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Autore: LeoValdez00    11/12/2015    2 recensioni
[Partecipante al "Random contest" indetto da Fabi_Fabi sul forum di efp]
***
Una ragazza, tanti ricordi, un peso sul cuore che non può superare se non con l'aiuto della persona che ama di più al mondo.
Suo fratello può farla tornare ciò che era?
E' in grado di ricordarle chi sia veramente e cosa sia giusto anche nel mondo in cui è costretta a vivere?
***
3864 parole secondo Word
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: LeoValdez00
Titolo: Cafè do Vento
Fandom scelto: Originale
Prompt scelti:
-(http://www.everystockphoto.com/photo.php?imageId=73120)
-(https://it.wikiquote.org/wiki/Punitore)
-L'unico modo di salvaguardare la propria solitudine è ferire tutti, a cominciare da quelli che amiamo. [EM Cioran]
-Tratta bene i tuoi fratelli. Sono il migliore legame con il passato e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro. [Mary Schmich]
Genere: Introspettivo
Rating: Giallo



Cafè do vento

Eleanor non sapeva come fosse finita in un cafè brasiliano a torturarsi le mani come un’adolescente al primo appuntamento.
Non conosceva il motivo per il quale si fosse lasciata davvero convincere.
Forse perché quella vita solitaria che si era imposta iniziava a diventare pesante, opprimente, senza speranza, forse perché l’ idea di troncare ogni rapporto umano era davvero troppo crudele anche solo da pensare.
Una mano scivolò lentamente fino al fianco destro, un gesto che poteva sembrare puramente casuale anche al più attento degli osservatori, mentre le dita tastavano delicatamente la lama affilata e leggermente ricurva del kukri che teneva legato dietro la schiena, appena sopra i larghi pantaloni neri da allenamento e coperto dalla maglia ampia e scura.
Quella stessa mano passò in rassegna i piccoli kunai appuntiti che teneva alla cintura, lo stiletto legato al polpaccio sinistro e i due chackram infilati con attenzione nelle scarpe.
Un comune frequentatore del cafè non si sarebbe mai accorto che, quella che appariva come una normale ragazza appena tornata da una lezione di danza, fosse invece armata e capace di ucciderli uno a uno senza farsi scrupoli.
La persona che stava aspettando era in ritardo di due minuti e quindici secondi, sedici, diciassette… e Eleanor cominciava a perdere la pazienza.
Non era stata lei a volere quell’ incontro, non era stata lei a voler parlare, non era stata lei a voler tornare a João Pessoa.
Non sarebbe dovuta venire, avrebbe dovuto ignorare tutto e andare avanti, dimenticarsi di quel posto e di tutti i suoi abitanti per sempre.
Si stava per alzare, con l’intenzione di uscire da quel locale, di andare all’aeroporto e prendere il primo volo per Parigi.
Lì avrebbe terminato il lavoro in corso e il giorno dopo sarebbe partita ancora.
Londra? Milano? Berlino? New York? Tokyo?
Dovunque l’avessero pagata, dovunque fossero state richieste le sue abilità.
Una dolce melodia si sparse improvvisamente per il cafè, fermandola sul posto prima che potesse alzarsi.
Un uomo seduto in disparte che suonava il violino, un cappello a tesa larga che copriva il volto, le dolci e malinconiche note che arrivavano dritte al cuore di Eleanor.
Allora rimase seduta in religioso silenzio, un lieve sospiro rassegnato, gli occhi che si chiudevano lentamente, il volto appoggiato fra le mani a godersi un attimo di pace, il notturno di Chopin che cullava i suoi pensieri e i suoi ricordi.
Il suo lavoro e la sua nuova vita che sparivano dalla sua mente, anche se solo per pochi minuti.

***

“A una bambina non devono piacere le armi”
Suo padre lo ripeteva spesso, tutte le volte che lei rimaneva affascinata da un coltello, da un arco o da un fucile che vedeva trasmesso nella piccola televisione del misero salotto.
Allora aveva smesso di commentare quanto le sarebbe piaciuto averne una o più, fingeva di essere interessata ai vestiti e ai braccialetti, aveva iniziato a non buttare nella pattumiera tutte le bambole che gli amici di famiglia le regalavano.
Le teneva nella claustrofobica cameretta, sparse in giro come trofei.
Trofei per essere riuscita a mentire, per aver fatto credere a suo padre di essere una bambina esattamente come tutte le altre.
Le guardava una a una e sorrideva, perché non sarebbe stata sgridata.
A volte, però, quando non credeva di essere sentita o quando le sfuggiva una piccola esclamazione involontaria, il padre le spiegava che non doveva, che era sbagliato che le piacessero quelle cose.
Che lei era sbagliata.
Interminabili minuti dopo, Eleanor si ritirava da sola in camera, a controllarsi i lividi e a sperare che quel livido sotto l’occhio e quel labbro spaccato sarebbero andati via presto.
Suo padre non voleva che gli altri vedessero le sue spiegazioni.
Alla sera, tardi, quando lui credeva che la bambina dormisse, William andava da lei e le curava le ferite in silenzio, senza nemmeno guardarla negli occhi.
Lei sapeva che lo faceva solo perché odiava sentirsi impotente nei suoi confronti, perciò, quando aveva finito, si avvicinava a lui lentamente e lo stringeva a sé, appoggiando delicatamente la fronte sulla sua spalla.
“Grazie…” mormorava, mentre Will la teneva stretta fra le proprie braccia, come a proteggerla davvero da ogni cosa che avrebbe potuto farle del male.
“Di nulla sorellina”


***

Il cafè do vento era silenzioso, nessuno osava interrompere quella melodia e Eleanor ne era intimamente grata.
Erano anni che non tornava in Brasile ed era certo quello, fra tutti, il luogo che più le era mancato.
In quel preciso istante non pensò al suo incarico a Parigi, ai suoi precedenti incarichi, alla sua nuova vita, quella che aveva scelto dopo la morte del padre.
I suoi pensieri erano solo per il cafè do vento, per le interminabili discussioni con Will al bancone, per la musica che mai mancava e che restava come sottofondo della sua vita precedente.
Solo in quel momento, con le corde del violino che raccontavano sua storia, si rese conto che le era mancato tutto così tanto.

***

“El, ascoltami, provaci” mormorò il più grande guardando la sorella, quasi supplicandola.
“No, non mi interessa cosa vuole papà, io non lo farò” rispose lei con un’espressione troppo seria per una ragazzina della sua età.
“Ti prego Eleanor!” sbottò il fratello guardandola negli occhi “Poteva capitarti di molto peggio, Felipe è un bravo ragazzo”
“Non mi interessa! Felipe potrebbe anche essere la persona migliore di questo mondo, ma non mi sposerò mai con lui perché papà vuole i soldi della sua famiglia!” replicò ad alta voce la ragazzina.
Will abbassò lo sguardo e prese le mani della sorella fra le proprie.
“Mi dispiace El… non posso farci nulla, sai che lo farei se solo potessi…”
Lei si allontanò di scatto, come bruciata.
“Ma tu puoi! Tu l’anno prossimo sarai maggiorenne! Potresti… potresti portarmi con te… solo noi due, ce lo siamo detti tante volte Lil…” iniziò la ragazza quasi gridando per finire in un mormorio a malapena udibile.
“Mi dispiace El…” ripeté lui con aria sconfitta.


***

Eleanor ricordava perfettamente quanto suo fratello fosse bravo con il violino.
Come ricordava quando, all’età di dieci anni, il loro padre lo aveva obbligato a frequentare assiduamente il conservatorio di João Pessoa, mentre lui desiderava solo giocare a pallone con i ragazzi della via.
Tutte le lezioni erano gratuite perché Will lavorava come ragazzo delle pulizie ogni giorno dopo l’orario di chiusura, fino a mezzanotte.
Lentamente, però, aveva imparato ad apprezzare l’arte della musica classica e, anche quando era a casa, si esercitava con quel vecchio violino.
La ragazza ascoltava rapita di nuovo quel suono dopo quella che le sembrava un’eternità.
Il notturno di Chopin era il loro brano preferito da sempre, era stata la sua ninna nanna per anni.
Iniziava a non preoccuparsi più di essere nuovamente in Brasile, l’unica cosa che voleva era vederlo, vedere Will.
Quanto gli mancava? Come l’aria, lui era sempre stato il suo unico e solo punto di riferimento .

***

Non appena Andrés si avvicinò a lei facendole appoggiare delicatamente la schiena alla porta di casa e appoggiando le labbra sulle sue, la ragazza dimenticò persino il proprio nome.
In quel momento suo padre non esisteva, in quel momento un futuro con suo fratello e, ovviamente, con il ragazzo che stava baciando, sembrava davvero possibile.
Ricambiò senza esitazione gettandogli le braccia al collo e stringendolo a sé come a impedirgli di andarsene, come ad accertarsi che fosse tutto vero.
E lo era, come ogni volta.
“Ti amo Eleanor…” sussurrò Andrés con un sorriso riprendendo fiato.
“Anche io” rispose la ragazza, cercando il suo abbraccio confortante.
Appoggiò la testa alla sua spalla e lui la avvolse fra le braccia accarezzandole dolcemente la schiena.
Era tutto così perfetto da sembrare irreale.
“EL!”
La voce di suo fratello a rovinare il momento, quella come mille altre volte.
“Nostro padre sta per tornare, entra immediatamente in casa!”
Andrés conosceva perfettamente la prassi da seguire perciò le sorrise appena allontanandosi.
“Ci vediamo domani”
Ma quel domani non era mai arrivato.


***

Lo riconobbe senza dover aprire gli occhi, quella mano appoggiata esitante sulla sua spalla e quel profumo che sentiva ogni giorno, prima che fosse obbligata a partire per sempre.
William si sedette davanti a lei, le ultime note di violino che si spegnevano, mentre lui la osservava attentamente, come a studiarla.
Un lieve sorriso le sorse spontaneo prima che riuscisse a fermarlo.
“Non sembri cambiata” esordì lui guardandola negli occhi.
“Non lo sono, nemmeno tu a quanto pare…”
C’ era tensione tra di loro e una lieve freddezza, ciò di cui Eleanor aveva paura più di ogni altra cosa.
Se nemmeno Will si fidava più di lei, chi altri lo avrebbe mai fatto?
“Perché te ne sei andata?”
“Lo sai perfettamente”
Suo fratello sospirò appena, come se stesse ponderando le parole con attenzione.
“Potevi rimanere qui con me, ce la saremmo cavata. Eri tu quella a dire che ce l’avremmo fatta”
“Ed eri tu quello che puntualmente mi ricordava che nostro padre non ce l’avrebbe mai permesso”
“Ma tu lo hai ucciso”
Una risposta così non se l’aspettava, non credeva avrebbero seriamente parlato di quello, pensava che ci avrebbero girato attorno senza mai arrivarci sul serio.
Non replicò, non poteva farlo.
Lo aveva davvero ucciso, quella indimenticabile sera di cinque anni prima.

***

“No! NO!” urlò la ragazza con tutto il fiato che aveva in corpo, le lacrime che le rigavano le guance, mentre correva verso il marciapiede.
Sentire quello sparo era stato esattamente come se il bersaglio fosse stata lei, aveva visto il corpo del ragazzo accasciarsi a terra senza forze, e poi un altro colpo prima che rimanesse definitivamente al suolo .
Eleanor continuò a correre finché non fu abbastanza vicina e si lasciò cadere accanto a lui, il cuore che le martellava nel petto, i suoni attorno a lei quasi ovattati, la sua attenzione rivolta solamente alle due ferite d’arma da fuoco sul petto dell’altro.
“Andrés…” sussurrò, la voce ridotta ad un mugolio, gli occhi che cercavano invano quelli del ragazzo ormai spenti, la macchia vermiglia che si allargava sull’asfalto.
Non voleva arrendersi, non poteva arrendersi.
Appoggiò febbrilmente la mano sul collo dell’altro cercando il battito, come le aveva insegnato lui stesso poco tempo prima solo per gioco.
Era debole, troppo, così debole che lo sentì spegnersi sotto le sue dita.
Non seppe cosa fosse realmente successo dopo, sapeva solo di aver pianto e urlato così tanto da non riuscire più a respirare, si ricordava di aver appoggiato la fronte alla sua pregandolo di svegliarsi mentre le lacrime ricadevano sul suo viso sempre più pallido.
Poteva essere passato un minuto come un giorno, non avrebbe saputo dirlo nemmeno alla fine, quando sentì due braccia forti strapparla dal corpo senza vita del ragazzo a terra, allontanandola di diversi metri.
“Lasciami! Lasciami!” iniziò a gridare divincolandosi per poter tornare da Andrés.
“Eleanor, El ti prego sta ferma!” rispose Will, costringendola a forza in un abbraccio serrato, portandola abbastanza lontano per non farle vedere l’ambulanza che caricava il corpo.
Lei intanto aveva smesso di lottare, il viso appoggiato al petto del fratello, il respiro mozzato dai singhiozzi.


***

“E tu mi odi per questo, vero?” disse lei pochi secondi dopo, un sorriso amaro ad incresparle le labbra.
“Non posso odiarti, Eleanor, sei mia sorella… ma ci ho provato, dopo che te ne sei andata ho provato ad odiarti con tutte le mie forze, per non dover sentire la tua mancanza” ammise il ragazzo, lo sguardo puntato nel suo quasi a voler trovare in lei qualcosa di diverso.
“Tu mi odi” ripeté, la voce ridotta ad un sussurro incredulo, gli occhi bassi.
“Odio ciò che fai, non odio te”
La ragazza alzò gli occhi di scatto su di lui, una lieve smorfia.
“Oltre che ipocrita sei anche patetico, William” rispose in un sibilo guardandolo con rabbia.
*“Sarei patetico? E tu che diavolo sei, invece? Chi sei oggi? Sei una rispettabile brava ragazza che cerca solo di pagarsi da vivere? Sei ancora la mia sorellina? Oppure sei solo quello che penso io  e che tu fai finta di non capire... un assassina”* replicò il ragazzo, come punto sul vivo dalle sue parole.
“Lo odiavi anche tu, non puoi fingere con me” disse Eleanor, i pugni stretti quasi spasmodicamente in un vano tentativo di calmarsi e non dare peso alle sue parole.
“Lo odiavo, ma non l’ho ucciso”
Una verità inattaccabile.
“Lui non ha fatto uccidere una delle persone cui tenevi di più al mondo”
Silenzio.
La ragazza sapeva che non avrebbe potuto ribattere, nemmeno volendo avrebbe potuto negare ciò che il loro padre aveva fatto ad Andrés.
“E tu ora ‘lavori’ per vendetta personale?” chiese William guardandola con delusione.
Lei sorrise amaramente osservandolo con attenzione.
*“Up is Down. Black is white. One day you wake up and you see that's how the world is”* mormorò in risposta, citando il loro fumetto preferito, quello che il ragazzo le leggeva al posto delle favole della buonanotte.
“Non puoi fare così El, non puoi credere che uccidere della gente innocente sia giusto solo perché nostro padre era quello che era” replicò il ragazzo con tono quasi supplicante.
“Nessuno è davvero innocente Lil” rispose lei con una freddezza impostata che male le si addiceva.
“Nessuno? Eleanor tu hai distrutto intere famiglie, hai fatto del male a della gente che non ti ha mai fatto nulla. Per cosa, poi? Denaro? Potere? Se è così non sei diversa da nostro padre”
La ragazza lo guardò incredula, la stava davvero paragonando a quel mostro?
“Non sono come lui” rispose in un sussurro, un brivido lungo la schiena che la fece tremare.
“Dimostramelo” replicò William guardandola negli occhi con una leggera speranza “Dimostramelo El… rimani qui con me”
Lei abbassò velocemente la testa, non poteva reggere quello sguardo.
“Non posso restare e lo sai bene” mormorò.
“Eleanor ti prego…”
Cosa sarebbe successo se fosse rimasta? Suo fratello l’avrebbe perdonata?
Probabilmente sì, senza nemmeno doverci pensare.
Ma era quello che voleva? Vivere all’ombra del ricordo di quell’omicidio e sulle spalle il peso di tutti gli altri che aveva commesso per soldi?
Doveva smetterla di illudersi e rendersi conto della realtà che la circondava.
Aveva ucciso suo padre e molti innocenti, non sarebbe mai potuta tornare ad una vita normale.
Forse nemmeno lo voleva.
E l’unico modo di salvaguardare la propria solitudine era ferire tutti, a cominciare da quelli che amava.
“Non posso” ripeté la ragazza, un peso al petto che sembrava insostenibile mentre pronunciava quelle parole.
Un velo di tristezza passò sul viso di William, mentre la guardava in silenzio.
Lei si alzò con grazia avvicinandosi a lui, chinandosi in avanti fino a dargli un leggero bacio sulla guancia.
“Ti voglio bene Lil…” sussurrò.
“Anche io El, ti prego… ti prego rimani…”

***

“Tu… tu lurido verme senz’anima!” urlò la ragazzina non appena vide la sagoma del padre stagliarsi oltre la porta della sua stanza.
Lo aveva cercato per ore dopo che Andrés era morto, ma Will l’aveva ritrovata e costretta ad andare a casa, assicurandole che l’avrebbe cercato lui.
L’unica cosa che Eleanor si permise di fare allora oltre a piangere le lacrime che ancora non aveva versato, fu aprire la piccola dispensa e afferrare una a caso fra le innumerevoli bottiglie che il padre teneva.
Aveva bevuto tanto, troppo, la vista era ristretta e tremolante, i movimenti sgraziati e imprecisi, quando si scagliò contro quell’uomo che tanto odiava, facendolo cadere a terra dalla sorpresa.
Non gli diede il tempo di parlare o di difendersi, iniziò a caricare colpi su colpi contro il suo viso, urlando e piangendo, seduta sul suo petto.
Non si fermò nemmeno quando perse conoscenza dopo un pugno ben assestato, non le importava, voleva ucciderlo come lui aveva ucciso Andrés, come aveva distrutto per anni la sua vita e quella di William.
Voleva fargliela pagare per tutte le ingiustizie, voleva urlargli che avrebbero preferito stare con la loro madre anche se tutto ciò che aveva lasciato loro erano stati quei nomi europei che tanto disprezzava, voleva urlargli che senza di lui la loro vita sarebbe stata migliore.
In uno scatto d’ira, la vista offuscata dall’alcol e dalle lacrime, afferrò la bottiglia vuota che era rotolata giù dal letto e la strinse forte fra le dita per poi colpire il padre più e più volte, finché non si ruppe rumorosamente.
La ragazzina si fermò di scatto ansimante guardando davanti a sé senza riuscire a pensare a nulla, per poi lasciarsi cadere a terra e accasciarsi tremante ricominciando a piangere, le mani sporche di sangue suo e dell’uomo che rimaneva steso sul pavimento senza vita.


***

Eleanor odiava prendere l’aereo, sentire il vuoto sotto di sé e vedere tutto il mondo rimpicciolirsi le facevano ancora uno strano effetto.
Era in prima classe, una hostess le aveva appena portato un bicchiere di champagne che lei non assaggiò neppure.
Non aveva più bevuto alcol da quella notte di cinque anni prima.
Si costrinse a guardare fuori, guardare per l’ultima volta il suo paese, perché si era ripromessa di non tornarci mai più.
La tentazione di rimanere con Will era tanta, ma non poteva ricominciare la sua vecchia vita come nulla fosse.
Aveva ucciso e non sarebbe mai riuscita a perdonarselo e a scendere a patti con sé stessa.
Suo fratello già le mancava, ma nel suo cuore sapeva di aver preso la scelta migliore.

***

“El…” mormorò il ragazzo non appena tornò dal lei, senza davvero riuscire a credere a ciò che vedeva.
Il padre riverso a terra, il viso sfigurato e imbrattato di sangue, la sorella raggomitolata su sé stessa, le mani e i vestiti ancora rossi cremisi, mentre non riusciva a smettere di piangere.
Will si avvicinò velocemente a lei, sedendosi a terra e quasi prendendola in braccio, mentre le mani della ragazza si stringevano a lui quasi spasmodicamente.
“Lil…” mugolò la ragazza senza trattenere i singhiozzi “Lil cos’ho fatto..?”
Le dita artigliavano la sua maglia, il viso nascosto nel suo petto come quando era piccola.
Il fratello rimase in silenzio accarezzandole delicatamente la schiena, lo sguardo ancora al corpo del padre.
Lo odiava, era solo un ex trafficante impoverito che cercava il consenso dei narcotrafficanti più influenti della zona.
Aveva fatto uccidere Andrés, il figlio del capo della polizia, anche se sapeva che era un amico di Eleanor, li aveva sempre trattati con odio e disprezzo e non poteva davvero provare dolore per le sue condizioni.
“Tranquilla El… risolveremo tutto, insieme… siamo una famiglia no?”
Lei annuì lentamente, il corpo scosso da brividi, mentre si rilassava lentamente fra le braccia dell’unica persona di cui potesse fidarsi davvero.


***

Il pesante sacco da boxe ondeggiava sotto i suoi colpi, sempre più forti, sempre più ravvicinati.
Rivoli di sudore le scendevano sulla schiena, li sentiva sul collo e sulle gambe, ma non si fermava nemmeno per riprendere fiato.
I muscoli facevano male, si stava allenando da troppo tempo, sentiva il respiro mancarle, ma non le importava.
Aveva perso tutto. Andrés, Will, anche il suo nuovo lavoro. Non riusciva più a farlo.
Si allontanò appena e riprese incessantemente con i calci, poi li alternò ai pugni quando sentiva di non farcela più.
Solo quando le apparvero dei puntini scuri sugli occhi, la testa troppo leggera, decise di fermarsi, appoggiando la fronte al sacco.
Respirava velocemente, rumorosamente, nel vano tentativo di riprendersi in fretta, ma nemmeno il cuore sembrava calmarsi.
Le dita stringevano forte il sacco da box, mentre lei cercava di mantenere lucidità.
Quasi non si accorse di svenire pochi secondi dopo, il corpo accasciato senza forze sul pavimento.

***

Non voleva scappare, voleva rimanere con Will a farsi ripetere fino alla nausea che lei era una brava sorella, una brava persona.
Ma sapeva di non esserlo e tutte le bugie che le avrebbe detto il fratello per farla calmare e farle dimenticare quella sera non sarebbero servite a nulla.
‘Perdonami’ iniziò a scrivere su un foglio di carta, la mano che tremava quanto il respiro.
‘Ti voglio bene, ma non posso restare. Vorrei sentirmi in colpa per quello che ho fatto, ma non posso, lo sai’ continuò, mentre voltava di poco il viso per guardare il fratello, ancora profondamente addormentato sul divano.
‘Mi mancherai Lil, mi mancherai tantissimo’ finì di scrivere, un lieve singhiozzo che sperò non lo avesse svegliato.
Si alzò avvicinandosi lentamente a lui, appoggiando il biglietto sul tavolino, per poi lasciargli un bacio leggero sulla fronte.
“Grazie per tutto” mormorò pianissimo, costringendosi a non piangere.
Il ragazzo non si accorse di nulla, nemmeno quando una lacrima della ragazza gli scivolò sul braccio, nemmeno quando la porta di casa si richiuse in fretta.


***

***

“Eleanor! El torna qua!” urlò Will ridendo divertito e abbassandosi sulle ginocchia.
La bambina gli fece la linguaccia, incrociando le braccia al petto con fare offeso.
“El vieni da me, così ti posso dare tanti bacini, dai” replicò lui con un enorme sorriso, mentre la piccola sorrideva furbetta camminando fino a lui, finché non fu abbastanza vicina da potergli saltare in braccio, sbilanciandolo e facendolo cadere sull’erba del giardino.
“Aiuto…!” rise William stringendola a sé con dolcezza “E se ti facessi il solletico eh?”
“No!” gridò la bambina iniziando a ridere prima ancora che la toccasse, cercando di scappare.
“Ma io mi devo vendicare piccola mia” ghignò lui solleticandole piano i fianchi e facendola ridere ancora di più.
Rimasero a giocare in giardino, a farsi i dispetti e a rincorrersi, a scambiarsi teneri baci sulle guance.
Non si accorsero della figura seminascosta che li osservava dal tetto, non videro quella donna che li guardava con le lacrime agli occhi e un sorriso sincero sul volto.
“Ti voglio bene papà” disse la piccola gettandogli le braccia al collo e stringendolo forte a sé, come se non avesse voluto allontanarsi da lui mai più.
La donna si morse lievemente il labbro per non piangere, mentre osservava la scena.
‘Hai ragione a volergli bene, Eleanor… il mio fratellone è la persona migliore che esista’ fu l’unica cosa che riuscì a pensare, mentre scendeva agilmente dal tetto ed entrava nella casa senza far alcun rumore.
Appoggiò un pacchetto sul tavolo della sala, insieme ai tanti altri già presenti, avvolto in una carta colorata e piena di disegni, un bigliettino azzurro lì accanto.
“Buon compleanno piccola”
Superò il soggiorno arrivando nella stanza del fratello, appoggiando anche lì un biglietto sul suo comodino.
“Tua figlia è meravigliosa e tu sei un padre fantastico esattamente come sei stato per me un fratello. Voglio che siate felici”
Quando Will tornò in casa pochi minuti dopo, mentre la piccola era corsa in cucina a prendere del cioccolato per entrambi, lesse ciò che la sorella gli aveva scritto.
Un sorriso gli sorse spontaneo sulle labbra, mentre sentiva qualcosa di simile alla speranza farsi strada in lui.
“Papà! Papà qui c’è un regalo, ma hanno sbagliato! C’è scritto che è Da Eleanor invece che Per Eleanor!”
L’uomo la raggiunse in fretta in sala, guardandola con dolcezza.
“Non hanno sbagliato piccola, quello è un regalo di zia El” rispose avvicinandosi a lei fino a mormorarle qualcosa all’orecchio.
“E’ tanto timida, pensa che si è nascosta fuori sul balcone, vai a trovarla così la conosci” sussurrò Will, sperando tanto di non sbagliarsi.
La bambina annuì contenta correndo verso la porta finestra, mentre l’uomo osservava speranzoso.


#AngoloDiLeo
E' la prima storia che pubblico in questa sezione e, benchè sia stata scritta per un contest, ci sono molto affezionata.
Spero possa piacervi e mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensiate.
LeoValdez00

                 

 

   
 
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