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Autore: KyraPottered22years    09/12/2015    3 recensioni
27th Court Road, Edimburgo, 1996.
E' proprio qui che tutto ha inizio, è proprio in un freddo giorno d'inverno che Amelia Helbinger, una bambina timida e codarda, trova un passaggio segreto che la conduce in un mondo completamente diverso da quello in cui abita; un mondo popolato da Æsir e non da esseri umani, un mondo dove magia e creature con capacità eccezionali sono del tutto normali.
Sembra un sogno, tutto sembra così irreale che perfino una bambina piena di fantasia come Amelia stenta a crederci. Ma come potrebbe negare a sé stessa l'esistenza di Loki, il suo amico dagli straordinari poteri magici, anche se sua madre e il suo psichiatra lo considerano "immaginario"?
Come può essere frutto della sua immaginazione se Amelia farà ritorno in quel bellissimo mondo altre due volte?
E come ci si potrebbe sentire quando una verità così irreale, che è stata depistata dalla vita di una ragazzina per tutta la sua adolescenza, diventasse una realtà così raccapricciante che metterebbe a rischio l'intero pianeta Terra?
Ragione o follia?
Verità o menzogna?
Odio o amore?
[Pre-Thor] [TheAvengers]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Wahnssin
 

 
 
HOMECOMING
 
 
                                                          05-02-2005, Bethlem Royal Hospital, Londra
 
 
L'avevano isolata in un'altra stanza, imbottita di psicofarmaci e la liberavano dalla camicia di forza solo tre volte al giorno.
Stava seduta sul pavimento, con la schiena appoggiata al muro. Le pareti e le mattonelle erano rivestite da mattonelle simili a cuscini color panna, nella stanza non vi era nulla di abbastanza duro, sicuramente per evitare che il paziente in isolamento si autoinfliggesse. C'era solamente un orologio, messo così in alto che nemmeno in punta di piedi o saltando lo si poteva raggiungere.
Il tic-tac era l'unica cosa che spezzava il silenzio, ma era diventato così assordante che Amelia avrebbe dato volentieri un rene in cambio di una radio. Erano le dodici in punto e a momenti le infermiere sarebbero venute a liberarla per venti minuti, il tempo calcolato per pranzare e andare in bagno. 
Non credeva che queste "pratiche psichiatriche" esistessero ancora, eppure era in isolamento già da due giorni. Tutto perché aveva disegnato quel murales nella parete della sua stanza. Ma non era colpa sua se quel posto dov'era rinchiusa le faceva ricordare ossessivamente Asgard e lui... lui e i suoi occhi di smeraldo.
Lo sognava ogni notte e il giorno lo sentiva sempre accanto a sé, così forte era la sua presenza che a volte Amelia si ritrovava a parlargli ad alta voce, solo che un eco era l'unica risposta che riceveva.
Il rumore delle chiavi inserite dentro la serratura la risvegliò e quattro infermiere, con camice e cappellino bianco, entrarono. Due di loro si occuparono a slacciarle la camicia, le altre le posarono un vassoio sulle ginocchia con sopra il suo pranzo: un brodino giallastro e una bottiglietta d'acqua. Amelia fece una smorfia, non avrebbe mai ingerito quella roba che puzzava di pollo marcio. A lei bastava poter muovere le braccia e il busto senza impedimenti.
«Devi mangiare, o non potrai prendere le medicine.» Prendeva nove psicofarmaci al giorno, tre dopo la colazione, tre dopo il pranzo e tre dopo la cena. 
«Non ho fame.» La voce le uscì rauca, in un fieble sussurro.
«Se vuoi uscire dall'isolamento, devi fare quello che ti viene richiesto.» Amelia guardò la donna con uno sguardo inespressivo. Dopo un attimo di silenzio, le rispose:
«Lui verrà.» Nemmeno Amelia comprese il significato di quelle parole fino a quando non lo ripeté di nuovo, con più coscienza. «Lui verrà.»
Le infermiere si guardarono smarrite, mentre lei continuava a dire: «Lui mi porterà via di qui. Lui... lui...» Ma non riuscì a continuare, perché iniziò a tremare. Quando tremò così forte che quasi sobbalzava, rovesciò il suo pranzo nel pavimento a cuscini. 
«Lui verrà! Deve venire!» Urlò più forte mentre si alzava in piedi. Due infermiere la bloccarono per le braccia, ma la Amelia era più forte, con poche gomitate se le scrollò di dosso, scappando via dalla stanza. Corse a perdi fiato, imboccò  vari corridoi fino a quando raggiunse la sua stanza. Entrò dando un calcio alla porta. Quando fu dentro, Amelia constatò che il murales era stato coperto da una carta parati bianca, ancora fresca, così fresca che c'era un cartellino che ordinava di non toccare.
Si avvicinò all'angolo della parete e strappò via la carta parati in un colpo solo.
Il murales era ancora lì, ricoperto di un sottile strato di colla, ma era ancora perfetto, come una fotografia bianco e nero della bellissima Asgard. Chiuse gli occhi e quelle cascate divennero reali, il castello d'orato splendeva davvero sotto i raggi del sole e la luce degli arcobaleni. Immaginò di correre a perdifiato sui prati, di osservare con sguardo da bambina la flora e la fauna asgardiana. Poi lo vide... Loki. Era davanti a lei e la guardava con un'espressione seria. 
«Arrivano», le disse avvicinandosi a lei. «Arrivano.»
Amelia non sentì più il pavimento sotto i piedi, perché un uomo l'aveva sollevata, portandola fuori dalla stanza.
«No!» Urlò continuamente e atrocemente, annaspando come una dannata.
Varie infermiere la tenevano per le gambe, mentre una cercava di inserirle un ago nel braccio. Ma Amelia si divincolava troppo, così il sonnifero venne inserito dietro la spalla.
Le sue forze vennero a scemare, di più, di più, sempre di più, fino a quando non fu distesa sul pavimento. Con l'ultima riserva di energie sussurrò: «Loki... Perdonami.»
 
 
 
                                                                                  1996, Asgard (anno midgardiano)
 
 
«Allora quelli erano i tuoi genitori?» Stavano sull'enorme letto delle stanze di Loki, uno guardava il soffito, l'altra saltava sul materasso.
«Esattamente.» 
«Sono antipatici.» Sbuffò Amelia, sistemandosi una ciocca di capelli. Non aveva paura della reazione di Loki a quella sua affermazione e non sapeva nemmeno lei perché non aveva più timore di lui. Dopo l'udienza con il Re, il principe aveva dato ad Amelia l'impressione di una persona affidabile e non così tanto cattiva come aveva immaginato.
«Come mai?» Le chiese, «E per favore, potresti smettere di saltare?» La bambina si sedette di fianco a lui e sospirò, cercando di formulare una spiegazione plausibile a quell'accusa. 
«Non hai visto come mi guardavano?» A quelle parole, Loki si issò a sedere, la guardò con uno sguardo inespressivo e continuò a chiederle:
«Sono solo preoccupati.» Ma lei non fece nemmeno caso a quelle parole che suonarono come un incoraggiamento.
«Tua madre poi mi guardava come se avessi provato ad ucciderla!» Amelia gesticolava in un modo così buffo che Loki non riuscì a prendere sul serio quelle parole.
«Questo è vero.» Ammise in risposta, con tono metà divertito e metà comprensivo, eppure, ragionandoci un po' su, l'argomento divenne serio anche per lui. «Aveva un'espressione indecifrabile in volto.» Sussurrò appena, guardando davanti a sé.
Loki si voltò a guardarla non appena gli chiese: «Secondo te era solo per preoccupazione?» 
«Vado a chiederglielo.» Detto questo, si alzò in piedi e in due passi arrivò davanti alla porta.
«Aspetta, voglio venire con te!» Amelia saltò giù dal materasso e affiancò Loki in una corsa. «Forse lei sa se c'è un modo per farmi ritornare a Midgard.» Aggiunse ancora guardando il principe dal basso, mentre quello le rivolgeva un largo sorriso. Amelia aggrotto le sopracciglia. «Come mai sorridi?»
«E' la prima volta che pronunci bene Midgard.» Per un attimo la bambina assunse un'aria concentrata, per poi aprire la bocca in una grande O.
«Faccio progressi!» Esultò sorridendogli, e a Loki venne spontaneo strofinarle la nuca, scompigliandole così i capelli.
«Oh, odio quando lo fai!» Sbraitò quella, risistemandosi la corta chioma rossa.
«E comunque un modo per riportarti nel tuo pianeta c'è di sicuro, quindi...» Loki stava per abbassare la maniglia quando qualcuno bussò da dietro la porta. Un po' titubante, la aprì e dentro la stanza entrò Odino accompagnato da un uomo alto e di colore, vestito da un'armatura d'oro. Il principe si inchinò al cospetto del Re e così fece Amelia, rischiando di inciampare sui suoi piedi.
«Questa è la bambina?» 
E adesso chi è quest'omone? Vuole uccidermi? E con questi pensieri, si nascose dietro la veste di Loki.
«Sì.» Rispose il Padre degli Dei. Lo sconosciuto si avvicinò e questo impaurì ancor di più la piccola midgardiana.
«Non avere paura.» L'uomo cercò di essere il più delicato possibile nel parlare, ma la sua voce rauca e possente  non glielo rese possibile, tanto che quella rassicurazione parve più una minaccia. 
«Chi è?» Quella domanda uscì fuori in un piccolo sussurro e Loki sapeva che era rivolta a lui.
«Questo è Heimdall, è un dio ed è il guardiano del Bifrost.» Ci fu una leggera sfumatura di fastidio nella sua voce, cosa che forse comprese solamente Amelia.
«Il Bifrost è l'unico modo per viaggare da un mondo ad un altro,» continuò Heimdall, che non parve più così minaccioso come qualche attimo prima. «sono qui per capire come hai fatto ad arrivare fin qui.» Amelia e Loki si scambiarono una breve occhiata. 
«E' una storia un po' confusa.» La bambina di staccò dalla toga e si avvicinò al guardiano, lo sguardo di quest'ultimo parve incitarla a continuare. «Penso di essere entrata dentro il quadro del piano di sopra, tutto qui...» Tutti quegli occhi su di lei la mettevano in suggezione e cercare di formulare un racconto omogeneo divenne la cosa più difficile da fare.
«Puoi descrivere questo quadro?» Questa volta fu Odino a parlare e nella sua voce era stranamente teso.
«Hem...» Amelia guardò ancora Loki e nei suoi occhi trovò quel poco di coraggio che le serviva. «E' grande così,» Disse, mimando le dimensioni, «raffigura un grande prato e un fiume, in lontananza c'è il castello, mentre nel cielo ci sono due pianeti, e...»
«E' lui.» Heimdall interruppe Amelia, rivolgendosi al Re. «E' il quadro di Borr.»
Calò un apparente silenzio, mentre nelle menti di ognuno dei presenti scorrevano dubbi di diverso genere.
«Allora?» Domandò con insistenza Odino.
«Il quadro ha compiuto il suo dovere, ovvero quello di teletrasportare un'ultima volta.»
«Quindi non ci sono più possibilità che questa bambina ritorni?» Ad Amelia fece paura il modo in cui il Padre degli Dei l'aveva chiamata, tanto che ritornò a nascondersi dietro Loki. Quest'ultimo guardava i due con un'espressione più che confusa, chiedendosi che cosa stesse succedendo e che c'entrasse in tutta quella faccenda suo nonno, Re Borr. Loki non era ancora capace di leggere nelle menti, ma dagli sguardi capì che fra quei due si stava avviando una conversazione mentale.
- Non ci sono possibilità che ritorni servendosi del quadro, ma se lei è quella che noi crediamo, riuscirà a ritornare, in un modo o nell'altro.
- Come si può evitare?
- Non si può sfuggire alla volontà delle antiche scritture.
«Ma se è necessario, io, Odino, Padre degli Dei, protettore dei Regni, ci riuscirò!» Urlò improvvisamente, spaventando Amelia al tal punto da farla urlare.
«Come volete, sire.» Disse quello, inchinandosi. «Aspetto il vostro prossimo ordine.» Il Re si voltò verso la bambina e rivolgendole un'occhiata indecifrabile, disse:
«Riportala nel suo Regno.» 
«Sarà fatto, sire.» Non appena Odino uscì dalle stanze, due guardie entrarono e una di loro prese in braccio la bambina.
«No!» Annaspò lei, a quella visione Loki avanzò verso Heimdall e con aria decisa disse:
«Verrò con voi.»
«Come volete.» Detto questo, si avviarono verso il Bifrost, ma prima di avanzare, Loki strappò dalle braccia della guardia Amelia, mettendola giù.
«Dove mi portano? Non capisco...»
«Stai per ritornare a casa.»
Ci misero quasi mezz'ora ad arrivare a cavallo e non appena arrivarono nell'enorme e prestigiosa stanza vuota, venne il tempo di salutarsi. Loki piegò le giocchia abbassandosi all'altezza di Amelia.
«Adesso non so se essere triste o felice.» Ammise, piegando le labbra in una smorfia.
«Era quello che volevi fin dall'inizio, ritornare a casa, no?» Loki le diede un piccolo pizzicotto sotto il mento.
«Ahio...» Si lamentò lei, massaggiandosi il punto dolente, tuttavia con un sorriso sulle labbra.
«Adesso vai.» Le strofinò un'ultima volta la nuca e si alzò in piedi. Amelia gli sorrise prima di voltarsi e di andare dove Heimdall le aveva indicato.
Il guardiano sollevò la sua spada in alto e una luce fuoriuscì dalla lama.
«Loki!» Urlò Amelia. «A presto!» E agitando la mano in aria in segno di congedo Heimdall la colpì con la luce dai colori dell'arcobaleno.
Quando il fascio di luce svanì di colpo, della piccola midgardiana non ne era rimasta traccia. Improvvisamente una strana sensazione si impadronì di Loki. Era forse mancanza per quella bestiolina?
«A presto.» Sussurrò il dio con un mezzo sorriso.
 
 
 
Amelia cadde sul parquet, ma l'impatto non fu violento, o almeno, lei non se ne rese nemmeno conto dato che si alzò immediatamente in piedi, correndo verso la camera da letto dei propri genitori.
«Mamma, papà! Mamma!» Aprì la porta ed entrò accendendo la luce. I due coniugi si erano svegliati di colpo, preoccupati fino alle punte dei capelli.
«Amelia! Cosa c'è?!» Strillò Amaya Helbinger.
«Sono tornata! Sono qua!» Byron Helbinger guardò la moglie con gli occhi ancora semichiusi dal sonno, poi si rivolse alla figlia:
«Amelia, hai fatto un altro dei tuoi sogni?»
«No! Non era un sogno!» Gli occhi brillanti di felicità della bambina cambiarono aspetto di colpo, tramutando la sua espressione in una maschera di confusione. «Ma.. sono mancata per delle ore.» Calò un breve silenzio.
«Amelia, sei andata a dormire solo tre quarti d'ora fa. Era solo un sogno, tesoro. Torna a dormire.»




NDA.

Buonsalve, 

come va? I'm back with another chapteeeeeeeeeeeeeeeeeeer...... yeah! (?)

Cosa ne pensate? Se fa schifo è perché l'ho scritto sotto l'influenza, quindi... perdonatemiihh >.<

Spero di leggere varie recensioni questa volta! Vi ringrazio per aver letto questo capitolo e di aver messo questa storia nelle seguite o nelle preferite, veseama.

Un bacione e 


ALLA PROSSIMA;)
  
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