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Autore: Stella cadente    13/12/2015    7 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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XXVIII.
Caduta libera
 
Olympe
 
 
 
«L’attacco sarà a sorpresa. Non avranno nemmeno il tempo di fuggire, signore.»
Grenonat mi guardò, compiaciuto, mentre facevamo camminare accanto i nostri cavalli.
Eravamo ad un passo dalla Corte dei Miracoli. Vedevo già il cancello del cimitero, in lontananza. Ci avvicinavamo sempre di più. Sentivo già i brividi aggredirmi la pelle: la rivolta stava per cominciare.
«Mi chiedo perché non abbiate ricevuto un incarico più prestigioso già da prima, Olympe» disse, sorridendo. «Siete così… così brillante.»
«Vi ringrazio.»
Non avrei mai creduto di trovarmi a fingere in quel modo, ma per il bene di tutti dovevo farlo.
Per il bene di Eymeric e di Nina.
Era la cosa giusta, quello che da sempre mi avevano insegnato a fare.
È ora che ci sia giustizia.
«Oh, è un dato di fatto, non un complimento» rispose lui. «Sentite… voi sapete qualcosa di quello zingaro?»
Mi voltai verso l’Inquisitore.
«Perché me lo chiedete?»
Virgile Grenonat alzò per un attimo le sopracciglia.
«Beh, perché quando Frollo era ancora in carica, tutti noi alla Corte di Giustizia siamo stati impegnati con le ricerche. Non lo sapevate?»
«No, in realtà no.»
Il Giudice mi lanciò un’occhiata che non seppi interpretare.
«Ci sono tante cose che non sapete di Claudie Frollo, vedo.»
Già. E la cosa mi inquieta parecchio.
«Lo penso anche io» dissi solo.
«Il che è strano, dal momento che eravate la più vicina a lei in assoluto. Non vi siete mai chiesta il perché di quella sua ossessione?»
Mi sentii a disagio. Stavamo avendo una conversazione quasi amichevole – una cosa che con Frollo non avevo mai avuto – e il fatto, per un momento, mi destabilizzò.
«In effetti sì. Mi chiedevo quale fosse la ragione di queste ricerche così continue. Ma inizialmente avevo attribuito tutto al fatto che Eymeric – il gitano – l’avesse sfidata alla Festa dei Folli, e anche prima.»
«Un’ottima osservazione, in effetti. Nessuno sospettava qualcosa, all’inizio. Ma avreste dovuto vederla durante i processi; non l’ho mai vista tanto estraniata da se stessa, prima.»
Cercai di immaginarmela, ma non ci riuscii.
 «Ad ogni modo» riprese. «Sapete qualcosa di quello zingaro.»
Non era più una domanda; era un’affermazione.
Gli rivolsi uno sguardo raggelato.
«Ricordate il suo nome, Olympe. Perciò significa che quel gitano vi è familiare.»
Il cuore mi mancò di un battito.
«Non esattamente» optai per una mezza verità. «Ma so chi è. L’ho visto alla Festa dei Folli, e poi Frollo mi ha mandata a cercarlo» dissi, cercando di controllare bene il tono della voce.
«E quindi ricordate così bene il suo nome?»
Mi ammutolii. L’unica cosa che riuscii a sentire fu una fitta quasi dolorosa di terrore, che mi arrivò alla testa e mi intorpidì gli arti.                                                                                                                 
«Onestamente, non vedo il nesso» proseguì.
Mi sentii pietrificare.
Mi sono uccisa con le mie stesse mani.
«È un peccato» disse infine «che non si capisca da che parte stiate, Olympe.»
«Cosa?» feci, in preda al panico.
«Credete che io non mi sia accorto del fatto che confabulavate con il capitano di Montespan?»
Silenzio.
La missione è andata a monte.
Moriranno tutti per colpa mia.
«Siete stata molto brava, ma adesso che mi avete condotto fino a qui, credo proprio che non mi serviate più.»
Quello che successe dopo mi sembrò avvenire al rallentatore.
Grenonat sguainò la spada, che produsse un suono sibilante. La sua espressione era fredda, gli occhi vitrei.
Non ebbi nemmeno il tempo di realizzare che la lama mi era affondata nella spalla – l’unico punto non protetto dall’armatura.
Il dolore mi incendiò il cervello. Per un momento vidi nero, anche se ero sicura di non aver perso i sensi.
Dopo un breve momento di lucidità sentii il mio corpo cadere inerme dal cavallo, e poi vidi solo buio.
 
 
****
 
 
 
Mi sembrava di vagare in un sogno.
Aprii per un attimo gli occhi, e mi si presentò davanti un cielo stellato. Scuro, semplice, bellissimo. Niente a che vedere con le immagini che avevo visto prima. Non riuscivo neppure a distinguere dove mi trovassi o cosa stessi facendo.
Fu solo un’immagine passeggera, che se ne andò via come se fosse niente.
E subito dopo sprofondai di nuovo nelle tenebre.
 
 
 
****
 
 
 
«Olympe.»
Una bella voce mi chiamava.
«Riesci a sentirmi?»
«S… sì» riuscii a farfugliare.
Provai di nuovo ad aprire gli occhi, ma non riuscivo a trovare la forza per farlo.
«Olympe, devi riposarti adesso. Non fare sforzi.»
Il dolore era ancora così forte che mi sembrò di sentirlo acuto come quando Grenonat aveva sferrato il colpo.
«Voglio vederti» bisbigliai.
Sentii che il proprietario della voce sorrideva.
«Sono Eymeric» disse poi.
Quelle due parole mi arrivarono con una fitta di gioia. Se solo ne avessi avuto la forza, mi sarei tirata su di scatto e l’avrei abbracciato.
«Eymeric…» ripetei.
«Riposati.»
Aprii gli occhi di colpo, e la luce fioca che illuminava la stanza in cui mi trovavo mi diede fastidio alla vista.
Mi portai una mano alla spalla, e mi resi conto che qualcuno mi aveva tolto l’armatura. Mi sentii arrossire: era stato lui?
Non ebbi il tempo di chiederglielo, perché subito mi uscì dalla bocca un gemito di dolore.
«Non mi darai mai retta, eh?» fece il ragazzo, ridacchiando un po’.
«No, infatti» dissi io, ricambiando. «Cos’è successo? Dove sono?»
«Sei a Notre-Dame. Non ti ho vista quando Grenonat è arrivato con il suo esercito, così sono uscito, e ti ho trovata. Poi ti ho portata qui con l’aiuto di Ruben.»
Chi?
Solo allora mi accorsi del ragazzo che gli stava accanto. Era alto, aveva i capelli lunghi ed era muscoloso. Tanto. Forse troppo.
Se ne stava lì, alle sue spalle, a fissarmi.
Un po’ mi inquietava.
«Mi dispiace» riuscii solo a dire. «Mi sono fatta scoprire in modo clamoroso.»
«Ma senza di te non saremmo mai arrivati a questo punto» mi rimbeccò lui. «Abbiamo un esercito più numeroso grazie a te.»
Sorrisi, ma mi sembrò che avessi fatto qualcosa di più simile ad una smorfia che ad un sorriso.
«Adesso cerco di sistemarti un po’» mi rassicurò lui.
Chiusi gli occhi di nuovo, lentamente. Avevo ancora addosso un grande senso di confusione, come se fossi continuamente sospesa tra sogno e realtà.
«Passami l’elicriso, per favore» lo sentii dire.
Armeggiò con qualcosa, poi si avvicinò di nuovo a me.
«Cosa stai…»
Un bruciore intenso mi afferrò la spalla. Il dolore era lancinante.
Mi ritrovai a ringhiare sofferente, mentre Eymeric sistemava quella strana erba che aveva nominato sulla ferita.
«Questa dovrebbe farti stare meglio in breve tempo» disse. «Ferma il sangue.»
«Grazie» soffiai io, stremata.
«Eymeric!»
La voce di Ruben, il ragazzo muscoloso, rimbombò anche da lontano.
«Torno subito» mi disse il mio amico.
E si allontanò.
Lo vidi, per un attimo, parlare con Ruben con tono concitato.
Ma poi non ce la feci più, e mi addormentai.
 
 
Mi svegliai dopo quelle che mi parvero ore. Eymeric era di nuovo accanto a me, adesso, e guardava la luna dalla finestra della torre.
«Eymeric» bisbigliai.
Lui si voltò subito.
«Oh, bentornata tra noi» disse, con la sua solita ironia appena accennata.
«Quanto ho dormito?» chiesi, con la voce scheggiata dal sonno. La ferita mi dava ancora una fastidiosa sensazione di bruciore.
«Circa mezz’ora» mi disse lui.
Solo mezz’ora?
«Che è successo? Cosa ti ha detto…»
Non riuscivo a ricordare il suo nome.
«Ruben?» mi aiutò lui.
Annuii, facendo un cenno appena percettibile con la testa.
Eymeric sospirò.
«Lo scontro sta proseguendo in modo strano. Siamo arrivati ad una situazione di stallo.»
Nella mia mente annebbiata dal sonno e dal dolore, quelle parole non presero nessun significato.
«Cioè?»
«Il combattimento si è fermato. Gli eserciti si sono ritirati.»
Feci un’espressione perplessa.
«Perché?»
«Frollo è intervenuta. Ha detto che lo scontro in realtà è tra lei e Grenonat, e basta. Lo ha invitato ad un armistizio. Non so cos’abbia in mente.»
Neanche io.
Il suo sguardo era malinconico, preoccupato. Più lo guardavo, più mi rendevo conto che qualcosa, tra lui e il Giudice, era davvero cambiato.
Avevo paura di ciò che quel qualcosa avrebbe potuto fare. E probabilmente Eymeric lo capì, perché mi si avvicinò dicendomi:
«Non aver paura, Olympe. Ti terrò informata su ogni cosa. E non farti sensi di colpa inutili: tu hai fatto tutto il possibile.»
 Non replicai. Non seppi se fosse per la stanchezza, per la frustrazione o per la ferita che sembrava urlare, ma mi si strinse un groppo in gola. Se avessi parlato la mia voce sarebbe stata incrinata, e non ci tenevo a farmi vedere debole.
«Ti preparo dell’altro elicriso» concluse Eymeric.
Mentre lo vedevo prendere la pianta dal sacco che si era portato dietro, un’idea mi colpì d’improvviso.
«Nina è qui?» chiesi, cercando di mantenere un tono di voce controllato.
Lui si girò, sorridendomi.
«Sì. Ma le ho proibito di vederti, perché probabilmente ti salterebbe addosso, e direi che ora come ora è meglio evitare» disse dolcemente.
«Come sta?»
«Bene» il suo tono era leggero mentre tornava da me. «Sta intrattenendo i gitani che si sono rifugiati qui con grande successo.»
Mi sembrò che la sua voce nascondesse un’allusione a qualcosa, ma immaginai che lo avrei saputo a tempo debito.
Sorrisi per quello che mi aveva detto.
Ce l’ha fatta.
«Quindi non si combatte?»
«Direi che tu non potresti farlo in ogni caso» disse, premuroso, mentre mi medicava. «Ma hai organizzato tutto questo, e te ne siamo grati.»
Lo guardai con affetto, poi dissi:
«Non ringraziare me: ringrazia Nina. Senza di lei, non sarei mai riuscita neanche a pensare le cose che ho fatto.»
Mi sorrise, si alzò e si diresse verso le scale.
«Eymeric» lo chiamai.
Lui si voltò.
«Sì?»
«Grazie. E…» aggiunsi. «Di’ a Nina da parte mia che è stata eccezionale.»
Il ragazzo mi sorrise di nuovo, disegnando una linea ironica sul suo bel viso.
«Provvedo subito, Giudice de Chateaupers.»
Ridacchiai sommessamente, mentre ascoltavo i suoi passi lungo la scala a chiocciola, ma poi lo sentii fermarsi di colpo.
Una voce maschile, che non apparteneva a lui – forse era quella di Rubes, Robes o come accidenti si chiamava – riecheggiò nella pietra.
Non capii cosa stesse dicendo.
Fu quello che successe dopo a preoccuparmi.
Distinsi, subito dopo, la voce di Eymeric, ma era irriconoscibile. Era… disperata.
Di una disperazione così forte che solo a sentirla mi fece male il cuore.
«Com’è possibile?»                                     
Poche parole, una frase quasi insignificante.
Ma servì a farmi capire che qualcosa era successo in battaglia.
Qualcosa che sicuramente non era buono.
Qualcosa di doloroso.

 
 
Seppur con un leggero ritardo, sono sempre qui :)
Scrivendo questo capitolo mi sono resa conto che questa storia mi sta portando dove vuole lei, e che sta diventando molto più seria di quello che doveva essere. Inutile dire che Olympe mi sta piacendo sempre di più, perché esattamente come Febo si sta dimostrando una persona che ha coraggio da vendere e spirito di giustizia.
Ho voluto rispecchiare il fatto che, nel film, Febo viene ferito e medicato da Esmeralda, ed infatti abbiamo una scena simile tra Eymeric e Olympe. Li ho trovati carinissimi, mi mancavano :’)
Il finale aveva l’intenzione di lasciarvi un po’… un po’ così. Secondo voi che cosa sarà successo?
Spero che la storia continui a piacervi, perché ho stravolto completamente i miei piani iniziali e non so dove finirò, sinceramente. Comunque, mi auguro che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Alla prossima,
Stella cadente

 
  
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