Fanfic su artisti musicali > Mika
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Autore: paneenutella    11/12/2015    11 recensioni
Fedez capisce, probabilmente solo in quel momento, perché lo sguardo del riccio lo abbia sempre messo in soggezione.
Mika lo guarda come se lo vedesse davvero.
« Quando sono nervoso mi sudano le mani » confessa il ragazzo, parlando troppo velocemente. Forse è colpa dell'alcool o forse è solo euforico.
« Non mi disturba » risponde Fedez.
« E mi vengono i crampi allo stomaco » continua l'altro, come se Fedez non lo sapesse.
« È carino ».
« E- E poi inizio a parlareparlareparlare e arroscisco spesso ».
« La trovo una cosa adorabile » ammette Fedez e gli sorride perché è vero. È così dannatamente adorabile.
« Sono un ragazzo » sussurra Mika, come se non fosse già abbastanza ovvio.
« Non mi importa ».
E poi succede tutto velocemente. Oppure a rallentatore.
Fedez non lo sa.
Non capisce più nulla dal momento in cui Mika, alto, elegante, snello, con i capelli sempre incasinati e quegli occhi enormi, si china verso di lui e lo bacia.
MikaXFedez // Urban Strangers
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fedez
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lunedì mattina, alzarsi presto per andare a lavorare si rivela essere un piccolo trauma.
Fedez giura che, prima o poi, riuscirà, finalmente, a prendere il ritmo. Per ora, però, sembra essere solo bravo a lamentarsi.
« Muoviti, dai! » gli urla Mika dal soggiorno. Sente i suoi passi e lo immagina muoversi da una parte all'altra del salotto, cercando di non dare di matto. Da bravo precisino qual è, Mika odia maledettamente essere in ritardo. Infatti, è pronto già da dieci minuti.
Tipico.
« Mi sto allacciando il grembiule, sono pronto » strilla, di rimando, ed è inutile perché gli basterebbe semplicemente uscire dalla stanza e raggiungerlo, ma pazienza.
Passano pochi secondi e subito la figura di Mika varca la soglia della loro camera da letto. Indossa un paio di jeans stretti e la classica polo nera, sotto il grembiule, nero anch'esso, che sono costretti ad indossare ogni giorno.
Gli occhi dell'amico saettano da un letto all'altro. È quasi come se la stanza fosse divisa in due parti da una linea invisibile.
A destra c'è il letto di Mika, vicino alla finestra, già rifatto e con il pigiama piegato sotto il cuscino. A sinistra, invece, c'è… beh, effettivamente un casino.
Le lenzuola sono tutte stropicciate, vestiti e biancheria intima di dubbia provenienza sono sparsi sopra il letto e per terra.
« Che diavolo hai combinato qui?! » si lascia sfuggire, e la sua voce diventa, se possibile, ancora più acuta del solito.
Fedez pensa che il cervello dell'amico non possa assimilare la presenza di tutto quel disordine in un'unica stanza e, per un attimo, teme che gli venga un mancamento o roba simile.
« Tranquillo » cerca di rassicurarlo, « ti prometto che appena stacchiamo rimetterò tutto a posto » continua, cercando di catturare la sua attenzione e frapponendosi tra la figura longilinea di Mika e la situazione post guerra mondiale alle sue spalle.
Il riccio, allora, lo squadra dalla testa ai piedi, soffermandosi sulle sue braccia, nascoste dietro i fianchi. È da cinque minuti buoni che Fedez sta cercando di allacciarsi da solo quel maledetto grembiulino, senza successo, però.
Non sono una fottuta cameriera, pensa, iniziando a perdere la pazienza.
Le sue dita trafficano, alla cieca, dietro la schiena, ma proprio non ce la fanno a fare quello stupidissimo fiocco.
Mika sorride e sbuffa e, davvero, lo fa con una teatralità e una sbruffonaggine tale che Fedez è quasi tentato di dargli un pugno.
« Tu lasci fare a me » dice e il ragazzo tatuato potrebbe giurarci, è lo stesso tono di sufficienza che usava sua madre quando da piccolo non riusciva a fare qualcosa.
Sa comunque di non essere capace di cavarsela da solo, per cui, a malincuore, lascia andare i lacci dell'amatissimo grembiule e alza le braccia al cielo.
« Ti prego, o sommo Mika, salvami » lo prende in giro, girandosi e dandogli le spalle e potrebbe aver sentito l'amico borbottare un qualche insulto in inglese, ma non ne è sicuro.
In ogni caso, non sa se, effettivamente, sia davvero necessario che Mika si avvicini così tanto. Sente il suo respiro sul collo e sente le sue dita sfiorargli delicatamente i fianchi, prima di afferrare i lembi del grembiule e fare un fiocco in meno di tre secondi.
Sente troppe cose, che cazzo.
Non si era nemmeno reso conto di aver trattenuto il respiro fino a quel momento.
Quando scendono le scale di legno che portano al pub, Fedez quasi rischia di inciampare sui suoi piedi e sfracellarsi la testa ma attribuisce quel momento di debolezza al suo stomaco, che è ancora tristemente vuoto, visto che non hanno fatto colazione.
« Buongiorno » li saluta Deborah o, forse, dovrebbe dire Skin.
È da quando hanno iniziato a lavorare al pub che, la maggior parte dei clienti e Zack stesso, in effetti, la chiamano così.
È stato Mika a farglielo notare e, secondo lui, dev'essere una specie di soprannome; il ragazzo tatuato non può che dargli ragione.
Gli piace, in ogni caso.
Skin.
Sembra una parola fragile ma forte allo stesso tempo, un po' come la ragazza che lo possiede, quel nomignolo, e che sorride loro con dolcezza.
Oggi ha un rossetto rosso scuro sulle labbra, nota Fedez, che le fa sembrare la bocca ancora più grande.
Non è sicuro che sia un complimento, comunque, perciò si tiene questo pensiero per sé.
« Mika, Federico » dice Skin, poi, e Fedez potrebbe piangere perché, finalmente, in quel posto, qualcuno ha azzeccato l'accento del suo nome, « avete un caffè e un cappuccino da portare al tavolo otto, e il succo e la pasta sono per il tavolo cinque ».
La ragazza parla talmente veloce che Fedez non capisce un accidente. Guarda Mika, allarmato, che gli traduce quello che ha appena detto al volo.
Va bene, ce la possono fare.
Mika prepara le ordinazioni e gliele lascia sul bancone, Fedez le porta ai tavoli e, a volte, si scambiano i compiti, se è necessario.
Questo gioco di squadra continua per tutto il resto della settimana. Venerdì pomeriggio sono talmente in sincronia che si passano oggetti e ordinazioni senza neanche aver bisogno di parlarsi. Fanno così anche nell'appartamento di Zack, quando Mika prepara i pancakes e l'altro ragazzo gli dà una mano, o quando apparecchiano la tavola.
Fedez sente lo sguardo di Zack addosso, mentre porta un toast con prosciutto e fontina ad uno dei tavoli, ma cerca di non farci troppo caso.
Magari lo sta solo studiando per capire se effettivamente sia un valido dipendente o meno.
Quando torna al bancone, con i vassoi vuoti, e nota che non c'è nessun nuovo cliente, aiuta Mika a lavare le tazzine e i cucchiaini, giusto per non perdere tempo. Più precisamente lui lava mentre il riccio asciuga.
Quella mattina Mika indossa una ridicola retina per capelli e quando Fedez gli ha chiesto qualcosa a riguardo – « Perché Mik, Perché. » - lui ha fatto spallucce e gli ha detto che non aveva voglia di riempirsi il ciuffo di gel e che con la retina era più comodo, perché non gli andavano i ricci in faccia.
« Siete quasi inquietanti, lo sapete, vero ? » la voce di Zack alle loro spalle quasi li spaventa.
Fedez, immerso com'era nei suoi pensieri, non l'ha neanche sentito arrivare.
« Eh? » dicono all'unisono, neanche a farlo apposta.
Zack ridacchia e scuote la testa, con l'aria di chi la sa lunga. Poi rimane un attimo in silenzio, quasi stesse soppesando le parole da utilizzare. Sembra combattuto, ma alla fine stupisce entrambi quando « State facendo davvero un buon lavoro, sono fiero di voi » dice, e Fedez sente qualcosa sciogliersi lentamente nel suo cuore.
Non osa distogliere lo sguardo dal piattino che sta sciacquando perché sa che guardare negli occhi Mika, in questo momento – o peggio ancora il suo fottutissimo zio che non riesce a non fare il sentimentale – significherebbe perdere il controllo e iniziare a frignare come una femminuccia.
Non ci vuole credere.
Fa un respiro profondo e poi borbotta un grazie imbarazzato, mentre Mika molla la sua postazione per dare un abbraccio allo zio, suppone Fedez, che ancora non ha avuto il coraggio di girarsi.
Odia questo suo lato di sé. Diciannove anni passati a cercare di nasconderlo e poi basta una frase gentile di Mika, o un gesto paterno di Zack, o un bambino che gli sorride, o un cucciolo di cane, per mandare a puttane tutto.
Mika, che probabilmente ha intuito la crisi esistenziale che sta attraversando, gli è di nuovo accanto, e prima di riprendere ad asciugare le stoviglie, gli lancia un occhiata di sottecchi e poi allunga un braccio e gli stringe piano il collo.
Le sue dita sono gelide, ma, in qualche modo, il suo tocco lo riscalda.


Il venerdì sera, è sempre abbastanza tranquillo. Ci sono alcuni gruppi di universitari, forse, che vengono al bar per studiare, con zaini, libri, buone intenzioni e tutto il resto, ma che, alla fine, finiscono per mangiare e cazzeggiare alla massima potenza.
Fedez li guarda, dal bancone e, anche se non lo ammetterebbe neanche sotto tortura, prova un briciolo di nostalgia.
« Non dirmi che tu sta cambiando idea e vuoi iscriverti all'università » dice Mika, alle sue spalle.
A Fedez viene quasi un infarto. Devono smetterla di fare così, tutti quanti, che cazzo.
« Smettila di giocare a Casper, il fantasma amico, mi hai fatto venire un colpo » gli dice, fulminandolo con lo sguardo.
Mika ride e alza le braccia in segno di scuse.
« E comunque, no, per la centesima volta, non mi iscriverò all'università. Non per ora, almeno. Voglio pubblicare il mio nuovo pezzo, appena riuscirò a concluderlo, e poi, se dovesse andare male, ho intenzione di prendermi un anno sabbatico e cercarmi un lavoro ».
« Rischi di perdere del tutto la voglia di studiare, poi » lo ammonisce Mika, calcando l'accento sull'ultima sillaba della parola.
Fedez solleva le sopracciglia. « E chi l'ha mai avuta? » commenta, facendolo ridere.
« Quando è che tu mi dici qualcosa di più su questo nuovo pezzo? » si lagna l'amico, pizzicandogli il fianco.
Il ragazzo tatuato pensa al quaderno che ha lasciato sul comodino, ai versi da revisionare e alla base ancora da perfezionare al pc.
« Il pezzo non è ancora pronto e no, non è permesso fare spoiler al pubblico » si giustifica, con un sorrisino.
Mika gli lancia un'occhiataccia. Fedez sa che il riccio ci tiene davvero tanto ad ascoltare le sue canzoni; più volte gli ha dato consigli davvero utili e il fatto che la sua musica gli interessi così tanto lo fa gongolare internamente, se proprio deve essere sincero.
Come lo fa gongolare il fatto di essere l'unico ad aver sentito ogni singolo pezzo di Mika, di essere stato con lui quando componeva ogni frase, ogni nota, strimpellata alla chitarra nel salotto di casa sua.
« Hai paura? » gli chiede poi Mika, spezzando il silenzio.
A Fedez sembra di essere tornato in quinta liceo, con l'ansia per l'esame, l'ansia di Mika, Mika e la sua ansia e i discorsi seri.
« A volte sì » risponde, come l'ultima volta, senza neanche rendersene conto. Si chiede, invece, se il ragazzo riccio l'abbia notato, se abbia provato anche lui la stessa sensazione di déjà-vu che sta sentendo Fedez in questo momento.
« Non dovresti » dice Mika, poggiandogli una mano sulla spalla. La stringe ma non troppo, è forte ma delicato allo stesso tempo.
Fedez è già confuso, prima ancora che Mika aggiunga: « Se penso a qualcuno che può sfondare nel mondo della musica, sei tu. E so che tu crede di non essere abbastanza, ma lo sei. Lo sei per me » e lo dice talmente veloce che, per un attimo il ragazzo pensa di esserselo immaginato. « Quindi smettila di sottovalutarti e per una volta, one fucking time, dammi retta ».
Alla fine del discorso, Fedez è parecchio sconcertato; prima di tutto, gli ci vuole qualche secondo per assimilare la cosa.
Posso avere successo.
Per Mika.
Sono abbastanza.
Lo sono per lui.
Lo ha sempre stupito la capacità del ragazzo che si trova di fronte - e che non ha neanche per attimo interrotto il contatto visivo con lui, maledizione – di riuscire a dire certe cose con quella naturalezza disarmante che è propria della sua persona.
Fedez l'ha sempre un po' invidiato, per questo. La naturalezza di Mika nel parlare dei suoi problemi, delle sue paure, di sentimenti.
Lui non pensa di esserne capace. A volte vorrebbe, davvero, ma ogni volta che prova fargli un complimento – e si riferisce a qualcosa di serio, non ad uno stupido apprezzamento sulle sue giacche improbabili o roba simile - per qualche motivo, è come se le parole gli si bloccassero in gola.
Mika continua a guardarlo e, come sempre, sembra leggergli dentro. A Fedez in quegli occhi verdi sembra di affogare.
Il riccio sfrega piano la mano sulla spalla e il ragazzo capisce.
Mika lo conosce. Conosce lui e i suoi limiti, ma Fedez si stupisce lo stesso quando, « Va bene così » gli sussurra, prima di andare a servire la coppia di clienti che è appena entrata nel bar.
La cosa più destabilizzante è la terribile – e stupida – sensazione di vuoto che Fedez si accorge di provare, dopo che Mika si è allontanato da lui.


Fedez non avrebbe mai nemmeno lontanamente pensato di dire una cosa del genere, ma nemmeno in un milione di anni, eppure lo fa.
« Sabato di merda » borbotta e, nonostante il casino che c'è al bar quella notte, sente, comunque, Mika ridacchiare.
« Non ridere, tu » lo rimprovera, mentre va a sistemare straccio e detersivi in un angolo dello sgabuzzino.
Uno dei clienti ha pensato bene di vomitare davanti alla porta del bagno dei maschi, di nuovo, e lui ha appena finito di pulire tutto.
Quando torna, Mika è al bancone, sta mischiando abilmente un cocktail che Zack gli ha mostrato come preparare solo dieci minuti prima.
Fottuto alieno, pensa Fedez, sedendosi su uno sgabello vicino a lui, dall'altro lato del bancone.
Nel bar c'è il delirio. I soliti ubriaconi del paese, alcune ragazzine appena maggiorenni sbronze solo dopo qualche birra e un gruppo più grande di ragazzi che, effettivamente, sta dando il meglio di sé.
Uno di loro è salito su un tavolo e, incoraggiato dai suoi fedeli compari, intona un canto mistico dall'inequivocabile significato.
« Bevo, bevo, bevo, bevo, bevo » canta, anche se a Fedez sembra più che stia urlando.
« Mi ubriaco e son felice! » continuano gli altri, alzando in aria i bicchieri (il liquido al loro interno oscilla pericolosamente), « Anche se poi vomito!! » concludono tutti insieme.
E con tutti, Fedez intende proprio tutti.
Il gruppone dei nuovi One Direction, le ragazzine idiote, gli altri clienti, persino Zack e Skin, incredibilmente, stanno brindando insieme a loro.
Persino Steve, uno dei loro clienti fissi – fierissimo di essere nella top 5 degli ubriaconi di Holmes Chapel – si è risvegliato dal suo stato comatoso per sollevare il bicchiere, vuoto, bere un sorso di, beh, nulla, e poggiare di nuovo la testa sul tavolo.
Anzi, forse sarebbe meglio usare il termine sbattere.
C'è un momento in cui Fedez crede di essere in preda alle allucinazioni. Gli basta uno sguardo di Mika per ritornare alla realtà. Quest'ultimo gli sorride divertito, prima di porgere un bicchiere pieno di quello che, ad occhio, potrebbe essere un vodka lemon ad un cliente.
È un ragazzo alto, bruno, ha la barba incolta; si è allungato sul bancone, verso Mika e, per i gusti di Fedez, parla troppo vicino all'orecchio del riccio.
Sarà che lui trova terribilmente squallido rimorchiare in un bar, quando non si è del tutto lucidi. Non che non l'abbia fatto anche lui, sia chiaro, ma stiamo parlando di Mika e lui si merita di meglio.
Insomma.
Il problema dell'amico è che lui ha gusti terribili in fatto di ragazzi. Il più delle volte, infatti, sceglie di stare con idioti, o stronzi, o entrambe le cose.
Vede Mika ridacchiare per una battuta che ha detto l'altro ragazzo e che Fedez non ha sentito, ma è sicuro che non sia così tanto divertente, in realtà.
Il tipo con la barba si allontana e Mika dedica completamente la sua attenzione a lui.
« Voleva il mio numero di telefono » gli dice e c'è un leggero rossore sulle sue guance.
Fedez fa un verso molto simile ad un grugnito.
Chi cazzo te l'ha chiesto?, vorrebbe rispondergli, ma fortunatamente si morde la lingua in tempo.
« E tu? » chiede invece, abbassando lo sguardo e facendo strisciare l'indice sul legno del bancone.
« Gli ho detto che era troppo ubriaco » spiega, facendo spallucce.
Quando gli sorride di nuovo, questa volta, Fedez ricambia.
Quando lui, Mika e Zack salgono nel suo appartamento sono distrutti. Persino Mika mostra il suo lato umano e, questa volta, sembra stanco sul serio.
Gli ultimi clienti sono andati via tardissimo. Sono le sei del mattino quando finiscono di pulire e sistemare tutto.
Zack scompiglia loro i capelli, neanche fossero alle elementari, prima di dare a entrambi la buonanotte e chiudersi in camera sua.
Fedez ringrazia che il giorno dopo sia domenica, davvero. Finalmente, un meritato giorno di pausa dopo quella settimana di-
« Sono nervoso per la cena ».
Che cazzo.
Mika lo guarda, in attesa. Probabilmente si aspetta qualche parola di conforto, ma la verità è che Fedez è sotto shock.
Aveva completamente rimosso quel piccolo particolare dalla sua mente. Non ci pensava da domenica sera, quando una parte di lui aveva sperato che il padre di Mika gli avrebbe detto che non gradiva la sua presenza, che, insomma non lo voleva in mezzo ai coglioni.
E invece eccolo lì, che quasi rischia che il suo cervello imploda perché non esiste che dopo una settimana di lavoro lui debba sorbirsi questa tortura.
« Te n'eri dimenticato » gli dice Mika. Non sembra neanche deluso, non sembra neanche una domanda, non sembra neanche che a Fedez stia per venire un infarto.
« No, no » si difende, in ogni caso, perché, come dice quel detto?
Solo un mulo non prova a salvarsi il culo?
Partire da un dirupo è sempre meglio che da un buco?
Bene, sta ufficialmente degenerando.
« Non fa niente, se non vuoi venire » dice Mika ed è talmente triste che Fedez sarebbe davvero una brutta persona se si tirasse indietro proprio ora.
Scuote la testa, prende un bel respiro prima di parlare. « Ma certo che verrò. E stai tranquillo, affronteremo questa cosa insieme. Vedrai che non sarà così male ».


Non sarà così male?
Non sarà così male?

Ma chi pensava di prendere in giro.
Sarà malissimo.
A Fedez tremano le gambe come un idiota, gli stanno pure sudando le mani. In effetti, gli stanno sudando parti del corpo che neanche pensava potessero sudare.
È solo il padre di Mika, accidenti, cerca di auto-convincersi. Ma tanto lo sa che questa strategia non funziona con il suo cervello.
In tutti questi anni ha incontrato il padre di Mika una volta, e basta, quando aveva diciassette anni. Si sono solo presentati ma Fedez ricorda molto bene il senso di disagio che ha provato vicino a quell'uomo e, soprattutto, il suo sguardo di sufficienza.
Mika gli poggia una mano sulla schiena, quasi stesse cercando di infondergli coraggio. Dovrebbe essere il contrario, grazie tante.
Sono in un ristorante lussuoso di Londra di cui Fedez neanche sa pronunciare correttamente il nome.
Ma in questo momento è l'ultimo dei suoi problemi, davvero.
Lo zio Zack ha prestato loro il pick-up e, grazie al navigatore e al fidato Google Maps, sono riusciti ad arrivare a destinazione senza perdersi.
Fedez gli è molto grato. Ed è molto grato anche a Mika che, mesi prima, lo ha obbligato a comprarsi la camicia nera che sta indossando in questo momento.
Si sente decisamente a disagio e fuori posto e il colletto della camicia gli dà fastidio, ma cerca con tutte le sue forze di sopprimere l'istinto di strapparsi di dosso quello stupido abito e fuggire via.
Deve rimanere.
Per Mika.
L'amico, nel frattempo, chiede all'uomo all'ingresso quale sia il tavolo prenotato per tre dal signor Penniman. Il receptionist scorre velocemente il dito sullo schermo dell' iPad che tiene sulla mano destra e, dopo pochi minuti, un cameriere – Fedez non capisce bene da dove diavolo sia spuntato – li accompagna a quello che è il loro tavolo.
Con un brivido, il ragazzo nota che il padre di Mika è già lì.
La distanza che li separa sembra quasi infinita e Fedez pensa che potrebbe infilzarsi con un coltello, ma non ce n'è uno a portata di mano, oppure potrebbe buttarsi giù da una finestra.
Il problema è che sono al piano terra.
Che sfortuna.
Prima di arrivare al loro tavolo, comunque, si concede un attimo di debolezza, in cui stringe il braccio di Mika, per rassicurare sia il riccio che se stesso.
Incontrare il padre del suo migliore amico è, ancora una volta, destabilizzante.
L'uomo che vede ora Fedez è invecchiato. I suoi capelli ricci sono quasi del tutto grigi, ormai, e ci sono delle rughe, agli angoli degli occhi.
Occhi che sono grandi e verdi, la versione congelata di quelli di Mika.
Non nota subito il suo abito firmato, i gemelli ai polsi e le scarpe laccate; Fedez rimane colpito dal suo sguardo, così freddo, duro, indagatore.
L'uomo stringe frettolosamente la mano di Mika, dandogli un altrettanto veloce pacca sulla spalla.
« Figliuolo » dice solamente.
« Papà » lo saluta Mika, in risposta, e c'è qualcosa di meccanico dietro quei gesti, di triste.
Fedez non può non fare il paragone con il primo incontro tra Zack e Mika, è più forte di lui.
Quando Penniman Senior, alto, composto e ancora così maledettamente serio, si rivolge a lui, per un attimo a Fedez manca il respiro.
« Federico Lucia » dice, con un tono di voce che a Fedez ricorda spaventosamente quello di suo padre.
« Signor Penniman » lo saluta, stringendogli la mano. Le sue dita sono bollenti, mentre quelle del ragazzo sono spaventosamente gelide.
« Hai più tatuaggi, dall'ultima volta che ti ho visto » continua il padre di Mika, quando si accomodano al loro tavolo. È a forma di sfera, e in un certo senso è un bene perché così Fedez e il riccio non sono troppo lontani.
Fedez nota la tovaglia di seta bianca, finemente lavorata. La sfiora con le dita, si prende qualche secondo di tempo per rispondere.
« Sì » dice alla fine, « ne ho fatti di nuovi. L'unica cosa a non essere cambiata è l'altezza. Quella, purtroppo, è sempre la stessa » scherza, sperando di allentare la tensione.
Il padre di Mika, ovviamente, non ride, le sue labbra si tendono in un semplice sorriso di cortesia.
Il riccio, invece, alla sua sinistra, ridacchia genuinamente.
Fedez si sente sollevato, almeno un pochino.
La cena procede in maniera abbastanza fredda. Sembra quasi si stia seguendo uno schema prestabilito.
Mika che chiede al padre come sta la madre, il padre che chiede a Mika come va il lavoro da Zack.
Il riccio è ancora teso, comunque. Fedez lo vede che non riesce a tenere ferme le mani e, ogni volta che ne ha l'occasione, le nasconde sotto il tavolo e se le tortura.
È un attimo e non ci pensa neppure, quando, approfittando del momento in cui la cameriera ritira i loro piatti per portare le seconde portate, poggia una mano sulla gamba di Mika.
Non serve neanche muoverla, perché subito il corpo dell'amico si rilassa. Lo guarda, per una frazione di secondo, e va tutto bene.
Deve andare tutto bene.
Penniman Senior, comunque, ha pensato bene di dedicare parte della sua attenzione a Fedez, forse troppa comunque, secondo lui.
Gli chiede dei suoi progetti futuri e il ragazzo gli rifila, a grandi linee, le stesse parole che ha detto a Mika qualche giorno fa.
Beh, più o meno.
« Vorrei prendermi un anno sabbatico, non so ancora quale strada fa per me e preferisco pensarci e cercarmi un lavoro, piuttosto che fare ora la scelta sbagliata e pentirmene in seguito ».
Non accenna alla sua futura/impossibile carriera di cantante perché non gli va di discutere con lui di questo e, comunque, sa che non capirebbe.
« Mi sembra una decisione matura » commenta l'uomo.
Nel frattempo arrivano i secondi piatti: arrosto all'arancia, o almeno, questo è quello che la cameriera dice loro e che Fedez capisce.
Penniman, nel frattempo, prepara la prossima domanda da rivolgere al figlio. Si volta completamente verso di lui, girando anche il busto.
A Fedez fa ridere perché gli ricorda, in modo vagamente inquietante, i movimenti di un pendolo impazzito.
« Michael. L'altro giorno ho dato un'occhiata al sito internet della facoltà di economia, quando hai intenzione di procedere con l'iscrizione? ».
È come se a Mika avessero appena lanciato un secchio d'acqua gelida addosso.
Si irrigidisce tutto e posa la forchetta sul piatto. « Vuoi davvero parlare di questo adesso? » dice, pronunciando le parole con una lentezza innaturale.
« Non capisco perché no ».
« Perché non è il momento e ne avevamo già discusso » bisbiglia, stavolta in inglese. Come se cambiare lingua possa fare la differenza.
« Discusso? ».
« Sì, papà. Mi pare di aver già fatto capire, a te e alla mamma, ciò che mi piacerebbe fare ».
Lo sguardo del padre, se possibile, si indurisce ancora di più. « A volte, bisogna scegliere non ciò che ci piace, ma ciò che è necessario fare ».
Mika sta tremando. Fedez non sa come comportarsi, non può mettersi in mezzo alla conversazione, non può fare nulla.
« Oh ti prego. Risparmiati i discorsi da padre perché non lo sei mai stato. Non ci sei mai stato, per me, e non ci sei adesso ».
Fedez trattiene il respiro. Neanche quest'ultima frase sembra scalfire l'espressione di ghiaccio dell'uomo che si trova davanti.
Le sue parole, tuttavia, sembrano tagliare come coltelli quando le pronuncia. « Sei una delusione, per me e per la mamma » sputa, scuotendo la testa. « Cerca di prenderti le tue responsabilità e cresci una volta per tutte, Michael, c r e s c i ».
Scandisce le lettere una ad una, come se stesse parlando con una persona che ha difficoltà anche a capire i concetti basilari.
Fedez sente una rabbia montargli dentro che non ha mai provato, e non credeva di provare.
Mika ha lo sguardo fisso davanti a sé. Il ragazzo tatuato non capisce se stia guardando il padre oppure il vuoto. Poi, il riccio si alza in piedi, striscia la sedia sul pavimento, fa un chiasso insopportabile ma non sembra curarsene. Le teste di alcuni clienti si girano verso di loro.
« Fedé, vado in bagno » gli dice, parlando di nuovo in italiano. C'è qualcosa nel suo sguardo, è come se Mika stia per spezzarsi da un momento all'altro. « Prendi le tue cose e poi andiamo via » continua, ignorando il padre e allontanandosi.
E Fedez non ha cose da portare via, a parte la giacca, ma ha capito.
Si alza in piedi e, davvero, sta per andarsene e aspettare Mika all'ingresso ma l'uomo, ancora seduto, che non ha fatto una piega dall'inizio della cena fino a quel momento, parla di nuovo. « Speravo di incontrare un uomo, stasera, invece mi sono trovato di fronte lo stesso ragazzino viziato di sempre ».
Fedez non capisce se stia parlando con lui o se stia solo pensando cazzate a voce alta.
Pensa che vorrebbe picchiarlo e che è una persona davvero meschina.
Alla fine, però, dopo aver ripreso il controllo di sé, gli risponde, semplicemente: « Non lo è affatto ».
L'uomo ride, ma è una risata vuota, priva di allegria. « Pensi davvero di conoscerlo, dopo qualche anno passato insieme al liceo? Pensi si sapere cosa significhi crescere un figlio? E pensi davvero di sapere cosa ho passato, cosa io e sua madre abbiamo passato? Facendo sacrifici giorno dopo giorno per permettergli di vivere una vita dignitosa, per garantirgli un futuro? ».
Fedez lo ascolta, lasciandosi scivolare addosso parole che, in ogni caso, non giustificano il suo comportamento. Sicuramente, non un comportamento da padre.
Si lascia scivolare addosso la sua rabbia misurata, il suo sguardo di sufficienza e la sua voce lenta e fastidiosa.
« Conosco abbastanza Michael per poter affermare che è più uomo di quanto, invece, non sia lei » inizia, con sicurezza. « Io sono… »
Tu sei cosa, Federico?, dice una vocina nella sua testa, ma Fedez la scaccia via rapidamente e riprende il suo discorso guardando il padre di Mika dritto negli occhi, stavolta.
« Io tengo molto a suo figlio, signore. E se lei lo vedesse con gli occhi con cui lo vedo io, forse avrebbe cercato di tenerselo stretto, in questi anni, invece di farlo allontanare sempre di più ».
Volta il capo, in cerca del riccio e lo trova lì, poco distante da loro. Ha gli occhi gonfi. Non ci vuole un genio per capirne il motivo.
Fedez non sa da quanto tempo Mika sia lì, non sa quanto abbia ascoltato del suo discorso.
Sa solo che l'adrenalina è alle stelle, quando, finalmente, dà le spalle al signor Penniman, al loro tavolo, ai piatti costosi e alle pietanze a malapena assaggiate e a tutti i curiosi che hanno origliato la conversazione.






Angolo dell'autrice
Tutto molto triste. La panoramica degli eventi è più o meno questa.
Oggi c'è stata la finale di x-factor (sperando che qualcuno lo segua a sappia di cosa io stia parlando) ed è successo proprio quello che temevo: i miei preferiti in assoluto sono finiti tutti e tre in finale.
In ogni caso, sono ancora abbastanza combattuta per l'esito della puntata e, dopo aver rischiato un infarto per colpa dell'esibizione dei Coldplay, aver visto l'abbraccio della Baell Squad che mi ha spezzato il cuore e il mini spogliarello dei Midez in diretta, da brava squilibrata quale sono, mi sono messa a scrivere il nuovo capitolo.
Ora, quindi, posso solo dire di essere emotivamente instabile e stanca morta, perché ho studiato tutto il giorno storia moderna di merda.
Ah, "ora" è esattamente le cinque e quattro del mattino.
Dunque, questo è il capitolo. Sinceramente, spero vi sia piaciuto e che non siate troppo delusi.
So che molti sperano che questi due facciano cosacce, e lo capisco, a questo punto della storia.
Ma vi ripeto, vi chiedo di avere ancora un briciolo di pazienza, almeno fino al prossimo capitolo, in cui si avrà una piccola svolta - SPOILER - Mika sarà molto triste e vorrà affogare i dolori e i brutti ricordi della serata nell'alcool.
E poi, ringrazio, sempre e per sempre ahahah, chi legge e chi recensisce il capitolo.
Soprattutto, mi ha fatto piacere leggere i nick di nuovi lettori, tra le recensioni.
Graziegraziegrazie.
Ora, provo a dormire, sperando di riuscirci.
Pregate per la mia anima ahahaha
  
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