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Autore: Atlantislux    04/03/2009    7 recensioni
Gli universi di Earl ed Earth collidono, mentre qualcosa di oscuro li minaccia entrambi.
Genere: Drammatico, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Earth' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Fallout


Quando le telecamere ricominciarono improvvisamente a trasmettere, il cervello di Mashiro registrò sullo schermo la presenza di due cose che non avrebbero dovuto esserci: le porte distrutte della Sala del Sarcofago e le schiere di Ombre che stavano eruttando dal pavimento. Erano grossi, tanto quanto quelli che avevano ucciso la Regina di Windbloom. E, quando si gettarono su Shizuru Viola, Mashiro non ebbe bisogno di girarsi per sapere che Natsuki non era più accanto a lei. Riuscì solo ad intravederla, mentre l’Otome si precipitava in volo fuori dalla sala.
Mashiro dissimulò al suo indirizzo una smorfia di dolore. Perché da quello che sullo schermo gli Heartless stavano facendo a Shizuru, dubitava che Natsuki sarebbe mai arrivata in tempo. Fissò i monitor, che mostravano i corridoi che conducevano al sacrario della Fondatrice rigurgitanti di Heartless, spuntati da chissà dove; le Ombre stavano duramente impegnando sia Nao che Arika, impossibilitate ad avanzare per portare soccorso a Shizuru.
“Generale, ne stanno apparendo altri...” le disse di getto Yukino.
“Lo vedo. Oramai i campi di esclusione della Sala del Sarcofago sono infranti; forse quelli di tutta la struttura. Stanno riuscendo a teletrasportarsi dentro, non c’è niente qui che riuscirà a fermare quegli esseri. Niente eccetto quello.”
Indicò con un cenno della testa lo schermo accanto, che mostrava l’orizzonte percorso da una colonna di luce verticale.
Qualche minuto prima un breve messaggio di Nagi le aveva confermato che le sue supposizioni erano corrette: gli abitanti di Earl avevano ritrovato un prototipo di Harmonium, e Nina lo stava usando per chiudere il passaggio tra Earl e il multiverso dei Nobody. Mashiro aveva rinfacciato a Natsuki che quindi anche loro, dopo tutti i bei discorsi, avevano accuratamente nascosto l’esistenza dell’arma, ma la Direttrice non aveva nemmeno tentato di negare. E Mashiro si era in cuor suo complimentata con la donna: dopo tutte le sciocchezze cavalleresche che le avevano propinato, era piacevole sapere che non erano poi così diversi.
Lanciò uno sguardo a Yokho, impegnata a far scivolare furiosamente le dita sulla tastiera.
“Dottoressa” la richiamò, e la scienziata voltò due confusi occhi su di lei. “È ora che tu te ne vada” le disse, con il tono di voce di chi non ammette repliche.
L’espressione dell’altra si indurì. “Non posso, solo io...”
Mashiro non la lasciò continuare. “Non c’è assolutamente più nulla che voi possiate fare, sia tu che i tuoi assistenti. Andatevene tutti, solo il cyborg è autorizzato a rimanere” ordinò, scoccando un significativo sguardo a Takeda.
La scienziata del Garderobe scosse la testa, e aprì la bocca per replicare quando udì Irina sussultare spaventata.
Tutti gli occhi si volsero verso la giovane assistente di Yokho, inchiodata al suo posto, con la pistola di Takeda puntata alla testa. Il giovane Capitano aveva in volto un’espressione non meno grave di quella di Mashiro. Solo Shinigami Helene sorrideva.
La donna si alzò dal suo posto. “Smettila, Yokho. Non vedi che qui il nostro lavoro è terminato? Andiamocene fino a che siamo in tempo.”
“Ma quale lavoro?” esclamò esterrefatta la sua omonima. “Questa è la mia vita, quelle sono le mie amiche. Non posso abbandonarle.”
“Yokho...” le fece la quieta voce del Professor Gal, l’unico del gruppo che sembrava abbastanza tranquillo. “Ti prego. Tutto ciò che sappiamo è nelle tue mani, non devi morire qui. Sarebbe perfettamente inutile.”
Ma la donna scosse la testa. “Sono già fuggita una volta, ricordi? E il senso di colpa mi ha perseguitata per anni, come puoi chiedermi...”
Stanca di quel teatrino, anche perché le immagini sullo schermo si stavano facendo sempre più preoccupanti, Mashiro perse finalmente la pazienza.
In due passi fu davanti a Yokho e, prendendola alla sprovvista, la afferrò con la mano sana per il colletto del camice, scuotendola come una bambola. Il Generale non era né alta né massiccia quanto la scienziata, ma molto più forte ed allenata. Yokho si sentì soffocare, e inutilmente cercò di liberarsi.
“Adesso basta” Mashiro le sibilò. “Io non ti sto chiedendo un bel niente. Quello che ti ho dato è un ordine. Capisci questo termine?”
“Non sono una dei tuoi soldati” bofonchiò con difficoltà Yokho. L’altra le rise in faccia.
“Lo sarai presto, se è per quello.”
Il Generale la scaraventò rudemente tra le braccia di Shinigami Helene, indicando Irina. “A te la scelta. O te ne vai con lei con le buone o te ne vai da sola lasciando qui il cadavere della tua assistente.”
A quel punto, Yokho guardò stranita Irina, poi Gal dietro di lei. Il cyborg scosse la testa; delicatamente, si frappose tra Takeda e la giovane assistente, facendo abbassare al Capitano l’arma.
“Questa non serve. E tu, Yokho, non insistere. Se Midori e Rad fossero qui ti direbbero che questa sceneggiata è perfettamente inutile. Nessuno te ne farà una colpa, nessuno.” Inclinò la testa bulbosa verso Mashiro. “Dopotutto, sei stata minacciata.”
Solo a quelle parole la scienziata finalmente si arrese, chinando la testa e affondando il viso tra le mani.
Shinigami Helene le fece scivolare un braccio attorno alle spalle, mentre Takeda faceva lo stesso con Irina.
“Andiamocene, subito” esclamò la donna con urgenza, lanciando un breve cenno del capo a Mashiro, che Takeda imitò in modo un po’ più ufficiale.

Il Generale guardò il gruppetto scomparire oltre le porte, leggermente sollevata di aver fatto almeno una cosa giusta da un po’ di ore a quella parte.
“Lei non è nemmeno la metà crudele e dispotica come quello che vuole apparire.”
Seccata si girò di sbieco verso il cyborg. “Che stai dicendo?”
“Che se non avesse fatto finta di minacciarla Yokho sarebbe ancora qui a discutere.”
Perché le pareva che Gal la stesse prendendo in giro? Odiava quando qualcuno le ricordava che anche lei, da qualche parte, aveva un cuore. Era una debolezza che non si era mai potuta permettere. E non intendeva cominciare in quel momento.
“Per tua informazione io non stavo affatto scherzando; quella bambina era davvero inutile per noi, ma Yokho sembrava piuttosto legata a lei.”
Distolse lo sguardo per fissarlo sugli schermi. Natsuki Krueger aveva incrociato il primo gruppo di Heartless, e si stava metodicamente dedicando, a mani nude, alla loro annichilazione. Ma, in quel modo, non sarebbe mai arrivata in tempo. Shizuru aveva ragione, il cannone della donna era inutile in quegli stretti corridoi.
“Smettila” ordinò sferzante al cyborg. “E ritorna al tuo posto, ti ho permesso di rimanere perché sostituissi Yokho, non per darmi lezioni di psicologia spiccia.”
Poi incrociò le braccia davanti a sé, e si chiese se davvero Nina ce l'avrebbe fatta. In caso contrario, avrebbe dovuto usare ogni mezzo per convincere chi fosse rimasto in piedi nel disastro del Garderobe, a varcare i portali per Earth prima che il sole esplodesse in una nova.

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La mano elegante scivolò quasi con rispetto sulla superficie del sarcofago che custodiva il corpo di Fumi Himeno. Anche attraverso gli strati di vetroceramica Marluxia poteva percepire, per tutto quello di cui lui era l’incarnazione, che all’interno lei era ancora viva.
“Come hanno potuto farti questo? E tu, perché gliel’hai lasciato fare?”
Marluxia non riusciva a capacitarsi di come la donna avesse potuto acconsentire a farsi rinchiudere per l’eternità nel buio di una tomba, sepolta viva per la sicurezza di un intero pianeta. Perché lei era lui e lui, dal profondo del suo essere, mai avrebbe sacrificato la sua individualità per il bene altrui.
Percepì una certa resistenza, come se la sua omonima si stesse ribellando ai suoi poteri, e le labbra del Nobody si piegarono in un ghigno triste.
“Fa paura, lo so. Anch’io ne ho avuta quando gli Heartless mi assalirono, strappando il mio cuore, ma la mia volontà si è dimostrata più forte della morte. Anche tu hai fatto lo stesso, vedo, e grazie alla tecnologia hai lasciato che le Otome diventassero surrogati di occhi che non potevano più vedere, braccia e gambe che non potevano più muoversi, bocca che non riusciva più a proferire suono.”
“Allontanati” gracchiò qualcuno dietro di lui.
Marluxia si girò lentamente, quasi solennemente. Immaginando in che stato fosse chi aveva parlato, per lui non aveva nessun senso affrettarsi.
Fissò negli occhi Shizuru Viola, che in quel momento nessun avrebbe più potuto definire ‘incantevole’. Ferite più o meno gravi la ricoprivano dalla testa ai piedi; la sua armatura era in pezzi e il sangue, colando giù per le gambe da uno squarcio più profondo all’addome, le si stava raccogliendo tra i piedi in una pozza cremisi.
Di due cose però Marluxia doveva darle atto: non solo la donna era orgogliosamente ritta sulle proprie gambe, nonostante il pericolo che gli intestini le sfuggissero ad ogni momento, ma reggeva ancora in mano la sua arma, seppur scheggiata e utilizzabile probabilmente solo come una clava, con la quale aveva annientato tutti i Nobody inferiori che Marluxia le aveva lanciato contro.
Il Leggiadro Sicario era impressionato dalla resistenza di Shizuru e, soprattutto, anche dall’abisso di furore e cieco odio che vedeva riflettersi nei suoi occhi amaranto. Non pensava che quella raffinata bambolina potesse racchiudere tanto astio e attaccamento alla vita, e la cosa lo incuriosiva a non finire.
Diede un'ultima carezza al sarcofago, depositandovi sopra quello che aveva preparato per la Fondatrice, e scivolò leggero sul pavimento fino ad arrivare a pochi passi da Shizuru. Che, come aveva immaginato, alzò la naginata in un ultimo, penoso tentativo di colpirlo. Lui le prese il polso, e strinse abbastanza perché l’arma cadesse dalle mani dell’Otome. Solo in quel momento la donna cedette con un rantolo, e gli si accasciò tra le braccia.
Marluxia socchiuse gli occhi e avvicinò il volto a quello di lei, fissandola negli occhi. Shizuru tentò di divincolarsi, riuscendo solo a disintegrare ulteriormente la sua armatura.
“Ferma” le ordinò il Nobody, che adesso aveva libero accesso alle funzioni vitali dell’Otome. Avrebbe potuto spezzarla in un istante, ma non lo fece. Dentro di lei avvertiva la stessa voglia di vivere della Fondatrice, e qualcosa in più, sbocciato prepotentemente solo da poco. Qualcosa che lo attirava.
“Lo sapevo” le sussurrò con il tono dolce di un amante. “Dalla prima volta che ti ho vista ho capito che tu non eri affatto come loro.”
Shizuru sbarrò gli occhi e provò ad allontanarsi, ma Marluxia non glielo permise.
“Percepii subito in te qualcosa di incongruente con questa esteriorità leggiadra che esibisci con tanto orgoglio. Qualcosa di freddo e implacabile, che i tuoi simili considererebbero putrido e ripugnante. E’ una tattica brillante per confondere i tuoi nemici, Incantevole Ametista, che tu lo faccia consciamente o no.”
Finalmente la donna riuscì a divincolarsi, ma le gambe non la ressero, e tutto quello che poté fare fu cadere ai piedi del Nobody, che si inginocchiò accanto a lei prendendole il volto tra le mani. I petali di rose ripresero a turbinare attorno a loro, mentre nuovi Heartless sorgevano dalle ombre che avvolgevano la sala.
Marluxia le appoggiò la mano sul petto. “Ti ho sconfitta perché sei debole, perché nonostante la tua tecnologia rimani una fragile donna mortale. Tu combatti manipolando la luce, ma dentro il tuo cuore c’è il segreto per liberarti da questa spoglia maleodorante, e rinascere come una dea, ed è un segreto oscuro.” La bocca del Nobody le sfiorò un orecchio, e le sue dita le disegnarono con il suo stesso sangue qualcosa sul palmo della mano. “Perché vedi, Shizuru Viola, tu sei come noi. L’Ombra fa già parte di te, devi solo lasciarla vivere.”
Le mani della donna lo spinsero via, e lei scosse la testa sconvolta, strisciando lontano dalla presa del Nobody.
Improvvisamente tutti e due percepirono una decisa vibrazione.
Marluxia si fece attento, rizzandosi in piedi, il volto scolpito in una smorfia di sorpresa prima, e di disappunto poi.
“Zexion... non era questo che pensavo che tu avessi progettato per Earl.”
Abbassò poi il suo sguardo arrogante sulla donna riversa a terra. “Peccato, non c’è più tempo.”
Gli occhi azzurri si volsero un'ultima volta verso il sarcofago di Fumi. “Dormi” sussurrò suadente.
Sotto gli occhi stravolti di Shizuru il Nobody scomparve insieme agli Heartless, mentre l'ultima dimora della Fondatrice si ricopriva di viticci dal colore dell’acciaio e altrettanto resistenti; spuntati come dal nulla dalle giunture avvolsero strettamente il sarcofago e lo stritolarono tra le loro spire. La soluzione organica nella quale il corpo di Fumi era immerso zampillò dalle aperture, e carnosi fiori color cobalto fiorirono nei rivoli. L'armatura di Shizuru si dissolse, ma la donna non sembrò accorgersi di nulla di quello che stava succedendo attorno al lei.
Gli occhi vuoti erano invece fissi sul simbolo a forma di cuore che Marluxia le aveva disegnato sulla mano. Se lo portò alla labbra mormorando poche, decise parole. “Diventare più forte... per proteggere quelli che amo.”

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La temperatura era misteriosamente calata nella sala dell'Harmonium, ma in quel momento quella era la cosa che meno preoccupava Nagi. Molto peggio era vedere Nina in piedi davanti alla macchina, con il corpo teso in un quasi impossibile arco, e la bocca spalancata a eruttare un urlo alto ed incessante. Tentacoli di buio la avvolgevano e si dimenavano come un'idra impazzita intorno all'Otome, esattamente come l'ultima volta che Nina aveva usato l’Harmonium, e ne aveva perso il controllo.
La differenza per lui era che questa volta nessuna Miyu aveva sospeso il legame tra Master e Otome; questa volta lui stavo soffrendo tanto quanto Nina, o forse solo poco di meno. Per lui c'era solo il dolore fisico, ed era sopportabile, ma lei invece era aggredita dalle memorie dell'arma che, per quel poco che anche nella sua mente filtrava, Nagi trovava raccapriccianti.
L'unico modo che conosceva per far finire quello strazio era staccare Nina dall'Harmonium, ma lui non avrebbe certo potuto farlo fino a quando la ragazza avesse indossato l'armatura. Cercò di pensare ad una soluzione, ma il dolore che lo attanagliava gli rendeva impossibile concentrarsi. C'era solo una cosa che poteva fare.
'Non rimarrò qui un minuto di più' decise, cercando di alzarsi, nemmeno ricordando come si era ritrovato inginocchiato sul pavimento.
Stava cercando di costringere le sue gambe a cooperare quando sentì un tonfo sordo dietro di sé.
“Stai scappando com'è tuo solito in queste situazioni?”
Con un gemito Nagi si girò lentamente, trovando il possessore della voce qualche passo dietro di lui. Miyu era riversa al suolo tra di loro, rigida come un manichino.
“Le connessioni neurali del suo cervello positronico sono abbastanza sviluppate perché io le possa controllare. L'ho disabilitata, e invece di guardarmi con quella faccia dovresti ringraziarmi, visto che stava per tagliarti la testa.”
Zexion incrociò le braccia e lo fissò, sembrando a Nagi, per un momento, quasi offeso che lui non lo stesse ringraziando. Le labbra pallide dell'albino si piegarono in una smorfia.
“Che vuoi?” gli chiese.
L'altro non gli rispose direttamente, ma spostò invece gli occhi sull'Harmonium.
“Sei stato giocato” gli disse, sferzante. “E pensare che Xemnas mi aveva avvertito...”
Per Nagi parlare era uno sforzo immane. “Perché devi essere sempre così maledettamente ermetico?” si lamentò quasi guaendo. “Mi vuoi spiegare cosa ci fai qui?”
L'altro non fece caso alla sua domanda, ma continuò il discorso di prima come se Nagi non l'avesse interrotto. “Quella Mikoto vi aveva detto che l'Harmonium era stato donato alla gente di Earl da un essere alieno chiamato il ‘Re’. E che anche la prima volta che l'avevano usato era andato fuori controllo, esattamente come durante la guerra che tu avevi scatenato.” Zexion alzò una mano davanti a sé, stendendo l'indice e l'anulare. “Due volte su due, Colonnello. Anzi, tre su tre. Non è mai stato un errore, né l'incompetenza della Conduttrice. È perché quest'arma è stata progettata per causare un disastro.
“Il Re, un essere del mio multiverso che io conosco fin troppo bene, aveva chiaramente pianificato la distruzione di questo pianeta, perché era l'unico modo per chiudere la distorsione per sempre, impedire che questa realtà e la nostra entrassero in contatto e, allo stesso tempo, bloccare le ricerche sul pianeta che era più vicino a generare esseri come noi. Avrebbe dovuto succedere la prima volta, ma non aveva previsto che la volontà di Fumi Himeno fosse più forte della programmazione dell'Harmonium.”
Il Nobody si interruppe e Nagi, che non aveva detto una parola durante quella filippica, si limitò a guardarlo stranito; nemmeno si spostò quando Zexion si inginocchiò davanti a lui e lo guardò negli occhi.
“Capisci? Tu... voi avete sempre pensato che il potenziale distruttivo di un Harmonium sovraccarico fosse notevole. Ma che facesse cosa, esattamente? Che spianasse una città o due, come la prima volta che fu usato? Per questo Nina si deve essere convinta che se qualche problema ci fosse stato comunque eravate nel mezzo del deserto, e nessuno ci sarebbe andato di mezzo. Eccetto voi due; e la vostra morte era un prezzo equo da pagare per sconfiggere noi. Si sbagliava su tutta la linea, perché era l’assunto iniziale ad essere inesatto; la realtà è che quest’arma fu concepita per disintegrare Earl, e chi ve l’ha data lo sapeva benissimo.”
Nagi sbatté le palpebre e ritornò a guardare Nina. Il Nobody dovette leggergli in viso la confusione, perché si rialzò in piedi guardandolo letteralmente dall’alto verso il basso.
“Quella macchina sta aprendo un buco nero nel centro di questo pianeta. Un modo un po' più raffinato di farlo sparire rispetto a quello che avete architettato voi di Earth. E se tu non ti fossi lasciato trascinare dall’euforia di possedere di nuovo Nina, e dai tuoi complotti, forse avresti potuto studiare meglio l’Harmonium ed arrivare qui preparato per affrontare questo disastro.”
La prima, comprensibile reazione di Nagi fu l'incredulità. Ma l'accantonò subito, alla prese con un problema molto più contingente. Cercò anche di dominarsi perché, al di là del dolore, stava cominciando a trovare tutta la situazione incredibilmente comica. A partire dall’accusa di Zexion.
“Cosa c’entra Nina in tutto questo?”
“Perché questa domanda, Colonnello? Pensavi davvero che lei si fosse bevuta le tue bugie una seconda volta? Che Nina fosse infatuata di te al punto da fare ancora tutto quello che volevi tu? Da realizzare ad occhi chiusi i tuoi desideri? Te lo chiarisco bene, Nagi: lei sapeva che questa macchina poteva uccidervi entrambi. Anzi, ne era quasi certa. Ecco perché sei qui. Perché Nina voleva morire con te, espiando i vostri peccati insieme. Ma non sapeva che si sarebbe portata dietro l’intero pianeta.”
Zexion forzò le labbra in un sorriso. “Questa volta sei stato tu ad essere giocato, Nagi. Lei è riuscita a lusingarti abbastanza a lungo per portarti esattamente dove voleva. Perché come l'altra volta l'avidità del potere ti ha accecato, e hai pensato che attraverso Nina Wang avresti potuto avere tutto: quello che avevi pianificato e quello che io ti avevo promesso. E non cercare di negare o di trovare una giustificazione. Tutto questo è successo perché non hai potuto farne a meno; perché gli esseri umani, anche i più brillanti, sono deboli prede delle loro emozioni. Come ti avevo già spiegato.”
L’attenzione di Nagi si spostò su Nina, per poi ritornare immediatamente su Zexion.
“Zexion, e cosa dovrei dire di te? Tu con i tuoi presunti poteri divini non hai saputo anticipare le mosse di un essere che conoscevi benissimo, e che era già il tuo nemico.” Fece una pausa, scuotendo la testa e guardando di sottecchi il Nobody, vagamente malizioso. “Ze-xi-on, quello ci ha fregati entrambi.”
Il Nobody poteva anche affermare di non avere emozioni ma, giudicando dallo sguardo tagliente che gli lanciò, Nagi ebbe la certezza che se le nanomacchine non l'avessero protetto in quel momento Zexion gli avrebbe fritto il cervello.
Ma, visto che non aveva nemmeno tentato di tirargli un pugno, si sentì autorizzato a continuare imperterrito. “In ogni caso tu hai perso, perché il collasso della distorsione è già cominciato. Ancora pochi minuti e voi sarete tagliati fuori dal vostro multiverso, e anche da quello di Earth. Fossi in te mi teletrasporterei al sicuro. A casa o in qualunque altro luogo lontano da questo sistema. Che era già condannato prima che l’Harmonium si avviasse, visto che le testate puntate verso il sole sono state innescate, e il processo è assolutamente indipendente e irreversibile” mentì Nagi. Riuscendo finalmente a rizzarsi in piedi e a sventolare melodrammaticamente una mano all’indirizzo di Zexion.
“Tu fa quello che vuoi. Quanto a me, invece, sai che ti dico? Me ne vado.”
“Scappi buttando via tutto quello che hai fatto finora?” lo inseguì la voce di Zexion, dopo che ebbe percorso un paio di malfermi passi verso la Sala del Bifröst.
“Esatto. A differenza della maggior parte delle persone non giudico le possibilità a seconda di quanto grande è stato l'investimento. Ho già guadagnato abbastanza da questa storia, quindi, io tolgo il disturbo.”
L'urlo di Nina cambiò volume e modulazione, e Nagi decise di affrettarsi. Voleva essere fuori di lì il prima possibile.
Zexion si teletrasportò davanti a lui, bloccandolo. “No” esclamò netto. “Hai ragione, so riconoscere i miei errori. Ho commesso uno sbaglio tattico sottovalutando il Re, che non mi aspettavo scatenasse un genocidio su così vasta scala per raggiungere i propri fini ma, evidentemente, non deve aver preso bene il rifiuto dei tuoi avi di ascoltarlo e interrompere i loro studi. Ma la mia strategia è ancora valida. E, considerato che abbiamo tutti e due lo stesso obiettivo, cioè che questo pianeta sopravviva, forse è il caso di darci una mano.”
Nagi lo fissò scettico e, per una volta, senza ribattere.
“Che aspetti?” lo incalzò Zexion, sembrando quasi innervosito. “Non ci vuoi nemmeno provare a fermare quell’affare? Uno come te che ha sempre rischiato il tutto e per tutto?.”
Nagi esplose in una risatina nervosa. “Non sono io il problema, Zexion. Tutti e due vogliamo di certo che Earl sopravviva, ma è per opposti motivi.”
“Ah, è me che temi? Ti rassicuro. Quello che hai detto della distorsione è vero. Io e i miei simili torneremo a casa. Da questo punto di vista avete davvero vinto.”
Un subdolo sorriso reclamò le labbra di Nagi, che indicò Miyu. “Continuo a non capirti. Dici di voler salvare Earl, quindi, perché non hai lasciato fare Miyu? Era qui per questo anche lei. Se mi avesse ucciso cinque minuti fa, tutti i tuoi problemi sarebbero stati risolti.”
Zexion abbassò leggermente le spalle, e strinse gli occhi. “Da quando in qua sei diventato così bravo a cavillare? Non ti basta sapere che ce ne andremo, senza possibilità di tornare se tu… voi non lo vorrete?”
Fin da quando era molto giovane Nagi aveva imparato a parlare per enigmi, e a nascondere con forbite parole e metafore il vero significato di quello che davvero intendeva. Bellamente palese, se qualcuno si fosse preso la briga di ascoltarlo attentamente. Per quello era solito dire che la gente capiva solo quello che voleva, mentre lui era ben attento a non cadere nello stesso tranello, e a ascoltare accuratamente quando la gente gli parlava. Infatti, senza neanche dover meditare su quello che Zexion aveva appena pronunciato, Nagi sbarrò gli occhi, cogliendone in pieno il significato nemmeno troppo recondito.
Dietro di lui Nina aveva cominciato a singhiozzare ma Nagi non la sentiva quasi più. A quel punto poteva andarsene o ascoltare il Nobody. Ma la cosa certa era che nel primo caso non avrebbe avuto una seconda possibilità. Mai più. E l’albino era una persona che odiava avere davanti solo strade prefissate.
Zexion sembrò leggerli nella mente. Alzò una mano per indicare Nina. “Sei troppo giovane per negarti ogni opportunità. O vuoi giocarti il futuro ora e per sempre? Lei è quel futuro, lo sai anche tu, o non saresti qui.”

La ragazza, come se sapesse che qualcuno finalmente si era ricordato di lei, si girò faticosamente, torcendo il busto al limite delle capacità di un corpo umano. Fissò su Zexion due occhi che non erano più ambrati ma dorati. Occhi che lui era abituato a vedere su ben altro viso, dalla pelle scura e incorniciato da lunghi capelli argento.
Casualità genetiche... schemi di accoppiamento... ma il loro DNA combacia quasi perfettamente. Nina è lo Xemnas di questo universo. In nostro Superiore. Il primo nato dei Nobody. Fatti ascoltare, Nagi, e lei rivoluzionerà questa realtà per te... per noi.’
Nina si mise a piangere fissando i due uomini, supplicando di ucciderla, ma Zexion non era certo che li vedesse veramente. Gli sarebbe stato necessario più tempo per studiare l’Harmonium a fondo, per capire come mai aveva bisogno di un’operatrice umana per poter funzionare, e per che ragione il Re avesse congeniato un sistema così macchinoso per chiudere la porta tra i loro universi.
Sarebbe bastato molto meno; anche solo mettere in funzione l’arma senza che questa gente se ne accorgesse. A meno che, come fece anni dopo su Radiant Garden, il Re non abbia lasciato liberi gli abitati di Earl di prendere la decisione ultima: rinunciare alle ricerche o perire di propria mano a causa di esse. In ogni caso, l’Harmonium gli fu dato senza libretto di istruzioni...’
Da un certo punto di vista Zexion riusciva ad ammirare la perfidia mascherata da saggia benevolenza del Re; lui non avrebbe fatto diversamente. Dall’altro però, trovava il suo piano quasi ingenuo.
Perché in tutto questo c’è una falla: l’esistenza di una fragile operatrice umana. Colei che era destinata a fare la scelta.’
E lui ne avrebbe tratto il massimo dei vantaggi.
Grazie ai suoi poteri riprodusse nei minimi dettagli un fucile da cecchino, che allungò a Nagi tenendolo per la canna.
Il Colonnello guardò l’arma sospettoso.
“Prendilo” lo esortò Zexion. “C'è un solo modo per fermare quella macchina: rompere la concentrazione del Conduttore. E tu questo lo sai usare.”
“Mi ricorda qualcosa, in effetti.”
“Ne trovai l’immagine quando scandagliai le tue memorie, la prima volta che ci incontrammo.” Zexion sorrise quasi divertito. “Quando ti arruolasti nella fanteria di Earth, il tuo rendimento era così penoso che Haruka poté solo utilizzarti come tiratore scelto. La mira perfetta non ti è mai mancata, come il Sergay Wang di questo mondo potrebbe testimoniare.”
Solo a quel punto Nagi afferrò il fucile assumendo un’espressione scocciata. “Non era certo colpa mia, a quei tempi pretendevano che andassi in giro con un mitragliatore che era più pesante di me. Comunque, questo è inutile. L'armatura di una Otome non può essere trapassata da un semplice proiettile, e ho già provato a disattivare il contratto senza successo. Prima che tu arrivassi c'è stato un momento nel quale la sua armatura è sparita, forse hanno avuto problemi con lo Shinso, ma il sistema surrogato ha compensato immediatamente.”
Zexion annuì. “Marluxia si è occupato della Fondatrice, ma l'unico modo per risolvere il nostro problema, ora, è abbattere l'Administar.”
Finalmente, il sorriso che si aspettava comparve lentamente sul volto di Nagi. “Siamo a centinaia di miglia dalla capitale. Il segnale dello Shinso non può sicuramente arrivare fin qui.”
Zexion gli sorrise di rimando. “E allora, che aspetti a comunicarlo all'altra Nina?”
Per la prima volta, a Nagi lo sguardo di Zexion sembrò vagamente malizioso.

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Marluxia non poté trattenere un sorrisetto di scherno quando un esausto Axel gli si materializzò davanti agli occhi.
“Ti hanno dato del filo da torcere” gli disse più blandamente che poté, sghignazzando però silenziosamente dentro di lui. I taglietti che gli aveva fatto Shizuru Viola non erano nemmeno lontanamente paragonabili all’aria stremata che campeggiava sul volto del pirocinetico. E, addirittura, gli sembrava che la cappa di Axel stesse leggermente fumando, cosa che aveva creduto impossibile fino a quel momento.
Le riflessioni sarcastiche di Marluxia furono sottolineate da un distante ruggito, e il Leggiadro Sicario si volse di sbieco verso la città di Windbloom, che bruciava in lontananza.
“Qualcuno ti sta cercando...”
Axel scacciò la sua battuta con uno svogliato cenno della mano. “Lasciamo perdere. È stato divertente fino a che è durato, e avrei anche vinto se fossi rimasto un paio di minuti di più.”
Il sogghigno di Marluxia si spense.
“L’hai avvertito anche tu?”
“Sì, il grido di dolore del Cuore di questo mondo è riverberato attraverso l’atmosfera.” La chioma scarlatta di Axel si piegò verso il compagno. “Cosa facciamo? Dov’è Zexion?”
La domanda conteneva un’implicita accusa, e Marluxia scosse la testa all’insinuazione. “Quanto alla prima cosa, credo che sia più prudente andarcene. Il pianeta è condannato, e con questo la nostra missione sarà, in parte, comunque completata.”
“È Earth il mondo che Xemnas ci aveva ordinato di togliere di mezzo” affermò Axel.
“Se non avranno nessuna possibilità di accedere al nostro multiverso, per noi sarà esattamente come se l’avessimo fatto.”
E, solo dopo aver pronunciato quelle parole, il Nobody ebbe la certezza di aver capito, finalmente, a cosa Zexion aveva puntato per tutto quel tempo. I sotterfugi, i silenzi, la peculiare strategia del compagno acquistarono l’elusivo senso che Marluxia stava cercando da giorni.
Fissò gli occhi azzurri sulla colonna di luce nera che fendeva in due l’orizzonte, soffocando una smorfia. ‘Sempre che riesca a bloccare il collasso del nucleo del pianeta. Un piano davvero brillante, che lui negherà fino alla morte di aver congeniato. Xemnas vorrebbe la sua pelle, se venisse fuori una cosa del genere. Chissà se potrò mai usare questo scherzo che ha tirato al nostro Superiore per far passare Zexion dalla mia parte.’
Si riscosse, guardando in faccia Axel. “Andiamocene.”
Un’espressione combattuta danzò sul volto del pirocinetico; non aveva mai fallito una missione, Marluxia lo sapeva, ed andarsene nell’incertezza del risultato era chiaramente qualcosa che lo disturbava.
Indicò la città. “Altrimenti puoi tornare là a finire la tua scaramuccia con qualunque cosa ti abbia attaccato. Ma capirai che io non rimarrò ad aspettarti. E nemmeno il buco nero che si sta aprendo qui sotto, secondo me.”
A quelle parole lo sguardo di Axel si fece annoiato. “Va bene, ti seguo. Quanto agli Heartless?”
Marluxia scrollò le spalle. “Quelli che rimarranno saranno condannati con il resto di questa gente, ma molti hanno già lasciato Earl anche se... dubito che siano tornati nel nostro multiverso. L’istinto di sopravvivenza li avrà sparsi sui pianeti abitati qui attorno.”
Il Leggiadro Sicario rivolse gli occhi al cielo, alla tenebre che ad est si stavano già scolorendo. ‘Xemnas ha perso. Questo universo conoscerà l’Oscurità. Direi che abbiamo veramente finito.’
Fece un cenno della testa ad Axel e, senza aspettare una risposta, si immerse nei Corridoi delle Ombre che l’avrebbero riportato a casa.
Arrivederci, guerriere della luce.’

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La chiamata arrivò inattesa, quando il Maggiore Wang si era già preparata al peggio. Aveva assistito con trepidazione al mutamento nel fascio di antiparticelle che stava colpendo la distorsione e, pur senza capire, la cosa non le era per niente piaciuta.
Ascoltò con il cuore in gola la concitata voce del suo amante dall’altra parte, stentando quasi a riconoscerlo.
Sopprimendo il fortissimo desiderio di abbandonare il suo posto, e precipitarsi da lui, la donna posò il ricevitore e guardò negli occhi Shiho.
“Buttate giù l’Administar, è un ordine del Colonnello De Artai.”
La donna davanti a lei corrugò le sopracciglia. “Per disarmare le Otome?”
“Non tutte. Quelle che combattono nella capitale non avranno problemi, lì il segnale dello Shinso viene diffuso senza bisogno di satelliti di supporto.” Nina sorrise di sbieco. “Non è una mossa per togliere di mezzo quelle donne, se te lo stai chiedendo.”
Shiho arrossì furiosamente. “Meglio così” esalò in un tono che fece capire al Maggiore Wang che quanto le aveva detto, era esattamente ciò che Shiho aveva sperato. “Ma, a questo punto, perché non dargli ulteriori assistenza bombardando la capitale? Dagli ultimi messaggi ricevuti pare che gli Heartless stiano ripiegando. Da qui potremmo spazzarli via completamente.”
Nina meditò con attenzione sulle parole di Shiho. Non aveva tutti i torti, per una volta.
La donna sembrò percepire la sua esitazione. “Avanti. Come Comandante della flotta orbitale il tuo rango è pari a quello di un Colonnello. Non devi chiedere nessun permesso e nessuna autorizzazione. Un’azione risolutiva è necessaria, Nina Wang. E poi, sei proprio sicura che quello in linea fosse davvero il Colonnello De Artai?”
Nina sbarrò gli occhi, odiandosi per non essere riuscita a nascondere la sorpresa. E, sapendo che uno dei Nobody era l’esatto equivalente di Nagi, e che aveva la sua stessa voce, i suoi dubbi diventarono devastanti.
Afferrò il comunicatore tentando di raggiungere l’amante, ma la linea risultò indisponibile.
“Pensa bene a quello che fai, Maggiore Wang. Un errore adesso consegnerebbe la vittoria ai nostri nemici” insistette Shiho, e Nina ebbe improvvisamente voglia di colpirla.
'Non è possibile che quello non fosse lui. Perché darmi altrimenti un ordine del genere?'
La donna fissò il pianeta azzurro sotto di loro. E le venne in mente che avevano ancora una carta da giocare.
“Dirama immediatamente l'ordine alle batterie principali di convergere il fuoco sull'Administar. E che nessuno dei sub-comandanti rimasti osi disobbedire e bombardare la superficie di Earl.”
Stavolta fu lo sguardo di Shiho a farsi confuso. Aprì la bocca per protestare ma Nina la anticipò. “Non ti preoccupare. I codici di lancio dei Polaris attorno al sole sono nelle mie mani. Se quello non era Nagi, e in quindici minuti la situazione non si sarà stabilizzata, sarà mia cura spazzare via questo sistema e i nostri nemici con esso” dichiarò con una sicurezza solo apparente.
Con la morte nel cuore, ma l'avrebbe fatto.

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Fu con allarmante ritardo che, finalmente, l'armatura attorno a Nina scomparve. La ragazza oramai giaceva catatonica sulla piattaforma, e Zexion era certo che se quegli strani tentacoli non l'avessero sostenuta sarebbe crollata al suolo. Le sue nanomacchine erano disattivate, e il Nobody si arrischiò a sottoporre il suo corpo ad una veloce scansione.
“Stress a parte non ha riportato danni fisici o neurologici. Non ha niente che una bella dormita non possa risolvere.”
Scrutò il volto di Nagi, che non gli sembrava per niente convinto. Neppure lui lo era. Non osava esaminare in profondità la psiche della donna, non quando era tecnicamente ancora connessa all'Harmonium. Però, immaginava quello che l'albino avrebbe voluto sentirsi dire. E dove poteva portarlo. Adesso che anche le sue, di nanomacchine, non ricevevano più il segnale dello Shinso, poteva forzarlo a fare tutto quello che voleva. Ma forse gli sarebbe bastata qualche parola ben piazzata.
“Da questa esperienza uscirà devastata. Lo sai bene. E tu sei l'unico che vorrà accanto.”
Nagi gli lanciò un'occhiata in tralice, piuttosto divertita, mentre si sistemava il fucile contro la spalla.
“Non ci provare a fare i tuoi giochetti mentali con me, Zexion, né a usare i tuoi poteri. Io so benissimo quello che devo fare, non ho bisogno che tu me lo dica.”
“Adesso che hai la vittoria in pugno, e la certezza di farla franca un'altra volta, dismetti così brutalmente il mio aiuto?”
“Ti faccio notare che stai facendo fare a me il lavoro sporco, quindi l'aiuto è assolutamente reciproco.”
Il puntatore laser danzò sulla nuca di Nina, e Zexion sprecò un nanosecondo per addolcire la tensione nelle spalle di Nagi, e per rilassarlo quel tanto che bastava perché non facesse saltare la testa della ragazza. Il puntino rosso si spostò sulla spalla del bersaglio.
“Quella è la tua donna, non la mia. Lascio a te il piacere di spararle.”
Come si era aspettato, vide l'albino arrossire e fare una smorfia quasi seccata. 'Ne sei realmente infatuato e, anche se la cosa ti farebbe soffrire, la sacrificheresti se servisse per uno scopo superiore. Sei davvero il mio analogo.'
Uno dei tentacoli si allungò verso di loro, e schioccò fin troppo vicino al capo del Nobody, che decise che era tempo di allontanarsi. La macchina aveva percepito la sua presenza, e non era certo che non fosse stata settata per attaccarlo. Dopotutto, l'albino sembrava avere oramai la situazione in pugno.
“Arrivederci, Nagi De Artai, ti auguro di conquistare tutto quello che veramente desideri” gli disse, scomparendo un attimo dopo.
Nagi tirò il grilletto e le urla di Nina, insieme al raggio dell'Harmonium, si spensero brutalmente.

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Sopra Windbloom Haruka Armitage osservava con un senso di profonda impotenza la città ai suoi piedi, sventrata dalla battaglia che si era protratta per ore; fino a quando, pochi minuti prima, la maggior parte degli assalitori non si era repentinamente volatilizzata nel nulla. Ma non tutti. In alcuni quartieri ancora si combatteva, e ormai non sembrava esserci modo di salvare la capitale di Windbloom.
La donna fu raggiunta dalla sua omonima.
“Ho ricevuto un messaggio dal Generale. La distorsione si è chiusa, e i Nobody superiori sembrano essersene andati.”
L’altra annuì vigorosamente. “Potremmo dire di avere vinto, se quelle cose non fossero ancora in giro.”
“C’è un solo modo per liberarcene…”
La Meister di Aries non la lasciò continuare. Si avvicinò invece al mobile suit dell’altra, fino ad arrivarle a pochi centimetri di distanza. “Non ci pensare nemmeno. Non ti permetterò di nuclearizzare questa città.”
“Perché? Oramai chi doveva essere messo in salvo è già stato evacuato.”
“Ai feriti e a quelli intrappolati nei palazzi non ci pensi?”
Dall’altra parte ci fu una pausa un po’ più lunga. “Io non credo che quelle cose si siano lasciate scappare qualcuno.”
Haruka sentì le sue labbra torcersi in un ghigno ferale. “Non mi importa. Non possiamo perdere il Garderobe”
“Guarda che non devi temere per la vita della tua amica. Il bunker là sotto è assolutamente sicuro.”
“Allora non vuoi proprio capire!”
L’Otome allungò un braccio che l’altra prese a mezz’aria, stringendoglielo. Haruka fece una smorfia ma non si tirò indietro.
“Che credi di fare? Quella tua armatura non può competere con quella di una Meister Otome. Ritirati.”
“Vogliamo fare una prova?” le sibilò la sua omonima.
Già pronta a spedire l’insopportabile Colonnello in orbita, la tagliente risposta di Haruka fu interrotta dalla voce di Yukino, che si fece udire attraverso entrambi gli auricolari delle donne.
“Ascoltatemi, per favore. Mi sono consultata con il Generale De Windbloom e con gli altri capi di stato. Da quello che abbiamo potuto osservare, durante la battaglia, gli Heartless sono vulnerabili alla luce, per questo un’esplosione al suolo è assolutamente sovradimensionata per liberarci di loro. Potrebbe bastarne una in quota.”
Il Colonnello si liberò con uno strattone. “Può funzionare. Porterò il mio RX ad un’altezza di diecimila metri, ai limiti della troposfera, e lì lo farò esplodere. Il lampo spazzerà via le Ombre, senza che ci sia ricaduta radioattiva.”
“Proprio quello che avevamo in mente” chiosò Yukino.
Haruka però, guardò l'omonima perplessa. “Aspetta un attimo. Come farai ad andartene?”
Le imperturbabili ottiche dell’RX fissarono l'Otome, come se il suo pilota fosse stupita dalla domanda. “Non lo farò ovviamente.”
Haruka reagì come se l’avessero schiaffeggiata. “Non ci pensare nemmeno. Puoi uscire da questo affare, non è vero? Ti prenderò io e ce ne torneremo insieme a terra.”
L’altra si mise a ridere. “Posso settare il momento dell’esplosione, ma non credo che riusciremo a farcela. Ricordati che in questo momento è il sistema surrogato che sta generando la tua armatura, e il tempo di operatività sta scadendo.”
“Motivo in più per affrettarci.”
Davanti all’insistenza caprina di Haruka Armitage, il Colonnello perse la calma. “Se fallissi anche la tua Master morirebbe, te ne rendi conto, testona?” le urlò.
Ma dall’altra parte della linea Yukino diede ragione alla sua Otome. “Io sono certa che Haruka la salverà, e che tornerà da me. Al Garderobe stanno facendo di tutto per stabilizzare il segnale, deve avere fiducia, Colonnello.”
“Non è quello il problema…”
“Ascolta” ruggì l'Otome bionda. “Come non potevo permettere che i tuoi uomini si prendessero tutto il merito, men che meno posso lasciare che tu muoia per difendere il mio pianeta.”
Solo a quel punto l’Haruka di Earth alzò bandiera bianca. “Andiamo allora, vedo che sei proprio decisa a diventare una martire con me.”

I propulsori, lanciati al massimo, la portarono sulla verticale di Windbloom in pochi minuti. Più volte il Colonnello Armitage si era guardata indietro, morbidamente stupita che Haruka riuscisse a starle dietro, senza nessuna difficoltà apparente. Un paio di volte l'Otome l'aveva addirittura superata, facendole venire il dubbio che stesse limitando la sua potenza. Nonostante l'aspetto frivolo quelle armature erano un vero prodigio scientifico, e il Colonnello si reputava pienamente soddisfatta dell'esito della missione.
'In qualche modo abbiamo scacciato quegli esseri, e i segreti del Garderobe sono in mano nostra. Non mi dispiacerebbe morire ora, all'apice della mia carriera, anche se...'
Strinse i denti, cercando di non dedicare più di un pensiero passeggero alla donna che l'aspettava a terra. Non le aveva detto nemmeno propriamente addio anche se, fin da quando era salita sul suo RX, aveva avuto la certezza matematica che non sarebbe uscita viva da quella missione. Tutto il contrario dell'Haruka Armitage che l'accompagnava.
Sia lei che la sua Yukino sembravano invece convinte che sarebbe andato tutto bene e, pur odiando con tutta sé stessa gli ottimisti senza speranza, il Colonnello non poteva dire di non provare una leggera invidia. Sovrappensiero, le sue dita corsero al pulsante che apriva la comunicazione con il quartier generale, ma venne interrotta dal segnale che la avvertiva che aveva raggiunto l'altezza desiderata.
Dimenticò il momento di debolezza e decelerò brutalmente, stabilizzando l'RX, compiendo poi tutti i preparativi perché il generatore a fusione esplodesse, lasciando a lei e all’altra Haruka abbastanza tempo per rientrare. Ce l'avrebbero fatta, se il segnale del sistema surrogato non si fosse interrotto prima.
L'Otome si avvicinò, e Haruka rimosse la copertura. Il freddo glaciale la aggredì attraverso la tuta di volo per un solo istante, perché quando la sua omonima le passò un braccio attorno alla vita, sfilandola dall'RX e prendendola in braccio, le sembrò di essere a terra. E riusciva anche a respirare perfettamente.
'Lo schermo filtra l'ossigeno, e gli permette di operare anche fuori dall'atmosfera. Un sistema davvero geniale.'
L'Haruka di Earl non perse tempo. “Reggiti forte” la avvertì.
Caddero a piombo, ad una velocità che, il Colonnello ne era certa, sarebbe stata impossibile da raggiungere per qualunque loro jet o mobile suit. Si rese anche conto che un essere umano, a quella velocità e con quell'angolo di caduta, avrebbe probabilmente perso i sensi; eppure lo schermo forniva evidentemente una qualche forma di compensazione, perché Haruka non riusciva nemmeno a sentire gli effetti dell'accelerazione.
Vide la città farsi sempre più grande, mentre l'Otome di Aries puntava dritta sul fiume.
La donna la guardò, e la sua espressione decisa si ingentilì. “Sai, Colonnello” le disse. “Sei una fantastica guerriera, ma non dovresti cercare il martirio a tutti i costi.”
Haruka si irrigidì senza volerlo. C’era del vero in quello che diceva la sua omonima, anche se lei aveva sempre considerato una debolezza difendere la sua vita a tutti i costi. “Io faccio solo quello che è necessario per mio paese.”
“È stupido. Immagino che anche dalle vostre parti abbiate bisogno più di bravi comandanti, che di ottimi kamikaze, non è vero? Se è il contrario, chiediti se stai servendo il paese giusto. O nel modo giusto.”
L’Otome le fece incredibilmente l’occhiolino. “Dopotutto, non sei una di quelli che comandano? Non ti chiedi mai che razza di pessimo esempio dai ai tuoi uomini con quelle stupidaggini sulla morte e l’onore? Scommetto che se pensaste di più a tornare vivi da quelli che amate, invece che partire per la battaglia con in testa l’idea di abbracciare una tomba, magari vincereste le vostre campagne non sacrificando anche quello che in teoria dovreste proteggere.”
La risposta oltraggiata di Haruka fu bloccata da un’ultima battuta dell’Otome. “E in quel modo non vi fareste così facilmente fregare da Nagi. Uno che non ha di certo in mente di sacrificare la sua preziosa vita per le buone ragioni degli altri, men che meno per il vostro paese.”
L’accenno all’albino fece sorgere un ghigno pericoloso sulle labbra del Colonnello Armitage. “Non hai tutti i torti. Si vede che lo conosci bene.”
“Rimpiango solo una cosa del mio passato, Colonnello. Di non averlo sculacciato quando era più basso di me.”
La battuta le fece scoppiare a ridere entrambe, ma Haruka realizzò che il conto alla rovescia era quasi terminato. Lo comunicò all’omonima, che la strinse a sé.
“Ce la faremo!” la sentì ruggire.
Erano ad un centinaio di metri di altezza quando il cielo deflagrò in lampo di luce e, contemporaneamente, l'armatura dell’Otome si dissolse.
L'ultimo pensiero coerente di Haruka, prima che colpissero la superficie del fiume, fu che non aveva nemmeno detto all’altra quanto era stato un onore combattere al suo fianco.


Deserto dell'Al-Saher, 27 marzo, ore 05.30

Il freddo le fece pizzicare il naso, e Nina si svegliò con un potente starnuto, lamentandosi debolmente mentre tentava, senza successo, di girarsi su un fianco. Perché si sentiva così terribilmente intorpidita? La parte destra del corpo era assolutamente inerte ma, flettendo leggermente la mano sinistra, poté sentire della sabbia sotto le dita. Il silenzio era totale, e la sensazione di pace, unita al piacevole tepore che la avvolgeva sotto la coperta che qualcuno le aveva gettato addosso, la fece piano piano scivolare di nuovo nel sonno. Se solo le avessero coperto anche la testa...
Arrivarono brutalmente, senza preavviso. Immagini di indicibile sofferenza e terrore emersero dai recessi della sua memoria e la fecero violentemente scattare a sedere, nonostante il braccio destro non cooperativo. Completamente sveglia, riuscì a soffocare un grido ma spalancò la bocca in cerca di ossigeno, mettendosi la mano sinistra sugli occhi. Aveva paura di aprirli. Cosa avrebbe visto?
Con il cuore in tumulto, per interi minuti stette raggomitolata su sé stessa, apprezzando in quel momento il freddo pungente che lentamente l'aiutava a riprendere un minimo di lucidità. Aveva già vissuto quell'esperienza, e sapeva come farvi fronte, solo non capiva perché fosse ancora viva. L'ultima cosa che ricordava era che tutto stava andando bene, poi...
“... il cuore... me l'hanno strappato” mormorò incoerentemente, portandosi la mano buona al petto e stupendosi di trovarlo integro. Si toccò la spalla destra, senza osare ancora aprire gli occhi. Non sentiva il braccio, e per un momento pensò di averlo perso. Ma lo trovò al suo posto. Il tessuto sotto le sue dita, però, era leggermente umido.
Si decise finalmente a socchiudere gli occhi, guardandosi le dita sporche di una sostanza rossastra. Le fissò senza capire, aprendole e chiudendole come per voler verificare che fossero ancora collegate al resto del corpo. Poi scrutò la spalla destra, e vide il tessuto azzurro della sua uniforme da Meister completamente bruno; la macchia arrivava fin quasi al gomito. C'era anche un buco all'attaccatura con il torace, ma non riusciva a capire come avesse potuto farselo. Sapeva che doveva essere ovvio, ma il suo cervello si rifiutava di darle le informazioni necessarie. Decise di procedere empiricamente, e si tastò delicatamente la spalla, sentendo sotto l'uniforme del tessuto a strati.
“Non toccare, ti sposterai la benda. Anzi, forse è il caso che ritorni a sdraiarti.”
Alzò la testa, per scoprire Nagi inginocchiato accanto a lei. L'aveva evidentemente osservata per tutto il tempo senza dirle una parola. Il suo sguardo le sembrò molto meno sarcastico del solito, e non c'era traccia sul suo viso della consueta aria divertita. La stava invece scrutando quasi con cautela.
“Cos'è successo?” chiese la ragazza, forzando la voce ad uscire dalla gola che sentiva arida. Lentamente si sentiva riprendere contatto con la realtà, ma non doveva lasciarsi andare, o i mostri sarebbero tornati.
“È andato tutto bene. Sei riuscita a chiudere la distorsione, e i Nobody se ne sono andati. Anche la città di Windbloom è salva.”
“Non mi ricordo nulla...”
Lui scosse le spalle. “Anche stavolta l'Harmonium è andato fuori controllo. Ho dovuto spararti per sconnetterti dalla macchina.”
Le parole, dette in un tono piatto ed impersonale, non la turbarono come avrebbero forse dovuto. Si volse invece a guardare la spalla ferita, a quel punto stupita di non sentire dolore.
“Miyu ti ha medicata, e ha applicato un anestetico. Una squadra di soccorso dovrebbe essere qui prima che finisca l'effetto.”
Nina lo guardò in tralice. Non c'era nulla di strano in quello che le stava dicendo, ma quel tono cominciava ad infastidirla, e non sapeva perché.
Strinse le labbra. “Sei stato abile a non farmi saltare la testa.”
Un pallido sorriso accolse le sue parole. Lieve e sottilmente crudele. “Te l’aspettavi, forse, dopo che hai tentato di uccidermi?”
La ragazza si sentì gelare, più di quanto già non fosse. In effetti non avrebbe dovuto andare in quel modo, e intuitivamente realizzò che non si sarebbe dovuta sentire così delusa di essere ancora in vita.
“Era un rischio concreto, che ho corso volentieri. Sarebbe stata una cosa giusta, un modo per ripagare questa gente del male che le abbiamo fatto” gli rispose, tenendo il più possibile la testa alta.
Vide un lampo di irritazione accendere lo sguardo di Nagi. “E non ti è passata per l’anticamera del cervello l’idea che forse, da viva, saresti stata più utile a questo mondo? E che se era me che volevi uccidere, per far contente le tue amiche del Garderobe e la massa di idioti ancorati all'idea di un mondo che non esiste più, avresti potuto trovare qualche mezzo più facile?”
Nina socchiuse gli occhi. Nagi aveva ragione. Come sempre. E anche se avrebbe solo voluto sdraiarsi e sparire nelle sabbie, sentiva che non poteva perdere l’occasione per chiarirsi con il suo ex Master.
“Non hai capito niente. Non era la tua morte che volevo, ma la nostra assoluzione. Mia e tua. Questo mondo che ci odia, ci avrebbe ricordato come degli eroi.”
A quel punto Nagi distolse lo sguardo da lei, e il suo sorriso divenne quasi mesto. “Ma che bel piano. Immagino che la mia opinione non contasse proprio niente, vero? Quasi quasi mi viene voglia di ringraziarti, per avermi quasi reso un martire. Ma adesso mi ricordo che era la stessa cosa che avevi progettato per te e Sergay. Morire con la persona che amavi. Hai uno strano modo di provare affetto per qualcuno, Nina Wang.”
Profondamente ferita, la ragazza scattò come una furia. “Meglio del tuo, che prevede di usare i sentimenti degli altri solo per piegarli ai tuoi voleri. Credi che mi sia dimenticata della Nina del tuo mondo? Se ai tempi tu mi avessi percepita come una donna, invece che come un’arma asessuata, avresti fatto lo stesso. E non prenderti nemmeno il disturbo di negare.”
Fu soddisfatta che Nagi avesse almeno la decenza di arrossire. Ma la sua risposta le suonò, come di consueto, assolutamente sicura. “Non lo nego. Ma ti chiarisco un concetto che forse ti è sfuggito: tra tutti sei tu la più stupida, Nina, perché hai progettato di gettare via la tua vita per gente che ti disprezza. La tua, e la mia. Non hai un po’ di amor proprio?”
Nina chinò la testa, gli occhi fissi sulla mano sinistra chiusa a pugno in grembo. “Sì, ma proprio per quello io non potevo sopportare che mi vedessero ancora come un’assassina. Quanto a te... credi che abbia preparato tutto senza sentirmi, anche solo per un istante, meno che colpevole nei tuoi confronti? Per quello che eri stato: perché ti avrei deluso una seconda volta. Per quello che eri diventato: perché non avrei potuto proteggerti come il mio giuramento di Otome mi richiedeva.”
Face una pausa, scegliendo con cura le parole. “Per quello che poteva esserci tra noi: perché, come mi hai giustamente ricordato, avrei ripetuto con te lo stesso errore che commisi con Sergay. Per tutte queste ragioni, sarei scesa nella tomba con molti rimpianti.”
A quel punto l’albino alzò gli occhio al cielo, e sembrò fare di tutto per sopprimere una risata. “E allora perché hai concepito una soluzione così radicale, Nina?”
Lei prese un bel respiro. Si era fatta tante volte quella domanda, dandosi un’unica risposta. La sua voce non tremò mentre gli rispondeva. “Perché, a volte, per raggiungere il risultato migliore per la maggioranza, un’esigua minoranza deve rinunciare a qualcosa. Anche a qualcosa di prezioso. La mia vita, il mio cuore, il mio onore, non erano nulla in confronto a quello che l’umanità nel suo insieme avrebbe ottenuto. Nulla, Nagi. Riesci a capirmi?”
Fu stupita che il sarcasmo fosse sparito dalla faccia del giovane. Nagi la stava invece fissando, estremamente attento ed interessato. Lei non riusciva ad immaginare cosa le sue parole avessero scatenato nel suo cervello, ma non era proprio certa di volerlo sapere. Tutto quello che avrebbe desiderato, a quel punto, era di poter far tornare indietro il tempo. Sorrise mestamente, addolcendo la voce.
“Sai, non è vero che l'Harmonium torce il tempo e lo spazio. Io c'ho provato, prima di perderne il controllo. Ho tentato di cancellare questi ultimi diciannove anni della mia vita, per ritornare a prima che i miei genitori e la mamma di Arika fossero uccisi, a prima che il mio mondo cambiasse.”
“Volevi...”
Nina annuì, e un sorriso remoto sbocciò sulle sue labbra, mentre i capelli le cadevano sciolti ai lati del capo. “Volevo indietro la mia vita. La vita di tutti. Non sarebbe stato bello? Arika sarebbe vissuta con me, e poi sarebbe diventata la mia Otome. Come Regina avrei reso felici i miei sudditi, e sarei stata amata. Mashiro non sarebbe dovuta morire, chiunque fosse stata. E da grandi io e te ci saremmo sposati, come le nostre famiglie avrebbero voluto. E tu non avresti fatto scoppiare quell’inutile guerra, né saresti stato costretto a fuggire su Earth. Forse, la successione di eventi che ha portato qui i Nobody non si sarebbe mai innescata.”
Gli occhi di Nagi si strinsero leggermente su quell’ultima affermazione, ma Nina preferì non farci caso. Che lui o i suoi compagni di Earth avessero qualche responsabilità nello scatenare l’invasione le sembrava una cosa troppo mostruosa per essere vera.
Allungò invece una mano per accarezzargli il viso, e l’espressione dell’albino si ammorbidì.
“Sarebbe stato davvero bello... c'ho provato davvero” ripeté, la voce ridotta a un sospiro.
Lui scosse leggermente le spalle. “Meglio che tu non ci sia riuscita, saresti cresciuta viziata come una di quelle noiose nobili buone a nulla che abbondano su questo pianeta.”
Nina realizzò che Nagi le aveva fatto un complimento con un secondo di ritardo, che lui usò per prenderla tra la braccia e per darle un leggero bacio sulle labbra.
“Adesso basta. Hai detto tutto quello che dovevi dire. Possiamo ricominciare da qui. E dimentica quella insulsa fantasia.”
Le fece appoggiare la testa sulla sua spalla e le drappeggiò addosso la coperta, stando attento a non toccarle la spalla ferita. Davanti a tali, inconsuete cure, Nina non poté evitarsi di arrossire furiosamente, e nemmeno di sentire il cuore battere all’impazzata. Poi, però, le labbra di Nagi le sfiorarono una tempia.
“E il nome Mashiro è così stupido. Ti sarebbe stato malissimo” il giovane le sussurrò, con la voce che finalmente vibrava della consueta ironia fuori luogo.

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“Generale, ho ricevuto un messaggio dal Maggiore Hallard. Le squadre di soccorso hanno ritrovato il Colonnello Armitage e la Otome di Aries sul greto del fiume. Ferite ma coscienti.”
Mashiro annuì distrattamente a Yukino, felice che almeno qualcuna di loro avesse qualcosa da festeggiare. In verità, benché tutto fosse andato meglio di quanto avesse sperato, non riusciva a ritenersi totalmente soddisfatta.
Appoggiata allo stipite dell’ingresso del sacrario di Fumi, Mashiro osservò sconsolata il relitto di quella che poche ore prima era la punta di diamante del contingente di Otome. Shizuru Viola era sdraiata a terra, circondata da un nugolo di medici di Earth che tentavano di stabilizzarne le condizioni; Natsuki era inginocchiata al suo fianco, le mani lorde del sangue dell’amante. A Mashiro sembrò una scena già vista, solo che lei l’aveva osservata da un’altra prospettiva.
Fece un cenno con la mano a Yukino, segnalandole di avvicinarsi. “Prepara il trasferimento. La portiamo su Earth.”
“La Direttrice protesterà.”
“Me la vedo io con lei. E non credo che avrà nulla in contrario. Gli ospedali di Windbloom sono inagibili, e Shizuru non può affrontare il viaggio sino al paese più vicino.”
Mashiro si girò, incrociando lo sguardo di Nao, che se ne era rimasta silenziosa, accanto ad Arika, per tutto il tempo; anche loro fisse a guardare la penosa scena.
“Nao Zhang. Occupati delle Otome sopravvissute con Arika. A parte Natsuki sei l’ultima Colonna rimasta, e non credo che la Direttrice se ne avrà a male se prenderai il suo posto ad interim.”
Nao assunse una leggera aria contrariata. “A parte che non dovresti essere tu a darmi un simile ordine, ma a Natsuki, invece, chi ci penserà?”
A Mashiro la domanda sembrò ben strana, visto che mai la rossa le era sembrata attenta alla salute della Direttrice. Il Generale contrasse lievemente i pugni. “Io personalmente, è chiaro.”
Bloccò ogni protesta della donna indicando il drappello di soldati dietro di lei.
“Nel caso tu non l'abbia capito, qui comando io, adesso. E c'è ben poco che tu possa fare senza la tua armatura. Togliti dai piedi” le urlò quasi, più rudemente di quanto volesse. Ma era stanca, e ascoltare le inutili proteste delle ex padrone di quel posto era l'ultima cosa che era disposta a tollerare.
Ma Nao la sorprese un’altra volta. L'Otome alzò entrambe le mani, scuotendo la testa e lanciandole uno sguardo che le sembrò fin troppo allusivo. “Ehi, non c'è problema, e non serve alzare la voce. Non sono certo qui ad attaccarmi con le unghie e con i denti a privilegi che non ho mai voluto, sai? Quanto a Natsuki... beh, divertiti, scoprirai che è un osso più duro di quei Nobody.”
Sogghignando, la donna si girò elegantemente sui tacchi e se ne andò, seguita da una alquanto abbacchiata Arika. Mentre a Mashiro non restò altro da fare che vederla scomparire lungo il corridoio distrutto, profondamente sconcertata. Riversò tutta la sua stizza residua sull'incolpevole Yukino, che aveva assistito allo scambio di battute esibendo l'aria più innocente del mondo.
“Vattene anche tu. Non hai del lavoro da fare?”
Il Maggiore arrossì portandosi la mano tesa alla fronte, e si allontanò il più velocemente possibile.
“Stupide oche...” non riuscì a non sussurrare Mashiro.
Il suo sguardo tornò sulla Direttrice, ma non prima di aver abbracciato l'intera sala; il sarcofago distrutto, ai piedi del quale Gal se ne stava muto e immobile, i pilastri contenenti pietre che avevano oramai perso la loro lucentezza, e la pozza di sangue che faceva da giaciglio all'Incantevole Ametista.
“Te l'avevo detto, Natsuki” mormorò Mashiro. “La caduta degli dei è sempre piuttosto rumorosa.”
Si avvicinò alla Direttrice in silenzio e le si mise accanto. La donna sembrava tanto catatonica quanto l’amante distesa a terra.
Nell’assoluta incertezza su quello che poteva dirle, e convinta che ogni cosa, comunque, sarebbe suonata falsa o banale, Mashiro decise di posarle semplicemente una mano sui capelli. Sentì Natsuki appoggiarsi alla sua gamba, prima quasi rigidamente, poi arrivando ad affondare la faccia nel tessuto del camice che il Generale stava ancora indossando. Ma né un singhiozzo né un gemito sfuggirono al suo controllo. Rimase bloccata in quella posizione, e Mashiro con lei, rigide statue a testimoniare la rovina di un ideale.


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Ed eccoci al temuto, desiderato, agognato ultimo capitolo. Tra qualche giorno si unirà un epilogo di qualche pagina, tanto per tirare le somme di tutto. Vi rimando a quello per qualche commento finale XD
Nel frattempo ringrazio di cuore Shainareth e Solitaire, le mie fide betareader, correttrici di bozze, fustigatrici di errori di vario genere, consulenti di varie cose, e amikette care. Se questa fanfiction vi è piaciuta tanto, lo dovete anche al loro preziosissimo contributo!
Come sempre, grazie a tutti quelli che hanno letto il precedente capitolo, e un abbraccio in particolare ai miei affezionati commentatori NicoDevil, Gufo_Tave Chiarucciapuccia Sì, dai, ce l'abbiamo fatta a giungere in fondo ^^

  
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