Number 10- Star Man, the hero of hope
Le
luci artificiali illuminarono il suo volto, quasi accecandolo. Quella
non era la prima volta che saliva sul palco, in mezzo alle grida dei
fan esultanti e sotto il cono di luce dei fari, ma come ogni altra
volta ne era rimasto quasi accecato, tanto che era stato costretto a
chiudere gli occhi. Non appena si fu abituato a quella luce
così
innaturale, dischiuse gli occhi e osservò attentamente il
suo
avversario, un uomo secco e allampanato, vestito con una strana
giacca lunga fino alle caviglie di vecchia fattura. Non che fosse
più
strano del suo vestito, pensò, abbassando gli occhi sulla
tutina
aderente che aveva voluto. Gli tornò in mente l'espressione
quasi
disgustata di Droite quando le mostrò il capolavoro a cui
aveva
lavorato giorno e notte; era rimasta talmente scioccata che aveva
perso la sua proverbiale freddezza ed aveva iniziato a tirargli le
orecchie, come quando erano bambini.
Bambini...
Un
velo di tristezza gli attraversò gli occhi chiari,
accompagnato da
un ricordo che credeva di aver seppellito per sempre, ma che emergeva
con tutta la sua forza e tutte le sue spine, ogni volta vedeva il
volto sorridente di un marmocchio. Dentro di lui, in un angolo molto
piccolo del suo cuore, continuava ad essere invidioso della
felicità
altrui. Lui non era mai stato fortunato come quei bambini che si
divertivano a vederlo duellare; lui era sempre stato triste e
abbandonato dagli adulti che avrebbero dovuto prendersi cura di lui.
Se non fosse stato per la presenza di Droite, avrebbe anche potuto
dire di aver assaporato l'amarezza della solitudine. Ma lei c'era; in
ogni ricordo lei c'era sempre, con il solito sguardo vigile e un po'
severo e sempre pronta a fargli la ramanzina o ad appoggiare le sue
assurde idee. Come una madre o una sorella maggiore.
Sospirò.
A volte avrebbe preferito non aver mai conosciuto Droite. Da piccola
era una bambina adorabile, ma crescendo era diventata talmente rigida
che talvolta gli impediva persino di divertirsi. Esattamente come
aveva fatto quella stessa mattina, all'orfanotrofio cittadino.
«Quel
bambino voleva solo giocare un po'... Non capisco perché
avesse
tutta quella fretta di andarsene; tanto non siamo mica arrivati in
ritardo al duello!» disse, tra sé e sé,
grattandosi pensieroso la
testa coperta da una maschera colorata. «Forse dovrei
chiederglielo,
più tardi...»
«Se
hai finito di chiacchierare, direi che possiamo anche iniziare il
duello!» esclamò l'uomo che aveva di fronte e che
lo aveva sfidato
apertamente.
«Hai
davvero così tanta fretta di perdere?»
ribatté l'altro, sorridendo
fiducioso nelle sue capacità. Poi, voltandosi verso gli
spalti,
iniziò a declamare la solita frase che recitava all'inizio
di ogni
suo duello e che mandava in visibilio tutto il pubblico. I volti
felici e le voci dei bambini lo investirono con la stessa forza e la
stessa vitalità delle prime volte; il loro entusiasmo non
era
diminuito, esattamente come la sua voglia di duellare. I suoi duelli
li avrebbero resi felici, esattamente come rendevano felice lui. E
avrebbe donato loro speranza, la stessa speranza che cercava lui
quando era piccolo, con Droite attaccata alla sua maglia e le lacrime
agli occhi. Speranza per un futuro migliore e più felice. E
Star Man
era l'uomo giusto per portare quella felicità ai bambini di
tutto il
mondo, proprio come un supereroe.
Adesso
che ci pensava, in quel periodo gli incubi e i brutti ricordi della
sua infanzia avevano smesso di perseguitarlo; era come se finalmente
avesse ottenuto la pace che tanto aveva desiderato. Che fosse stato
anche quello merito di Star Man? Che fosse riuscito a rendere felice
anche lui?
A quel
pensiero, Gauche scoppiò a ridere, facendo innervosire il
suo
avversario. Sì, forse l'idea poteva sembrare sciocca e
assurda, ma
lui ci credeva davvero. Credeva nel potere dei duelli e in quello di
Star Man. Esattamente come aveva creduto in Yuma.