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Autore: Janeisa    20/12/2015    1 recensioni
E' un viaggio tra le stelle.
L'incontro di due persone, di due personalità diverse ma complementari. Due stelle sullo sfondo di una galassia, una è consapevole di esserlo, l'altra non ha mai iniziato a brillare. Ed è giunto il momento che lo faccia. Ed è attraverso le asperità e gli ostacoli che giungeranno alle stelle.
Dal 1° capitolo
Quando tutta la tua carriera dipende dal tuo capo e lui ti chiede di saltare, l’unica cosa che puoi rispondere è quanto in alto? O almeno era così, solitamente. “Questo però è chiedere troppo” stava pensando Rose mentre ascoltava il professore che le spiegava quello che voleva che lei facesse.
«In pratica Rosaleen, siamo stati contattati dallo staff di produzione, a quanto pare qualcuno del cast ha richiesto un incontro per porre alcune domande. Sinceramente non ne vedo il senso visto che sono arrivati praticamente al terzo e credo ultimo film, sapere cosa è un buco nero ora ha sinceramente poco senso, ma comunque non spetta a noi chiederci perché. Lo staff di produzione ci ha chiesto questa consulenza, e non è una cosa da poco… »
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Pine, Karl Urban, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zachary Quinto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimers
"Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo"
Ovviamente non conosco in nessun modo Chris Pine, tutti gli eventi contenuti in questa storia sono frutto dell'immaginazione. 
Tutto il mio lavoro è rivolto a rendere quanto più veritiera possibile la caratterizzazione del personaggio e della sua situazione.


Per aspera ad astra

Big Bang– Parte 2

  
Capitolo 5- Alphecca
Gemma, o Alphecca è una stella binaria, è la stella più luminosa della costellazione della Corona Boreale.
Il nome Alphecca proviene dall'arabo al-na´ir al-fakkah, che significa "la (stella) brillante nell'anello rotto".

 
«Porta i piatti di là, tesoro» dissi a Nick porgendo piatti e bicchieri di plastica. Saremo stati nel patio dove avevo già preparato la griglia che ora si stava riscaldando.
In un piatto misi hamburger e wurstel da cuocere, ce n’erano in abbondanza. I panini erano già sul tavolo, mancavano le patatine che stavano friggendo e le bibite.
Guardai l’orologio ed erano quasi le otto di sera. I miei erano usciti da poco. Ad un tratto sentii suonare il campanello, non potendo lasciare il fuoco chiamai Nick. «Tesoro vai alla finestra e vedi chi è. non aprire» gli chiesi e lo sentii correre lungo il corridoio.
Dopo poco sentì lui che gridava e la porta che veniva aperta.
«Nick!!!» urlai girando la manopola del gas e correndo alla porta. Perché aveva aperto? Cosa era successo. Nella mia mente presero forma scenari orribili di rapimenti.
Tutto ciò in pochi istanti, perché poi sentii Nick ridacchiare e gridare. «Mangi con noi, Chris?»
“Chris?!?” pensai e mi avvicinai all’ingresso. Davanti alla porta affascinante come sempre c’era Chris Pine. Cosa diavolo ci faceva qui?
«Ciao…» mi salutò imbarazzato mentre Nick non voleva lasciare la sua gamba.
«Ciao…ehm come mai qui…»
«Ehm…la cosa che dovevo fare stasera è saltata e quindi ho pensato di passare qui a giocare con Nick…» rispose mentre si rigirava tra le mani un mazzo di fiori e una bottiglia di vino. «Questi sono per te» mi disse e per sbaglio porse la bottiglia di vino. «cioè questi» rise porgendo i fiori.
«Questa è per noi» indicò poi la bottiglia di vino rosso che aveva tra le mani.
«Io…non so…» borbottai senza sapere veramente cosa dire.
«Non è niente di che»
«Niente di che dice lui…» esclamai allargando le braccia. Inspirai a fondo. Alla fine dei conto ero su un terreno sicuro, quello di casa mia. Quindi mi feci da parte per farlo entrare. Mi ricordai poi del mazzo di fiori. Emanava un profumo incredibile data la presenza di gigli e gardenie, c’erano anche delle gerbene. Era un mazzo veramente bello e lo portai al naso odorandolo leggermente. «Grazie per i fiori…ehm Nick staccati dalla gamba del signor Chris.»
Il bambino a malincuore si staccò ma restò al fianco dell’uomo che quindi lo prese per mano e si fece portare in giardino. Io lì seguii.
«Metto i fiori nell’acqua e…la bottiglia…che temperatura?» dissi cercando di mantenere un tono calmo, anche se la mia voce non voleva. «E’ un rosso...quindi intorno ai 15°?»
«Si…vanno bene» mi confermò sorridendomi. Sembrava più imbarazzato di me di quella improvvisata.
«Bene…dato che sei qui…renditi utile…sei l’addetto alla griglia…»
E andai dentro per sistemare i fiori in un vaso di cristallo di mia madre e poi li poggiai su un tavolino nell’ingresso. A mia madre avrei detto qualcosa. In un secchiello misi del ghiaccio e presi un termometro. Dalla credenza presi due bicchieri da vino rosso e li portai in giardino. Chris in maniche di camicia e con Nick al fianco come fedele valletto si stava occupando della griglia.
Sistemato vino e bicchieri sul tavolo. Mi ricordai della patatine.
«Oddio le patatine» urlai attirando l’attenzione dei due e correndo come una pazza in cucina. Oramai erano fredde e untuose. Buttai tutto e ricominciai da capo. Alla fine non ci voleva poi molto a fare due patatine fritte. Anzi meno stavano nell’olio meglio era. Dopo una decina di minuti di cola e scola sentii la voce di Chris chiamarmi.
«Rose…l’hamburger…cotto o ben cotto? O al sangue.»
«Ben cotto» urlai di rimando mentre scolavo le ultime patatine. Prima di uscire mi fermai un attimo in cucina. Poggiai la fronte sul banco in marmo. Era freddo e mi aiutò a schiarire la mente.
Se volevo sopravvivere a quella serata e a qualsiasi altra cosa, doveva sotterrare tutto. Doveva smettere di pensare, di rimuginare. Non poteva analizzare ogni sua mossa, misurarla e avere paura costantemente. Non era niente di quello che stava succedendo. Quando sarebbe uscita allo scoperto, Chris sarebbe scomparso e lei già consapevole della possibilità sarebbe stata forte e preparata.
“E Nick”
Il pensiero del mio bambino mi colpì con una forza tale da farmi gemere, era stata una fitta dolorosa quella che mi aveva colto lo stomaco.
Nick era un bambino meraviglioso, un piccolo ragazzo che stava crescendo in maniera splendida. Era però molto timido, a scuola faceva amicizia, ma aveva sempre paura che tutti scomparissero e lo abbandonassero. Era un po’ insicuro e una cosa del genere lo avrebbe ucciso.
«Stasera…devo troncare qualsiasi contatto…per Nick»
“E per me” pensai. “Nora non sarebbe d’accordo.” rispose la mia coscienza.
Chissà come ma il mio telefono squillò. Sullo schermo lampeggiava il nome di Leonora.
“Oddio è una strega”
«Pronto?» tossii.
«Ehi chica cosa fai?»
«Ehm…niente io e Nick facciamo gli hamburger.»
«Ah...ok»
«Tutto bene?» domandai. Incastrai il telefono tra spalla e collo e andai in giardino a portare la patatine. Poi tornai dentro per prendere le salse.
«Si…non sono uscita e volevo sapere se ti andava…ma sei con Nick quindi tranquilla, passerò una serata di relax.»
«Vuoi venire qua» troppo tardi mi sarei morsa la lingua.
«Sicura? Non vorrei disturbare.»
«No...che disturbo…ehm in realtà mi aiuteresti» la voce mi tremò. Quasi piansi per l’ansia e la crisi che mi stava cogliendo.
«In cosa…Rose tutto bene?»
«Si…cioè no…si è presentato Chris…» gemetti, quasi disperata.
«Oddio…e lo dici con questo tono?»
«Si…Nora…questa cosa è più grande di me…lui scomparirà prima o poi e resteranno solo cocci…stasera volevo chiedergli di non sentirci più…ti occuperesti tu di lui alla Caltech…»
«Rose Marrazzo…non osare…sei impazzita. Cioè quel uomo sta provando a fartelo capire in ogni modo…è interessato a te…»
«Non dire sciocchezze» sospirai «Quando saprà…quando saprà…»
«Saprà cosa? Che splendida persona sei? Che amica generosa sei? Che madre affettuosa e amorevole? Che figlia modello? Cosa Rose…dimmi un motivo perché una persona meravigliosa come te non dovrebbe avere un po’ di cavolo di felicità.»
Alla prima frase ero già in lacrime. Mi ero adagiata al mobile in cucina ed ero lì immobile. Le lacrime cominciarono a rigarmi le guance prima che potessi fare qualcosa.
Chiusi gli occhi per calmarmi ma davanti ai miei occhi non vedevo altro che Lisa.

Lisa stesa atterra, in una pozza di sangue, una ferita alla testa faceva bella mostra di sé. Ematomi sulle braccia. Incosciente e con il respiro quasi impercettibile. Io anche se a stento riuscivo a muovermi. Non avevo più il telefono, né borsa. Avevano preso tutto, qualsiasi cosa potessero. Non c’era rimasto niente. A Lisa neanche più la vita.
«Lisa! Lisa!» urlavo nella mia testa. Quando avevo ripreso coscienza, con le gambe indolenzite mi ero alzata e trascinata fino a lei. Lì con disperazione l’avevo scossa. Ma niente.

Un singhiozzo più forte mi scosse.
«Perché? Perché Lisa è morta e io sono viva» urlai incurante di tutto. «Lisa è morta…e io non ho potuto salvarla. Non merito di essere felice…non posso esserlo…solo Nick…solo lui lo merita…lui non ha colpa.» gridai quasi fino a strapparmi la gola.
Respirai a fatica e con affanno.
Non riuscivo a far entrare aria nei polmoni, la gola bruciava e mi raschiava. Cominciai a vedere nero, non respiravo, non ci riuscivo, ogni tentativo era come una pugnalata nei polmoni, ero in una situazione di shock, era un attacco d’ansia.
«Rose…Rose» urlò Nora da dentro il telefono. Mi sentiva ansimare e sapeva cosa stava succedendo. «Rilassati e respira…pensa a tuo figlio…lui non vorrebbe che tu stessi cosi male.»
“Solo Nick doveva essere felice. Solo lui.” mi ripetevo disperata nella mente. Avevo lasciato cadere il telefono e avevo infilato la testa tra le gambe. Prima sgombera la mente, poi rilassa i muscoli. Non pensare a niente. Solo cose felici.
“Nick…lui è il mio pensiero felice.” pensai mentre cominciavo a respirare…lentamente e a fatica. Intanto tutto quel frastuono non era passato inosservato. Chris seguito da Nick era corso in cucina e aveva quasi urlato vedendomi lì per terra con la testa china e scossa da singhiozzi.
Nora al telefono continuava a parlare.
Io non sentivo niente. Ad un certo punto sentii Chris parlare con lei, mentre una mano piccola e calda si appoggiò sul braccio.
“Nick!” pensai d’impulso. Alzai lo sguardo e li era il mio bambino che mi guardava con i suoi grandi occhi castani. Era terrorizzato, negli occhi la paura della perdita. La conoscevo bene e non volevo vederla nei suoi occhi.
«Mamma?» mi richiamo piangendo. «Mamma stai bene…?»
Lo guardai e lo strinsi con forza. Era lui il mio pensiero felice. «Si ora che ci sei tu» mormorai stringendolo in un abbraccio a cui rispose come poteva, con la sua forza di dieci anni.
Intanto sentii Chris parlare a telefono. «Capisco…bhé Leonora, grazie…no no non chiederò niente. No, non so se posso restare stanotte, non penso sia il caso…ma posso aspettare i suoi…Buona notte »,
Chiuse la telefonata. Lentamente si avvicinò a me e a Nick e si chinò a guardarmi. Leggevo paura nei suoi occhi, preoccupazione e anche il desiderio di aiutarmi, di sapere cosa potesse fare.
«Posso fare qualcosa?» mi chiese poggiando una mano sulla mia guancia. Mi copriva tutta la faccia ed era una sensazione piacevole. Sentivo un senso di pace e protezione e aiutò a calmarmi. L’abbraccio di Nick e la mano di Chris mi riportarono lì in quella casa.
«No…grazie…grazie di essere passato.» mormorai. La voce mi bruciava, avevo gridato e avevo la gola rossa. Dovevo bere.
Con lentezza mi alzai, Nick non mi lasciò andare mai e Chris mi sostenne con una mano sul braccio destro e una mano sulla schiena. Una volta alzata corse a prendere un bicchiere d’acqua che mi porse senza perdermi di vista. Chissà cosa stava pensando in quel momento. Dopo aver bevuto tutta l’acqua, cominciai a sentirmi meglio. Poggiato il bicchiere, asciugai le guance e la lacrime secche. Dovevo avere un aspetto orrendo e mi venne da ridere.
«Bhé se non scappi dopo questo…» risi osando alzare lo sguardo a guardarlo. I suoi occhi azzurri mi colpirono con un’intensità tale da farmi tremare. «Ti spiegherò» dissi leggendo quasi la sua testa «ma non ora». Lo vidi annuire.
«Si andiamo di là. Mangiamo qualcosa.» mi poggiò una mano sulla schiena e mi spinse verso il patio. Nick al mio fianco non mi mollava. Ora sembrava più tranquillo. Niente più lacrime da quando non piangevo io. Mi sorrise per mettermi allegria.
Era lui il mio pensiero felice. Avrei fatto tutto per lui. Superare tutto era tra questo. Parlare con Chris? Se fosse servito, avrei fatto anche quello.
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Alla fine Nick era crollato. Quando ci eravamo spostati sulle poltroncine grigie del giardino, aveva poggiato la testa sulle mie gambe e aveva per un po’ tenuto banco, poi si era addormentato. Chris e io avevamo sorseggiato in silenzio ciò che restava della bottiglia di Pinot e io mi ero rilassata.
Ciò che era successo prima era un ricordo, forse ancora vivido, ma un ricordo. Almeno per il momento, fino a che non avrei trovato il modo di superare tutto ciò.
«Ehm» Chris si si schiarì la voce. Ero un po’ presa dai miei pensieri e avevo lo sguardo fisso su Nick che dormiva beato tra le mie braccia. «Stai meglio…dico rispetto a prima…» mi chiese titubante. Aveva quasi paura che io mi potessi rompere da un momento all’altro? O forse temeva che mi venisse un’altra crisi.
«Si..ehm ehm…si sto bene ora…grazie…veramente» mormorai trovando il coraggio di guardarlo negli occhi. Per tutta la sera avevo evitato di fissarlo troppo a lungo. Uno per non metterlo a disagio. Io odio la gente che fissa, ma anche perché quella sera ai miei appariva particolarmente affascinante.
“Deve essere quella dannata camicia azzurra…fa apparire più blu i suoi occhi” mi dissi poggiando con cautela il bicchiere sul tavolino attenta a non svegliare Nick. «Non mi succedeva da un po’» mormorai. Era una grossa confessione da fare. Chris rimase in silenzio e attese che io parlassi.
«Non avevo una crisi così…da un po’» ridacchiai mentre mi veniva da piangere. Avevo sperato tanto di non averne più, ma evidentemente tutto quello che stava succedendo mi aveva resa un po’ troppo  emotiva. Mi passai una mano sotto gli occhi, mi macchiai leggermente con il mascara sciolto. «Oddio…devo avere un aspetto orrendo» risi ancora. Sembravo un po’ pazza, visto che neanche due ore prima mi aveva raccolto da un pavimento in lacrime.
«Non ti preoccupare…per quanto tu ti impegni…resterai sempre bellissima» mi consolò l’uomo che avevo davanti agli occhi.
Sorrisi, o almeno ci provai.
«Vuoi parlarmi di quello che successo?» mi chiese dolcemente. «Sai mia madre è una psicoterapista e mi ha sempre detto che parlare delle cose appena accadono aiuta molto…» mi spiegò difronte alla mia titubanza.
«Ecco…io…non so se sono pronta»
«Non devi dirmi tutto…dimmi solo quello che vuoi.»
Abbassai lo sguardo su Nick che dormiva placidamente. Aveva un’aria così tranquilla. Sembrava felice ora che era vicino a me e sapeva che io non stavo piangendo. La nostra era una specie di simbiosi, forse un rapporto troppo stretto per alcuni, ma era naturale quando non hai un padre e solo una madre. Certo i miei genitori lo crescevano come se fosse un figlio, ma era comunque diverso. Accarezzai per qualche istante il volto del mio bambino e poi respirai profondamente.
Non dissi niente. Non era una favola, non era un racconto. Non era la storia di un sogno. Era quella di incubo,
«Lisa aveva diciotto anni. Un anno più di me. Ci eravamo conosciute al liceo, dopo che Nora mi aveva convinto a lasciarmi un po’ andare e non nascondermi. Lisa era tutto ciò che sarei potuta essere io se non avessi deciso il contrario. Lisa era bella, di una bellezza divina. Era impossibile non notarla. Aveva i capelli color oro e gli occhi azzurro cielo. Voleva fare l’attrice…ma non nei film. Lei voleva fare teatro e voleva cantare. Voleva andare a Broadway e diventare una stella in un musical. Avevamo deciso di iscriverci alla UCLA. Nora e io avremo fatto fisica e astrofisica e lei avrebbe seguito Letteratura Inglese e Teatro. Io ero la più piccola delle tre, ero una diciasettenne catapultata nel mondo dei grandi. Loro mi proteggevano, ero la loro sorellina minore.
Ad ottobre del nostro primo anno andammo ad una festa. A Santa Monica, una festa in una casa sulla spiaggia. Qualcosa di tranquillo ci avevano detto. Che io non avessi neanche un’oncia dei vent’uno anni di quel documento falso che mi avevano procurato non importava a nessuno. Lisa era convincente quando voleva.
Alla festa, Nora scomparve con un ragazzo con cui si stava frequentando e io e Lisa restammo da sole. Per quanto sole potevamo essere in una casa con duecento persone all’interno. Tanta era la calca che qualcuno ci aveva dato il cambio di bicchieri e noi neanche ce ne eravamo accorte.
Che stupide!» ridacchia quasi piangendo mentre guardavo il volto di Nick. Ogni tanto guardavo Chris, ma il suo sguardo non era così facile da sostenere. «Solo dopo ho scoperto che il nostro drink era drogato…io sapevo solo che avevo voglia di fare il bagno nell’oceano. Lisa però mi trattenne e mi portò a fare un giro in spiaggia. Un po’ d’aria fresca ci avrebbe fatto bene, disse. Camminammo per un po’ sulla spiaggia, ma quando ci accorgemmo di esserci allontanate troppo era già troppo tardi. Loro erano lì, dietro li scogli. Forse stavano fumando qualcosa, o si stavano facendo…non so bene neanche io. Cominciarono a chiamarci. Io ero un po’ su di giri e volevo rispondere, ma Lisa mi tirò via e cominciò a camminare di nuovo verso la casa. Noi eravamo due, loro erano dieci forse…non li ho contati.
Quando ci bloccarono, sembravano gentili…ma alla fine volevano solo una cosa…i nostri soldi. E forse qualcos’altro avevano poi aggiunto. Lisa provò a spingermi da parte. Si sentiva responsabile per me, era più grande…io non…non ero neanche maggiorenne. » mi veniva da ridere…non ero maggiorenne, come se avere diciotto anni avrebbe potuto cambiare qualcosa. «Qualcuno però mi-mi af-ffer-rò e mi p-portò v-via…,so che ho perso i sensi dopo che bhè…puoi immaginare cosa sia successo…e Lisa…il-il re-resto lo…lo  so perché l’ho capito dalle urla…e dal resoconto della polizia. Hanno tentato di derubarla …e quando lei ha opposto resistenza per tornare da me…l’hanno picchiata…e violentata…pi-più volte…poi non ho sentito più niente…e io…io non ho fatto niente…non ho potuto fare niente…quando mi sono trascinata da lei…respirava a malapena e aveva una grossa ferita sulla testa, sanguinava copiosamente…e io non sapevo che fare…non avevamo niente...né telefono…né portafogli…sinceramente non so cosa sia successo dopo…ho urlato…ho urlato fino a che non ho perso i sensi…» mi bloccai. Espirai di colpo, e chiusi gli occhi…in pochi sapevano quella storia…non ero scesa nei dettagli come era accaduto nei rapporti di polizia o con la dottoressa. «Quando mi svegliai, mi dissero che Lisa non ce l’aveva fatta…mi tennero in ospedale per una settimana, volevano fare dei controlli. Non sapevano se i miei organi interni avevano subito dei danni. Avevo segni di percosse, avevo lottato e loro avevano risposto…ma dalla mia testimonianza e dall’epitelio sotto le mie unghie li presero e li buttarono in carcere…sono ancora lì…quasi tutti credo…quando mi dissero che ero incinta…volevo morire…la mia unica e prima volta…e-e-era  st-tata una vi-violenza» risi ancora forse con un tono troppo alto perché Nick si mosse. Lo calmai mormorando qualcosa sottovoce«Mi chiesero se volevo tenerlo…all’inizio ho pensato all’aborto…ma po…poi ho parlato con una dottoressa e con lei ho capito una cosa…quella creatura non aveva colpa, certo non sarebbe stato facile crescerlo e un giorno spiegarle da cosa era nata, ma non aveva colpa.» . Poi tornai a guardare Chris.
I suoi occhi…non so cosa avessero i suoi occhi. Vedevo tante emozioni diverse. Erano cupi ora, di blu intenso e forse pericoloso. Vidi passare tristezza, compassione, apprezzamento, comprensione e soprattutto ammirazione.
«Dopo nove mesi è nato Dominick…io ero ancora minorenne…il giudice dispose che la tutela venisse affidata ai miei genitori fino al compimento del mio ventunesimo anno di età. E ovviamente dovevo superare i controlli dallo psicologo…sennò addio custodia…» ridacchiai, mentre una lacrima solitaria mi solcò la guancia. «Alla fine dall’incubo mi era stato fatto un dono…il mio bambino…io ero viva e avevo Dominick. Lisa…Lisa no. Lisa che aveva tanti sogni. Lisa che voleva diventare attrice. Lisa che quando sorrideva o rideva non potevi fare a meno di amarla. Lisa era morta e io ne ero la ragione. Io…solo io avevo la colpa di tutto. Se non avessi bevuto quel cocktail. Se non fossi stata così piccola…coì ingenua che l’avevo spinta a proteggermi…o-ora le-lei sarebbe qui. Lei sarebbe qui» sussurrai.
Quella fu la goccia che fa traboccare il vaso. Cominciai a singhiozzare silenziosa, un pianto leggero. Le lacrime correvano veloci e continuamente lungo le mie guance. Chiusi gli occhi. Era normale. Era una reazione emotiva al racconto, all’aver rivelato tutto.
Sentì il calore del suo abbraccio immediatamente. Non lo rifiutai. L’abbraccio era ciò che volevo, era ciò di cui avevo bisogno.
«No Rose…non è colpa tua…non puoi darti la colpa per qualcosa che né tu e né lei avete voluto. Qualcosa che non doveva accadere. Né tu né Lisa avreste potuto fare qualcosa…. E’ vero Lisa non c’è.  Lisa era una persona solare e generosa…ti voleva bene e ti voleva difendere perché quando si ama qualcuno si cerca di difenderlo a costo della propria vita. Ora per lei, dovresti vivere…tutto…dovresti vivere la tua vita con Nick e quello che viene dopo…lei voleva che tu tornassi ad essere quella persona generosa e divertente che eri prima…so che quello che vi è successo è…io non ho parole…non credevo…non credevo che fosse qualcosa di cose terribile…scusami se ho insistito….non avrei dovuto.»
Contro la sua spalla scossi la testa. Non era colpa sua. Era solo col…
“No…smettila” urlò una voce dentro di me. “Non è colpa tua…smettila di colpevolizzarti…Lisa…non vorrebbe…lei vorrebbe che tu vivessi…senza flagellarti per una colpa non tua, vorrebbe che tu vivessi anche per lei.”
«Anche per lei…devo vivere anche per lei.» mugugnai contro la sua camicia. «Posso vivere anche per lei…» mormorai un po’ più sicura. Sollevai la testa e mi allontanai. Sulla sua camicia spiccava una grossa macchia d’acqua. «Oddio ti ho bagnato tutta la camicia…scusami…forse è la prima volta che una ragazza ti piange addosso.» ridacchiai leggermente a disagio. Sistemai Nick e guardai l’ora. Era tardi. «Bhè si…ma sinceramente puoi piangermi addosso tutte le volte che vuoi.» scherzò il ragazzo senza curarsi della sua camicia…che probabilmente era anche costosa.
Calò il silenzio, rotto solo dal mio respiro ancora leggermente accelerato e da una sua improvvisa carezza sulla guancia. «Io..ecco…si è fatto tardi…dovrei mettere a letto Nick…» mormorai indicando il ragazzino addormentato., così facendo allontanai senza volere la sua mano.
Chris parve svegliarsi da un sogno. Scosse la testa e mi guardò come se mi vedesse la prima volta. Subito dopo sorrise. «Avrei dovuto aspettare i tuoi...ho paura che Leonora mi possa uccidere se sa che ti ho lasciato sola...sicura che starai bene?»
« Certo…» ridacchia pensando a Nora. In effetti.
Alla mia unica parola, si alzò e con cautela si avvicinò a me. Io lo guardai leggermente sorpresa…non terrorizzata come sarebbe accaduto in passato. Cosa voleva fare.
«Dai a me Nick…è pesante lo porto io dentro…» mi disse passando le mani sotto il corpo di Nick. Lo prese in braccio e Nick vi si adagiò senza svegliarsi. La testa poggiava sulla sua spalla destra. Le braccia cadevano mollemente dalle spalle dell’uomo.
Mi faceva strano vedere Nick tra le braccia maschili di qualcuno che non fosse mio padre. Era qualcosa di diverso…strano forse. “Non ci pensare” mi dissi. Rimuginare sulle cose mi faceva male.
«Vieni ti mostro la sua camera.» dissi entrando in casa e guidandolo fino alla stanza di Nick. Lo sdraiò sul letto, avevo scostato il lenzuolo e coprì leggermente Nick. Faceva caldo e non volevo che sudasse. Mi chinai ad accarezzare il suo viso. Mentre mi allontanavo però, Nick aprì leggermente gli occhi. «Mamma?» mi chiamò dubbioso
«Si, amore…» risposi subito.
«Ho fatto un sogno bellissimo…avevo un papà…e giocavamo assieme…e ci divertivamo…eravamo tutti insieme…noi tre…e lui mi portava a letto e mi raccontava tante storie…mamma…»
Mi morsi disperata le labbra. «E’ vero….è un sogno bellissimo…se vuoi possiamo farle io e te queste cose…domani me le racconti…va bene amore? Ora dormi» mormorai senza sapere cosa dire. Sentivo le lacrime pungermi gli occhi.
«Va bene mamma…notte»
E tornò nel suo sogno beato. Dove aveva un papà e giocavano assieme e poi lo portava in braccio in camera. Era un bel mondo quello di Nick.
Mi voltai per uscire e vidi Chris. Aveva un’espressione così strana. Tentò di sorridere…ci riuscì, ma non raggiunse gli occhi. Non disse niente. Quando lo riaccompagnai di sotto, da un lato non volevo che se ne andasse…dall’altro volevo che fuggisse via da me.
«Bhè…grazie della compagnia» dissi abbozzando un sorriso. «Non è proprio la serata che avevi mente credo…ma a me e a Nick ha fatto piacere passare la serata con te »
«Io…ehm…anche a me Rose…anche a me» mi disse respirando a fondo. La sua espressione era così seria. Aveva perso quella giovialità. Sembrava triste. Lo vidi aprire la bocca, ma prima che potesse parlare lo anticipai.
“So…già cosa sta per accadere” mi ero detta.
«Non c’è bisogno che ti spieghi...lo so cosa vuoi dire…io capisco davvero...Nick e io non vorremo mai danneggiarti…capisco perfettamente se dici che non possiamo continuare a incontrarci…parlerò con Nick e gli spiegherò…anche per domani…non preoc…»
Non ebbi modo di finire di parlare, perché Chris mi abbracciò. Mi paralizzai di colpo. Non ero neanche più capace di respirare figuriamoci di parlare.
«Smettila di pensare di sapere cosa voglio fare io…dopo stasera sono certo che Nick e tu siate meravigliosi…il vostro inizio…non è come immaginavo…ma non toglie chi siete…siete due persone stupende. Tu sei una madre affettuosa e generosa e non dovresti sminuirti. Non sei una minaccia…non sei una cosa cattiva…sei una persona buona e pura…e se il mondo questo non l’ha capito…glielo faremo capire. »
Detto questo sciolse l’abbraccio, mi lasciò un bacio sulla fronte e lo vidi andare via.
Quando andai a letto, non mi sentivo più l’anello rotto della catena. 

 
  
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