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Autore: Naco    04/03/2009    1 recensioni
Un incontro, assolutamente casuale. E la ruota del destino comincia inesorabilmente a girare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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- Questa storia fa parte della serie 'Mara e i suoi amici'
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III

Ero libera. Finalmente potevo andarmene e far finta che non fosse successo niente, che non avessi ascoltato nulla, che la mia vita potesse riprendere esattamente dal momento in cui ero uscita da quel negozio maledetto e che i miei piedi mi avrebbero riportato in stazione; lì, avrei aspettato che i treni fossero in grado di ripartire, e, finalmente, sarei potuta ritornare a casa e andare a cena dal signor Marcello.
Ero libera. Dovevo essere contenta. No?
Sì, dovevo esserlo; eppure, nonostante potessi andarmene di corsa da quel luogo, i miei piedi non riuscivano a muoversi. Avevo assistito a una conversazione privata, che non mi riguardava, su gente che neanche conoscevo e che invece pensava ci fossi dentro fino al collo. Dovevo scusarmi, assolutamente, spiegare la mia versione, dire qualcosa, insomma.
Ero assorta in questi pensieri e non mi resi conto che qualcuno mi si era avvicinato e mi aveva posato una mano sulla spalla.
“Ti chiedo scusa per la scena pietosa a cui hai dovuto assistere.” mi disse la signora Benedetta.
Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi. Ancora una volta, rimasi stupita da quanto somigliassero a quelli del figlio e di Matsumoto. ‘Mi scusi, suo figlio è un cantante?’ avrei voluto chiedere, e a stento riuscii a reprimere l’impulso.
“No… non si deve preoccupare, signora. Sono io ad essere stata fuori luogo, non avrei dovuto ascoltare la vostra conversazione.”
“Sei la sua fidanzata?”
Anche quella volta arrossii: “No… è solo un conoscente… l’ho accompagnato qui perché non sapeva dove fosse il dipartimento del professo-” quasi mi strozzai da sola.
“Ho capito. Scusami doppiamente per la sceneggiata, allora. E’ da tanto tempo che mio figlio non mi racconta niente di sé e così pensavo…”
La voce le si spense e mi resi conto che non era il caso di restare ancora lì, visto che ormai avevo spiegato tutta la situazione.
“Credo… credo sia meglio che vada, signora. Spero che le cose con suo figlio si sistemino presto.”
La donna sorrise. Il suo stesso sorriso. “Ti ringrazio tanto. Spero di rivederti presto.”
“Lo spero anche io.” Risposi, ben sapendo che probabilmente non l’avrei mai più incontrata.

‘Sono a casa’
Ogni volta che entravo nell’appartamento dei signori Saracino era quello il primo pensiero che mi si affacciava alla mente. Che mi recassi lì per qualche commissione, che fossi ospite da loro, che li incontrassi sul pianerottolo per puro caso, sempre, quando ero in loro compagnia, pensavo che quella fosse la mia casa: l’odore dello stufato in cucina, il calore che proveniva dal riscaldamento centralizzato, il sottofondo delle voci in televisione, sempre accesa, ma quasi mai realmente vista. E il sorriso della signora Lucia, sempre così dolce e luminoso, ogni volta che mi apriva la porta o si affacciava allo stipite della cucina. Era quello il calore di una casa, quello che ormai non mi capitava più di sentire da tanto, troppo tempo, quando ero in quella che avrebbe dovuto essere la mia vera casa, ma che invece, con il passar degli anni, era diventata sempre di più il luogo in cui non volevo più tornare.
“E’ permesso? Posso entrare?”
Era una domanda retorica, e lo sapevo. Con gli anni, la signora Lucia aveva smesso di rimproverarmi per quel mio volermi sentire a tutti i costi un’ospite, quando ormai ero di famiglia, e aveva lasciato che quel mio per lei superfluo modo di fare diventasse una sorta di rito divertente.
“Vieni avanti, cara. Stavo proprio per mettere il polpettone in forno.”
“Allora io preparo l’insalata.” Esclamai posando con noncuranza il sacchetto bianco sul tavolo.
Raggiunsi la donna ai fornelli, ignorando il suo sguardo curioso che guardava il ripiano del tavolo di sottecchi.
“Cos’è?”
Gettai un’occhiata distratta alla busta e tornai ad estrarre i pomodori fuori dal frigorifero.
“Uh, quella? Niente di speciale.”
“Niente di speciale, eh?” la risata del signor Marcello riempì l’aria di buonumore. Mi ci voleva, dopo quello che mi era capitato quel giorno.
Mentre imperturbabile continuavo ad occuparmi dei pomodori, sentii la plastica che frusciava tra le sue dita e dei passi che si allontanavano da me. Ci fu un attimo di silenzio, prima che un’esclamazione di sorpresa prorompesse dalla signora Lucia.
“Ma… Mara, sono bellissime! Perché tanto disturbo?”
Le sorrisi: “Nessun disturbo. Oggi siamo scesi a Quintino Sella perché in centro ci sono stati problemi a causa dello sciopero e ho visto quelle tazzine nella vetrina di un negozio. Ho pensato che sarebbero state perfette nella vostra credenza.”
“Ci sono stati disordini, dunque?” mi chiese invece preoccupato il signor Marcello.
“Non proprio disordini. Disagi più che altro. Tra l’altro neanche i professori hanno fatto lezione, oggi.” minimizzai, decisa a tenere per me la mia avventura sul treno.
“Sì, avevo letto che alcuni atenei partecipavano. Ma non mi pareva che citassero l’università di Bari.”
“E infatti è stata una decisione presa soltanto ieri.”
Finii di condire l’insalata, mentre la signora Lucia borbottava contro questi tempi così assurdi che non garantivano nemmeno agli studenti la presenza dei docenti. Mi piaceva quel clima familiare: a loro sentivo di poter raccontare tutto, più di quanto riuscissi a fare con Ilaria.
“Quindi è tornata subito a casa?” chiese invece il signor Marcello per cambiare argomento.
“No, non potevo, visto che i binari erano ancora occupati dai manifestanti.” Mi pentii all’istante di quelle parole: la signora Lucia stava già per lanciarsi in una dissertazione di come non si potesse più stare tranquilli, che una povera ragazza come me aveva rischiato di restare bloccata a Bari e di non poter tornare a casa; così, prima che riuscisse a dire qualcosa “Sapete? Oggi ho fatto un incontro particolare.” dissi.
Il mio tentativo di dissuaderla era andato a buon fine: la signora mi guardò come per dire che aveva già capito tutto, si sedette e non si perse in chiacchiere.
“Racconta.”

“Non c’è molto da dire.” Iniziai minimizzando: non mi andava di raccontare questioni che non mi riguardavano, anche se si trattava di loro. “Quando sono uscita dal negozio in cui ho acquistato le tazzine, ho visto un ragazzo che sembrava cercare qualcuno. Così gli ho chiesto se avesse bisogno di aiuto e lui mi ha detto che doveva andare dal professore Amani. Siccome io lo conosco e non avevo niente da fare, l’ho accompagnato. Però lì la situazione è degenerata: senza sapere come, mi sono ritrovata in una discussione privata da cui non potevo andar via, e così ho dovuto sentire tutto. Vi assicuro che è stato piuttosto imbarazzante.”
“E poi?”
“Beh, poi lui è andato via abbastanza stizzito e la signora con cui ha avuto la discussione mi ha chiesto scusa.”
“Uhm. Deve essere stata un dialogo piuttosto acceso, se ti ha sconvolta tanto…”
“No, più che altro è stato molto freddo. Direi glaciale. Quei due probabilmente non si vedevano da anni, eppure lui si è comportato come se si trovasse di fronte a una perfetta sconosciuta, invece che a sua madre…”
“Sua madre?!” la signora Lucia, ormai dimentica della cena, pendeva dalle mie labbra, neanche le stessi raccontando la trama di un Harmony molto avvincente.
“Beh, credo di sì. Cioè, si somigliavano troppo per non essere madre e figlio. Avevano gli stessi occhi, lo stesso sorriso… no, non poteva essere una coincidenza. E poi l’ha detto anche lui, anche se non sono sicura di aver capito bene, visto che ha parlato in giapponese.”
“In giapponese? Mara, buon Dio, mi farai impazzire! Il ragazzo era giapponese?”
Risi: “Perché quella faccia così sconvolta? Va bene che Bari non è una meta turistica così rinomata, ma anche loro possono farci una capatina, ogni tanto.”
La signora Lucia fece una strana risatina che lì per lì non riuscii a comprendere: “Oh, ma non è per quello, cara. E’ che mi sembrava strano che tu fermassi un giovanotto, anche se aveva bisogno di aiuto. Ora mi è tutto chiaro.”
Tutto chiaro?
La mia espressione sconcertata doveva essere più che palese, perché i due scoppiarono a ridere contemporaneamente. “Avanti, Mara! Lo sappiamo benissimo che hai un debole per gli orientali, tu!”
Arrossi violentemente senza sapere cosa dire. Non che volessi tenere nascosta al mondo la mia passione per il Paese del Sol Levante e per la sua produzione animata e cinematografica, ci mancherebbe altro; tuttavia, non ero mai andata in giro a sbandierarla ai quattro venti, ecco, sapendo quanto particolare dovesse risultare il mio hobby per delle persone anziane.
“Ma voi come facevate a saperlo?”
I due continuarono a sogghignare, orgogliosi di essere riusciti, per una volta, a sorprendere me, invece che il contrario. “La conosciamo da tanto, ormai, Mara, quindi era logico che prima o poi ce ne saremmo accorti.” Spiegò il signor Marcello.
“Ogni tanto,” rincarò la moglie “quando mi aiuti con le pulizie, canticchi in una strana lingua e non ci è voluto molto per capire che doveva essere cinese, o qualcosa di simile. In un’altra occasione, invece, ti stavi mettendo d’accordo con la tua amica Ilaria su una cena giapponese, o qualcosa del genere. Non ci è voluto molto per fare due più due.”
Se possibile, il mio rossore si fece ancora più forte.
“Io… io… scusate. Non volevo tenervelo nascosto. E’ solo che…”
Non sapevo cosa dire e forse era meglio non dire niente.
“Oh, cara, ma non c’è bisogno di scusarsi. Ognuno ha le sue passioni, anche se non sempre sono condivise da tutti. Perciò, non ti preoccupare di nulla.”
La signora Lucia mi sorrise ancora una volta. Com’era diversa da mia madre, pensai. Lei, quando aveva scoperto che preferivo spendere i miei soldi in manga e giornali di cui non capiva la lingua, piuttosto che in vestiti di marca e accessori alla moda, mi aveva guardata come se fossi un’appestata, liquidando la questione con un “Ah, beh, se piace a te!” di circostanza.
Avrei tanto voluto avere loro come genitori. O come nonni. Se avessero avuto dei figli, probabilmente, li avrei invidiati tantissimo.
“Comunque, Mara, fossi in te non mi preoccuperei tanto. Probabilmente sarà solo un diverbio familiare e presto tutto si aggiusterà.”
Annuii poco convinta. Ma, in fondo, erano questioni che non mi riguardavano e quindi non aveva neanche senso pensarci.

Nonostante avessi deciso di smettere di pensare a lui, pareva proprio destino che non ci sarei riuscita. Suonava strano per me invocare qualcosa come il fato, ma era l’unica cosa che potesse spiegare tante coincidenze proprio quel giorno e proprio nella mia vita.
Dopo il mio racconto, la cena con i signori Saracino proseguì tranquillamente e la discussone verté su tutt’altri argomenti. Il signor Marcello mi informò che non avrei dovuto avere grossi problemi il giorno dopo, perché lo sciopero non avrebbe interessato altre giornate, ma che, nelle settimane seguenti, probabilmente ce ne sarebbero stati altri e mi consigliava di dare un’occhiata al sito delle ferrovie per essere certa di non avere altri problemi. Dopodiché, la signora Lucia si lanciò nel racconto appassionato di ciò che le aveva raccontato la signora del piano superiore, a proposito del marito della figlia che era stata scoperta in flagrante adulterio.
“Queste cose ai nostri tempi non c’erano.” Fu la classica frase con cui concludeva ogni volta questi racconti.
“Ma per favore, Lucia, non dire fesserie. Anche ai nostri tempi c’erano, solo che era tutto nascosto e tutti sapevano senza veramente sapere.”
“Marcello, non dire queste cose davanti a Mara.”
“Lucia, la signorina Mara ha ormai ventiquattro anni. Ti pare che si scandalizzi per una cosa del genere? E poi sei tu che hai iniziato a raccontare, non io.”
“Ma è diverso. Io stavo dicendo che una ragazza l’aveva fatto, mentre detto da te sembrava che anche noi avessimo fatto una cosa del genere!”
“Ne hai di fantasia! Signorina Mara,” il signor Marcello si voltò verso di me e io dovetti fare uno sforzo immane per evitarmi di mettermi a ridere: li adoravo quando battibebcavano in quel modo “lei che è giornalista. Secondo lei, io cosa ho detto veramente?”
“Io non sono giornalista.” Puntualizzai, anche se ormai avevo capito che per loro questo dettaglio non era importante “Però, uhm. Signora Lucia non si preoccupi: ho capito perfettamente cosa ha voluto dire suo marito...”
Il signor Marcello guardò sua moglie con un trionfale “Te l’avevo detto!” scritto a caratteri cubitali in volto e la donna mi parve un po’ rammaricata, così “Ma la ringrazio comunque per la premura: magari, se non fosse intervenuta con quel commento chiarificatore, avrei potuto interpretare male le parole di suo marito.” Mi corressi.
Stavolta fu lei a fare cenno di vittoria verso il marito. Il signor Marcello sospirò e ci scambiammo un segno d’intesa che la signora fortunatamente non vide.
“Bah. Comunque i tempi sono cambiati,” per la signora, probabilmente, il discorso non era ancora chiuso “prima di certe cose non si parlava così tanto: si sapeva, e basta. Adesso invece si urlano ai quattro venti, come se fosse una cosa positiva. Forse perché quelli in televisione cambiano marito ogni giorno e la gente vuole somigliare a loro.”
“Oh, ma il loro è solo un modo per attirare l’attenzione dei mass media. Avete notato che spesso i protagonisti del gossip sono persone o sull’onda del successo o che non si sentono nominare da un bel po’?”
“Dici?”
“Io penso di sì. Ovviamente non tutti, sia chiaro: alcuni veramente cambiano compagno ogni cinque minuti come tante persone sconosciute, ma di loro si ha notizia solo perché sono famose; magari, se la figlia della signora Fazi fosse un’attrice famosa, anche la sua storia apparirebbe sui giornali.”
“La penso come la signorina. In fondo anche loro sono persone come noi, solo che i giornalisti li inseguono dappertutto perché vogliono notizie succulente. A volte sono anche loro che si fanno scoprire in certi atteggiamenti per essere al centro dell’attenzione della gente.”
La signora annuii, anche se non sapevo se convinta dalle nostre motivazioni, oppure dalle nostre opinioni coincidenti.
“Te la immagini Clara famosa, caro? Come la Guaccero?*”
“Certo, come no. Fra qualche decina di migliaia di anni, magari…”
“Oh, come sei cattivo!”
Già, perché no? In fondo anche a me era capitato di incontrare qualche personaggio famoso che era nato in quelle zone, quindi perché non poteva trattarsi proprio di Matsumoto? Perché non potevo aver avuto quella fortuna? In fondo, come avevo detto io stessa pochi minuti prima, anche gli attori hanno una vita privata; anche loro nascono, crescono, vivono e hanno sentimenti. Perché non poteva essere lo stesso anche per lui? Avevo scoperto che il suo nome era diverso, ma non significava niente: poteva trattarsi benissimo di uno pseudonimo e non sarebbe stato certo un caso raro. Del resto, quanti giapponesi avevano gli occhi verdi e tratti somatici europei? Probabilmente era solo una coincidenza, ma poteva anche non esserlo. Mi sarebbe bastata una rapida ricerca su internet per controllare. Di solito la vita privata dei personaggi famosi non mi riguardava e i gossip non facevano per me; ma quella sera, mi ripromisi, avrei fatto un’eccezione.
“Mara, e tu cosa ne pensi?”
La conversazione intanto era proseguita e non ci avevo fatto neppure caso.
“Cosa? Scusate, ero soprappensiero.”
“Dicevo, secondo te Clara potrebbe mai diventare un’attrice?”
“Non saprei… Forse, se si impegnasse potrebbe anche riuscirci. Ma perché, vuole studiare recitazione?”
Era palese che non avevo sentito una parola della conversazione, infatti i due si guardarono e scossero la testa.

Per tutto il resto della serata, nonostante non volessi ammetterlo, il mio pensiero corse sempre più spesso a quel ragazzo. Probabilmente, se la signora avesse smesso di spettegolare sui personaggi famosi e di chiedersi se Pinco Pallino sarebbe potuto diventare un divo di Hollywood, ci sarei riuscita anche meglio. Chissà perché la lingua batte sempre dove duole il dente. Che poi il dente non era neanche cariato, ma era giusto una mia fissazione, beh, questo era un altro discorso.
Comunque, per la prima volta in vita mia da quando frequentavo quella famiglia, non vedevo l’ora di andarmene, per tornare nel mio appartamento e fare tutte le ricerche che volevo. Ma perché non ci avevo pensato prima?
Aiutai la signora a lavare i piatti e poi, con la scusa che era stata una giornata molto pesante, mi defilai piuttosto in fretta; probabilmente avevano capito anche loro che stavo pensando ad altro, per questo non mi chiesero di restare un altro po’, come facevano invece di solito. Sicuramente avevano pensato che i miei pensieri fossero corsi a quello che era avvenuto la sera precedente, e io glielo lasciai credere.
Entrai in casa mia e subito il silenzio di un appartamento vuoto, che nulla aveva a vedere con l’atmosfera calorosa di quello dei signori Saracino, mi colpì come uno schiaffo. La solitudine non mi aveva mai spaventata – altrimenti non avrei deciso di vivere da sola, ovviamente – ma quando rincasavo da una giornata in loro compagnia, non potevo fare a meno di rabbrividire per il troppo silenzio.
Accesi il computer e cercai su Google il nome di Matsumoto; un secondo dopo la ricerca mi restituì almeno dieci pagine di risultati. Sbuffai: da un certo punto di vista era positivo avere tanto materiale su cui cercare, ma dall’altra parte mi sentivo come una ladra che stava spiando la vita privata di una persona sconosciuta. Scacciai questo pensiero: se le notizie erano lì, su internet, alla portata di tutti, significava che la persona in questione sapeva che potevano essere di dominio pubblico.
Cliccai sul primo link e riconobbi subito il mappamondo di Wikipedia: probabilmente la mia ricerca sarebbe stata molto più veloce di quel che avessi previsto.
Due secondi dopo, ne ebbi l’assoluta certezza.

Profilo:
Nome (romaji): Matsumoto Shin’ichi
Nome reale (romanji): Matsuda Hiroshi
Professione: doppiatore e cantante
Data di nascita: 1981-05-05
Luogo di nascita: Tokyo. Giappone
Altezza: 180 cm
Peso: 60 kg
Segno zodiacale: toro
Gruppo sanguigno: 0
Agenzia: X

Pochi sono i dettagli della sua vita privata a noi conosciuti. Il cantante ha mantenuto sempre il più stretto riserbo sulla propria famiglia e sulle proprie attività esterne alla sua professione.
Si sa poco dei suoi genitori, a parte che suo padre è un insegnante alla prestigiosa università di Tokyo e ha origini italiane da parte materna. Ed è forse questo il motivo per cui è stato scelto per doppiare il protagonista di Nihongo no hoshi**, film animato che racconta appunto le vicissitudini di un ragazzo italo-giapponese che divenne un eroe nella seconda guerra mondiale.
Il film, che non riscosse molto successo, gli valse comunque ruoli successivi anche di notevole prestigio. Le sue abilità canore lo hanno altresì portato a incidere alcuni dischi che riscontrano un certo successo tra il pubblico giapponese.
Animazione:


Scorsi velocemente la lista dei personaggi cui aveva prestato la voce, senza prestarvi molta attenzione: la mia mente si era fermata molto prima. Matsuda Hiroshi. Non era Hiroshi che la donna l’aveva chiamato? Non potevo aver capito male anche quello. E sua madre aveva origini italiane, proprio come la signora che avevo visto in ateneo quel giorno.
Feci un rapido dietro-front e tornai su Google, scegliendo questa volta la voce immagini. Erano tutte lì, le sue foto. No, quella non poteva essere semplice somiglianza.
Io avevo incontrato Matsumoto Shin’ichi. E di questo, ormai, ero completamente certa.




* Bianca Guaccero è un’attrice italiana nata a Bitonto (paese in provincia di Bari); ecco il motivo per cui i due coniugi citano proprio lei.
* Non mi risulta che esista un film del genere, né la storia di un simile eroe. XD Perdonate l’invenzione! XD

Note dell’autrice
Ok, dai, sicuramente l’avete capito tutti: come Matsumoto Shin’ichi, anche Matsuda Hiroshi non è un nome scelto a caso: per il cognome ho preso in prestito quello di Matsuda Shota, attore giapponese che ha recitato in alcuni dorama come Hana yori dango e Liar Game; per il nome, ho scelto Hiroshi, sia perché mi piace molto, sia in onore di Tamaki Hiroshi, il cantante/attore che ha impersonato Chiaki Shin’ichi in Nodame Cantabile, le cui canzoni mi hanno accompagnato durante la stesura dell’intero racconto. Ecco, diciamo pure che mi ha ispirato il personaggio di Hiroshi! XD
   
 
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