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Autore: Water_wolf    09/12/2015    4 recensioni
ATTENZIONE: seguito di "Sangue del Nord", "Venti del Nord" e "Dispersi nel Nord".
Evitare la guerra tra Campo Giove e Campo Nord, impedire il risveglio di Gea, fermare l'avanzata di Ymir: normale routine per i semidei Alex, Astrid ed Einar. Eppure, è davvero così? La posta in gioco è sempre più alta. L'unica soluzione è una triplice allenza tra Greci, Nordici e Romani. Ma il compito è tutt'altro che semplice se braccati da quelli che pensavi alleati. E Roma nasconde molti più segreti di quanto si creda...
«Molto bene. In bocca al lupo, Lars. Mi fido di te. Che gli Dèi siano con te» mi augurò, sorridendomi. «Anche io mi fido di te… ma dubito che gli Dèi saranno con noi, visto quel che dobbiamo fare.» || «Perché sai che cosa succede ai personaggi secondari che provano a diventare degli eroi?» Non attese risposta. «Muoiono, Einar Larsen. Ecco, che cosa succede.»
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Annabeth Chase, Gli Dèi, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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Tra incudine e martello
Water_wolf: il titolo mi fa pensare a doppi sensi lmao
AxXx: mettilo, mettilo... facciamo godere i nostri lettori :P
≈Lars≈
 
Non avere più la lama di un pretore pronto a eliminarti senza tanti preamboli era una sensazione piacevole.
Uscii dal forte a tutta velocità, tenendo lo scudo alzato, pronto a parare qualsiasi freccia potesse arrivarmi contro. Il cortile era un putiferio: mentre la Argo II prendeva il largo, l’Orda del Drago stava affrontando la furia dei semidei romani.
Alex era rimasto con noi e stava tenendo testa, da solo, a due legionari insieme. Poco più in là Astrid stava affrontando un legionario con le spalle così larghe da sembrare un rugbista. Ovunque c’erano piccoli duelli tra noi e loro. Magliette rosse contro viola, romani contro norreni, olimpici contro asgardiani.
«Ok, direi che non possiamo fare altro» sussurrai, osservando le ammaccature sullo scudo. «Dobbiamo fermare questo scontro.»
Corsi verso Alex per potergli riferirgli cosa mi aveva detto Reyna, sperando che gli Dèi fossero dalla mia parte.
«Ehi, amico!» Amalia, figlia di Tyr, mi salutò, mentre la sua ascia si piantava sullo scudo quadrato di un romano. «Questa sì che è una battaglia!»
«Cerca di non uccidere nessuno!» risposi, mentre un legionario mi tagliava la strada.
La sua lancia vibrò un affondo contro di me, ma non mi fu difficile evitarlo. Scartai di lato e, con la spada, tranciai in due l’asta, dopodiché colpii il tipo alla nuca con il manico e lo tramortii.
Altri legionari stavano affrontando tre dei nostri, più avanti. Ma non intervenni, dato che se la stavano cavando bene.
Mentre raggiungevo Alex, mi guardai freneticamente intorno e fui sollevato dal vedere che, almeno a prima vista, non c’erano ancora stati caduti da nessuna delle due parti. Se qualcuno di noi fosse morto, allora la pace sarebbe stata impossibile.
Lo scontro continuava con una certa violenza. Non sapevo cosa vedessero i mortali, ma sperai che non arrivasse la polizia, o sarebbe stata dura spiegare la nostra presenza. Alzai un attimo lo sguardo e vidi Speil e Vesa che tenevano lontane una mezza dozzina di aquile giganti romane che tentavano di attaccarci. Le aquile erano più numerose, ma le viverne più forti e meglio difese, permettendo loro di tenerle lontane.
«Fermo!»
Un romano si avventò su di me, con il gladio alzato.
«Togliti di torno» gli risposi, parando il colpo e tirandogli un pugno in faccia, mandandolo lungo e disteso a terra.
I legionari sapevano difendersi, ma il loro stile era prevedibile.
Quando raggiunsi Alex, che combatteva al centro di una stradina ghiaiosa, si era già liberato dei suoi avversari. Uno di loro era svenuto a terra, l’altro aveva i piedi rinchiusi in due pesanti blocchi di ghiaccio che lo inchiodavano sul posto, impedendogli di muoversi.  
«Hai sempre avuto un debole per aghalaz» commentai con un sorrisetto, vedendo il semidio romano che tentava in tutti i modi di liberarsi.
«Be’, la runa del ghiaccio è utile. Molto di più di quanto non sembri» sbuffò divertito, ma tornò serio e si guardò intorno. «Dobbiamo dare ordine di ritirarci. Se ci scappa il morto, allora, non c’è speranza di fare pace.»
«A questo proposito, ho un messaggio da parte del Pretore Reyna» dissi, voltandomi verso di lui.
Stavo per dirglielo, quando una voce che conoscevo fin troppo bene raggiunse le nostre orecchie. Octavian apparve davanti a noi. Non indossava armatura, bensì maglietta e pantaloni fradici. I capelli gli ricadevano bagnati sul viso dandogli un aspetto ridicolo, come di un gattino che ha tentato di fuggire da una vasca piena d’acqua, senza molto successo. I suoi occhi iniettati di sangue ci fissavano colmi d’odio. Non portava armi, ma sembrava volerci minacciare.
«Uccideteli!» ordinò furioso ai due legionari che gli erano accanto. «Uccideteli entrambi e portatemi le loro teste!»
«Ma non la smette mai?» chiesi, inarcando le sopracciglia.
«Di starnazzare come un tacchino al macello, o di ordinare la nostra morte?» domandò Alex, mentre stringeva Fragore. «Perché è fastidioso in entrambi i casi.»
I due legionari che si fecero avanti erano senz’altro tipi tosti: portavano entrambi un’armatura completa ed un mantello viola, erano armati di grossi scudi quadrati e pila, mentre sulla testa portavano un pennacchio elaborato che li identificava come graduati. Da quel che ci aveva detto Jason, dovevano essere centurioni: un grado molto elevato.
«Chi ti prendi?» chiese Alex, mentre la sua spalla destra sfiorava la mia sinistra.
«Lasciamo che siano loro a decidere» risposi, mentre inclinavo lo scudo, in modo che difendesse, in parte, anche lui.
I due centurioni si mossero lentamente, come per aggirarci. I loro pila erano puntati contro di noi.
«Arrendetevi, nel nome di Roma!» ordinò quello più vicino a me. «E vi daremo una morte rapida.»
«E se vi stendessimo e non morissimo?» fece Alex, puntando la spada. «La trovo un’opzione migliore.»
«Basta parlare!» sbraitò Octavian, spazientito. «Uccideteli!»
I nostri avversari sembrarono lanciarsi uno sguardo d’intesa, prima di colpire contemporaneamente, come se avessero studiato quella mossa da mesi. Alzai lo scudo, mentre io ed Alex ci mettevamo spalla a spalla per ricevere meglio il colpo.
La lancia del mio avversario si piantò sul mio scudo, ma il suo mi arrivò in faccia con una potenza d’urto che non mi ero aspettato. Emisi un gemito di dolore, mentre sentivo un rivolo di caldo sangue scendermi lungo le narici, ma non caddi. Alle mie spalle, Alex aveva usato il piatto della spada per attutire l’attacco e parare il pila. Ci stavano letteralmente schiacciando tra due scudi.
«Così! Massacrateli! Soffocateli! Che muoiano della peggiore delle morti!» li incitava l’augure, che sembrava un bambino assatanato che tifava la sua squadra del cuore.
«Chiudi la bocca!» urlò Alex, alle mie spalle, prima di alzare la mano sinistra.
Si voltò verso di me, un attimo e nei suoi occhi intravidi un avvertimento. Ormai combattevamo insieme da troppo tempo per non riconoscerlo, così chiusi gli occhi e strinsi i denti, confidando nella sua magia.
Ci fu una specie di risucchio.
Percepii lo scoppio di luce, attraverso gli occhi chiusi, mentre la pressione contro il mio scudo si allentava di botto. Quando li riaprii, i due centurioni sembravano disorientati. Indietreggiavano tenendosi il viso, come se fossero stati tutto il giorno al buio e, di colpo, qualcuno gli avesse fatto scattare il flash di una macchina fotografica in faccia.
«Andiamo» disse Alex, soddisfatto, mentre abbassava la mano. Su di essa era ancora visibile la runa di sowulo.
La runa della luce aveva una forma simile ad una Z molto allungata e messa in verticale e aveva lasciato una piccola cicatrice nell’aria con la sua forma, che riluceva ancora di un tenue bagliore dorata. Ora non faceva niente, ma doveva esser stato tremendo vedere la sua luce mentre Alex la evocava.
Mi lanciai contro il centurione che avevo davanti e lo colpii in faccia con lo scudo. Nel frattempo Alex colpì l’altro in testa, tramortendolo.
«Bene» disse soddisfatto, voltandosi verso l’augure. «Octavian, ti do due possibilità. O ti rituffi da solo nel porto, o ti ci ributto io personalmente.»
«E io chi sono?» protestai, rigirandomi la spada in mano. «Anche io voglio divertirmi.»
Il ragazzo indietreggiò. «Come… come osate, barbari!? Io sono figlio di Febo! Sono l’augure di Roma e voi, sporchi razziatori, non avete alcuni rispetto per me!»
«Ok, ho capito, grazie per avercelo detto per trecentesima volta.»
Corsi verso di lui, e lo colpii in faccia con lo scudo.
Svenne all’istante e crollò a terra senza nemmeno un gemito.
«Grazie, ne avevo abbastanza di sentirlo parlare.»
Alex mi fu accanto un istante dopo. Anche lui, a quanto pareva, aveva tentato di tramortirlo, ma io ero stato più veloce. 
In quel momento una voce risuonò tra le fila dei Romani. Reyna avanzò tra di loro, tenendo alto il vessillo della legione, urlando a squarciagola: «Ritirata! Romani, indietro! Ricompattatevi!»
«Ora, Alex, diamo l’ordine di ritirata anche noi» dissi, certo che non avremmo avuto altre possibilità di ritirarci.
«Molto bene.» Alex corse indietro con me. «Orda del Drago! Alla Skidbladnir!»
In poco tempo, sia noi che i Romani ci ritirammo. Noi tornammo sulla nave, mentre i Romani si ricompattavano al forte. Le loro aquile volteggiavano ancora su di noi, ma le viverne le tenevano a bada.
«Astrid, forza!» gridò Alex, dandole una mano a salire lungo la fiancata della nave. «Non vorrai restare con Mister Parlo Troppo.»
«Non ci penso neanche» replicò lei, mentre le grida di Octavian, rinvenuto da pochi istanti, riempivano l’aria.
A quanto pare era molto infastidito dal fatto che noi fossimo fuggiti e non poteva dare la colpa a Reyna, dato che quell’idiota era venuto a cercarci personalmente. Il che mi fece stare bene con me stesso. Reyna avrebbe avuto tempo di organizzare una strategia per rallentare i Romani, in attesa del nostro ritorno.
«Qual è la situazione?» chiesi a Marcus, facendo un cenno verso i nostri amici.
Alex e Astrid stavano aiutando Shawn, un figlio di Ullr rimasto ferito da una freccia.
«Nessuna perdita» rispose Marcus, avvicinandosi. Aveva il braccio fasciato. «Lo scontro è stato duro, ma nessuno di noi ci ha lasciato la pelle. Abbiamo solo feriti.»
«Ottimo.» Alex si avvicinò. «Allora torniamo al Campo Mezzosangue.»
«Pensavo tu volessi rimanere con Percy ed i suoi. Come mai vuoi stare con noi?» chiesi sorpreso, mentre Petra si dava da fare per far muovere la nave.
Il figlio di Odino sospirò. «Non posso lasciarvi ad affrontare la situazione da soli. Oggi abbiamo visto cosa possono fare i Romani ed è solo grazie agli Dèi che nessuno di noi è morto. Se davvero ci sarà una battaglia, io sarò più utile qui ad aiutarvi.»
«Però non dovremmo aiutare Einar?» obiettò Astrid, che si stava pulendo le mani, sporche di sangue.
«E poi la Corona di Odino è importante» rammentai, preoccupato. «Se c’è qualcuno capace di trovarla, quello sei tu. Oltre al fatto che sei un figlio di Odino. Potresti percepirla prima di vederla. Devi andare.»
Alex sospirò e fissò i nostri compagni che si stavano sistemando sulla nave: alcuni erano feriti e, aiutati da alcuni miei fratelli e sorelle, si curavano i tagli. Altri riparavano taciturni le loro armi. Ogni tanto, qualcuno ci lanciava un’occhiata veloce, prima di riabbassare lo sguardo.
«Sono nostri amici» capitolò, alla fine. «Loro contano su di me. Si aspettano che io li guidi, come loro comandante e come figlio di Odino. Non posso andarmene come se niente fosse e lasciarvi così. Aiutarvi è mio dovere.»
«Aiutaci trovando quella corona e rimettendola in testa a tuo padre. Quella è l’unica cosa importante da fare adesso. Ci penserò io a comandare l’Orda e a tenere Johannes lontano dai Romani per quanto possibile.»
Alex sembrò rifletterci un bel po’, prima di decidersi. Osservai Astrid, come per sperare che mi desse supporto morale, ma lei rimase in silenzio, osservando il suo ragazzo. Sentivo che lei avrebbe preferito non interessarsi, ma, se avesse potuto scegliere, credo avrebbe preferito aiutare Percy nella sua missione.
«Lars, te la senti davvero?» chiese, alla fine, guardandomi un po’ preoccupato. «Johannes è un tipo più duro di quanto si possa pensare, ma non è un completo idiota. Prima o poi troverà il modo di convincere la maggior parte dei semidei ad attaccare.»
«Lo so, ma posso assolutamente farcela, capo. Fidati di me» lo rassicurai, poggiandogli una mano sulla spalla.
«Mi fido.» Sospirò e alzò gli occhi al cielo. «Allora andiamo, tesoro?»
Astrid gli dette un pugno amichevole. «Certo che andiamo, scemo. Dov’è la tua viverna?»
«Pensavo soffrissi di vertigini» la punzecchiai.
«Appunto: prima si parte, prima potrò scendere dal dorso di quel coso» sbuffò la figlia di Hell, esasperata, proprio mentre Vesa atterrava sul ponte della nave.
Alex non ci mise molto a prendere la sua roba e mettersi in groppa alla viverna. Insieme a lui, Astrid si issò sulla schiena della creatura, stringendosi a lui. La vidi sbuffare e diventare un po’ più pallida, anche se era difficile dirlo: era pallida di natura.
«Cerca di non farti ammazzare, Lars!» si raccomandò il figlio di Odino, salutandomi un’ultima volta. «Cercherò di tornare prima possibile con buone notizie.»
«Vai capo. Io terrò duro fino al tuo ritorno» lo salutai, mentre la viverna decollava, spingendo Alex ed Astrid verso la Argo II.
 
 
•Alex•
 
Volammo sulle onde dell’Atlantico per diverse ore, prima di individuare di nuovo la Argo II. Dopo aver fatto rotta a Charleston, si erano diretti a nord per cercare la spaccatura tra i mondi. Non era difficile trovarla, eppure, quando arrivammo sul posto, ci rendemmo conto che la Argo II non l’aveva ancora raggiunta
«Non è possibile che siano in ritardo» disse Astrid, guardandosi intorno. «La nave è velocissima! Sarebbe già dovuta essere qui.»
«Qualsiasi cosa sia accaduta, spero che non sia nulla di troppo grave» affermai, indicandola davanti a noi.
Agli occhi dei mortali, la spaccatura sarebbe stata invisibile, solo un ammasso nebbioso ed informe sotto il quale l’acqua si agitava tumultuosa. Ma per un semidio era facile scorgere lo squarcio che si agitava in aria: due lembi di foschia sottilissimi, come se la realtà stessa fosse tagliata in due da una forza prorompente, aprendo una finestra su un’altra realtà. Era stranissimo e spaventoso allo stesso tempo, come se da un momento all’altro quell’apertura potesse risucchiare tutto.
«Credi che siano già passati?» urlò Astrid, sovrastando il rumore del mare in tempesta.
«Non penso!» replicai, strizzando gli occhi. «Se qualcosa fosse passato da qui, lo percepirei, e non è successo.»
Mi guardai intorno preoccupato. Possibile che non si fossero ancora fatti vivi? L’Argo II era una nave molto veloce e nessuno avrebbe mai voluto fare ritardo, specie se si trattava di Leo, che adorava spingere quel gioiellino al massimo.
«Meglio seguire la loro rotta al contrario per assicurarsi che nulla li abbia rallentati!» dissi, mentre Vesa compiva una lunga virata verso sud.
«I Romani… credi che Octavian possa averli attaccati ancora?» chiese la mia ragazza, reggendosi.
«Non i romani, ma Gea ed Ymir. Non hanno pochi alleati, loro potrebbero farcela benissimo» risposi, mentre volavamo bassi per ritrovare i nostri amici.
Non fu un’impresa, però. Dopo pochi minuti, intravedemmo l’albero maestro dell’ Argo II a distanza sul mare, mentre le onde sembravano calmarsi. Si vedevano i fulmini che Thor stava scatenando sull’Atlantico, probabilmente stava cercando di rintracciare Jason. Ordinai a Vesa di accelerare e, in un attimo, fummo sopra la nave, dove Piper ci stava facendo segno di atterrare.
«Eccovi, finalmente!» esclamò Astrid, smontando con malcelata gioia dalla mia viverna. «Come mai siete così indietro?»
«Siamo stati attaccati» spiegò la figlia di Afrodite, indicando lo scafo danneggiato della nave. «Da un mostro gigante simile ad una grossa aragosta.»
«Dove sono tutti?» chiesi, osservando il profondo squarcio nella fiancata.
«Percy e Jason stanno cercando Hazel, Frank e Leo, che sono caduti in mare. Einar e Annabeth sono di sotto a riparare i danni» rispose Piper, ansiosa.
«Stanno bene?» domandai, scrutando le onde. Probabilmente Percy era sott’acqua.
«Gli altri non sono risaliti, ma non sappiamo se siano morti o no. La corrente potrebbe averli portati lontani, solo che… Percy è preoccupato. Non riesce a trovarli. L’acqua è il suo elemento.»
Dalla sua voce, capii quanto la preoccupasse il fatto che il figlio di Poseidone fosse incapace di ritrovare i dispersi. Non volli immaginare cosa stesse provando Annabeth, all’idea che il suo ragazzo fosse tanto indebolito.
«Sono certo che li troverà» la rassicurai, andando sotto coperta, intenzionato ad aiutare gli altri a riparare la nave. «È un semidio molto potente e li farà tornare su.»
Sottocoperta la situazione era parecchio critica, ma non terribile. La spaccatura era molto grossa, però era stata provocata nella parte superiore della chiglia e non aveva fatto imbarcare troppa acqua, in più non aveva danneggiato i motori o altri sistemi importanti della nave.
Annabeth ed Einar stavano inchiodando delle assi per impedire che l’acqua entrasse ed io li aiutai volentieri, mentre loro mi aggiornavano sulla situazione.
«Speriamo solo che stiano tutti bene che Jason e Percy riescano a trovarli» concluse Einar, dopo il racconto dello scontro con il mostro nemico.
«Quindi sono stati quegli Dèi esiliati ad Atlanta a mandare il mostro. Dobbiamo stare attenti contro prossimi attacchi» dissi, mentre issavo un’altra asse di legno.
Le stalle erano quasi del tutto allagate e l’acqua mi arrivava alle  ginocchia, impedendomi movimenti fluidi e precisi. Un paio di volte caddi addosso ad Einar e mi colpii il pollice con il martello. Non ero affatto un buon costruttore come Leo, ma almeno riuscimmo ad impedire all’acqua di farci affondare. Astrid ci dette una mano a riparare il resto dei danni.
Percy riemerse un ora dopo, con aria abbattuta. Jason arrivò poco dopo, anche lui esausto dopo il volo.
«Non riesco a trovarli, maledizione» sbottò, sedendosi sul parapetto. «Mi sembra di essere di nuovo nell’acquario, dove non riuscivo a controllare i miei poteri. È come se qualcuno li stesse inibendo.»
«Wow, Jackson, “inibendo”. Che termine aulico» scherzò Einar, cercando di tirarlo su. «Da quando sei così altisonante? Non è che è l’effetto romano?»
«Ma sta zitto, Larsen» sbuffò il figlio di Poseidone.
Jason mi guardò. «Sei tu l’esperto di magia. Hai idea di cosa lo stia ostacolando?»
«No.» Osservai la distesa oceanica sovrastata dalle nubi di Thor. «Il mare non è di mio padre, i miei poteri sono limitati qui. Non riesco a capire cosa ci stia intralciando.»
«Nessuno vi sta intralciando!»
La voce di Leo ci fece prendere un colpo, ma almeno fummo felici che fosse la sua e non quella di qualche mostro. Lui, Frank ed Hazel si stavano issando lungo la fiancata della nave.
«Chi ha ridotto in quel modo la mia nave?» Sbuffò, appoggiandosi al parapetto. «Era più carina aperta che riparata come l’avete fatto voi.»
«Ehi, nessuno è bravo come te a riparare cose» scherzò Piper, abbracciandolo insieme a Jason, mentre Percy gettava le braccia al collo di Hazel e Frank.
«Ma dov’eravate finiti?» chiese il figlio di Poseidone.
«In un posto che ti piacerebbe molto… Ragazzi, dobbiamo parlarvi. Ci sono cose importanti su cui aggiornarvi» disse Frank, liberandosi della nostra stretta.
Ci riunimmo tutti di sotto, nella sala comune dove i tre ci raccontarono del campo di semidei marini e degli avvertimenti dei fratelli di Chirone. Bythos e Aphros avevano promesso aiuto e avevano dato dei consigli su dove andare, ma dubitavo che persino loro potessero impedire a Thor di percepirci ed attaccarci.
«Dobbiamo raggiungere lo squarcio il prima possibile» dissi, preoccupato. «Thor si avvicina sempre di più e quando ci avrà a portata questa nave avrà a che fare con cose peggiori di Gamberzilla.»
«Cosa gli impedirà di seguirci attraverso la spaccatura?» chiese Hazel, in ansia. «Potrebbe abbatterci con un solo colpo.»
«Attraversare lo squarcio ci farà guadagnare tempo. Persino gli Dèi subiscono gli effetti della Foschia e Thor è uno dei più vulnerabili ai suoi effetti. Useremo la Foschia dello squarcio per disorientarlo e filarcela. Una volta a Vanheim dovremmo essere al sicuro. È il Regno dei Vani e gli Asi sono indeboliti nei regni a loro estranei» spiegai.
«Come quando eravamo nell’Hellheim» osservò Einar.
«Ma tu non subirai lo stesso effetto?» domandò Leo, inarcando le sopracciglia. «Sei un figlio di Odino, dopotutto.»
«Vero, a Vanheim non potrò darvi molto aiuto. Ma meglio approfittare di questa scorciatoia» affermai, con un sospiro. Odiavo essere inutile.
«Oh, avanti.» Percy mi arruffò i capelli, allegro. «Non ci deludi mai con i tuoi segni magici.»
«Rune» lo corresse Astrid.
«Quel che è. Quello che intendo, è che andrai alla grande e chissene importa se Thor ci dà dei problemi.»
«Allora è deciso. Avanti, finiamo di riparare questa nave e poi andiamo a trovare questi Vani.»
Leo si alzò e corse euforico nella stiva per prendere gli attrezzi, seguito a ruota da Einar e Piper, ansiosi di aiutarlo.
Astrid si avvicinò. «Sei sicuro di farcela? Attraversare la tempesta di Thor potrebbe essere troppo anche per te.»
«Siamo in ritardo. Se non attraversiamo lo squarcio come ci ha detto Sol, allora non serve a nulla correre. E non possiamo lasciar morire Nico» risposi sospirando.
La magia che avrei usato per permettere all’Argo II di superare l’apertura e la tempesta sempre più vicina avrebbe potuto prosciugarmi, in effetti.
«Sempre a fare l’eroe, vero?» sbuffò lei, dandomi però un bacio sulla guancia. «Vediamo di non morire, questa volta, eh?»
«Non dovevi dirlo, o rischierò sul serio» replicai con un sorrisetto. «Porta sfortuna.»
«Ma taci!» Mi dette un pugno sulla spalla. «Ora va’ a prepararti, che se no arrivi lì e non sei pronto, testone che non sei altro.»
«D’accordo, tesoro. Ci vediamo dall’altra parte» dissi, prima di baciarla e stringerla, nonostante le sue proteste riguardo al chiamarla “tesoro”.
Avevo bisogno di sentirla vicina. Poche volte avevo lanciato un incantesimo del genere. La prima volta era avvenuto quando sconfissi Thor e, all’epoca, ero con Lars e disposto a tutto per vincere. Questa volta ero meno sicuro di me stesso e, soprattutto, dovevo pensare a proteggere tutti, non solo me stesso.
Quando salii di sopra, sul ponte, c’era solo Leo che guidava la nave. Tutti gli altri erano di sotto su mio consiglio, per evitare di essere coinvolti.
«Ehi, Mister Muscolo!» urlò Leo, al timone. «Ho riparato al meglio la falla, ma se veniamo colpiti perdiamo tutta la nave. Vedi di fare del tuo meglio.»
«Tranquillo, tu guidaci a Vanheim!» replicai, posizionandomi sulla punta della nave, dove avrei lanciato l’incantesimo.
Avevamo riparato lo scafo al meglio, ma non era certo che avremmo retto, mentre attraversavo lo squarcio e il temporale si avvicinava.
«Ok, ci siamo!»
Leo virò, in modo da allinearsi con l’apertura e spinse i motori al massimo.
«Ci sono!»
Alzai le mani davanti a me, congiungendole a con i palmi rivolti verso l’alto e sussurrai il nome della runa.
«Algiz
Un simbolo gigantesco che ricordava una zampa di gallina, o il simbolo della pace senza il cerchio, si allargò sotto i miei piedi, mentre una sua riproduzione luminosa mi appariva in mano. La runa avvolse tutta la nave, creando una gigantesca bolla di energia luminosa.
«Vai!» urlai, mentre sentivo l’energia che già mi veniva sottratta dalla runa.
Leo fece una manovra e accelerò al massimo, mentre la Argo II si infilava nel varco. La barriera avrebbe impedito alle correnti che scorrevano lungo Ygdrasill di disintegrarci mentre lo attraversavamo in volo.
«Ok, ci siamo!» Il figlio di Efesto mosse le mani con tanta rapidità che sembrava averne sei. «Stiamo per infilarci nel vuoto.»
Sarebbe stato troppo bello se tutto fosse andato liscio. Nella concitazione del momento non ci eravamo resi conto che le nubi erano avanzate. Un tuono squarciò l’aria. Poco dopo, un fulmine si abbatté sulla barriera, facendomi ansimare per il dolore. Il dio del tuono stava tentando di trattenerci. La barba ed i capelli biondo-rossicci sciolti al vento sembravano scintille accese ed il martello emetteva saette elettriche.
«Osate fuggire, codardi?! »Thor calò dal cielo, brandendo l’arma. «Combattete!»
«Oh, fantastico. Alex, resisti!»
Leo tentò di raddrizzare la nave, ma Thor si stava preparando ad attaccarci di nuovo.
«Non fuggirete!» Thor atterrò sullo scafo e alzò il martello. «Mi basterà distruggere questa nave per fermarvi!»
«No!» urlai, senza rompere l’incantesimo. Dovevo dare tempo a Leo di riallinearci con il varco, o saremmo potuti finire a Muspellheim. «Se distruggi questa nave, non potremmo fermare Gea!»
«Gea non è un problema» replicò il dio del tuono, lanciandomi uno sguardo furente. «Appena avremo sconfitto Ymir, Gea cadrà sotto i nostri colpi! I Romani stanno solo tentando di sabotarci!»
«Ah, non è possibile ragionare con te!» sbottai, mentre mantenevo la barriera.
«Proprio così, fratello! Ora lasciami demolire questa nave!» esultò, alzando la sua arma.
Sarebbe stata una fantastica scena di demolizione, se non fosse che la situazione venne salvata dal più improbabile semidio che avrei visto affrontare Thor.
Frank Zhang.
 
☼ Frank ☼

 
Ok, salvare la Argo II da Thor non era in cima alla mia lista delle cose da fare. O meglio, salvare la Argo II era un ottima idea, ma affrontare Thor era tutta un’altra cosa.
La nave subì uno scossone fortissimo e si inclinò di lato, così decisi di salire in coperta per vedere cosa stesse succedendo, mentre tutti gli altri tentavano di rialzarsi. Percy era rimasto incastrato sotto due sedie e Annabeth lo stava aiutando a rimettersi in piedi.
Risalii rapidamente la scaletta fino al portellone che portava sul ponte e lo aprii. Brutta mossa, visto che mi trovai proprio sotto il sedere di Thor.
Il dio sembrava stare valutando quale punto dell’imbarcazione colpire, mentre Alex e Leo erano impegnati ad evitare che la nave venisse disintegrata dai fulmini, così io feci la cosa più stupida che mi venisse in mente: dare un calcio nel didietro di un dio.
Certo, non proprio elegante, ma mi sorpresi di quanto fosse funzionante, dato che lo sbilanciò, facendolo crollare come un sacco di patate.
«Come osi!?»
Thor alzò lo sguardo e mi fissò furente.
«Ehm… S-salve, credo che lei abbia sbagliato volo» farfugliai, indietreggiando. Non mi piaceva il modo in cui mi guardava.
«Figlio di Marte, ti do la possibilità di morire velocemente subito, se non opponi resistenza. O preferisci una morte lenta e dolorosa? Io protendo per quest’ultima opzione» propose il dio del tuono, facendo roteare il martello con l’aria di volerlo usare per schiacciarmi la testa.
Arrivai fino al parapetto e deglutii. «C’è una terza opzione che non prevede la mia morte?»
A quanto pare non era nel listino di Thor risparmiare i nemici, perché con un fluido movimento del braccio scagliò il martello contro di me. Nei pochi istanti che mi separavano dall’impatto andai nel panico e, come capitava quando ero nel panico, attivai la metamorfosi senza nemmeno pensarci.
Sentii come se il mio corpo venisse pressato infinite volte e poi sgonfiato di tutta l’aria. Una sensazione stranissima che non riuscivo nemmeno a capire se fosse sgradita. Semplicemente mi sentii regredire, ed il martello mi passò sopra la testa facendomi letteralmente impazzire.
La buona notizia era che ero vivo. Quella cattiva era che la nave si era sbilanciata ancor di più.
«Ehi, gente! Vedete di non distruggere tutto!» urlò Leo, mentre muoveva freneticamente il timone, cercando di raddrizzarla.
Alex stava ancora proteggendo la nave dalla pioggia di fulmini che ci bombardava. Solo allora capii come mai mi sentivo così strano: ero diventato una mosca. Quando l’arma mi era passata sopra la testa, ero appena diventato una mosca: per questo ero impazzito, come se un forte vento mi avesse sbilanciato. Per le mie attuali dimensioni, il martello aveva provocato uno spostamento d’aria tale da farmi volare vie. Ed infatti Thor non mi vedeva più.
«Dove sei, piccolo semidio romano?» domandò, arrabbiato, mentre il martello gli tornava in mano. «Ti nascondi? Non mi sorprende, quelli come te sono sempre stati dei codardi.»
Ronzai via, tutt’altro che intenzionato ad iniziare uno scontro contro il dio del tuono in forma di mosca. Sarei stato schiacciato come… una mosca. Se solo fossi riuscito a trasformarmi in qualcosa di più grosso e forte, forse, avrei potuto affrontarlo.
Provai a concentrarmi, ma nulla.
Ci risiamo… Sono bloccato!, mi maledissi, affranto. Anche quando ero carpa, mi ero bloccato: ancora una volta una trasformazioni inutile.
«Ah, non importa. Distruggerò il resto» bofonchiò Thor, perdendo interesse per me.
«Non ci provare!»
Leo abbandonò il timone e lo attaccò.
Nello stesso tempo, Alex si voltò e sulla sua mano apparve un altro simbolo che non conoscevo. Una runa, penso, e l’incantesimo evocò una specie di lingua di fuoco bianco. Il dio del tuono sparì, per un attimo, in una colonna di fiamme argentee e rosse, come se venisse avvolto in un pilastro di metallo fuso.
Ma sconfiggere una divinità non poteva essere così facile: infatti Thor evocò un fulmine che lo liberò. Nello stesso istante scattò verso Leo, colpendolo al petto con un pugno così ben assestato che mi parve di sentire il rumore di qualche osso rotto.
Dovevo intervenire.
Senza riflettere mi lanciai contro di lui, prima che potesse rivolgere le sue attenzioni ad Alex e, con tutto il mio poco peso, mi gettai sul suo occhio destro.
«AAAAAAAAAAARGH!»
Non credevo che un dio potesse essere così stupido.
L’occhio si trasformò in un ammasso di pelle gonfia che a mala pena poteva tenere aperto. Gli ronzai intorno, sentendomi più sicuro di me stesso, provando a colpire anche l’altro occhio, ma lui si agitava tantissimo.
«Maledetto! Che tu abbia sangue di Loki nelle vene non cambia! Ti schiaccerò!» urlò Thor, agitando il martello.
Ebbene, lasciatevi dare un consiglio: agitare un martello contro un ragazzo-mosca che ti ronza davanti alla faccia è cosa assai poco salutare. Proprio come Thor scoprì che darsi una martellata in testa fa molto male e rischia di tramortire.
«Wow.» Tornai alla mia forma umana – non so per quale grazia divina – e sì: Thor era a terra. «Come ho fatto?»
«Bel colpo, Zhang.» Alex era al mio fianco e mi aiutò ad alzarmi. «Thor non brilla proprio di intelligenza.»
«Che ne facciamo?» chiesi, un attimo preoccupato. Quel dio avrebbe potuto riprendersi da un momento all’altro.
«Semplice» rispose il norreno, sollevandolo per le braccia con uno sbuffo. «Lo gettiamo fuori bordo.»
Non ero tanto convinto che gettare via un dio in mezzo all’oceano potesse essere una buona idea, ma non ci tenevo nemmeno a portarmelo dietro. Non era neanche detto che a Vanheim fosse impotente, anzi, se da quel che avevo capito, Asi e Vani erano alleati, poteva risultare indebolito, ma comunque molto pericoloso. Così lo presi per i piedi. Non riuscimmo a spostare Mijolnir, per questo decidemmo di legarglielo al braccio e li gettammo entrambi di sotto.
«Presto, aiuta Leo e portare via questa nave!» disse Alex, tornando al suo posto.
«Avanti, Valdez» aiutai Leo a rialzarsi, anche se sembrava molto indebolito dal colpo. «Aiutami a portare questa nave oltre quella roba.»
«Be’, Zhang, sei pieno di sorprese» replicò lui, mentre si appoggiava alla console di comando.
Con il suo aiuto, riuscii a guidare l’Argo II attraverso i rimasugli di tempesta che ci ostacolavano e puntammo alla spaccatura senza ulteriori ritardi e senza altri Dèi ad ostacolarci.
Con un ultimo sforzo, Leo guidò la nave all’interno, mentre Alex alzava, di nuovo, la barriera per non danneggiarla.
Finalmente saremmo arrivati a Vanheim.

koala's corner.
Buon mercoledì, semidei! Forse riusciremo a toccare tutti i giorni della settimana. In ogni caso, due annunci: il primo, Dicembre è un mese molto incasinato e quindi pubblicheremo un po' a singhiozzo, putroppo; il secondo, spostiamo il dì di pubblicazione a al giorno di Marte/Tyr.
(La prossima settimana di scuola sarà da panico aiut salvatemi)
Passando ad argomenti più felici, diciamo che Frank è un grande perché nemmeno Loki poteva battere Thor trasformandosi in una mosca :P Dandogli pure un calcio nel sedere, poi.
Ma anche Alex Passione Per Le Rune non se la cava male, poi. E il suo rapporto con Lars meriterebbe una fiction a parte lol
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

Soon on VdN: saranno andati davvero a Vanheim? Mh. Chissà.
  
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