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Autore: Lionelle    11/12/2015    3 recensioni
“Il tuo disagio sta crescendo ogni giorno che passa Harry, seriamente, dovresti farti vedere da qualcuno” lo schernì acida Ginny.
Harry la fulminò, oltraggiato.
“Sei tu la disagiata che pensa di aiutare mia figlia a trovarsi un ragazzo!” ringhiò, aprendo bocca dopo venti minuti di ostinato silenzio.
La moglie lo fissò.
“Quindi ce l’hai ancora con questa storia? Certo che aiuterò mia figlia a trovarsi il ragazzo, non vorrai mica che diventi zitella!” lo riprese seccata “E poi chi ha detto che le piaceranno i ragazzi? Potrebbe essere che preferisca le ragazze”
Harry sembrò spiazzato e ci pensò su. Poi decise. “Tanto meglio, così non dovrò preoccuparmi di balordi deficienti con gli ormoni in subbuglio!”
Non so come mi sia venuta in mente questa...bah, non so neanche come definirla. Se avete voglia di passare e dare un'occhiata mi farebbe davvero piacere! Altrimenti amen, io ci ho provato ^.^'
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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FATHER
 
 
“Hai finito di borbottare come i vecchi incontinenti?”
Per tutta risposta si udì un mugugno oltraggiato.
“Hai intenzione di comportarti così ancora per molto? Mi sembra di essere tornata ad Hogwarts”
Un altro brontolio. Ginny sbuffò.
“Potresti esprimerti in maniera quantomeno umana?” esclamò esasperata incrociando le braccia. Era da un quarto d’ora che suo marito se ne stava inchiodato a letto, lo sguardo imbronciato con gli occhi che mandavano saette e la piccola terzogenita Lily di appena dieci giorni che gli dormiva sul petto, stretta tra le forti braccia del padre che sembravano non volerla lasciare andare mai più.
E così sarebbe stato. Oh sì. Nessuno si sarebbe avvicinato alla sua bambina senza incappare nell’ira del più grande mago di tutti i tempi – il magnifico, potente e misterioso Harry James Potter. Nessuna creatura di sesso maschile avrebbe dovuto farsi troppo vicino, non lo avrebbe permesso. Non gliel’avrebbero portata via così facilmente.
Istintivamente strinse la neonata ancora di più, nascondendola alla vista della madre – che osservava la scena palesemente accigliata – guardandola come se la stesse sfidando a strappargli la neonata dalle braccia.
“Il tuo disagio sta crescendo ogni giorno che passa Harry, seriamente, dovresti farti vedere da qualcuno” lo schernì acida Ginny.
Harry la fulminò, oltraggiato.
“Sei tu la disagiata che pensa di aiutare mia figlia a trovarsi un ragazzo!” ringhiò, aprendo bocca dopo venti minuti di ostinato silenzio.
La moglie lo fissò.
“Quindi ce l’hai ancora con questa storia? Certo che aiuterò mia figlia a trovarsi il ragazzo, non vorrai mica che diventi zitella!” lo riprese seccata “E poi chi ha detto che le piaceranno i ragazzi? Potrebbe essere che preferisca le ragazze”
Harry sembrò spiazzato e ci pensò su. Poi decise. “Tanto meglio, così non dovrò preoccuparmi di balordi deficienti con gli ormoni in subbuglio!”
Ginny sospirò, rassegnata dall’ottusità che il suo brillante marito alle volte dimostrava. Non rispose. Si limitò ad aprire e chiudere un paio di cassetti e a sparire dentro il bagno.
L’uomo strinse gli occhi, lo sguardo che sembrava perforare la porta dietro alla quale la moglie si era rintanata. Mantenne un’espressione diffidente finché non udì lo scrosciare dell’acqua nella doccia e allora si rilassò, la piccola Lily che dormiva pacificamente sul suo petto, per nulla turbata dalle schermaglie di mamma e papà.
Ma il cervello di Harry non aveva abbassato la guardia solo perché lei non era più davanti al letto a fissarlo insistentemente: avvertiva la sua aura più forte che mai. Probabilmente Ginny si era sciolta i capelli, sfilata tutti i vestiti e ora stava entrando nel box… e…e… ed era completamente nuda
Buttò la testa all’indietro e diede deliberatamente una bella craniata contro la testiera del letto, facendo tremare tutta la stanza. No. Era un Serpeverde – sebbene un po’ anomalo – maledizione! L’inganno e le azioni subdole erano il suo pane quotidiano. Non si sarebbe fatto infinocchiare un’altra volta dalle oscure arti della seduzione di quella donna malefica.
Ragazzi? Puah! Neanche per sogno. Aveva appena dieci giorni cazzo! Avrebbe dovuto istruire bene gli altri due pargoli che dormivano nell’altra stanza. James e Albus avrebbero dovuto tenere d’occhio Lily una volta partita per Hogwarts, dove lui non avrebbe potuto proteggerla da…da… da quella banda di babbuini bavosi e pulciosi. Si era già organizzato un piano infallibile per custodire l’innocenza della sua bambina fino ai venticinque anni. Non era mica un pivellino, lui.
Era un Cacciatore – una specie di Auror, ma più cazzuto – temuto e rispettato da tutti, il mago che a soli tredici anni aveva fatto il culo a stelle e a strisce a quel demente rimbambito di Voldemort. All’epoca non aveva amici, beh fino ai dodici anni perlomeno, perciò la vita l’aveva dovuta affrontare da solo, considerato che la famiglia alla quale era stato affidato dopo la morte dei suoi genitori – poco più che neonato – altro non erano che i suoi intolleranti zii materni.
Poi era arrivata Ginny, splendida Grifondoro dai capelli rossi come lingue di fuoco, con i suoi sorrisi e i suoi consigli alla quale poi – all’età di quattordici anni – si erano aggiunti baci, carezze e…beh, si, anche il sesso. Molti potevano pensare che fosse prematuro un passo così importante, ma a loro interessava gran poco di ciò che la gente pensava. Lei lo aveva fatto aprire, gli aveva fatto allargare le spire che soffocavano il suo cuore e gli aveva fatto capire il significato e l’importanza della vita.
Quante volte si era perso a guardarla parlare con i suoi compagni? Quante volte l’aveva sentita rimproverare i suoi fratelli? Quante altre a sentirla ridere con i suoi amici? L’aveva accarezzata con lo sguardo per così tanto tempo che quando Ginny aveva cominciato a rivolgergli le sue preziose attenzioni era rimasto talmente spiazzato che all’inizio l’aveva addirittura respinta.
Il suo carattere schivo, tenebroso e talvolta scontroso aveva allontanato tutti quelli che avevano tentato un qualsivoglia approccio con lui, ma Ginny aveva resistito e aveva abbattuto tutte le sue barriere, tolto tutti i freni, dissipato tutte le paure che gli impedivano di avere normali relazioni interpersonali.
Era entrata con la potenza di un uragano – un uragano fatto di luce – nell’ammasso di oscurità che era sempre stata la sua esistenza. Harry non sapeva se sarebbe mai stato in grado di ringraziarla abbastanza per tutto quello che aveva fatto per lui, ma avrebbe passato la vita a renderla felice della scelta che aveva fatto quando aveva deciso di accoglierlo nella sua famiglia. Una decisione che aveva preso del tutto deliberatamente quando gli aveva sorriso la prima volta.
Perché anche Ginny lo amava da sempre. Glielo aveva confessato poco dopo essersi messi insieme. Anche lei lo aveva amato da lontano come aveva fatto lui e una volta che si erano ritrovati, non si erano più lasciati andare.
Beh quasi.
Harry rabbrividì. Ogni tanto gli capitava di ripensare all’orribile trauma del sesto anno, e ogni volta nuvole cariche di pessimo umore gli piombavano addosso, che facevano schizzare il più lontano possibile praticamente chiunque. Persino Draco e Blaise si tenevano alla larga, ma solo in casi estremi. Erano i suoi migliori amici, il che significava che ce li aveva attaccati al culo per la maggior parte del tempo.
Gli erano stati accanto anche quando pensava che non ci fosse via d’uscita in quel tunnel di dolore e sofferenza nella quale era entrato quando Ginny lo aveva piantato. Gli avevano fatto capire il motivo di quel gesto, perché lui da solo non ci sarebbe arrivato, nonostante l’intelligenza superlativa e l’innegabile straordinario talento.
Gli avevano detto che Ginny soffriva per la sua incapacità di mostrare i suoi sentimenti nei confronti degli altri. Stavano insieme da tre anni allora, e mai una volta le aveva detto che l’amava. Certo, alcuni suoi gesti facevano intendere che Harry ci teneva a lei – la gelosia, la protettività – ma la più piccola di casa Weasley aveva solo sedici anni, e nonostante il carattere forte e le doti fossero ben al di sopra di quelle del famigerato Albus Silente, era solo una ragazza talvolta insicura che voleva sentirsi dire tre dolci parole.
Ci erano voluti ben dieci mesi di agonia, ma alla fine si era ritrovata con un ragazzo che finalmente la venerava apertamente – sia in pubblico che in privato – e che non aveva paura di esprimere ciò che provava per lei davanti agli altri.
Certo, la sua indole riservata era rimasta, faceva parte del suo essere e Ginny si era innamorata di lui anche per quello. Harry sorrise tra sé. La fortuna lo aveva baciato mandandogli la sua pazza, malefica moglie – e non avrebbe potuto essere più grato di così.
Un movimento delicato lo distrasse riportandolo nella sua camera da letto, con la sua bimba tra le braccia. La piccola Lily si stava infatti stiracchiando nel sonno, emettendo un dolcissimo versetto che incantò Harry, come se davanti a lui ci fosse stato un tesoro così prezioso da non poter essere quantificato in alcun modo. I capelli rossi – tipico marchio Weasley – gli sfioravano la camicia e il suo respiro lento e regolare lo tranquillizzava. Era la copia carbone della sua bellissima mamma, cosa che la suddetta non aveva mancato di far notare non appena l’aveva avuta in braccio.
Decise che era giunto il momento di metterla nella sua culla e infilarsi a letto, tanto Ginny ci avrebbe messo ancora un bel po’ prima di uscire dal bagno. Le donne ci mettevano secoli a uscire, una volta entrate.
Si alzò dal letto e la portò nella sua cameretta, la adagiò con delicatezza nella culla e la coprì con la sua copertina rosa. Cambiò la disposizione dei pupazzi almeno sette volte, poi si rese conto di essere ridicolo e lasciò perdere. Tuttavia non si spostò di un millimetro.
Restò a fissare la sua creatura con occhi colmi di orgoglio paterno. Aveva tanto desiderato una femmina, dopo i primi due maschietti. Aveva pregato Ginny ogni giorno per mesi e mesi, ma lei non era tanto convinta considerato che James e Albus erano ancora piuttosto piccoli e voleva aspettare che fossero cresciuti un po’ prima di sfornare un terzo pargoletto. Harry dapprima aveva ceduto, ma il tempo passava e lui diventava sempre più impaziente.
Così una sera aveva appioppato i bambini a Draco ed Hermione, l’aveva portata fuori a cena e una volta tornati a casa l’aveva sfinita di sesso selvaggio fino a che entrambi non si erano addormentati l’uno sull’altra.
Poi – finalmente – la lieta notizia.
Ginny ce l’aveva avuta con lui per giorni – accusandolo di averla ingannata – ma si era fatto perdonare facendosi dare un mese intero di ferie per starle accanto, aiutandola a trovare un equilibrio tra pappe e poppate notturne. Quando sua moglie l’aveva scoperto gli era saltata addosso urlando che c’era un motivo se l’aveva sposato, lo aveva ricoperto di baci e preparato un’infinità di manicaretti.
Harry sospirò. Nonostante fosse un brontolone, c’era ben poco che non avrebbe fatto per la sua donna.
Si decise a lasciare in pace Lily e si diresse verso la sua camera da letto. Probabilmente quell’altra non era ancora uscita dal ba-
Merlino cane.
Harry inspirò bruscamente, fermandosi a metà di un passo. Ma perché? Perché? Che aveva fatto di male?
Ginny, tutta intenta a piegare accuratamente i suoi vestiti sulla sedia della scrivania, accortasi del marito inclinò la testa e lo guardò perplessa “Tutto a posto?” domandò.
Morgana infame.
Era colpa di Luna. E di Hermione. E di Pansy, di Daphne, Astoria e di tutto l’universo femminile. Erano loro che regalavano a Ginny quegli stupidi completini intimi mezzi trasparenti che lo facevano dannare!
Di solito sua moglie preferiva andare a dormire indossando le sue vecchie magliette che le stavano larghissime e lunghissime – un metro e novantacinque di muscoli contro un metro e sessantatré di forme sinuose e abbondanti nei punti giusti.
Ginevra Molly Weasley in Potter era uno schianto di donna, suo marito lo sapeva perfettamente. E lo sapevano anche tutti i maschi che la guardavano con i loro indegni occhi.
E infatti eccola lì, nel bel mezzo della stanza, praticamente mezza nuda che lo fissava curiosa. Harry sentì qualcosa agitarsi nei bassofondi della città di Potterville.
Appoggiò l’avambraccio allo stipite della porta e seppellì il viso nell’incavo del gomito, desiderando di poter dare un’altra bella testata, ma dubitava che le fondamenta di quella casa avrebbe retto la craniata di cui aveva disperatamente bisogno in quel momento, nonostante l’avessero rinforzata personalmente lui e Ginny con potenti incantesimi di solidità.
E va bene, si disse, Fanculo, posso farlo. Non cedere. Sii uomo.
Improvvisamente ringalluzzito si eresse in tutta la sua altezza, gonfiò i pettorali, staccò dallo stipite e camminò rigidamente ma con una certa fierezza verso la sua parte del letto, che sfiga voleva essere nella parte opposta della camera, perciò doveva per forza di cose passare davanti alla personificazione della tentazione del demonio.
Intanto Ginny lo guardava sempre più confusa. Ma di cosa cazzo si faceva suo marito? Droghe pesanti? Oppio? Assenzio?
“Harry?” lo chiamò incerta. Vide i suoi muscoli irrigidirsi, ma lui fece finta di non sentirla e si infilò sotto le coperte, dandole la schiena.
Per un attimo rimase di sasso, ma si riprese subito.
Qualcosa non andava e di certo non avrebbe mollato senza indagare. Seguì l’esempio del marito, spense le luci con uno schiocco delle dita e rimase seduta a braccia conserte a fissare il buio, sostenendosi contro la testiera del letto.
Si udì un sonoro – e falso – russare.
Ginny lo fulminò nonostante l’oscurità “Ma si può sapere che cazzo ti è preso?!” ringhiò colpendolo violentemente con il cuscino. Harry non si mosse, anzi. Si mise a russare più forte.
La donna decise che ne aveva avuto abbastanza. Indagare? Con quel deficiente? Ma anche no. Scostò indispettita coperte e lenzuola, afferrò la sua micidiale arma-cuscino e uscì dalla camera a passo svelto.
Scese le scale e si diresse nell’ampio soggiorno, scaraventò il guanciale sul divano e ci si buttò sopra di malagrazia (si fa per dire ovviamente, ogni suo gesto – anche il più banale – era caratterizzato da un’eleganza quasi inumana).
Sbuffò come un treno a vapore, stizzita. Non voleva neanche sapere che problema aveva quell’idiota, era stanca per pensarci. Nonostante avesse una resistenza ammirabile curare i suoi bambini, fare la spesa, passare in farmacia, pappe e poppate per Lily e sostituire per un pomeriggio intero l’istruttore delle future truppe di Cacciatori l’avevano sfinita. Di solito queste erano bazzecole, ma erano passati solo dieci giorni dal parto e ancora non si era ripresa del tutto. Con James erano bastati tre giorni per tornare come nuova – sia fisicamente sia mentalmente – con Albus si erano protratti fino a cinque giorni e con Lily, beh stava battendo il record.
Sospirò. Stava morendo di caldo. L’energia che aveva accumulato in quella settimana e mezza l’aveva a malapena spesa durante gli allenamenti quel pomeriggio; purtroppo non era bastato. Ogniqualvolta che non utilizzava l’energia per troppo tempo, il suo corpo reagiva facendole percepire una gran caldo, anche se fuori era sottozero. Di solito manteneva sotto controllo la cosa facendo sesso selvaggio e animalesco con Harry. L’esperienza di vita le aveva fatto capire che quello era l’unico modo per far tornare la sua percezione di caldo e freddo a livelli normali.
Generalmente l’accumulo di energia andava di pari passo con l’accumulo di stress o rabbia. Più era stressata o arrabbiata, più velocemente l’energia si ammassava nel suo corpo, rendendola a volte nervosa. Perciò il sesso con Harry non solo appagava il suo lato primitivo, dominato dalla passione e dall’amore, ma anche quello “chimico”, che regolava le funzioni del suo corpo.
Si fece aria con la mano cercando di ottenere un po’ di refrigerio, ma ogni tentativo fu inutile. Si era persino messa l’ultimo babydoll regalatole dalle ragazze il Natale precedente. Pansy, Astoria e Daphne avevano aperto un paio di negozi di intimo, uno a Diagon Alley e uno nella Londra Babbana e gli affari andavano alla grande. Ogni tanto persino Luna andava a dare una mano, quando gli impegni di lavoro glielo permettevano – aveva ereditato la gestione del giornale Il Cavillo, diventato più una rivista di grande cultura piuttosto che di ricerca di animali immaginari. Grazie a Merlino.
Non riusciva a trovare una posizione che le conciliasse il sonno. Si girava e rigirava di continuo, sbuffava senza sosta e stava cominciando a innervosirsi parecchio. Si spiattellò il cuscino sulla faccia e soffocò un grido esasperato. Niente. Non riusciva a trovare pace. Il caldo la stava consumando, ma almeno non sudava.
Essendo una creatura con il fuoco nelle vene, il sudore non era un problema di cui doveva preoccuparsi. Harry invece dominava l’acqua, perciò anche lui regolava la temperatura corporea come faceva lei.
Non esistevano molti come Ginny, il fuoco era piuttosto raro come dono; molto più comuni invece erano gli altri tre elementi.
Era un gruppo ristretto quella che poteva vantare il Dono, era qualcosa con la quale si nasceva – non era possibile acquisirlo nel corso della vita – ed era trasmesso attraverso geni particolari. Non avevano una alternanza precisa: potevano saltare tre generazioni o ripresentarsi dopo altre sei o sette, quando ormai era stato dimenticato. Esisteva un’organizzazione piuttosto antica – si faceva chiamare la Rosa Nera – formata da persone con la capacità di percepire se un individuo possedeva il Dono e addestrarlo, in quanto la mancata padronanza di esso avrebbe potuto portare a disastri di proporzioni notevoli.
Ginny, Harry e il resto della compagnia di Hogwarts aveva conosciuto l’organizzazione quando ormai avevano già completamente appreso ogni singolo segreto del proprio potere. Il rappresentante del gruppo che li aveva trovati – tale Heron – era rimasto sbalordito. Si chiedeva come avessero fatto dei ragazzini a capire il funzionamento di un potere così grande e complesso.
Ginny sorrise tra sé.
La verità è che nella biblioteca di Hogwarts, nella Sezione Proibita, già il primo avevano trovato quattro libriccini che ne parlavano approfonditamente. Ricordavano tutti di aver sentito una specie di richiamo, qualcosa che li spingeva tra gli scaffali. Ogni libro – uno per ogni elemento – era descritto dettagliatamente; in generale la regola dell’accumulo di energia valeva per tutti: se di tanto in tanto non facevano qualcosa per scaricarsi del tutto, il corpo si sovraccaricava e, se non si interveniva per troppo tempo, c’era il rischio di perdere il controllo. Per questo Harry aveva creato una camera speciale, che tra loro chiamavano l’Inferno, che assorbiva l’energia in eccesso che si voleva buttare fuori dal proprio corpo.
Ginny era orgogliosa del suo record: aveva resistito per ben cinque settimane.
Certo, poi aveva raso al suolo l’Inferno e quasi fatto saltare in aria i contatori e i pannelli ad assorbimento rapido. Non ricordava neanche il motivo di tale esplosione.
Sospirò di nuovo, abbandonando il filo dei ricordi. Quante avventure aveva vissuto! Se avesse potuto tornare indietro avrebbe rifatto ogni cosa, nel bene e – soprattutto – nel male.
Decise che di pensieri profondi ne aveva sviluppati abbastanza per quella sera e fece per dirigersi in cucina per prepararsi un bel bicchiere di tè freddo.
Si bloccò non per appena fu in piedi. Sulla soglia del salotto c’era Harry, le mani dietro la schiena, lo sguardo rivolto verso il basso e un piede disegnava cerchietti sul pavimento.
Il ritratto della colpevolezza.
Ginny quasi si mise a ridere, ma si trattenne. Si schiarì la voce.
“Che ci fai qui? Credevo stessi dormendo” chiese, incapace di nascondere l’ironia. Il Salvatore del Mondo Magico parve incassare il colpo. Aveva un marcantonio come marito, ma in quel momento le pareva di vedere James colto in flagranza di reato mentre rubava i biscotti di Al.
Lo guardò mentre si grattava la testa, a disagio “Credevo ti fossi messa quel coso per farmela pagare, ma poi…” fece una pausa e finalmente sollevò lo sguardo, incrociando quello della moglie “Poi ho visto come ti agitavi e ho capito”
Ginny inclinò la testa “Non ti devi preoccupare, non è certo la prima volta. Torna pure a letto” lo rassicurò, la stanchezza che trapelava suo malgrado dalla voce.
Fece per oltrepassarlo, ma un braccio forte e grosso come un tronco la bloccò.
Prima di rendersene conto fu sollevata di peso, le gambe si allacciarono automaticamente intorno alla vita di Harry e le labbra furono improvvisamente molto impegnate.
Il fuoco nelle vene divampò senza alcun preavviso, accendendola di una passione cieca e indomabile.
“Per favore” le sussurrò tra i baci “Permettimi di aiutarti”
Il suo profumo, il suono della sua voce, la sensazione dei suoi capelli setosi perennemente spettinati tra le dita… tutto, tutto di lui la stordiva. Il cervello non sembrava più collegato e il suo corpo si rifiutava di rispondere ai comandi. Dannato Potter!
La rincretiniva ogni volta. Le faceva perdere il contatto con la realtà, sentiva solo le sue mani sul suo corpo e le labbra che le accarezzavano il collo, lasciando una lunga scia di baci infuocati. E lei di fuoco se ne intendeva.
Capì che Harry l’aveva portata in camera solo quando avvertì la morbidezza del cuscino sotto la testa e le lenzuola fresche scaldarsi a contatto con la sua pelle bollente.
Udì uno strappo e – quasi in contemporanea – un ringhio basso colmo d’eccitazione. Era completamente nuda. Harry si insinuò fra le sue gambe e abbassò la testa, le labbra che le sfioravano il lobo. Lo mordicchiò delicatamente.
“Niente ragazzi fino ai vent’anni” mormorò, la voce resa strascicata dalla passione, gli occhi velati dalla lussuria.
Ginny rise divertita e invertì le posizioni. Stavolta era lei che torreggiava su di lui, fiera come una dea.
“Ma Harry caro, non essere ingenuo” miagolò lasciva. La maglietta che indossava fece la stessa fine del completino, volando da qualche parte sul pavimento. Fece scorrere l’unghia sul suo petto cesellato, giù… sempre più giù… e arrivò all’elastico dei pantaloni. Udì Harry trattenere il respiro.
Ginny ghignò “Lily sarà una degna figlia di sua madre”
 
 
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Se siete arrivate fin qui i miei complimenti. Un applauso a voi u.u
È complicato spiegare come mi sia uscita una roba simile, ma ci provo lo stesso.
In realtà questa è una one-shot che si ricollega ad una long fic che in realtà non ho mai scritto, che c’è solo nei miei fangirling più sfrenati. Perciò siccome non sono in grado di scrivere long, ma adoro le one shot, mi cimento con quest’ultime per raccontare la storia che non scriverò mai per intera. Per questo ho aggiunto così tanti particolari del passato e del periodo di Hogwarts, perché la mia storia è compleamente diversa da quella della zia Row. Abbiate pazienza, sono anomala.
Aveva la mezza idea di scrivere ogni tanto altre one shot su diversi momenti della vita di Harry e Ginny, sempre collegato alla long fantasma. Ma poi boh, non so.
Qui come vedete Harry è descritto un po’ meno con l’aria da sprovveduto, o almeno questa era l’intenzione. ^.^’
Non vi chiedo di recensire perché lo chiedono tutti, ma sappiate che se lo farete mi renderete molto felice. E poi tra poco è Natale. Facciamo finta di essere buoni suvvia u.u
Bene, ho finito qui. Un bacio grande a tutti/e voi e… niente.
Notte zuccherini.
  
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