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Autore: Deliquium    15/12/2015    4 recensioni
«Quindi, fammi capire...» tornò a massaggiarsi il mento e a camminare. «Adesso sei nella fase: Non me la dò più a gambe e le prendo di santa ragione?»
«Ma non mi limito a prenderle...» si difese Shura. «E poi... è perché sono più piccolo.»
«Quindi vai ad infastidire la gente più grande? Molto astuto da parte tua.»
«Se voi mi insegnaste a combattere forse non tornerei a casa con una faccia che sembra una melanzana!»
Storia di come il Saint di Capricorn scoprì di avere una spada nel braccio.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Capricorn Shura, Nuovo Personaggio
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Sincretismo'
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Los Sanfermines

 

[ Encierro ]

 

Shura si annodò la bandana dietro la testa. Un misero elmo di stoffa rossa. E come armatura? Un paio di jeans bucati e una t-shirt bianca.
Un uomo, grosso almeno tre volte rispetto a lui, gli lanciò un'occhiata sprezzante. «Niño», lo apostrofò, arricciando il naso come davanti a un piatto di paella andato a male. «L'Encierro non è cosa da bambini.»
Lui fece finta di non aver sentito. Fletté le ginocchia e incassò lievemente le spalle, pronto a correre come mai aveva fatto in vita sua.
«Mi hai sentito? Vattene!» insistette l'uomo afferrandolo per una spalla.
Lui chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro, tendendo le gambe.
«Signore, anche se non si direbbe, ho diciotto anni.»
L'uomo lo guardò come se avesse appena pronunciato un'eresia contro la Vergine Maria. Shura alzò gli occhi al cielo.
«Purtroppo a dieci anni ho smesso di crescere. Mio padre ha fatto un voto a San Firmino e ha offerto la mia partecipazione all'Encierro come pegno.» disse poi, tutto d'un fiato.
«Tuo padre?»
Lui si strinse nelle spalle e con un cenno del capo gli indicò la folla.
L'uomo seguì il suo sguardo.
Leoš si era guadagnato un posto in prima fila: il gomito appoggiato alla transenna e la sigaretta appesa alle labbra.
«Triunfa!» urlava con il suo strano accento. «E per voler de Dios diventa un hombre!» L'uomo scosse lentamente la testa.
«Mi spiace, ragazzo. Si dice che ognuno ha i genitori che si merita, ma in fondo non sembri un cattivo ragazzo.»
Che vi avesse creduto o no, poco importava. Shura afferrò la mano che l'altro gli stava offrendo o sarebbe meglio dire che vide la propria scomparire tra le dita dell'altro.
Si sforzò di restare impassibile, sebbene avesse la percezione – meglio, la certezza! - che gli avesse appena fratturato quattro falangi.
«Più forte del toro, niño»
«Più forte.» digrignò a fatica, liberatosi da quella stretta d'acciaio.

Trattenne il respiro.
Era piegato un po' in avanti. Le mani strette attorno al ginocchio, pronto a scattare non appena forse arrivato il momento giusto. E il momento giusto arrivò. Il suo corpo si mosse ancor prima che se ne rendesse conto.
Correvano per i vicoli stretti di Calle Santo Domingo. Una fiumana bianca e rossa. Di tanto in tanto, arrischiava un'occhiata alle sue spalle, ma tutto ciò che vedeva erano i corpi degli altri. Nient'altro che macchie in movimento. I tori non li scorgeva, ma sapeva che si stavano avvicinando. Lo sentiva. Lo capiva. Dal modo in cui la gente accelerava, dal fiato che gli veniva strappato via ad ogni respiro. Strinse i denti. Il suo passo doveva essere più rapido, se non voleva essere travolto. Correva guardando fisso davanti a sé, con il cuore che gli bucava il petto.
Si accorse con la coda dell'occhio che qualcuno accanto a lui era scivolato. Cancellò dalla sua mente qualsiasi istinto a fermarsi, a rallentare, a vedere cos'era accaduto. Sempre dritto. Più forte del toro.
Non sentiva nulla, eppure gli encierri non sono mai silenziosi. La gente ai bordi delle strade grida per incitare chi corre. Chi corre, grida quando cade, o viene travolto. Grida per darsi coraggio. Lui correva immerso nel silenzio, guidato dal suo istinto. Un passo davanti all'altro. Il più in fretta possibile.
L'encierro non era una corsa. Era una fuga.
Chi sentiva il fiato dei tori sul collo aveva solo una possibilità per salvarsi: farsi da parte. Chi era abile ce la faceva, chi era troppo lento, poteva solo sperare che il toro gli passasse accanto senza vederlo.
Ma per lui esisteva un'unica possibilità. Raggiungere Plaza de Toros! Vietato cadere, vietato farsi da parte. Leoš era stato ben chiaro.
«Fatti da parte e Atena per questa Guerra Santa dovrà fare a meno del Capricorno.» O io, o nessun altro.
Un po' questa cosa lo inorgogliva. Il pensiero di essere l'unico Capricorno di questo secolo. Il solo a custodire dentro di sé quel potere. Se almeno avesse saputo qualcosa di più in proposito.
«E se mi accade qualcosa?» aveva chiesto.
Leoš lo aveva guardato socchiudendo gli occhi, poi le sue labbra si erano piegate in un sorriso di scherno.
«Vuoi dire, se tiri le cuoia prima di diventare un Santo d'Oro? Beh... ragazzino... vorrà dire che ti rifarai nella prossima vita.» Aveva intrecciato le mani sopra il tavolo e l'aveva guardato fisso per un istante. Poi aveva continuato: «A meno che tu non venga nominato Gran Sacerdote prima di farti ammazzare.» Era scoppiato a ridere, ma Shura era rimasto serio.
«Quindi, il Saint che viene nominato Gran Sacerdote...»
«La nomina non è solo un titolo che viene conferito a un Saint prescelto, ma esiste un vero e proprio rituale da rispettare. Antico.»
«Sua eccellenza Shion...»
«Il Venerabile Shion è molto anziano, Asura. Ha combattuto la precedente guerra sacra alla quale nessuno, salvo lui e Douko di Libra, sono sopravvissuti.» Leoš aveva distolto per un istante lo sguardo. «Accettare la carica di Gran Sacerdote, significa rinunciare ad essere un Saint. L'Ariete ha dovuto, per così dire, cercare un nuovo mortale.»

Shura sbatté le palpebre.
Non sapeva più da quanto tempo stava correndo. Gli sembrava un'infinità, ma gli encierri non duravano mai molto. Erano come i palii, come le corse di cavalli, come i nove secondi di un record mondiale, ma in quel lasso di tempo, vite intere trionfavano, si schiantavano, perivano.
Bastava così poco per innalzarsi, così poco per cadere.
Il suo cuore stava esplodendo mentre pompava l'aria: dentro e fuori, dentro e fuori, dentro e fuori.
Se fossi un vero Saint non avrei bisogno di correre in questo modo.
Ma lui non era un vero Saint e dubitava che Leoš lo avrebbe mai reso tale.
Con uno scatto allungò il passo, non appena l'ingresso a Plaza de Toros cominciò a profilarsi davanti a lui.

Strinse i pugni, inglobando l'aria a grandi sorsate e scattò in avanti.
Le persone attorno a lui inciampavano, si lanciavano oltre le transenne, travolgevano gli altri: loro stessi mandrie impazzite. I tori incombevano, non visti, alle sue spalle. Avrebbe perfino giurato di sentire il loro fiato sul collo.
Scattò di lato per evitare un uomo che improvvisamente era caduto davanti a lui.
I tori non saranno così gentili, pensò, mentre inghiottendo una nuova boccata d'aria, sforzò i muscoli delle gambe per riprendere velocità.
Le urla gli giungevano ovattate, coperte dal battito del suo cuore.
Un solo pensiero.
Più veloce. Correre più veloce.
Oltrepassò il confine dell'arena senza nemmeno rendersene conto: lo spazio che si allargava davanti ai suoi occhi. Terra color della sabbia del deserto. Il rosso degli spalti e delle porte di legno dalle quali i tori piombano incontro alla morte.

Il dolore alla schiena lo stava devastando. Non aveva ben chiaro il momento in cui si era fatto male, solo la sensazione che qualcosa lo aveva colpito togliendogli il fiato per un istante.
Arrischiò un'occhiata alle sue spalle, sforzandosi di non perdere l'equilibrio e di non rallentare. Ciò che vide furono due occhi neri come la pece che racchiudevano tutta la furia del terrore di una bestia che sa – in qualche modo, anche se non dovrebbe – che sa di dover morire.
Shura si immobilizzò.

Se avesse potuto, avrebbe imparato a volare in un istante pur di levarsi dalla traiettoria del toro.
Ne aveva la certezza: lo stava guardando. Con odio. Lo puntava. Non c'erano dubbi. Nell'arena la gente si assiepava.
Il toro puntò lo zoccolo e lo strisciò sulla terra, sollevando nuvole di polvere.
Shura deglutì.

Leoš... non sarà un toro di Leoš quello?, pensò, esaurito dalla tensione, come se quel pensiero potesse essere ragionevole.
Certo, perché Leoš i tori li educa e li manda al mio inseguimento durante l'Encierro.

Si riscosse quando vide il toro riprendere la sua corsa.
L'unica via di fuga possibile era rifugiarsi negli spalti.
Leoš non gli aveva mai detto che avrebbe dovuto affrontare direttamente un toro e Shura non aveva il tempo di pensare se quello fosse un avversario degno contro il quale combattere.
Altro che avversario!
Vedeva un unico epilogo: lui all'ospedale con fratture multiple, il toro ...
Chi se ne fregava del toro!

Fece leva con il piede, e strinse il bordo pronto a balzare dall'altra parte, quando una voce e un ghigno sghembo lo immobilizzano.

«Dove credi di andare, niño?»

Per la prima volta, in vita sua, ebbe chiaro il significato dell'espressione "tra l'incudine e il martello".
Come diavolo fa ad essere lì, primo?! E secondo, che caspita vuole da me?!

Leoš lo afferrò per le braccia e invece di aiutarlo a mettersi in salvo – come sarebbe logico supporre – lo scaraventò di nuovo nell'arena.
Shura rotolò a terra, inghiottendo manciate di polvere.

E' finita, pensò, mentre sollevava le braccia nell'ultimo tentativo di proteggersi.
La terra sotto di lui tremò, il toro giunse e lo oltrepassò.

Era finita.


Note dell'autrice – E così la Festa di San Firmino è arrivata al culmine. Che volessi parlare dell'encierro … dai, si capiva fin dal titolo della storia. XDXD Sto gettando fumo negli occhi... sappiatelo!

Questa è opera di fantasia.
Saint Seiya, i suoi personaggi e ogni richiamo alla serie citata appartengono a Masami Kuramada. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma solo come omaggio da parte di un fan. Tutti i personaggi, gli episodi e le battute di dialogo sono immaginari, e non vanno riferiti ad alcuna persona vivente né intesi come denigratori. In particolare, i personaggi, le ambientazioni e le situazioni da me create, mi appartengono; per poterli utilizzare altrove, o per riprodurre questa storia o parti di essa è necessario il mio consenso.

   
 
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