Arthur
Weasley lasciò una lettera alla moglie dicendole di aprirla
soltanto nel caso
in cui fosse morto. La sera in cui lei andò al San Mungo, e
vide il marito
moribondo a causa dei morsi di Nagini, impaurita, aprì la
lettera e lesse:
“Cara
Molly,
ti
scrivo
questa lettera ben sapendo che, quando la leggerai, io non
potrò essere lì ad
asciugarti le lacrime che verserai. Perché, amore mio, ti
conosco e so che le
verserai!
Per
prima
cosa vorrei ringraziarti dell’amore che hai sempre dimostrato
per me, e che non
è mai venuto a mancare nel nostro rapporto soprattutto per
merito tuo. Non deve
essere stato facile per te vedere i tuoi figli crescere passandosi i
vestiti,
alle volte troppo logori, e utilizzando libri di seconda mano, quando
non di
terza o quarta.
Eppure
mai
una volta che mi abbia detto: “Arthur, così non va
bene!”. Sapevi che quelle
tue parole avrebbero potuto ferirmi nell’orgoglio. Lavoravo,
ho sempre lavorato
tanto per dare a te e ai nostri figli il più che ho potuto.
Obietterai
che forse non è stato abbastanza! No, non obietterai! Lo
avresti già fatto
tempo fa, quando la situazione diventava ogni giorno più
critica, e non
sapevamo più come tirare avanti. Ma non lo facesti allora e,
sono sicuro, non
lo farai adesso.
Però,
permettimi amore mio, obietto io! Avrei dovuto fare di più!
O meglio, avrei
voluto darvi di più! Vi avrei dato tutto il cielo che brilla
la notte,
sbadiglia al mattino e s’imbarazza la sera arrossandosi le
guance.
Invece
tu
hai stretto i denti e ogni giorno con il sorriso tra le labbra
presentavi alla
tua famiglia il poco cibo condito con tutto il tuo affetto.
Vorrei
ringraziarti perché mi hai dato i nostri figli: Bill,
Charlie, Pearce, i
gemelli, Ron e la piccola Ginny. Non solo perché li hai
messi al mondo, ma
perché hai insegnato loro ad amarmi. Ad amare me: un padre
che esce presto la
mattina e torna la sera, che diversi maghi considerano inferiore e
disprezzano,
che non indossa abiti eleganti e nuovi, e da tanto tempo, troppo, non
cambia la
sua borsa da lavoro.
Hai
permesso
che loro non si vergognassero di me, mostrandogli e ricordandogli
giorno dopo
giorno ogni singola carezza che avevo per loro, ogni pensiero di gioia
o
preoccupazione che mi esaltava il cuore o me lo attanagliava in un
dolore senza
fine.
Mi
hai dato tutto
ciò che desideravo, ma non avevo il coraggio di chiedere.
Cosa può chiedere un
uomo che manca tutto il giorno e che non riesce a comprare neanche gli
abiti
nuovi ai propri bambini? Può chiedere amore e comprensione?
Rispondo io per te:
no, non può chiedere ma tu, senza che io chiedessi niente,
mi hai dato tutto.
Infine
vorrei ringraziarti per essere ancora qui, a leggere questa mia lettera
in
ricordo di un uomo che, seppur non sia riuscito a regalarti tutto
ciò che
avrebbe voluto, non si è mai tirato indietro e ti ha offerto
tutto ciò che ha
potuto.
Non
piangere
per me amore mio, il mio cuore vive in te e nei nostri ragazzi. Non ti
ho mai
chiesto niente perché non credevo di meritarlo ma ora ti
chiedo una cosa, che
ti servirà per andare avanti quando ti sentirai triste e
sola: non smettere di
sorridere!
Sorridi
sempre, anche con le lacrime agli occhi! Anche ora che stai leggendo
questa mia
lettera! Anche quando la terra coprirà la mia bara! Ogni
volta che penserai a
me, sorridi.
Io
ti
osserverò dal cielo e il tuo sorriso sarà la
prova del tuo amore eterno.
Allora, quando la sera vedrai il cielo che si tinge le guancie di
rosso, sarò
io che arrossisco davanti al tuo sorriso”.
Arthur
si
svegliò la mattina dopo, sul comodino c’era una
foto della sua famiglia che gli
sorrideva!
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Spero vi sia piaciuta! Io, sciocchina, mi sono commossa! Baci, Alida