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Autore: Sea    13/12/2015    2 recensioni
Il ragazzo della biblioteca è il classico esempio di ragazzo emarginato, lontano dalla società e dai contatti amichevoli, ma dietro il suo aspetto e i suoi modi c'è una storia complessa, una grave perdita. La vita sembra essersi stancata di lui, ma Ed continua ad andare al lavoro e a combattere contro il suo patrigno e il suo fratellastro per non perdere l'eredità di suo nonno: la sua casa. Sua nonna e la sua chitarra sono le uniche cose che gli restano, ma gli eventi prenderanno una piega inaspettata e tra un lavoro e l'altro, Marina entrerà prepotentemente nella sua vita.
Ecco una nuova storia dopo Afire Love! Spero di non deludere le aspettative. :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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XXXIII





Forse era perché era appena stato avvelenato, forse era semplicemente scosso dagli ultimi eventi, forse era solo che gli mancava Marina.
Qualunque cosa fosse, era irrequieto.
Da quando era uscita dalla porta, Ed non riusciva a smettere di tormentarsi le mani. Josh gli aveva promesso che l’avrebbe protetta a qualunque costo, che sarebbe tornata salva, ma non riusciva a stare calmo in alcun modo. Era preoccupato. Ben era diventato pericoloso come sperava non sarebbe mai diventato. E poi Jef. Il solo pensiero che lei fosse nella stessa casa in cui gironzolava quell’essere, gli faceva salire il sangue alla testa. Poteva succedere qualsiasi cosa e per di più, l’idea stessa di chiederle di fare quella cosa era assurda. Non avevano un poliziotto, un mandato?
Gli sembrava di essere preso in giro dalla vita, come se qualcuno si stesse divertendo a punzecchiarlo con un bastone.
Aveva finito il the da parecchio tempo e non aveva niente da fare se non giocherellare un po’ con la chitarra, ma non aveva voglia di cantare. Si limitava a pizzicare le corde e a guardare la macchina da scrivere che le aveva regalato stare immobile sul tavolino sotto la finestra.
Il ticchettio dell’orologio era più forte dei suoi pensieri. Non riusciva a coprirlo in alcun modo.
Lei era fuori e lui era dentro: nulla poteva nascondere quella verità. E il telefono era silenzioso da parecchio.
Era un’ora che era via ed era già troppo, non riusciva a far finta di niente. La sua donna era in casa sua, il posto in cui non avrebbe mai voluto farla entrare.
La tachicardia che gli attanagliava il cuore prese il sopravvento quando le campane rintoccarono mezzogiorno e lei ancora doveva tornare.
Senza più sopportare l’ansia, scattò dal divano sentendo quasi il respiro spezzarsi. Passandosi una mano tra i capelli, fissava il pavimento mentre decideva cosa fare, ma tanto la risposta la sapeva già: non sarebbe stato tranquillo finchè non fosse stata accanto a lui, al sicuro. Non gli importava di Ben o di Jef, Marina doveva uscire da quella casa. Subito.
Recuperò in fretta cappotto e cappello e con le chiavi in tasca, scese in strada.
Gli sembrò di non pedalare da un’eternità, ma l’ansia non gli permise di godersi la sensazione, riusciva a pensare soltanto a quanto mancasse fino a casa sua.
Continuava a ripetersi che era tutto ok, che si stava preoccupando per nulla, che forse girato l’angolo l’avrebbe vista insieme a Josh, sana e salva.
La neve bianca non si scioglieva al sole, nonostante la bella mattinata, ma almeno non c’era ghiaccio sull’asfalto e poteva accelerare anche in curva.
La gente camminava serenamente per strada e più guardava i loro volti, più si rendeva conto di quanto per lui quel lunedì fosse fuori da ogni schema. Desiderò essere in biblioteca, in attesa dell’arrivo di Marina, con una vita migliore di quella che stava vivendo. Probabilmente l’avrebbe invitata ad uscire e ogni cosa sarebbe stata perfetta, ma quando girò l’angolo in Backtown Street quei sogni rosa si distrussero come castelli di sabbia.
Bastò un attimo per sentire le lacrime presentarsi ai suoi occhi, mentre vedeva la colonna di fumo ergersi da casa Sheeran. Pregò fino alla fine che si fosse sbagliato, che la casa in fiamme fosse un’altra, ma quando arrivò fuori al suo cancello, frenando bruscamente, il suo cuore si fermò.
Non sentiva le voci della gente intorno, né loro vedevano il suo viso pallido. Le sue guance avevano perso ogni ombra di colore, ma i suoi occhi erano rossi delle fiamme che vedeva.
Mentre il fuoco avvolgeva l’intera casa e il giardino, riusciva a sentire il suo stesso corpo bruciare e la vita abbandonarlo lentamente, come se ogni cosa fosse finita.
Stava per vomitare.
Neanche si accorse che stesse tremando mentre portava la mano alla tasca, alla ricerca del cellulare. Senza guardare lo schermo compose il numero di Marina e ogni squillo a vuoto era una pugnalata.
Il cellulare di Josh era spento.
  • Chiamate i vigili del fuoco!
Come un pugno nello stomaco, la voce che pronunciava quelle parole gli fece comprendere che non c’era più tempo, che ogni minuto una trave precipitava, proprio come in quel momento, davanti ai suoi occhi.
Marina.
Marina era dentro.
Nonostante l’aria non entrasse nei suoi polmoni e il fumo gli facesse lacrimare gli occhi, fece il primo passo verso il cancello, ignorando chiunque. Doveva salvare Marina.
  • Ma dove va?
  • Fermatelo!
Quando stava per mettere piede nel suo giardino, qualcuno lo afferrò, trattenendolo per il cappotto e in un istante riprese coscienza di sé.
  • Fermo! Dove vai?
L’uomo che lo tratteneva lo guardava dritto negli occhi, ma non ascoltò una sola parola di quello che disse, perché la paura gli faceva fischiare le orecchie. Il suo corpo era fuori dal suo controllo. Si divincolò, ma un’altra persona sopraggiunse.
  • Fermati!
Loro non capivano.
  • Questa è casa mia. – quasi sussurrò.
  • Finirai per ammazzarti!
  • Non andare!
Lasciatemi – urlò nella sua testa, il pensiero a Marina.
  • Ci penseranno i vigili del fuoco.
  • No. – disse. – Lasciatemi! – cercò ancora di divincolarsi.
Ma loro continuavano a trattenerlo, ignari di ogni cosa.
  • Là dentro c’è la mia ragazza! – sbottò, ma nessuno sembrava ascoltarlo.
Il panico cominciava ad impossessarsi di lui, sentendo che ogni secondo poteva essere fatale, ad ogni secono Marina poteva morire.
Senza pensarci due volte, si sfilò dal cappotto, scatenando le urla delle persone e finalmente fu libero. Come una molla carica, scattò verso il giardino e cominciò a correre a perdifiato verso la casa. Più si avvicinava, più si rendeva conto che quella storia poteva finire male, ma a costo della sua vita sarebbe entrato e li avrebbe trovati.
Senza Marina, quella vita perdeva il suo senso.
Con gli occhi stretti per il fumo, si concentrò sul calore che emanava la casa. La luce quasi lo accecava. La porta e la veranda ormai non esistevano più, completamente avvolte dal fuoco e si guardò intorno alla disperata ricerca di un modo per entrare, finchè non si ricordò della scala. Corse alla sua finestra, aperta, ma della scala non restava altro che cenere. Corse al retro, col sole negli occhi e vedere la porta ancora intera fu una visione. Senza pensarci due volte, entrò.
Il fumo nero che aleggiava tra il soffitto e il pavimento era soffocante, così alzò la sciarpa di lana che aveva ancora al collo sulla bocca ed avanzò a tentoni.
  • Josh! – chiamò, senza ricevere risposta – Marina!
Il rumore del legno che si consumava e delle fiamme che divampavano era spettrale.
Cominciò a tossire ancora prima di arrivare in cucina. Il salotto e l’ingresso erano del tutto in fiamme, non potè nemmeno avvicinarsi, così imboccò la scalinata per andare al piano di sopra, scansando le fiamme che rodevano le scale, ma quando posò il piede sull’ultimo gradino dovette frenarsi, perché il pavimento crollò proprio davanti a lui, lasciando integra solo la ringhiera di ferro.
Tossì ancora.
  • Marina!
Provò a toccare la ringhiera ma era bollente, quasi urlò sfiorandola. Il fumo nascondeva l’intero corridoio, ma doveva passare. Tornò indietro lungo le scale, fino al ripostiglio che, per fortuna, non era ancora stato raggiunto dal fuoco. Quando aprì la porta alla ricerca di qualcosa, la scala di alluminio di suo nonno sembrò essere la risposta. La afferrò e una volta tornato in cima alle scale, la utilizzò come ponte sull’area in cui il pavimento non esisteva più. Con un tonfo la lasciò andare e cominciò a camminare sui suoi gradini, pregando di non cadere di sotto, ma la voglia di raggiungere Marina era tale che si ritrovò dall’altra parte senza nemmeno accorgersene. Sperò che il pavimento resistesse ancora.
Avanzando nel corridoio fumoso, inciampò rovinosamente, finendo faccia a terra e quando si voltò vide Josh accasciato sul pavimento, incosciente.
  • Josh! – urlò, alzandosi e cercando di sollevarlo. – Josh, svegliati!
Lo scosse ripetutamente, ma quasi non sentiva la sua stessa voce. Lo issò, cercando di trascinarlo con sé. Se c’era Josh, c’era anche Marina.
  • Marinaaa!
Continuò ad avanzare, giungendo fino alla sua stanza, sicuro che lei fosse lì, ma quando cercò di aprire la porta, non ci riuscì, rimanendo spiazzato per un secondo. Che si fosse chiusa dentro?
  • Marina! Apri!
Continuò a spingere, ma il peso del suo amico era eccessivo e a lui cominciava a girare la testa. Per quanto ci provasse, non bastava una semplice spinta. Gli serviva una chiave. Lasciò Josh accanto alla porta, correndo verso la camera di Jef, trovandola quasi del tutto avvolta dalle fiamme. Afferrò la maniglia e cercò la chiave dall’altra parte, ma la sua mano afferrò soltanto fumo. Merda.
Restava la porta di Ben e per fortuma, la chiave era ancora lì. La prese e tornò indietro, ma ad ogni passo sentiva sempre più rumori, vedeva sempre più fumo, non ce la faceva più. A stento riuscì ad infilarla nella serratura e quando quella scattò, si precipitò dentro.
  • Marina!
La trovò appoggiata al davanzale della finestra, seduta e incosciente.
Corse immediatamente verso di lei e la prese per le spalle.
  • Marina, svegliati! – respirava ancora. – Marina!
Se nessuno dei due avesse ripreso conoscenza, non sapeva cosa avrebbe fatto, ma il suo cuore era già privo di un peso sapendola viva.
  • Ti prego, rispondi!
Passandole una mano sul viso, per spostare i capelli lunghi, lei sembrò dare un cenno di vita.
  • Marina, svegliati! – e lei aprì gli occhi di scatto, cercando di respirare l’aria che non c’era. Tossì.
  • Edward!
  • Dobbiamo andare! – la incitò. La casa stava crollando.
  • Josh! – gli disse.
  • È qui fuori, ma è svenuto. – la informò, raccogliendola nel suo abbraccio, ma non c’era tempo da perdere.
La fece alzare a fatica e insieme lo trascinarono nella stanza, ormai l’unica parte della casa non avvolta dalle fiamme, ma Ed non aveva idea di come sarebbero usciti di lì. Marina chiuse la porta per impedire al fumo di entrare.
Ed si guardò intorno, quasi al limite delle sue forze, quasi al limite dell’ossigeno.
  • La scala si è bruciata! – disse Marina. – Cosa facciamo? – il terrore nei suoi occhi verdi.
  • Io… - disse, continuando a cercare una soluzione. – Non lo so.
Poi, quando vide l’armadio aperto, ebbe un’idea. Si affacciò alla finestra per constatare che il fianco della casa non fosse in fiamme e la fortuna fu dalla sua parte, le erbacce erano servite a placare il fuoco, producendo solo fumo. Così corse verso le ante aperte e cominciò a tirare fuori qualcosa.
  • Le lenzuola, presto! – urlò a Marina, che lo raggiunse immediatamente.
Annodarono tutte le lenzuola disponibili, creando una corda di fortuna e la fissarono al pesante letto di legno, per poi gettarla fuori. Toccava quasi il suolo.
  • Come facciamo con Josh? – chiese lei, vedendo il loro amico ancora senza sensi.
  • Aiutami. – le disse, sfilando le lenzuola del letto. – Devi fissarlo alla mia schiena. – ma Marina tossiva. Non appena terminarono di sfilare la stoffa, si tolse la sciarpa dalla bocca e gliela cedette, senza darle il tempo di protestare.
Quando prese Josh in spalla, cominciò a dubitare che ce l’avrebbe fatta, era davvero pesante. Quando finalmente lo prese in groppa, Marina lo fasciò – letteralmente – a lui, annodando le estremità del lenzuolo più strette che poteva, pregando che avrebbero retto. Guardò Edward negli occhi, con la tentazione di scoppiare in lacrime, ma lui parlò.
  • Prima tu, sbrigati! – lei lo guardò come per ribattere, ma lui non sentì ragioni. Quella volta si sarebbe salvata prima lei. Intanto le fiamme cominciavano ad entrare nella stanza. – VAI!
E lei andò, scavalcando il davanzale. Con le gambe che le tremavano per la paura, afferrò il lenzuolo e cominciò a lasciarsi andare, sentendo il suo stesso peso come quello di una montagna. Scivolando lungo il muro, si chiese come avrebbe fatto Edward e cominciò ad avere davvero paura.
Lui, dal primo piano, la vide toccare terra e dentro di lui era già finita, ora che Marina era al sicuro. Lei restò a guardarlo, mentre cercava di uscire dalla finestra. Guardò la sua stanza probabilmente per l’ultima volta, gettando lo sguardo alle foto di sua madre, poi afferrò il lenzuolo e con grande sforzo cercò di calarsi, ma Josh era davvero pesante. O era lui ad essere troppo debole. Quando fece il primo passo verso il basso, con i piedi sul fianco della casa, gli sembrò che ogni cosa fosse precaria, le lenzuola, il muro, la loro vita. Ansimante, con i muscoli a pezzi e il sudore che gli andava negli occhi, continuò la discesa. A metà strada le sue scarpe persero aderenza e si ritrovò piedi all’aria.
  • Edward! – urlò Marina, assistendo alla scena.
Rosso per lo sforzo, si trattenne alla corda come meglio poteva, senza sapere come continuare, a breve avrebbe ceduto!
Guardò giù e non ebbe altra scelta che scivolare sulle lenzuola, ma il bruciore che sentì alle mani fu quasi insopportabile e senza riuscire a resistere, urlò. Cadde a terra con un tonofo e istintivamente si portò le mani al petto, senza più badare al peso di Josh o alla presenza di Marina, voleva solo mettere le mani nel ghiaccio.
  • Dobbiamo andare! – cercò di dirgli Marina, tirandolo per la felpa annerita. – Andiamo!
Si alzò e con le ultime forze che gli restavano corse con lei, che cercava di aiutarlo a sostenere il peso che portava. La gente al di là del cancello strepitava, chiamandoli.
Quando finalmente giunsero alla cancellata, evitando le parti del giardino che erano in fiamme, le persone li accolsero in massa, ma Ed non ebbe il tempo di riprendere fiato o di posare Josh a terra. Non appena vide Marina accanto a lui, fuori da quella casa, al sicuro, si lasciò andare alla forza di gravità, cadendo in ginocchio.
  • Edward!
Prese un ultimo disperato respiro, poi, svenne.
 


Ed non vide la casa crollare del tutto, ma Marina sì. E si sentì morire.
Edward era crollato e la casa insieme a lui. Mentre cercava di reggerlo e di respirare, la sua mente era completamente invasa dal tremendo frastuono che la circondava: il fuoco che bruciava, la gente che urlava, le sirene che ululavano senza sosta. Le sembrò di essere finita all’inferno.
Guardando la montagna di fiamme che sormontava il giardino, si chiese che fine avessero fatto Ben e Jef, se fossero rimasti dentro o se fossero fuggiti. In ogni caso, lei era viva solo grazie ad Edward, che per qualche assurdo motivo era arrivato a salvarli. Di nuovo.
Aveva di nuovo rischiato la vita per lei ed ora la sua casa, la casa per cui stava lottando, per cui aveva sacrificato ogni cosa, stava bruciando senza che nessuno potesse salvarla. Il suo intero lavoro, i suoi sacrifici, andavano letteralmente in fumo.
E le venne da piangere, reggendogli la testa, capendo che l’uomo che amava aveva un cuore così grande, ma una vita così ingiusta. Non riuscì più a trattenersi quando le persone recuperarono Josh dalla sua schiena, lasciandolo così tra le sue braccia.
Singhiozzò, inginocchiata sull’asfalto, con la sua testa rossa sulla spalla.
Pianse come se le avessero strappato via una parte dell’anima. Pianse per il dolore che lui avrebbe provato una volta riaperti gli occhi. Avrebbe voluto accogliere tutta la sua angoscia, tutta la stachezza, per alleggerirlo del carico pesante che la vita gli affidava ancora. Pianse, pensando che nonostante tutto ciò, Edward aveva rischiato ancora la vita per lei. Non importava cosa avrebbe dovuto fare, l’avrebbe aiutato in qualsiasi modo possibile. Sempre.
  • Signorina, deve lasciarlo. – un paramedico le posò una mano sulla spalla. – Dobbiamo somministrare ad entrambi dell’ossigeno.
Lo lasciò andare, cercando di sentire l’aria nei polmoni e si lasciò aiutare ad alzarsi e ad andare verso l’ambulanza. Guardandosi intorno, notò che Josh veniva già trasportato in ospedale e poco dopo, vi furono portati anche loro.
Prima che le porte del mezzo venissero chiuse, riuscì a vedere i vigili del fuoco cominciare a spegnere l’incendio.
Durante l’intero tragitto, non lasciò la mano di Edward: sentire il calore della sua mano la aiutava a respirare. Tutta quella storia era assurda. Non credeva possibile che esistessero persone così crudeli, non credeva umana una cosa del genere: torturare un ragazzo per anni solo per il proprio tornaconto. Se c’era giustizia in quel mondo, Ben e Jef l’avrebbero pagata.
Quando giunsero in ospedale, seguì la barella finchè potè, ma Stephany dovette trattenerla e portarla al pronto soccorso, nella zona per i codici gialli. Vedere Edward allontanarsi le faceva provare una certa sensazione di panico, non riuscì a trattenere le lacrime e scoppiò a piangere ancora. Lacrime silenziose accompagnarono il suo mutismo, mentre si faceva visitare e rifletteva sull’accaduto: quando aveva sentito quel rumore – l’aveva capito – qualcuno l’aveva chiusa dentro e non era stato Josh. Quando aveva cominciato a sentire la puzza di fumo, aveva provato ad aprire la porta in ogni modo, ma ogni sforzo era stato vano e poi il buio.
Ricordava soltanto gli occhi spaventati di Edward emergere dalla sciarpa e da lì, la fuga. Tuttavia, quell’incendio non aveva senso. Possibile che fosse frutto di un incidente? In quel caso, Ben e Jef erano scappati?
E se fosse stato doloso?
Non sapeva chi le avrebbe dato quelle risposte, finchè non vide Adam Kadmon farsi largo tra i medici presenti nella stanza.
  • Ho saputo. – disse – Sono sicuro che l’incendio sia doloso, non c’è altra spiegazione.
  • Ben e Jef… - fu interrotta.
  • Sono appena stati presi alla stazione con tanto di valigie. – posò la valigetta a terra e si sfilò il cappotto, per poi spostarsi i capelli lunghi dal viso. – Abbiamo la vittoria in pugno, piccola.
Continuò a respirare dalla mascherina, sentendo il petto pesante e la testa ancora altrove, ma cercò di sforzarsi e di ascoltare le parole di Kadmon.
  • Ho già richiesto un’udienza al giudice ed entro il pomeriggio gli consegnerò il referto dei vigili del fuoco e le vostre cartelle cliniche, dimostreremo che Benjamin Storm ha bruciato la casa perché ha capito di essere stato scoperto e che è un pazzo.
Parlava a raffica e gesticolava animatamente nello spiegarle i passaggi del processo, ma era così stanca…
Quando l’avvocato terminò di spiegarle le sue intenzioni, lei approvò le sue decisioni e lo lasciò dileguersi a fare il suo lavoro. Pregò, guardando il suo cappotto scuro che oscillava al suo passo svelto, che quell’uomo fosse bravo come sembrava.
Ormai non avevano altri che lui.
Accettando con poca difficoltà il fatto che Ben avesse tentato di ucciderli, senza alcuno scrupolo, finì per mollare la mascherina e recuperare il cellulare dalla tasca. Trovò le chiamate perse di Ed e compose il numero di Jody per avvertirla dell’accaduto e per chiederle di chiamare la scuola per conto suo, per richiedere una supplente per qualche giorno. Quella, spaventata dal suo stato e dalla sua voce roca per il fumo, le assicurò che ci avrebbe pensato lei e che quella sera sarebbe passata a trovarla.
Dopo di lei, chiamò il comune – per l’ennesiva volta – per avvertirli dell’assenza di Edward e contattò Pit, per avvertirlo che sia lei, che Ed, che Josh, si sarebbero assentati per un po’.
  • Lo so, piccola. – sospirò quello. – La polizia mi ha avvertito.
  • Allora lei lo sapeva. – disse Marina, dandosi della sciocca.
  • Certo, ma avevo già capito che quella testa rossa fosse innocente. È troppo buono.
Più tardi, quando Stefany la portò da Edward, lo trovò sveglio, seduto di nuovo al centro di un letto d’ospedale. Quando incontrò i suoi occhi, le lacrime si presentarono ancora e il nodo alla gola non le permetteva di pensare lucidamente, ma lui, col viso cadaverico e lo sguardo vuoto, non le diede il tempo di pronunciare una sola parola.
  • Ho perso tutto, vero? – disse atono.
Il freddo che traspariva dalla sua voce e dal suo viso, la colpì come uno schiaffo e si portò una mano alla bocca tremula, cercando di nascondersi. Ma Ed capì subito che quello fosse un sì. Marina, ormai priva di forze, lo raggiunse e lo abbracciò. Non appena Ed posò il viso sulla sua spalla, pianse.
Il suo lamento era carico di tutta la sua disperazione.
 
Non era riuscito a salvare la sua casa e non era riuscito a salvare il suo onore. Aveva fallito. Non ce l’aveva con Ben o con Jef, ce l’aveva solo con se stesso, per non essere riuscito a fare qualcosa. L’unica cosa di cui era felice, era di essere riuscito a salvare lei.
Jody e Marina parlavano sul divano, a tarda sera, mentre lui ripensava alle parole di Kadmon, accarezzando il piccolo Christopher.
Quando suo padre aveva capito che entro due giorni si sarebbe svolto il processo, non aveva immaginato che la casa che volevano salvare ormai non esistesse più. Il suo silenzio e la sua voce incrinata rimbombavano ancora nella sua testa. Gli parve che la doccia non avesse lavato la puzza del fumo che sembrava essersi impregnata su di loro, come se stessero ancora bruciando, intrappolati in quela casa. Dei fantasmi rimasti fermi per sempre al momento della loro morte.
Era così che si sentiva e probabilmente così avrebbe affrontato il processo: con una voragine nel petto. Era sconfitto. Illuso. Vano. Ogni cosa, ogni suo sforzo, non aveva alcun significato e davanti a sé non vedeva altro che buio.
La luce che emanavano gli occhi del bambino che aveva in braccio, lo accecava, ma sembrava non essere abbastanza da nascondere ai suoi occhi il fatto di essere un nullatenente, senza tetto e probabilmente senza lavoro. Non sapeva come avrebbe fatto a pagare il prestito, tantomento sapeva come avrebbe fatto a sopravvivere.
Marina, ovviamente, gli aveva detto che sarebbe rimasto lì, che lo volesse o no, Josh gli aveva già inviato tramite un agente alcuni suoi vestiti e beni di prima necessità. Non sapeva come avrebbe fatto a ripagare quelle persone.
Guardò il viso di Marina dal tavolino sotto la finestra, i capelli scompigliati e il pigiama: ormai lei era la sua famiglia.
La amava.
Avrebbe sacrificato mille vite per lei.
Ma non voleva essere di peso.
Era punto e a capo, come se avesse riavvolto il nastro fino al 2009, solo che quella volta non aveva la forza di ricominciare.
Quella notte lui e Marina non chiusero occhio.
Il rumore dei loro pensieri aleggiava nell’aria, tagliente e ispido.
Era il suono della tristezza.
Era il suono della paura.






Angolo autrice:

Non so se potesse esserci giornata più adatta per pubblicare questo capitolo: Ed ha ufficialmente lasciato le scene fino al prossimo autunno e proprio in questo capitolo si parla di una perdita davvero grave per Edward. Qualcosa lascia definitivamente la storia e non ci tornerà più, il passato del ragazzo della biblioteca, proprio come i passati 5 anni di X vengono conclusi e messi da parte per un nuovo inizio.
In ogni caso, va bene così, credo che tutti noi attenderemo il suo ritorno con pazienza. Se lo merita, non credete?
Per quanto riguarda il capitolo, beh, credo che qui venga fuori il vero protagonista, la vera essenza di Edward e del suo personaggio, è qui che si rivela in tutto il suo essere. Questo è il ragazzo di cui volevo raccontarvi. Qualcuno che lotta fino alla fine, strenuamente. Per amore - di lei e della sua famiglia.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Manca davvero poco alla fine e spero di non deludervi.
Non so davvero quando aggiornerò, questa settimana sarà davvero dura tra tesi ed esami, quindi stay tuned.
A presto Marinediani.


S.


! Bonus: Si tratta della bellissima cover di una ragazza, che ho trovato per caso su YouTube. Vi consiglio di non perdervela, è davvero fantastica.
La canzone - come sempre - è adattissima.

We'll wait for him to come home.

https://www.youtube.com/watch?v=7OxzMje8Ne0&index=4&list=LLs1FCs8ClIJthN39AExJidQ


 
  
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