Serie TV > Merlin
Segui la storia  |       
Autore: hiromi_chan    13/12/2015    8 recensioni
Se questa fosse una fiaba (cosa che non è) inizierebbe così: c'era una volta un ragazzo chiamato Merlin. Sì, beh, capisco che già il nome possa far venire in mente robe magiche e simili, ma vi garantisco che non c'è un bel niente di fantasy, in questa storia.
… Anche se abbiamo una mezza specie di bestia e una donna che ha tutte le credenziali per essere definita strega cattiva.

{La Bella e la Bestia retelling; modern!AU}
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balinor, Galvano, Hunith, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~Parte quarta~


 

 

Tra Merlin e il signor Pendragon si stabilì dunque uno strano equilibrio fatto di costanti botte e risposte cartacee. In un certo senso, era come se ormai Merlin conoscesse la voce del signor Pendragon: era dura e brusca, ma anche tremendamente pomposa e un po' ridicola. Sapeva essere ironica e, a volte, ma solo ogni tanto, Merlin si ritrovava a sbuffare una risata per un rimbecco particolarmente brillante dell'altro.

«Non mi sento più tanto solo, sai?» disse un giorno a Lumiere mentre lo stava spolverando. Sì, in casi estremi Merlin era in grado di trovare di compagnia perfino uomini altezzosi e impossibilmente antipatici.

Ovviamente, con la fortuna che si ritrovava, la situazione non era destinata a durare a lungo.

Un mattino, di punto in bianco, il flusso di post-it cessò del tutto. Merlin, un sopracciglio arricciato, cercò il consueto biglietto di insulti giornaliero su ogni porta del primo piano (che era quello a cui avrebbe potuto avere accesso quel giorno secondo le regole), ma senza alcun successo. Aprì le ante delle credenze, sbirciò sotto i tappeti, dentro il frigo e sotto il tavolo. Scrutò pure dentro il barattolo dello zucchero, ma niente da fare.

«Forse il signor Testa di Fagiolo ha confuso il programma dei giorni e ha lasciato le sue lamentele al secondo piano» ragionò ad alta voce di fronte a Lumiere. «O forse... oggi non ha niente da dirmi.»

Lumiere non rispose.

Il fatto si ripetè il giorno dopo e poi il giorno dopo ancora, e, alla fine della settimana, Merlin si ritrovò incredibilmente seccato dal comportamento del signor Pendragon. Va bene, okay, era anche un pochino preoccupato; la figurina del cadavere che ammuffiva continuava a tormentarlo. (Vedete, se non l'avete capito, Merlin era dotato di una fervida immaginazione.)

A quel punto restava una sola cosa da fare: trasgredire le regole e andare in cerca del signor Pendragon. Il primo posto verso cui Merlin si diresse fu, ovviamente, l'ultimo al quale avrebbe mai dovuto pensare: la stanza inaccessibile al terzo piano. D'altronde, se era inaccessibile un motivo doveva esserci per forza, e Merlin pensò che questo fosse proprio che il signor Pendragon vi si rifugiasse – non lamentatevi se vi sembra che si parli di lui come una sorta di bizzarro animale. Fino a quel momento, era esattamente così che si era presentato.

Dunque, Merlin si avvicinò di soppiatto alla Porta Proibita, che aveva un aspetto tanto solenne da guadagnarsi le doppie maiuscole (sebbene si possa contestare il fatto di attribuire più o meno solennità a una semplice lastra di legno con un pomello d'ottone... Ma scommetto che, a quel punto, vi sareste sentiti in soggezione anche voi come Merlin.)

«Signor Pendragon?» mormorò Merlin, il cuore che martellava.

Nessuna risposta.

Allora bussò... ma ancora niente risposta. Quindi bussò e bussò e bussò e...

«Signor Pendraaaagoooooooon!» cantilenò, con il preciso intento, doveva ammetterlo, di provocare il suo datore di lavoro nel caso si fosse trovato effettivamente lì. Tuttavia, dovette affrontare una nuova ondata di silenzio.

Fu a quel punto che Merlin realizzò quanto, in realtà, quel silenzio suonasse innaturale. Una stanza davvero vuota non avrebbe potuto essere così silenziosa. C'era una strana tensione, nell'aria, come se dall'altra parte della porta ci fosse qualcuno che tratteneva il fiato.

Merlin si leccò le labbra e andò ad appoggiare la guancia contro il legno. «Signor Pendragon, è qui, non è vero?» chiese piano. «Non mi dà alcun segno di vita da un po' e ho pensato...»

«È proprio qui il problema: hai pensato» commentò laconica la voce da dentro la stanza.

Merlin sussultò: era una voce dannatamente upper-class. Per un istante la sua mente lavorò frenetica nel tentativo di associare ad essa l'immagine del proprietario; la volta scorsa il signor Pendragon era stato una macchia gialla e blu in fuga, quindi si immaginò un uomo biondo con un completo blu cobalto indosso – perché un uomo con i capelli blu e un completo giallo era troppo anche per la sua immaginazione... sebbene questo avrebbe spiegato in parte come mai il signor Pendragon fosse restio a farsi vedere in giro. Comunque, l'uomo nella sua mente, capelli blu o meno, aveva stampata in faccia l'aria schifata di un principe viziato. E questo non poteva che essere vero in ogni caso.

«So che non avrei dovuto disturbarla...»

«E ammette anche di saperlo, l'idiota!» E l'idiota uscì come uno stridulo i-d-i-o-t-a sibilato tra i denti.

«Volevo solo assicurarmi che lei stesse bene!» protestò Merlin.

«Beh, sto benone» brontolò il signor Pendragon. «Ora vattene.»

«Ha bisogno di-»
«Vattene!»

«Se solo mi lasciasse-»

«Vattene, idiota! Cosa c'è, non comprendi il mio linguaggio? Sparisci o ti licenzio seduta stante!» ruggì.

Merlin si staccò dalla porta, guardandola con indignazione come se fosse colpa sua – del resto, qualcuno doveva pur guardare con indignazione.

Sentiva uno spiacevole afflusso di sangue intorno al collo e alle orecchie, come se il signor Pendragon l'avesse insultato in faccia. E l'aveva insultato, mortalmente. (Sì, Merlin era un pochino melodrammatico, ma si annoiava così tanto in quella villa che tendeva a ingigantire le cose, così, per compensare.) Si allontanò seminando certi insulti che gli avrebbero fatto guadagnare una bella tirata d'orecchi da sua madre, deciso a fare l'unica cosa possibile: preparare un dolce.

Già, perché Merlin, nonostante tutto, era un tipo educato (sicuramente molto più di un certo animale dai capelli possibilmente blu) e avrebbe forzato il signor Pendragon ad accettare la sua offerta di pace passivo-aggressiva a qualunque costo.

La torta al cioccolato venne preparata con determinazione, un pizzico di irritazione e... un po' di sale. Ma solo un po'. Al posto dello zucchero. Di tutto lo zucchero. Ma aveva un aspetto molto grazioso, e chiunque si sarebbe sentito onorato nel mangiarne una fetta.

Vassoio in mano, Merlin si recò di nuovo all'ultimo piano. Allora successe una cosa, una cosa che cambiò per sempre la sua vita. Quindi prestate attenzione, adesso, perché se non fosse andato lì in quel preciso momento, ora io non avrei una storia da raccontarvi. O meglio, la storia si concluderebbe proprio qui, e a voi crescerebbe la barba per la noia perché, in fin dei conti, non c'è nulla di particolarmente eccitante in uno sguattero che ha un capo antipatico.

Dunque Merlin, arrivato davanti alla stanza proibita, vide che, per la prima volta, la porta era stata lasciata socchiusa. Un invito a entrare o solo una banale distrazione?

«Signor Pendragon?» chiamò, rigirandosi il vassoio in mano. Visto che nessuno rispose, decise da solo cosa fare. Piano piano infilò il naso attraverso la fessura e dopo entrò. Quale caos regnava in quell'ambiente! Cassetti aperti, indumenti a terra, fascicoli con il logo della Pendragon Corp appoggiati ovunque – uno sotto la gamba di un tavolino posto accanto a un camino spento. Sopra il tavolino, un elegante vaso di porcellana ospitava delle rose blu di una bellezza tanto rara da risultare fuori posto in quel luogo.

Merlin avanzò a passi misurati, mentre l'idea che quella stanza fosse la più vissuta della tenuta prendeva forma concreta in lui. Le finestre, ciononostante, erano chiuse da enormi tendaggi scuri; un computer acceso rimandava lampi, sullo schermo schemi e diagrammi e calcoli.

«È qui che vive» si disse Merlin, e quel vive aveva un significato totalizzante. Senza che ne comprendesse bene il motivo, sentì il proprio sterno stringersi in una morsa.

E poi si accorse di qualcosa, qualcosa di irrimediabilmente sbagliato che attirò tutta la sua attenzione: c'era un quadro, appeso proprio sopra il camino, in fondo alla stanza. La figura a mezzobusto del giovane uomo che vi era ritratto era stata squarciata da un taglio verticale, così che la metà sinistra della tela penzolava, ripiegata su se stessa. La parte destra del volto del ragazzo, però, era ben visibile: i lineamenti regolari e cesellati erano infusi di quella bellezza aristocratica un po' austera che a volte spaventa la gente. Un occhio azzurro, grosso come una mandorla, scrutava saccente l'osservatore.

Merlin allungò con cautela le dita fino a sfiorare la slabbratura verticale che tagliava il ritratto. Per un momento, riaccostò le due parti e osservò attentamente, fino a che...

«Che diavolo stai facendo?» La voce suonò tetra, come fosse stata risucchiata nei polmoni di chi aveva parlato.

Merlin si voltò con un sobbalzo, il vassoio che gli sfuggiva di mano e i contorni della figura massiccia del signor Pendragon appena abbozzati alla luce emanata dal computer.

«Ecco, volevo...» balbettò Merlin.

«Che diavolo stai facendo qui?» ripeté il signor Pendragon, ma stavolta lo disse urlando mentre si avvicinava con fare minaccioso a Merlin, e più avanzava e più si faceva nitida l'immagine del suo viso: il suo viso rovinato sul lato sinistro, la pelle tesa in tantissime cicatrici violente e irregolari.

Merlin, scioccato, non riusciva a staccare gli occhi dalla carne piegata di quel volto, dai lineamenti deformati all'eccesso dalla rabbia. Questo parve far infuriare ancora di più il signor Pendragon, che lo afferrò per il gomito, strattonando. Il brusco gesto fece indietreggiare Merlin, e fu una questione di un secondo – un urto e il sonoro crash di qualcosa che si frantumava. Merlin voltò la testa come in un sogno: il vaso di porcellana era infranto in mille pezzi sul pavimento, petali di rose blu si erano staccati dallo stelo e giacevano in una piccola pozza d'acqua.

«Mi dispiace tanto, io...» boccheggiò Merlin, sconvolto. «Ma – ma posso sistemare. Vado a prendere-»

«Idiota! Tu ora te ne vai, subito!» scoppiò il signor Pendragon, rilasciando la presa sul suo braccio in un gesto secco, così freddo da far male come uno schiaffo. «Hai deliberatamente infranto le regole, sei licenziato, non voglio averti mai più tra i piedi! Va' fuori, ora!»

Merlin tirò inconsciamente il collo all'indietro e sollevò il braccio davanti al volto, quasi a difendersi da quella cascata di odio. Non stava capendo più nulla, gli sembrava di galleggiare... ma la rabbia era uno schizzo rosso, accecante nel buio, e stava contagiando anche lui «Lei... è una vera bestia» disse, la voce spezzata.

Uscì più in fretta che poté, sbattendo le palpebre come se avesse qualcosa in un occhio. Si ritrovò a correre giù per le scale con il cuore in gola e spalancò il portone con foga. Solo quando si scoprì in mezzo alla neve si rese conto che il martellare del suo battito gli aveva impedito di ragionare.

Era solo, ora, sperduto nel gelo. Le strade erano bianche e andare al villaggio a piedi in quelle condizioni, con il cielo che minacciava tempesta, era una follia, perché Merlin avrebbe dovuto camminare a lungo tra le intemperie.

«Fantastico» disse tra sé, estraendo Kilgharrah dalla tasca. Non l'avrebbe mai fatto in un'altra situazione, ma fu costretto a chiamare suo padre (in seguito avrebbe attribuito la cosa allo shock del momento). La linea era occupata, quindi Merlin gli lasciò un messaggio in cui gli chiedeva di venirlo a prendere – forse usò toni piuttosto catastrofici che comprendevano l'uso di termini come disastro di portata sovrumana e folle psicopatico, ma questo non mi è dato saperlo.

Ora doveva solo attendere l'arrivo di Balinor, ma avrebbe preferito ingoiare la lingua piuttosto che rientrare a Villa Pendragon anche per un solo minuto. Senza volerlo, alzò la testa verso l'edificio e, proprio in quel momento, scorse la figura inconfondibile del signor Pendragon che lo stava osservando.

Merlin si lasciò sfuggire un'esclamazione che non ripeterò per rispettare la fascia più sensibile e innocente del pubblico e, impegnato com'era nel far ciò, non si rese conto della fretta con cui il signor Pendragon andò a nascondersi dietro la tenda... né della sua espressione costernata.

Lo sguardo di Merlin era concentrato da un'altra parte, ossia sugli alberi che circondavano la tenuta. Chiuse gli occhi e sospirò.

«Perfetto, davvero.»

… Eeeed ecco che scappava a nascondersi nel bosco, come nei migliori film horror.

 

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: hiromi_chan