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Autore: StormyPhoenix    09/12/2015    4 recensioni
Los Angeles, primi anni del nuovo secolo. Quasi per caso si incrociano le strade di una ragazza sola e in fuga dal suo passato spiacevole e di una delle band più famose del posto; un sentimento combattuto che diventa prepotente salderà il legame.
(Prima storia sui SOAD, so che è un po' cliché ma vabbè.)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Salve! Eccomi qui ad aggiornare di nuovo :) conviene che lo faccia adesso che posso prima di non potere più... xD
Grazie a chi legge anche senza recensire, ringrazio calorosamente la cara JinxxedOutlawGirl che mi segue con attenzione e recensisce e mi fornisce spesso i suoi preziosi consigli <3
Buona lettura!








«Ciao Nikki, disturbo?» Serj fa capolino dalla soglia della camera, inatteso, ma non mi spaventa.
«Oh no, affatto» rispondo con un sorriso e lui entra, camminando a piccoli passi.
«Stai meglio?» mi chiede, sedendosi cautamente sul bordo del letto.
«Sì, molto meglio» rispondo, grata. «Uno dei tuoi coinquilini mi ha anche messo a disposizione degli asciugamani, così ho pensato di approfittarne per riavere un aspetto più normale...»
«Hai fatto benissimo, non c'è problema» Serj continua a sorridere e annuisce. «Uno dei miei coinquilini, dicevi?»
«Sì» replico, poi decido di fingere di non ricordare il nome «quello bassino con quella strana barbetta.»
«Ah, intendi Daron? Beh, è un bravo ragazzo, quando vuole anche più che bravo... è solo un po' strano e alquanto lunatico.»
«Oh» riesco solo a dire, con genuino interesse per ciò che ho appena saputo.
«Visto che sembri esserti ripresa, ti va di scendere al piano di sotto? Così potrai mettere qualcosa sotto i denti e ti presenterò gli altri miei due coinquilini.»
«Cibo per ora no, grazie, non ho ancora molta fame, però vengo volentieri» replico, contenta, e scendo subito dal letto, rimettendomi le mie Converse.
Arrivati alla rampa di scale Serj mi porge un braccio e io, pur avendo a disposizione il corrimano, accetto la sua offerta e mi lascio aiutare, cercando di non gravare troppo su di lui.
«Ciao!» appena entro nel salotto due voci all'unisono mi salutano; alzo lo sguardo dal pavimento e, sul divano davanti ai miei occhi, vedo seduti due ragazzi. Uno ha capelli cortissimi neri, pizzetto e barbetta neri ed ha la stazza di un buttafuori, l'altro è praticamente il suo contrario ed è senza capelli, con una strana barba biondiccia e lunga. A primo impatto sembrano persone piacevoli.
«C-ciao...» balbetto un po' mentre rispondo al loro saluto, timida; Serj fa le presentazioni e stringo la mano ad entrambi, pregando che la mia non sia sudaticcia. Credo anche che il mio dubbio sull'identità di questi individui stia per essere risolto...
«Stai meglio?» John, quello robusto, riprende poco dopo il discorso; annuisco in risposta.
Lo vedo sorridere. «Bene! Non eri in buone condizioni ieri sera, quando Serj ti ha portato qui... qualche osso rotto oltre ai lividi e al sangue?»
«Per fortuna no, anche perché altrimenti sarei già all'ospedale a farmi ingessare...»
«Sì, certo... ma non stare lì in piedi, vieni a sederti!»
Accolgo il suo invito, ma internamente ho un'ansia terribile. Dio, perché sono così problematica?
«Su, su, niente vergogna» proclama Shavo, con aria fintamente solenne e seria «qua sei praticamente fra amici!» continua e poi mi da un rapido abbraccio che ha l'effetto di mettermi a mio agio.
«Amiciii!»
Un urlo squarcia l'aria, e Daron compare improvvisamente nella stanza, con aria molto allegra: ora finalmente è vestito, indossa una t-shirt nera e un paio di pantaloni morbidi, ma ancora rivedo il suo corpo seminudo nella mia mente e la cosa mi manda in tilt per l'imbarazzo.
«Oh, vedo che sei ancora viva» dopo alcuni secondi il ragazzo si accorge della mia presenza e mi guarda, con espressione indecifrabile. «Sei messa maluccio, cosina. Se mi comparissi davanti nel buio in questo stato mi prenderebbe un colpo!»
«Daron!» lo rimbrotta Serj, accigliato. «Non essere antipatico e sgarbato!»
«Papino, non sto facendo l'antipatico» lo rimbecca Daron, con una smorfia. «Non l'ho mica offesa, eh.»
«Non ti sei nemmeno presentato e già la sfotti, non è molto da gentleman» continua l'altro, sempre con la fronte corrugata.
«Oh, sono proprio uno screanzato» il più basso ancora una volta fa lo spiritoso e finge di rimproverarsi da solo per le sue mancanze, poi viene verso di me a passo rapido e mi scruta per qualche secondo prima di porgermi la sua mano. «Ciao mostriciattolo, ehm... è un piacere conoscerti. Daron, per servirti.»
«Piacere mio, antipatico» rispondo a tono «io sono Nikki.»
«Bestiolina, mi piacciono i tuoi capelli, sai?» riprende subito Daron, scrutandomi da vicino e muovendosi da una parte all'altra. «E anche i tuoi tatuaggi e il tuo piercing.»
«Grazie, ma perché mi chiami così?» lo ringrazio, accigliata. Non capisco perché fa così.
«Beh, doveva essere un soprannome carino» il bruno fa spallucce «bestioline come te ce ne sono poche in giro e sono quelle persone che a noi piacciono.»
«Oh» non so che dire, sono allibita; mi ricompongo subito. «Comunque, non so perché ma... ho l'impressione di aver già sentito i vostri nomi da qualche parte.»
«Ovvio!» esclama Shavo, annuendo, proprio come a farmi capire che ho detto una grande ovvietà.
«Per me non lo è» continuo, grattandomi la testa. «Mi spiegate perché dovrebbe esserlo?»
«Perché noi quattro ragazzacci siamo una band, siamo attivi già da alcuni anni e siamo già piuttosto famosi» Serj fa un gesto plateale con un braccio, quasi come se fosse il presentatore di uno spettacolo.
«Band?» ripeto io, sgranando gli occhi e guardandoli ad uno ad uno mentre faccio lavorare in fretta la mente, poi ho un'illuminazione improvvisa. «Con un nome che per caso inizia per S tipo-»
«System Of A Down!» Daron completa la frase al posto mio, facendo anche lui un gesto teatrale davanti alla mia faccia. «Io sono l'addetto alla chitarra, Shavo prende a schiaffi il suo basso, John sta alla batteria e Serj canta e a volte urla pure.»
Oh Dio.
Sono capitata nella casa di una band.
«Oh Gesù» riesco solo a proferire, avvampando e sentendo le mie mani farsi umidicce.
«Non collassare, per carità, ti abbiamo già salvata una volta, non vorrei dover ripetere l'esperienza!» il chitarrista mi prende per le spalle e mi scuote, con gli occhi così sgranati che sembrano grandi quanto piattini da tè e la voce che è salita di almeno un'ottava.
«Daron! Non è uno shaker da cocktail, smettila che così non migliori la situazione!» osserva Shavo che, al contrario, ha appena serrato gli occhi in due fessure.
«Oh, scusa!» Daron si ritrae prontamente e finge di guardarsi intorno, fischiettando. Mi viene da ridere, ma mi trattengo.
«Non stavo crepando, tranquillo» dopo aver inumidito la gola finalmente torno a parlare, più tranquilla di prima. «So che vi ho dato già un po' di grane, ma a breve dovrei togliere il disturbo...»
«E sentiamo, dove intendi andare e cosa intendi fare?»
«Mi sono trasferita da poco e vivo in un monolocale molto economico...» parlando nomino anche la zona in cui ora vivo, e al sentire il nome Serj storce un po' il naso «e per fortuna mi hanno già assunta in un negozio di elettronica e tecnologia più o meno in quella zona...» e dico il nome dell'attività, ottenendo degli assensi in risposta come per dire che hanno capito.
«Prometti che scriverai ad uno di noi quando sei a casa, così sappiamo che non ti è successo nulla e stiamo più tranquilli» Shavo mi si para davanti, con faccia serissima.
«Va bene, mamma Shavo» rispondo, scherzando, e tutti ridono ma lui torna subito serio.
«Dico seriamente... è stato terribile per me vederti ieri in quelle condizioni e non vorrei ti succedesse di peggio.»
«Posso immaginare... tranquillo, vi scriverò. Chi importunerò?»
«Puoi importunare me se vuoi» interviene il batterista, con un sorriso.
«Non me!» starnazza Daron, sparendo in cucina.
«Okay, antipatico!»
«Antipatico chi?»
«Tu!»
«Vuoi scatenare l'ira di Daron Vartan Malakian?!»
«Devo avere paura?»
«Sì, molta!»
«Cosa mi farai, mi infilerai nel frigorifero visto che ci sei?»
Lo sento grugnire in risposta e sorrido, soddisfatta per la "vittoria".
«Ecco qui» il bassista mi mette in mano un bigliettino con su scritto un numero. «Questo è il mio numero. Per qualsiasi cosa, chiama!»
«Grazie mille, davvero» replico, grata, sorridendo ai ragazzi, poi riprendo la mia borsa, che trovo appesa all'attaccapanni e fortunatamente meno danneggiata di quanto immaginassi; oltretutto c'è ancora tutto dentro, anche il mio cellulare che è ancora perfettamente integro. 
«Ciao ragazzi!» saluto dalla soglia, ad alta voce, ricevendo le risposte dei tre che sono ancora insieme.
«Ciao, bestiolina!» una ormai familiare voce poco profonda giunge alle mie orecchie da un'altra direzione.
«Ciao anche a te, nanetto!»
Okay, basta prendere in giro il chitarrista. 
Mentre cammino a passo sostenuto lungo una via affollata, cercando di ricordare come arrivare a casa, rimugino sugli eventi delle ultime ore.
Sono stata fortunata, che dico, miracolata ad aver avuto così pochi danni dal pestaggio di cui sono stata vittima, nemmeno un osso rotto, solo qualche livido e graffio... e poi sono stata fortunata a trovare quei ragazzi. Dio, la mia amica Georgia non mi crederà mai quando le racconterò che ho conosciuto la sua band preferita! 
Sono stati gentilissimi e carinissimi con me, anche Daron che tutto sommato non è antipatico, ma in qualche modo percepisco che si mantiene un po' distante e non so perché.
Persa in questi pensieri quasi non mi accorgo di essere arrivata nella zona in cui abito e, rapida, sgattaiolo verso casa prima che qualcuno noti il mio occhio nero.
Appena chiusa la porta mi ci abbandono contro, con un sospiro. Dopo qualche minuto di pausa dalla camminata mi ricordo del bigliettino ancora infilato in una tasca dei jeans e lo tiro fuori e, preso il cellulare, scrivo subito un sms; dopo averlo inviato salvo il numero con il nome di "Mamma Shavo", ridendo al pensiero di quando l'ho chiamato così dal vivo.
Da un po' non avevo qualcuno che si preoccupa così tanto per me... non avendo sorelle o fratelli ed essendo fuggita di casa anni addietro, non ho più contatti con alcun parente e ho pochissimi amici... ma sono indipendente e questo per me è tanto, ho svolto vari lavoretti sia in negozi che non, guadagnando qualche soldo con le mie capacità in informatica. Poi, pochi giorni fa, ho trovato lavoro in un negozio di computer e affini rinomato nella zona e sono contenta, perché almeno così potrò avere una piccola sicurezza economica.
Improvvisamente mi viene quasi un colpo pensando al lavoro, poi mi tranquillizzo dopo aver ricordato che oggi è il mio giorno libero e quindi non ho saltato nessuna giornata lavorativa; subito dopo mi impongo di controllare se possiedo un correttore per nascondere le ferite sul viso e, dopo una frugata fra le mie cose, ho conferma positiva e sospiro di nuovo, più tranquilla.
L'ultima cosa che voglio è finire al centro dell'attenzione ed essere importunata.
  
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