio scientifico degno del miglior film di Star Trek.
«Sappiamo tutti come i progressi da fare in questi campi siano molti e soprattutto necessaria la completa interazione fra tutte le branchie della scienza. Non solo fisica e chimica, ma anche biologia e matematica. Sinceramente mi ha aiutato ad aprire molto i miei orizzonti…e se lo dice un’Astrofisica il cui argomento preferito è l’espansione dell’universo…» aggiunsi facendo sorridere tutti i presenti. Alcuni annuivano soddisfatti, solo uno non sembrava manifestare nessuna emozione. Io al contrario ero molto coinvolta nella faccenda. Lavorare con loro avrebbe significato poter finalmente pensare di costruire un futuro.
«Il suo lavoro qui quanto durerà?» mi chiese il primo uomo alla mia destra, quello meno convinto.
«Se i risultati di luglio si manterranno tutti come quelli di oggi, credo che per inizio settembre di poter concludere tutto, anche la pubblicazione.» spiegai velocemente. Sapevo quanto fossero importanti le risposte brevi e concise.
Era una buona cosa che mi domandassero quando avrei finito. Ovviamente non ci speravo, dovevano finire il giro di presentazioni per poter offrire un posto.
«Perfetto. Allora direi che è tutto» chiese lo stesso uomo ai colleghi i quali annuirono, alzatisi cominciarono a raccogliere il materiale che avevo portato loro.
«Si certo, vi faccio strada.» dissi cordiale.
«Ha con sé un curriculum dottoressa? » mi chiese la donna. Fu una domanda inaspettata ma ricevuta con piacere. «Certo» mi affrettai a dire, e dalla cartellina in pelle tirai fuori un plico di fogli con la dicitura “CURRICULUM VITAE – ROSALEEN E. MARRAZZO” e glielo porsi. «Ecco. Ora se volete seguirvi vi indico la strada.»
Quando scomparirono dietro il metallo dell’ascensore mi concessi un attimo. Un grido silenzioso mi scosse totalmente, mentre l’adrenalina scemava. Era fatta. Avevo decisamente un pensiero in meno. Tornai allora in laboratorio. Dovevo eseguire assolutamente altri test e poi volevo parlare con Leonora. La prima cosa che feci fu mandare un messaggio a mio padre con la notizia che forse di lì a tre mesi non avrei avuto più tanti pensieri.
Forse qualcosa stava andando bene finalmente, speravo solo che il mio passato non tornasse a tormentarvi.

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4 giorni dopo

«Mi stai dicendo che non si è fatto più sentire? E poi ti ha chiamato così all’improvviso» mi stava chiedendo Leonora per l’ennesima volta.
«Si, Nora. Esatto. Eviteresti di girare il coltello nella piaga» mormorai mentre indossavo la mia tenuta da casa. Un paio di pantaloncini di cotone con una canotta, ai piedi avevo le mie havaianas preferite. Mi arrampicai sul divano e accesi la televisione. «Non so neanche io perché non ho risposto alla chiamata. Alla fine potevo anche rispondere.» mormorai dispiaciuta. Da cosa poi?
In realtà dopo tutti quei messaggi, mi ero fatta un po’ di castelli per la testa. Quella settimana non poteva venire in ufficio, me l’aveva detto subito, già il lunedì mattina, ma non farsi sentire per quattro giorni quando mi aveva praticamente bombardato di messaggi nel fine settimana aveva ferito il mio amor proprio.
«Hai fatto bene a non rispondere» mi disse Nora mentre assaggiava qualcosa dal pentolino.
«Dici?» domandai insicura. Forse avevo sbagliato. Avrei dovuto rispondere. «Forse dovevo rispondere…forse è stato solo troppo impegnato Nora. Alla fine mi aveva detto che sarebbe andato in Canada per filmare.» lo giustificai prendendo tra le mani il telefono.
«Si ma un messaggio» disse ancora la mia coinquilina.
«Dai Nora, non è che posso pretendere chissà cosa. Forse non ha avuto tempo e basta e io chi sono per pretendere che lui mi contatti. Cioè hai capito di chi stiamo parlando? No sono stata stupida, avrei dovuto rispondere. Mi sono comportata da bambina.»
«Va bene, allora richiamalo»
Mi stava decisamente accontentando.
«Sei impazzita e cosa gli dico.» urlai lanciando quasi il telefono per aria.
«Oddio, Rose e cosa vuoi che ti dica. Lui non richiamerà, non dopo che gli hai chiuso il telefono in faccia, ragazza. Quindi hai due scelte: o ti stai zitta e non rompi più l’anima oppure alzi quelle belle chiappette che hai e lo chiami, anzi perché non lo inviti a cena, vi lascio la casa» mi disse sorridendo maliziosa.
«Ma smettila…lo sai che non posso» mormorai imbarazzata e anche leggermente terrorizzata all’idea. In realtà per la prima volta il pensiero non è che mi faceva ribrezzo, ma avevo comunque molte reticenze. Alla fine non stavo con un uomo praticamente da dieci anni. E quella non era stata l’esperienza migliore della mia vita.
«Lo so, tesoro…scusa non volevo fartici pensare…ma mi hija devi cominciare a vivere…tu non hai mai cominciato. So che quando hai iniziato a farlo hai subito quella violenza, ma non puoi vivere per sempre da sola, sai che dico il vero. Non sarà Chris, sarà un’altra persona…non so, ma sai anche tu che hai bisogno di qualcuno al tuo fianco. Non solo per te ma per Nick, che ha bisogno di un padre.»
«Nick ha un padre…mio padre lo sta crescendo come se fosse suo figlio» mormorai senza alzare lo sguardo.
«Sai cosa intendo…devi cominciare a costruirti una tua famiglia. Vuoi veramente vivere per sempre qui con me a Pasadena? Quando comincerai ad andare avanti. Ne hai bisogno.»
Leonora sapeva parlare, sapeva sempre cosa dirmi, come portarmi al limite. Avevo questo groppo nello stomaco da giorni, la non presenza di Chris Pine era stata semplicemente il pretesto, inutile. La verità era un’altra. A 28 anni non mi sentivo realizzata, non sapevo cosa fare. Avevo una carriera accademica alle spalle notevole, ma non potevo restare per sempre a Pasadena e alla Caltech, dovevo costruirmi un futuro, solido, così che io e Nick potessimo vivere insieme.
«Hai ragione» piansi stringendo le gambe al petto. «Io devo cominciare a pensare cosa fare. Comincerò a cercare una casa da domani, per me e Nick. Anche se dovrei prima avere la certezza di uno stipendio» a quel punto stavo ridendo. Ero un ormone vivente in quel periodo.
«Puoi sempre vendere questo» mi disse Nora venendo a sedersi vicino a me.
«No, Nora. E tu dove andresti? » le chiesi sconvolta a quella proposta.
«Troverei un altro posto.» mi disse lei tranquillamente. Sapevo che era un opzione che non era perfetta per lei. Da me non pagava affitto, dividevamo le spese della casa, spesso pagava lei le bollette per non sentirsi troppo un peso, ma sapeva che a me non importava.
«No, assolutamente. Affitterei, anzi troveresti tu qualcuno a cui affittare, così avrei qualcosa per coprire il mutuo.» disse senza accettare altre risposte. Al suo tentativo di parlare scossi la testa. «Non provarci nemmeno, non vendo e non ti faccio pagare.» e con quello per me il discorso era chiuso.
«Va bene.» disse soltanto ma lo vedevo dai suoi occhi che la sua gratitudine era così grande che per me superava qualsiasi pagamento. Senza Nora mi sarei persa, non sarei sopravvissuta dieci anni.
«Torno al sugo» disse poi alzandosi e tornando a cucinare. Io presi il cellulare e mi allontanai. Se dovevo fare quella chiamata volevo essere da sola.
Era ancora presto, erano appena le sei e mezza. Avevamo finito prima all’università e quindi non sapevo se lo avrei trovato. Stavo per comporre il numero quando il mio telefono squillò. Era un numero che non conoscevo, il prefisso mi sembrava di Burbank, ma non ne ero certa, mi sembrava lo stesso prefisso dell’ufficio di mio padre.
«Dottoressa Marrazzo» risposi con il mio tono più sicuro.
«Buonasera dottoressa, sono Carla Verderame, responsabile Risorse Umane della Northrop-Grumman. Abbiamo valutato il suo curriculum, e siamo interessati alla sua figura professionale, è disponibile per un colloquio?»
Il telefono mi era quasi caduto di mano e per un secondo quasi non emisi un fiato.
«Pronto? Dottoressa è ancora in linea?» mi chiese ancora la donna.
«Si scusi, la linea era disturbata e mi sono spostata per sentirla meglio» mentii per evitare figure.
«Bene, allora glielo ripeto, la chiamo da parte della Northrop-Grumman e saremo interessate a farle un colloquio. La settimana prossima sarebbe disponibile?»
«Assolutamente, si.»
«Ha qualche preferenza?»
«Assolutamente nessuna.» risposi, mentre un sorriso enorme mi compariva sul volto.
«Allora vorrei vederla Lunedì mattina alle dieci e trenta. Alla sede di Burbank.» mi disse la donna, segnai al volo l’informazione su un foglio che poi tenni in mano.
«Perfetto, alle 10.30 sarò lì.»
«Mi assicurerò di comunicare il suo nominativo all’ingresso, le chiederanno un documento di riconoscimento.» mi spiegò ancora la dottoressa Verderame.
«Nessun problema.» la rassicurai.
«Allora a lunedì. Buona serata, dottoressa Marrazzo.»
«Grazie mille e buona serata a lei.»
Chiusi la chiamata e non potei trattenermi. E urlando felici corsi in cucina per comunicare la notizia a Nora e poi ai miei. Le cose cominciavano a girare per il verso giusto.

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Avevo preso un appuntamento per sabato. Presi un giorno di congedo. Scott era stato oltremodo contento di sentire la notizia, sollevato che forse il mio futuro non era poi tanto oscuro e inoltre avrei potuto collaborare ancora con la Caltech. Avevo deciso di passare la giornata con Nick, ma soprattutto di fare qualcosa che desideravo fare da tempo ma che non avevo mai avuto il coraggio.
Contattai un agente immobiliare della zona di Los Feliz per chiedere informazioni su eventuali case visitabili nella zona. Risparmiavo per quel momento da sempre, avevo la fortuna di avere due genitori e una vita agiata e non mi ero mai preoccupata di non poter mettere da parte qualcosa. L’agente che contattai si dimostrò subito interessato, era molto noto nella zona e su diversi siti era recensito in modo ottimo. Spiegai lui le mie esigenze, volevo una casa con almeno due stanze, che fosse a Los Feliz o nelle vicinanze, che comunque contasse come scuola elementare di riferimento la Cherimoya, così che Nick potesse continuare a frequentare le stesse compagnie. La cifra che volevo spendere non poteva superare i due milioni, anche con l’aiuto dei miei avrei dovuto chiedere un mutuo che avrei pagato grazie all’affitto di Pasadena, anche se speravo di restare sotto uno e cinque per non dover prendere finanziamenti.
Avevo appuntamento alle 10.30 nel parcheggio della scuola. Avevo preso Nick e volevo portarlo con me. Quel giorno mi ero anche impegnata nel vestirmi, pescando alcuni capi dall’armadio di mia madre. Volevo che comunque l’agente avesse fiducia in me e mi mostrasse case che fossero interessanti.
In pratica non volevo essere presa sottogamba.
Avevo indossato un abito di mia madre estivo, era di Oscar de La Renta e mi veniva l’ansia solo a toccarlo, era di cotone a quadroni bianchi e celesti, ai piedi indossavo un paio di sandali con il tacco doppio, da giorno, avevano due fasce, una color celeste l’altra era color panna, che riprendeva tutti gli accessori: borsa, orologio e occhiali. Nick al mio fianco era impaziente, avevamo anticipato un po’ i tempi e ora aspettavamo l’arrivo dell’agente immobiliare.
Una BMV M4 cabrio entrò nel parcheggio all’orario prestabilito, alla guida un giovane sui trent’anni, aveva l’aria di uno affascinante, che sapeva come muoversi nell’ambiente e soprattutto abituato a trattare con grosse cifre.
Si accostò alla mia auto, avevo preso in prestito da mio padre la sua Opel Cabrio, che non usava mai. «La dottoressa Marrazzo?» domandò l’uomo senza spegnere il motore. Doveva essere di origine latino-americane, almeno questo deducevo dai suoi capelli e occhi scuri, la carnagione olivastra e il sorriso splendente.
«Si, è il signor Fontamilla*?» mi accertai e sorrisi al suo cenno d’assenso. Nick dal sedile del passeggero si sporse in avanti per essere notato. «Ciao, io sono Nick» si presentò, voleva essere parte della conversazione. Si era sentito messo in disparte.
«Hai ragione, Nick.» dissi rivolgendomi qualche istante a lui. «Lui è mio figlio, sarà parte integrante della cosa, visto che se non piace lui la faccenda mi sa che non andrei da nessuna parte» confessai ridendo. John fortunatamente sorrise anche lui. «Certo, Nick. Ti troverò una casa bellissima.» A quel punto si rivolse a me. «Ci muoviamo con due auto, signora. Dopo di lei ho un altro appuntamento.» mi spiegò rivolgendomi poi uno sorriso smagliante.
«Certo, io la seguo. Questo è un primo giro, non credo che prenderò la mia decisione oggi.»
«Ovviamente. Bene, la prima casa che vi voglio mostrare non è molto lontana da qui. Dire di andare.»
Annuì e misi in moto seguendolo sulla Franklin. Diceva il vero che era molto vicina, visto che si fermò in St Andrews. Davanti alla casa ci aspettava un uomo. Quando scesi dall’auto, presi per mano Dominick, chiusi la macchina e mi avvicinai al signor John, il quale mi presentò il collega. La casa non era affidata a lui, quindi per mostrarmela aveva dovuto contattare il suo amico e collega, rientrava nel mio budget e aveva le caratteristiche che mi servivano, con tre camera da letto, ma a Nick non piacque l’arredamento. Cosa che fece ridere tutti noi.
«Amore, quello lo cambiamo. Pensala vuota e poi la riempiamo. Ti piace come è fatta?» chiesi sul patio.
«Mmm…si, ma non so mamma, è strana.» borbottò per niente convinto. Annuì e passai una mano sui suoi capelli. Intervenne John.
«Ora Nick ne andiamo a vedere un’altra. Grazie Emmanuel…ti farò sapere.» e ci avviamo verso le auto. Questa volta salimmo verso le colline di Hollywood. Speravo che non sarebbe salito di troppo anche il prezzo. Ci fermammo davanti ad un’abitazione che era interessante.  Era ad un piano solo, ma sembrava abbastanza ampia e con molto verde.
I proprietari non erano in casa, ovviamente così io e Nick potemmo girare e fare tutte le domande. Soprattutto Nick. Non aveva la piscina, per suo disappunto, ma la casa era molto bella. L’interno era tutto sul bianco e colori chiari, c’era molto marmo e tutto era molto luminoso. Sul  retro un balcone in legno fungeva da terrazza e occupava tutta la lunghezza della casa. Mi diede una bella impressione. Era molto calma e c’era tranquillità.
Il prezzo era piccolo e rientravo abbondantemente nel budget.
Le altre due case, invece, erano più alte del mio budget iniziale, ma John insistette per farmele vedere, il prezzo sarebbe potuto scendere ed erano delle ottime occasioni. Sempre nella stessa zona.
Anche se da sopra ai due milioni, le case erano meravigliose. La prima aveva quattro camere da letto e spazio in abbondanza. Era immersa nel verde, si poteva vedere la città, non era molto lontana dal centro, ma vi era un’assoluta pace. A Nick piacque molto, e passò il tempo a passare da un piano all’altro dei tre di cui era composta la casa.
«E’ molto vivace» mi disse John mentre guardava Nick affacciarsi al balcone. Ancora.
«Non ne ha idea» commentai facendolo ridere. Sistemai la borsa a tracolla e lo andai a recuperare.
«Ora basta, non correre avanti e indietro, sudi solo e non ti godi niente.»
«Mamma, ma non ha la piscina!!»
«E’ così importante?»
«Si, tutti a scuola hanno la piscina! Anche Cory Carmichael.» mi disse nominando un amico con cui non andava molto d’accordo.
«O capisco.» risi mettendogli le mani sulle spalle. «Si ma Cory Carmichale non abiterebbe sulle Hollywood Hills. Tu invece si.» gli dissi sorridendo provando a convincerlo. Lui parve rifletterci un po’, poi rispose.
«Hai ragione, ma con la piscina è meglio.»
Era una testa dura lui.
«John, hai qualcosa con la piscina da farci vedere.?»
«E’ una vasca idromassaggio, ma saliamo un pochino.»
«Di quanto?»
«Sessantamila»
«Va bene, andiamo a vederla.»
«Non è molto lontano.»
Lo seguì e come aveva detto lui non era lontana. Nonostante fosse più piccolo e ben più moderna nell’arrendamento, costava ovviamente di più, il vicinato era silenzioso al momento, c’era veramente tanto verde, il terreno non mancava.
Ciò che mi colpì di più fu il soggiorno con la vetrata fin sopra al soffitto, si poteva ammirare il cielo da lì e non nascondevo che mi sarebbe piaciuto passare una serata di San Lorenzo a guardare le stelle cadenti. Il terrazzo era piccolo con la vasca idromassaggio di cui ci aveva parlato John. Dal balcone si poteva vedere anche l’insegna di Hollywood. Vi erano solo due stanze da letto, non era quindi molto grande. Di fatto avrei pagato molto solo per la zona in sé. La casa era meravigliosa, ma spendere tutto quel denaro per una casa che di fatto era un po’ piccola non rientrava nei miei piani. Forse potevo ottenere il permesso di costruzione di una vasca idromassaggio nella casa di prima. Ne parlai con John, mentre Nick contemplava il panorama.
La mia domanda lo sorprese, ma non avendone certezza promise di informarsi se fosse possibile, non volevo una vasca olimpionica dopotutto, ma una vasca circolare di un paio di metri.
Conclusa la visita, uscimmo dalla casa e ci avviamo alle macchine. Mi congedai dall’agente. «Bene signor Fontamilla, le sue proposte sono molto interessanti. Per quanto riguarda il suo ingaggio, potrei passare per il suo ufficio e firmare qualche documento.  Vorrei vagliare diverse cose, tra cui devo comunque considerare la richiesta di un finanziamento. Nel frattempo se avesse altro da mostrarmi mi tenga in considerazione. » dissi tenendo la mano e stringendo con forza quella dell’uomo.
«Possiamo vederci con calma la settimana prossima. Intanto potrò fare delle altre ricerche e anche verificare quello che mi ha chiesto.» annuì John sorridendole. «Posso contattare per lei alcuni istituti di credito e vedere che tasso possono offrirle. Lei ha idea di quanto avrebbe bisogno?»
«Al momento no. Devo parlare anche con i miei, si sono resi disponibili per un aiuto e per essere miei garanti. Dipende anche da che casa scelgo.» risi, facendo sorridere anche l’agente.
«Ovviamente. Se ho altro, la contatto. Arrivederci…e ciao Nick» sorrise salutando il bambino che giocava con l’erba vicino al cancello.
«Arrivederci signor Fontamilla…Oddio Nick alzati…ti sporcherai tutto. Andiamo» mi avvicinai facendo rialzare e spolverando con le mani i calzoncini. «Un giro in lavatrice e va via tranquillo» lo rassicurai sorridendo. Ci avviammo mano nella mano alla macchina. Una volta in moto utilizzai la rampa che portava alla casa che avevamo appena visitato per fare inversione di marcia.
«Mamma?»
«Si, tesoro?» chiesi senza guardarlo, intenta com’ero nella manovra.
«Possiamo fare un giro per le colline.»
«Si amore, perché no.»
Era una bella giornata. Ci saremo fatti un giro con la decapottabile, come due turisti. Non passavamo molto tempo assieme io e Nick e avevo intenzione di recuperare. Quella frase di Chris che mi chiedeva come mai non vivessi con lui mi aveva fatto salire il senso di colpa.
«Ora scendiamo e la prima strada che prendiamo vediamo dove porta, ok?» disse cominciando a seguire la strada, all’incrocio voltai a sinistra, era una manovra ad U ma presi bene la curva. A quello successivo feci scegliere a Nick
«Destra o sinistra?» chiesi.
«Destra!!» urlò felice, sembrava un’avventura per lui. Seguì quanto detto, andai a destra. La strada era un po’ più sterrata. Vi erano molti giardini e tanti alberi, era un posto completamente diverso, anche l’aria sembrava più pulita. Seguì la strada per un minuto scarso, quando ci trovammo davanti ad una strada privata. Era un vicolo cieco.
«E’ già finita?» chiese Nick facendo il gesto di scendere.
«Si amore, fermo che ora faccio manovra.» Tornai indietro e presi la strada sulla sinistra.
Dopo un centinaio di metri, successe qualcosa. Uno scoppio e improvvisamente la macchina sussultò inclinandosi verso sinistra. Strinsi gli occhi mentre capivo cosa avevo combinato.
«Mamma…Mamma, cosa è successo?» gridò Nick spaventato mentre si sporgeva per vedere.
«Mamma ha bucato» borbottai mentre sganciavo la cintura e scendevo dall’auto. «Nick scendi, ma non ti allontanare. Non ci metterò molto a cambiare una ruota» dissi mentre andavo ad aprire il bagagliaio. O meglio provavo, visto che ovviamente non avevo premuto il pulsante di apertura.
«Amore, vai vicino al sedile della mamma, c’è un pulsante giallo. Premilo. Non toccare altro» dissi guardando Nick, che ubbidiente si avvicinò allo sportello, lo aprì e guardò sotto il volante.
«Mamma quale ce ne sono tanti.»
«E’ giallo, amore» dissi senza muovermi. Era per Nick una specie di compito e doveva svolgerlo da solo. E anche se prima di trovare il pulsante giusto, azionò i tergicristalli e l’autoradio alla fine sentii un click segno che aveva trovato il pulsante giusto. Aprii il portabagagli e spostai il fondo, lì c’era la ruota di scorta e il crick.
Strumenti alla mano mi apprestai a sostituire la ruota. Intanto alle mie spalle sentii che stava arrivando una macchina, speravo non dovesse entrare proprio nel cancello davanti al quale mi ero fermata visto che io lo bloccavo. L’auto si fermò subito e scese qualcuno. Io ero troppo concentrata per preoccuparmene. E poi o guardavo la macchina appena arrivata o tenevo d’occhio Nick.
«Signora ha bisogno di una mano?» chiese una voce maschile…troppo familiare.
“Oddio, ti prego fa che non sia…” pensai alzando lo sguardo dal crick. «Chris» sussurrai sorpresa, rialzandomi. Nick si voltò subito e quando vide l’uomo, il suo viso si illuminò e quasi cadendo si affrettò ad uscire dall’auto.
«CHRIS!!» urlò correndo verso di lui, l’uomo si fece trovare in ginocchio a braccia aperte.
«Ehi campione.» esclamò Chris, abbracciando il bambino e poi andando a scompigliargli i capelli. Ero stata in silenzio per tutto il resto. Si rialzò e si avvicinò con Nick verso di me. Si fermò a poca distanza sporgendosi per guardare cosa stavo combinando. Poi mi guardò in viso.
«Tutto bene?» domandò preoccupato.
«Si…ho solo bucato…su non so cosa» borbottai grattandomi la testa e guardando il guaio.
«Non avete sbandato…non vi siete fatti male?» domandò ancora. Sembrava sinceramente preoccupato.
«No, tutto bene…Nick ha solo quasi premuto ogni pulsante della macchina nel frattempo…al massimo è la macchina in pericolo» risi leggermente imbarazzata. Non l’avevo più richiamato.
«Dai faccio io» mi disse poggiandomi le mani sulle spalle e spostandomi leggermente verso sinistra. Poi si chinò, tolse le lenti da sole e si mise a lavorare.
«Allora..»
«Allora…»
Avevamo parlato ancora contemporaneamente. Scoppiammo a ridere.
«Questa volta prima tu» dissi invitandolo a parlare, mentre mi appoggiavo con Nick tra le braccia al bagagliaio.
«Cosa ci fate da queste parti?» domandò curioso.
«Oh…già siamo qui perché abbiamo visto delle case in vendita.» risi. Volevo chiedere la stessa cosa.
«Ti trasferisci in zona?!?» domandò ancora molto sorpreso e anche uno strano tono che non seppi identificare.
«Si…forse, non sono proprio abbordabili. C’è qualcosa che ci piace, ma non tutte hanno la piscina e il nostro campione» dissi indicando mio figlio «Se non ha il piscina non è contento» esclamai ridendo.
«Ma, mam..Lee» esclamò Nick. Era tornato a chiamarmi in quello strano modo, aveva pensato che la concessione fosse finita.
«E’ la verità, amore.» risi guardandolo bene in faccia.
«E cosa avete visto…nella zona dico.» domandò mentre toglieva la ruota bucata e inseriva quella nuova.
«Una giù sulla Franklin, ma Nick non piace, anche se ha la piscina. E tre qui vicino, anche se le ultime sforano un po’ il mio budget.» confessai mentre lo guardavo finire l’operazione.
«Che agente hai scelto? Potevi chiamarmi, ti avrei consigliato qualcuno io se avessi saputo.» disse sfilando il crick da sotto l’auto e sistemando. Si rialzò e infilò ruota e strumento nel bagagliaio.
Mi morsi il labbro inferiore, ero ovviamente in fallo, perché non lo avevo chiamato. Anche se alla fine il mio cervello e la mia logica mi davano ragione. Non avrebbe avuto senso, quella cosa non aveva senso.
«Non ci ho pensato…scusami. Poi non ho neanche richiamato…quando mi hai chiamato non potevo..ehm,» tossii «rispondere. »
«Certo» mi disse leggermente dubbioso. Batté un paio di volte le mani per togliere la polvere. «Tu cosa stavi per chiedere…»
«Che tu ci creda o no…la tua stessa domanda» ridacchiai mentre chiudevo il bagagliaio.
«Vivo qui» disse indicando il cancello bloccato.
«Oh quindi ti sto impedendo di tornare a casa» dissi concedendo un sorriso. Nick stava in silenzio, anche se si era avvicinato a Chris, che gli aveva poggiato una mano sulla spalla.
«Si e no…» si schiarì la voce «senti…pensavo…così su due piedi…volete entrare da me, così ricambio l’ospitalità  dell’altra settimana» disse passandosi la mano destra sulla nuca e guardandomi intensamente. I suoi occhi azzurri erano brillanti e avevano una strana ma piacevole luce di speranza. Non feci a tempo a rispondere che sentì l’urlo di gioia di Nick.
«Si…andiamo…mamma ti prego» gridò il bambino. Preso dall’euforia non aveva fatto caso a cosa aveva detto. Però ci mise poco e uno sguardo preoccupato lo rattristò.
«Va tutto bene Nick…andiamo» lo rassicurai e guardai Chris. Non sembrava sorpreso.
“Lo avevi sempre saputo.” pensai sorridendo.
«Ehm..ok sposta la macchina e entra dopo di me» mi disse schiarendosi la voce e andando verso la sua auto.
Poco dopo mi stavo parcheggiando davanti alla sua abitazione. Quella di Chris era ad un solo piano e totalmente immersa nel verde. Pareti coperte di edera rampicante la nascondevano completamente, sembrava quasi di entrare in un modo magico. Il giardino sembrava uno dei giardini incantati e segreti che si vedevano nei film, era un posto magnifico. L’interno era un tripudio. Il legno era di un caldo coloro castano dorato, conferiva all’ambiente un’aria calda e accogliente. Lo stile era decisamente europeo, italiano avrei osato dire…o forse in generale mediterraneo.
«Mamma» mi tirò la manica Nick dato che io ero rimasta immobile a guardare l’ingresso. Era la casa dei miei sogni.
«Non è in vendita vero?» chiesi sognante muovendomi mentre Nick mi tirava. Chris rise, scuotendo la testa.
«No mi dispiace…mi fa piacere che ti piaccia così tanto»
«Oh peccato…se mai ci ripensi tienimi presente» aggiunsi mentre uscivo fuori sul giardino e mi avvicinai alla siepe. Se avevo trovato le altre case pacifiche e tranquille, quel posto era un paradiso, era il giardino segreto delle favole. Rimasi ad osservare qualche secondo il parco e mi parve di scorgere delle viti, l’odore dell’uva me lo confermò.
«Oddio…ma è un vigneto…» urlai voltandomi e indicandolo. Sembravo una bambina nel paese dei balocchi.
«Si è un vigneto Rose» rise Chris uscendo nel cortile. Lui e Nick portavano una brocca con del tè freddo e dei bicchieri.
«Vieni, fa un caldo» disse poi indicando una delle sedie colorate che circondavano il tavolo tondo. Nick era già seduto e beveva avidamente dal suo bicchiere.
«Grazie…sarei morta disidrata probabilmente…e senza accorgermene.»
Chris mi scostò la sedia e mi fece sedere. Non mi capacitavo delle sue maniere galanti. «Allora» iniziò a dire «come mai cercavi una casa?» domandò bevendo poi un sorso di tè.
«Oh…bhé lunedì ho un colloquio con la Northrop-Grumman e ho deciso che non potevo più stare a Pasadena se mi prendono. Altrimenti non avrei più molto tempo di stare con Nick…e poi la domanda di qualcuno mi ha perseguitato per l’intera settimana» risposi sinceramente, guardai mio figlio che avendo finito si era allontanato dal tavolo e scendendo le scale era scomparso. «Oddio dove va…» esclamai poggiando il bicchiere.
«Tranquilla...c’è solo la piscina di là»
«Ah…la piscina?!?!» urlai alzandomi. E se decideva di buttarcisi.
«Vieni…andiamo a parlare sulle scale» disse vedendomi preoccupata. Mi prese per mano e mi portò alle scale. La sensazione della mia mano piccola e sottile nella sua più grande lievemente mi strinse lo stomaco e un leggero brivido mi attraversò la schiena nonostante fosse metà luglio. Se Chris se n’era accorto non lo diede a vedere, ma mi parse di vedere l’ombra di un sorriso abilmente nascosto.
Quel giorno non aveva la barba, probabilmente visto che stava filmando Star Trek era per ragioni di copione.
Mi sedetti e osservai Nick che si era tolto le scarpe di ginnastica e ora giocava con i piedi nella piscina.
«Dicevamo...qualcuno mi ha fatto pensare sul fatto che io e lui non viviamo assieme e ho deciso di cambiare questa cosa…voglio passare più tempo possibile. Nell’ultimo anno e mezzo, da quando vivo fissa a Pasadena ho perso tanto tempo con lui» mormorai mentre un velo di tristezza mi copriva lo sguardo.
«Ehi…non è facile crescere un bambino e lavorare…da sola» mi disse poggiando una mano sulla mia. Qualche istante dopo però allontanai la mano, il contatto maschile mi procurava ancora qualche problema. Strinsi gli occhi cercando di allontanare la sensazione spiacevole che mi coglieva ogni volta. Il ricordo di altre mani sul mio corpo attraversava come un flash la mia mente, ogni volta che qualcuno mi toccava.
Ci fu un attimo di silenzio e poi Chris parlò. Non potei guardarlo in viso, avevo ancora gli occhi chiusi.
«Un giorno mi racconterai cosa ti è successo?» domandò dolcemente. C’era qualcosa nella sua voce che mi spingeva a parlare a confidarmi con lui, a finire quello che avevo cominciato a raccontare una settimana prima.
«Si, un giorno te lo racconterò» sospirai, mentre riaprivo lentamente gli occhi e mi voltai a guardarlo. Sembrava così preoccupato. Sorrisi, anche se non era un sorriso splendido e smagliante, era un sorriso.
«Mamma?» urlò Nick per attirare la mia attenzione. Ridemmo insieme, Nick si era sentito trascurato.
«Si amore?»
«Possiamo fare il bagno?»
Quasi mi affogai da sola con il tè.
«Amore non possiamo…un’altra volta. Gioca un altro po’ e poi andiamo.»
«Va beneeee» gridò di rimando continuando a giocare con l’acqua. Tanto il bagno se lo stava facendo comunque visto che oramai solo i capelli non erano bagnati.
«Mi chiedevo perché non restate a pranzo»
Questa volta mi affogai veramente. Tossicchiai un pochino.
«Ehm…veramente …noi…ecco…in realtà sto cercando una scusa per rifiutare» confessai nascondendo la faccia tra le ginocchia.
«Solo per ricambiare l’ospitalità…niente di impegnativo.»
«Solo per…niente di impegnativo…» sospirai ripetendo le sue parole e passandomi una mano sul volto. «Ascolta…lo dico ora per mettere le cose in chiaro. C’è un motivo se non do confidenza alla gente…io sono una bomba ad orologeria…potrei rovinare la tua carriera e la tua vita se solo si sapesse che mi conosci. Non vuoi vedere una persona come me. Perché non ci limitiamo agli incontri alla Caltech…»
«Smettila Rose…smettila di decidere per gli altri. Non credo che Scott e gli altri ti stiano intorno per compassione Rose. Tu non rovinerai un bel niente…smettila di pensare a ciò ti è successo, concentrati su ciò che è adesso.»
«Un adesso irrealizzabile.»
«E’ per questo che non hai risposto alla chiamata. Per tagliare i ponti?»
«Si e no»
«Il no sarebbe?»
Risi, arrossendo lievemente. Voltai la testa verso sinistra e guarda Nick.
«Orgoglio femminile»
«Eh?!?»
«Tu non ti eri fatto sentire per giorni…e io ho chiuso la chiamata» spiegai con semplicità.
«Ahhh» rise passandosi una mano sulla nuca. «Sono stato impegnato…» disse a mo’ di spiegazione.
«Non mi devi nessuna spiegazione» dissi scuotendo la testa.
«Ma io voglio dartela» ribatté Chris.
«Va bene…ma è tutto apposto…è stato un comportamento infantile da parte mia…non sono arrabbiata.»
«Sicura?»
«Sicura. Ora però devo andare veramente…non è che non voglia stare qui…ma ho promesso a Nick una giornata solo io e lui…e per quanto passarla in tua compagnia sia una gran cosa, vorrei stare un po’ da sola con lui…» mormorai alla fine alzandomi. Richiamai Nick che con i piedi gocciolanti e la maglia davanti tutta bagnata sembrava essersi divertito abbastanza.
«Tesoro, andiamo. Saluta Chris e ringrazia.»
«Grazie Chris…posso tornare a fare il bagno?»
«Certo campione…quando vuoi.» Poi guardò me «Cosa fate domani sera?»
«Domani sera?...vogliamo andare al cinema…a vedere i Minions» risposi subito presa in contropiede, guardai Nick per conferma. Il bambino annuì con solerzia.
«Dove andate?»
«Al Los Feliz cinema…perché…»
«No niente…ehm che spettacolo?»
«Chris!» lo richiamai.
«Posso venire anche io?» Ecco quale era il suo intento. Dalla sua faccia sembrava un bambino e Nick stava già per partire in quarta se avessi detto di no. Aveva messo su quell’espressione adorabile.
«Va bene va bene…andiamo a quello delle sette.» accettai, alzai le braccia in segno di resa, messa con le spalle al muro.
«Grande…stasera che fate?»
«Chris!!!»
«Era tanto così per fare due chiacchiere..» tossicchiò imbarazzato allargando le braccia.
“Se come no” pensai mentre decidevo per la verità, alla fine avevo Nick con me anche se avessi mentito lui avrebbe parlato.
«I miei escono» sospirai sconfitta da quello sguardo e da quella voce. «Resto a casa con Nick e boh fare la griglia credo…hamburger e wurstel…non è proprio dietetico, ma una volta al mese ce lo concediamo» sorrisi a Nick che stava già pensando al cinema dell’indomani. Chris annuì pensieroso, poi si riscosse e ci indicò la casa «Va bene…venite vi accompagno.»
Una volta alla porta, calò un attimo di silenzio, rotto da Nick che quasi saltò in braccio a Chris per salutarlo.
«Ci vediamo domani?» strepitò il bambino.
«Certo campione…ci vediamo domani…a meno un quarto fuori al cinema?» mi chiese mentre passava una mano sui capelli di Nick. Annuì.
«A domani» confermai e prendendo per mano Nick.
Mentre mettevo in moto e salutavo con un cenno della mano l’uomo che sulla porta ci guardava, pensai.
“Dovrei cercare casa altrove” 

 

Le case descritte sono veramente in vendita e il signor Fontamilla è ispirato a John Fontamillas, agente immobilare della zona.
  
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