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Autore: Word_shaker    09/12/2015    1 recensioni
«Quindi, prima andiamo nelle cucine…» cercò di ricapitolare Fred per l’ennesima volta, la sera prima del misfatto.
«No, prima riempiamo l’ufficio di Gazza di mosche incantate!» lo corresse George, spazientito.
«Perché?» chiese il primo con la fronte aggrottata mentre si grattava la testa con una piuma d’oca.
«Perché gli elfi domestici obbediranno di certo, mentre se l’incantesimo sulle mosche non funziona, dovremo trovare un altro modo per far cantare le rane» rispose il secondo.
«Giusto. Quindi, prima le mosche, poi le cucine… Poi dobbiamo trovare Pix!»
«Esatto, e lasciare “casualmente” la finestra aperta. Poi bisogna disporre le armature in fila e portare i sacchetti di polvere dorata in cima al soffitto»
«E dobbiamo calare le lenzuola decorate giù dalla Torre di Astronomia»
«E’ tutto pronto: domani si va in scena!».
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Filius, Vitious, George, e, Fred, Weasley, Minerva, McGranitt, Pix
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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I gemelli Weasley adoravano il Natale: le luci, i colori, l’atmosfera calda in contrasto con il clima freddo, i dolci, il tacchino, le canzoni a tema li estasiavano e li facevano diventare più creativi del solito.
A pensarci bene, avevano anche un motto natalizio, inventato quando avevano cinque anni: «A Natale tutti sono più buoni, quindi tutti possono sopportare i nostri scherzi più facilmente». Il Natale, insomma, era l’occasione perfetta per inventare gli scherzi più strani.

Durante il loro primo anno a Hogwarts ebbero una trovata clamorosa, dimodoché chi non li conoscesse ancora per le loro bravate avrebbe avuto modo di fare ammenda in un lampo. Avevano studiato quel piano per giorni, tanto che, ad un certo punto, furono quasi certi di essere arrivati a ripeterlo nel sonno!
«Quindi, prima andiamo nelle cucine…» cercò di ricapitolare Fred per l’ennesima volta, la sera prima del misfatto.
«No, prima riempiamo l’ufficio di Gazza di mosche incantate!» lo corresse George, spazientito.
«Perché?» chiese il primo con la fronte aggrottata mentre si grattava la testa con una piuma d’oca.
«Perché gli elfi domestici obbediranno di certo, mentre se l’incantesimo sulle mosche non funziona, dovremo trovare un altro modo per far cantare le rane» rispose il secondo.
«Giusto. Quindi, prima le mosche, poi le cucine… Poi dobbiamo trovare Pix!»
«Esatto, e lasciare “casualmente” la finestra aperta. Poi bisogna disporre le armature in fila e portare i sacchetti di polvere dorata in cima al soffitto»
«E dobbiamo calare le lenzuola decorate giù dalla Torre di Astronomia»
«E’ tutto pronto: domani si va in scena!».

Affinché tutta la scuola assistesse a quella malefatta, avevano programmato di inscenare lo scherzo il 20 dicembre, così la mattina dopo tutti quanti, Weasley compresi, sarebbero potuti tornare a casa con qualcosa da raccontare.
Erano un po’ tesi perché non avevano mai fatto uno scherzo che coinvolgesse tutta Hogwarts, ma, tutto sommato, non erano preoccupati di fallire: se a sette anni erano stati quasi capaci di stringere un Voto Infrangibile, perché a undici un castello millenario avrebbe dovuto fermarli?
Quella sera portarono le loro borse con sé - nel caso in cui qualcosa fosse andato storto, avrebbero dovuto riparare alla svelta - e scapparono nell’ufficio di Gazza, la Mappa del Malandrino aperta. Quando videro che né lui né Mrs Purr erano nei paraggi, si scambiarono una rapida occhiata, annuirono, come se fosse un segnale di convenzione, e spalancarono la porta.
Fred aprì la finestra e cominciò a prendere le mosche che aveva incantato in precedenza dal barattolo che aveva con sé e le sparse per tutta la stanza. Se i loro calcoli erano esatti, in quel modo avrebbero attratto all’incirca duecento rane.
Quando vide una rana fare capolino dal davanzale, George disse: «Andiamo! Abbiamo poco tempo».
Attraverso una scorciatoia, arrivarono alle cucine di Hogwarts.
Al loro passaggio, un esercito di elfi domestici si inchinò. Non avevano tempo per i convenevoli.
«Cosa possiamo fare per voi, signori?» domandarono le creaturine mentre rivolgevano i loro enormi occhi verso i due ragazzi.
«Abbiamo bisogno di voi per rallegrare tutta Hogwarts!» esclamò George con un grande sorriso. Se avessero puntato tutto sull’innocenza e le buone intenzioni, avrebbero ottenuto il loro aiuto senza problemi; e poi, essendo elfi domestici sotto la protezione di Silente, nessuno avrebbe osato incolpare quei piccoletti per i servigi prestati a due gemelli scapigliati.
«Di che cosa avete bisogno, signori?» cominciò un’elfa con le manine giunte ed un grande sorriso.
«Fra cinque minuti esatti, abbiamo bisogno che voi allaghiate il pavimento della Sala Grande con del succo di zucca» affermò Fred.
«Non necessariamente dal pavimento al soffitto…» aggiunse George.
«Sì, basta qualche centimetro!» incalzò l’altro.
«Non è pericoloso, signori?» fece un elfo guardando gli altri con appresione.
«La Sala Grande comincerà a riempirsi solo fra mezz’ora, per cui nessuno si farà male» li rassicurarono all’unisono.
«Gli elfi domestici faranno il possibile per accontentarvi, signori!» cinguettò un elfo con gli occhi languidi.
«Grazie, grazie! Vi siamo debitori!» pigolò Fred stringendo le mani dei primi elfi che gli capitavano a tiro.
Appena si furono liberati degli elfi, ricominciarono a correre, stavolta verso il terzo piano, dove la Mappa del Malandrino segnava Pix il Poltergeist che fluttuava su e giù per le scale.
Anche in questo caso, arrivarono a scavezzacollo. Quando Pix si accorse dei gemelli cominciò a canticchiare uno strano motivetto:
«Gemelli puzzolenti,
piccoli fetenti,
se correte
i denti rotti avrete!
Non presto, magari,
ma saranno ca…».
«Come sei gentile, Pix!» lo interruppe Fred in tono sarcastico ed alzò gli occhi al cielo.
«E dire che avevamo qualcosa per te!» aggiunse George fingendo una delusione.
Sentendo quelle parole, il piccoletto si avvicinò ai due con gli occhietti spalancati. «Che cosa? Che cosa?» chiese con la voce più acuta di un’ottava.
«Se noi aprissimo la finestra…» iniziò George con un’aria innocente che non avrebbe ingannato nessuno.
«…Per puro caso, s’intende…» intervenne Fred con la stessa espressione da bravo angioletto sul volto.
«…Tu riempiresti il corridoio di neve?».
A quell’insolita proposta, il mostriciattolo si grattò la testa con una smorfia perplessa, dopodiché sogghignò e rispose: «Perché dovrei?».
«Fai un sacco di dispetti, perché non dovresti fare anche questo?» domandarono i due.
«Perché me l’avete chiesto!» gridò lui e, girando su se stesso, sghignazzò.
«D’accordo, grazie lo stesso» disse George con un sorriso perfido mentre, con molta nonchalance, apriva la finestra più vicina. I gemelli gli voltarono le spalle e se ne andarono.
«…Lo farà» osservò Fred con un’espressione soddisfatta quando furono fuori dalla portata del Poltergeist.
«Eccome se lo farà!» confermò George annuendo.
Convincere le armature a disporsi in fila non fu difficile: una volta arrivati al quarto piano, i gemelli corsero da una parte all’altra del corridoio urlando: «TUTTI IN FILA! TUTTI IN FILA! QUESTA NON E’ UN’ESERCITAZIONE!».
Le armature, già decorate dal professor Vitious, si disposero in fila indiana - alcune, nell’intento, rovinarono a terra e non si ricomposero -. Una volta che si furono nascosti dietro una porta, presero i sacchetti pieni di polvere dorata e, con un semplice «Wingardium Leviosa», questi finirono sul soffitto, a qualche centimetro dagli elmi e dai pennacchi disposti in fila.
Trovata una scorciatoia, si precipitarono verso la Torre di Astronomia.
«Fred, non per metterti fretta, ma abbiamo mezzo minuto prima che le rane comincino a cantare, le cucine vengano inondate, Pix lanci la prima palla di neve e la polvere dorata faccia cadere le armature!» gridò George mentre saltellava per le scale della Torre.
Appena arrivarono in cima, i due si affrettarono ad aprire le loro borse. Mancavano soltanto le lenzuola.
Dopo aver legato le catene di lenzuola rosse ad un gargoyle, i gemelli osservarono il lavoro fatto: un enorme cumulo di stoffa vermiglia riportava la scritta: “Buon Natale, Ho Ho Hogwarts!”.
«Tre… Due… Uno…» sussurrò George, e dopo il suo conto alla rovescia, un rombo - che suonò paradisiaco alle loro orecchie, ma che in realtà rappresentava ciò che era, ovvero un imminente pandemonio - si impadronì dell’aria e di tutta la scuola: dapprima armature fracassate, poi grida di studenti sorpresi e/o impauriti, dopo ancora decine di rane che cozzavano contro i vetri delle finestre e che gracchiavano a ritmo di “Deck the halls”, successivamente il violento scorrere di un liquido che, parecchi piani più in basso, travolgeva qualunque cosa cercasse di ostacolarlo, ed urla, infinite urla incorniciate dalla risata malefica di Pix.
Due secondi. Ci vollero due secondi perché Fred prendesse la mano del gemello, cominciasse a correre ed esclamasse: «Andiamo a vedere!».
Percorsero tutti i piani alla velocità della luce, soffermandosi sugli effetti sortiti dal loro piano, probabilmente senza neanche accorgersi di aver piegato al loro volere Pix, un branco di elfi domestici ed un’enorme quantità di armature semi-addormentate, che ora giacevano per terra, tutte luccicanti come un tesoro dissepolto e dimenticato. Era bastato qualche sacchetto di polvere dorata per farle cadere come un enorme domino metallico.
Sicuramente, lo spettacolo più bello fu quello delle rane, che, rimbalzando come tante palline di pelle verde, cantavano quella canzone a modo loro; alcune ragazzine di Corvonero si erano addirittura messe a cantare: «Fa la la la la - la la la la!».
I ragazzi ebbero a stento il tempo di vedere il mini-tsunami arancione che era partito dalla Sala Grande che la voce di un Vitious zuppo e a dir poco isterico arrivò alle loro orecchie.
«Weasley e Weasley! Ma che diavolo vi è saltato in mente?» sbraitò il professore che, piccolo e bagnato com’era, non poté fare altro che strillare.
«Le è piaciuto il succo di zucca, professore?» domandò Fred inclinando la testa.
«Weasley!».
Quell’esclamazione fece raggelare il sangue dei gemelli. L’enorme ombra della McGranitt proiettata sulla parete bastava ad incutere terrore come se gli si fosse parata davanti.
«Ti prego, non la chiappa sinistra, non la chiappa sinistra!» mormorò Fred quasi in labiale.
I due si voltarono e videro che la situazione era peggiore - molto peggiore - di quanto pensassero: la vicepreside aveva le narici dilatate, il cappello ammollato, la crocchia umida e disfatta e il petto inzuppato. Pix le aveva lanciato una palla di neve, ed anche bella grossa. Il bastardo, dietro di lei, cominciò a cantare:
«Gemelli, gemelli!
Siete proprio dei monelli!
Se vuoi dei giorni belli,
sta’ alla larga dai gemelli!».
«Sta’ zitto, Pix!» tuonò la McGranitt mentre guardava quelle piccole pesti dall’alto in basso. Forse il Poltergeist non aveva tutti i torti.
«Ho già mandato una lettera a casa vostra» sentenziò lei, seguita dal professor Vitious, che disse: «Per punizione, dovrete scrivere un tema di un metro di foglio di pergamena su tutti gli…», ma la vicepreside lo interruppe, stavolta per ammonire lui.
«Filius, quello che hanno fatto oggi dovrebbe insegnarti che loro due non impareranno nulla, se gli assegni un metro di pergamena da scrivere»
«Credo che non imparerebbero comunque. Meriterebbero di pulire tutto il castello senza magia, ma non abbiamo il tempo necessario per concederglielo. I ragazzi devono cenare, e molti di loro devono preparare le valige e partire domattina» spiegò Vitious con il visino contratto e pensoso.
«Vi avviseremo non appena decideremo la punizione adatta a voi, e la subirete al vostro ritorno a Hogwarts. Non pensate di averla fatta franca!» li avvertì la professoressa mentre li fulminava con lo sguardo. Dopodiché, si volse verso la moltitudine di studenti che pian piano si era creata dietro i gemelli e concluse: «Fra quindici minuti la cena sarà pronta. Tornate ai vostri dormitori. Non state lì impalati, non c’è più niente da guardare!»

Come andò a finire? La fecero franca, ovviamente, e per tutta la durata delle vacanze natalizie, che fosse al Ministero della Magia, alla Gringott, a Diagon Alley o a Hogsmeade, si parlò dello scherzo di due gemelli dai capelli rossi che, con un piano ben organizzato, avevano saputo far impazzire la scuola di Albus Silente.        

   
 
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