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Autore: blueneighbourhood    15/12/2015    1 recensioni
Where do we go to find all the answers?
Where do we go to take second chances?
Tell me I’m wrong, we just tried to hide it
Where will we go, where will we go?
Tutto quello che Louis vorrebbe è chiedere scusa, Harry vorrebbe solo creare nuovi ricordi; hanno entrambi smesso di sentirsi a casa da tempo ormai, quando le loro strade si incrociano di nuovo.
[Canon fic | 45K]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[Note/Avviso :

la storia contiene scene sia Top!Harry - Bottom!Louis sia Top!Louis - Bottom!Harry] 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I

 

Love, it's hard, I know

All your lights are red, but I'm green to go

Used to see you high, now you're only low

All your lights are red but I'm green to go

 

 

 

 

 

 

 

Quando vede la busta tra la posta in arrivo al suo appartamento, Harry viene a patti col fatto che l’inevitabile non può più essere rimandato. Sa che mancano meno di tre settimane alla sua partenza per Londra, ed è consapevole che sono passati mesi e mesi da quando Liam gli ha dato la notizia, ma rigirandosi la busta contenente l’invito al matrimonio di uno dei suoi migliori amici tra le mani, non può fare a meno che sentire un nodo che si stringe alla bocca dello stomaco.

 

Non è neanche tanto convinto del vero motivo della sua agitazione: Londra è sempre la stessa, i suoi amici anche. Liam e Sophia si erano confermati gli angeli di sempre, facendo in modo che la cosa per lui fosse il più semplice possibile, invitando anche la sua famiglia in modo che passasse tutto in modo indolore. Sophia, poi, gli aveva ripetuto mille volte che se andare in Inghilterra gli risultava troppo difficile, avrebbe tranquillamente potuto saltare il matrimonio, convincendolo del fatto che sia lei che Liam andavano spesso a Los Angeles e che avrebbero potuto vedersi in ogni momento.

 

La verità, per quanto non voglia ammetterlo, è che il calendario pesa sul petto di Harry più di quanto voglia ammettere, e che quattro anni sono tanti nonostante immagini che la città dov’era stato per tanto, forse troppo tempo sia rimasta praticamente uguale, è perfettamente consapevole che dall’altro lato tutto è diverso: sa che Niall ha cambiato casa tre volte, e che Liam e Sophia non vivono più nel grande appartamento a Canary Wharf. Non vede Lou da troppo tempo, ma sa che non si tinge più i capelli e che ha finalmente dato un fratellino a Lux, e non importa quante chiamate su Skype facciano lui e Gemma, non si abituerà mai a vederle quell’anello di fidanzamento al dito. L’altro problema, è anche se sa benissimo che non dovrebbe interessargli, ma non può fare a meno di chiedersi se Liam abbia dato la notizia del suo grande ritorno a qualcun altro oltre che a Niall.

 

Quando i suoi pensieri vengono interrotti dalla porta della cucina che si apre, Harry nasconde la busta con l’invito in mezzo al resto della posta e alza la testa sorridendo.

“Buongiorno,” esclama poi “scusa se non ti ho svegliato stamattina, ma sono andato a correre e sono sicuro che non saresti voluto venire” dice.

 

Harry ha conosciuto David esattamente due anni dopo che si è trasferito definitivamente a Los Angeles, durante un’intervista e anche se a Gemma piace dire che il suo fratellino è fidanzato con un giornalista, non è esattamente così. Si frequentano, e ad Harry piace pensare che non sia solo perché David lo ha corteggiato per settimane dopo che sono diventati amici, ma sa che certi sentimenti non sarà più in grado di provarli e apprezza molto l’accettare di David di fare le cose con calma: vanno spesso a cena insieme, ma è raro che l’uno dorma a casa dell’altro più di una volta a settimana, e la famiglia di David non conosce Harry così come quella di Harry non conosce David, e ad entrambi va bene così.

 

Harry ha imparato sulla sua pelle che a volere tutto e subito in una relazione, ci si ritrova col nulla assoluto.

 

“In effetti non è il tipo di attività fisica che farei con te, lo ammetto” esclama David, baciandogli poi la testa dopo che Harry ha alzato gli occhi al cielo.

 

“Già fatto colazione?” chiede poi l’uomo, ma quando Harry gli risponde con un “devo dirti una cosa”, si siede senza neanche pensarci troppo.

 

“Ti ricordi Liam e Sophia?” chiede Harry, e David annuisce subito.

 

Si sono conosciuti alla festa di compleanno di Harry di quell’anno, nonostante Harry non fosse sicuro di volerlo fare, perché Liam e Sophia sono di famiglia e per lui era fare un passo più lungo della gamba, ma David si era comportato egregiamente e anche se la serata era passata sotto gli sguardi attenti di Liam e Sophia, non fu spiacevole. Harry si sente un po’ in colpa nei confronti dell’uomo che ha davanti, perché allo scadere della tre settimane sa perfettamente cosa succederà e non può neanche perdersi nelle fantasie di come fermerebbe il tempo se fosse in un mondo parallelo, perché in un mondo parallelo lui sarebbe a Los Angeles con un’altra persona, e non avrebbe bisogno di fare questo discorso perché si starebbero preparando insieme alla partenza.

 

Harry fa un sospiro e si passa la lingua sulle labbra, “si sposano e sai q0uanto siamo legati, quindi dovrò tornare a Londra per un po’” dice. David lo guarda per un secondo che sembra un eternità, ma tenta di rimanere composto, “per quanto?” chiede.

 

Ora arriva la parte difficile.

 

“Ho prenotato solo il volo d’andata, è questo il fatto. Ha invitato al matrimonio anche i miei e mia sorella, e so già che mia madre mi convincerà a fare il giro di tutti il Cheshire per salutare tutti e Gemma vorrà sicuramente che passi qualche giorno con lei. Per non parlare di Niall, non lo vedo da più di un anno” spiega Harry tentando di indorare la pillola.

 

“Capisco, è giusto che tu vada, sono i tuoi migliori amici” dice convinto, e Harry si chiede che cosa farebbe lui se i ruoli fossero scambiati.

 

“Speravo capissi, sono quattro anni che non torno veramente a casa e non so neanche se mia madre sa che Liam mi ha invitato al matrimonio, e…” comincia a dire Harry, ma David lo interrompe “tecnicamente sei tornato in Inghilterra” dice con tono fermo.

 

“Sette ore di cui due di concerto e altre due di interviste non le definirei tornare a casa” gli fa presente Harry, e David subito si addolcisce.

 

“Ho solo una domanda da farti.”

 

“Spara.”

 

“Ci sarà anche… Lui?”

 

Louis.

 

“Sì.”

 

David lo guarda nuovamente per un attimo, poi avvicina la sedia a quella di Harry, che fa un sospiro, “non voglio che questa cosa ti faccia sentire a disagio” tenta di spiegare, “è il testimone di Liam, ed è stata la prima cosa che mi ha detto, prima ancora di chiedermi ufficialmente di andare. E non posso non presentarmi, perché Liam…”

 

Come può spiegare a qualcuno qualcosa che non riesce a spiegare neanche a se stesso?

 

“Harry, non preoccuparti!” dice David, interrompendolo “voglio dire, non starai per sempre a Londra, no? Ormai gran parte della tua vita è qui, e non devi darmi spiegazioni. Il passato è passato, giusto?” chiede. Harry annuisce e decide di tagliare la conversazione con un bacio, che David ricambia felice e fa sentire Harry ancora più in colpa.

 

Se per molti il passato è passato, la verità è che Harry molte volte si sente la terra mancare sotto i piedi. Sa che con la sua famiglia e i suoi amici accanto sarebbe molto più facile, ma è come se tutti si fossero dimenticati di quello che è successo tranne lui, e più tenta di ripetersi che la vita va avanti, più si convince che dopo una delusione del genere non ci sia più nulla da fare, e guardando David che prepara la colazione come se fosse il gesto più normale di sempre, si chiede quando ha smesso di credere in qualsiasi cosa.

 

Quando squilla il telefono, qualche minuto dopo, Harry è stranamente contento di leggere il nome di Liam sul display del suo iPhone.

 

“Disturbo?” chiede l’amico allegro. Harry cambia stanza quasi troppo velocemente, “non ci crederai mai ma stamattina ho ricevuto l’invito ad un matrimonio” dice ignorando deliberatamente la domanda sciocca dell’amico.

Liam ride.

 

“Spero tu non abbia impegni. Hai deciso quando arrivare? Niall si è offerto di venire a prenderti in aeroporto, ma so che Gemma non ce lo perdonerebbe mai” dice.

Se c’è una cosa che consola Harry è quanto siano rimaste unite le loro famiglie dopo la fine di tutto.

 

“Gemma mi ha prenotato il volo per il trenta settembre, in modo che avrò tre giorni per riprendermi dal fuso orario, e stare con lei fino a che non ha finito di farmi domande” risponde Harry, “mi hai chiamato solo per avvisarmi della nuova carriera da autista di Niall?” chiede poi.

 

Liam si schiarisce la voce, “devo chiederti una cosa, in effetti, ma non so come la prenderai e soprattutto non so come chiedertelo” dice.

 

Harry ride, “da quando hai paura di me? Spara” esclama poi.

 

L’amico dall’altro capo del telefono sospira, “qualche tempo fa, io e Niall abbiamo trovato una vecchia demo, e purtroppo questa demo è finita tra le mani di Sophia che è ossessionata da questa canzone, che hai inciso troppo tempo fa per ricordarla, credo. Ma se te la passassi via mail, credi che potresti… Cantarla al nostro matrimonio?” chiede.

 

“Ehm” mormora Harry spiazzato, e per un secondo non sa cosa dire, poi però pensa a Liam che inscatola tutta la sua roba e gliela spedisce, pensa a Liam che passa settimane lontano da Sophia per prendersi cura di lui come si farebbe con un bambino, e pensa a Sophia che arriva a Los Angeles una mattina di febbraio in piena settimana della moda londinese, trascinando Niall e lasciando il lavoro, per fargli capire che lui era Harry Styles e che nessuno avrebbe potuto odiarlo davvero. “Certo. Non c’è problema. Che canzone è? Ho ancora qualche vecchia demo in studio, magari ne ho una copia!” chiede.

 

“Si chiama…” dice Liam, chiaramente cercando il titolo della canzone, “oh ecco! If I Could Fly.” Harry rimane in silenzio per troppo tempo, tanto che Liam deve chiamarlo un paio di volte per farlo tornare attento alla conversazione.

 

“Scusa, ci sono” dice poi, e si schiarisce la voce, “non ho bisogno che mi mandi la demo, in ogni caso. Procurami una chitarra e avrai la tua serenata” dice per smorzare la tensione, e dpo mille ringraziamenti da parte di Liam e la promessa che si sarebbero sentiti il giorno seguente, Harry si butta sul divano maledicendosi perché non dovrebbe ricordare ogni sillaba di una canzone scritta cinque anni prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il fatto che sua figlia riesca a raccogliergli i capelli in un codino quasi ordinato dovrebbe allarmarlo: ha bisogno di far visita a Lottie molto, molto presto. Pensandoci meglio, Louis non riesce nemmeno a ricordare l’ultima volta in cui ha permesso a sua sorella di toccargli i capelli. L’unica cosa a cui sembra davvero prestare attenzione ultimamente è la lunghezza della sua barba, non lascia mai che superi i due/tre millimetri. Il matrimonio di Liam, però, è alle porte e dare una sistemata a quella che ormai può definire una vera e propria chioma è diventato perentorio.

 

Anne non sembra essere disturbata dal temporaneo cambiamento di look del suo papà; passa ore intere la sera a giocare con i suoi capelli accarezzandoli e avvolgendoli tra le sue dita fino a quando il sonno non ha la meglio su di lei.

 

Anne Tomlinson è un’adorabile bambina di quattro anni, una chioma di boccoli biondo cenere ad incorniciarle il viso; ha il nasino all’insù e gli occhi azzurri, proprio come suo padre. Sono due gocce d’acqua, non solo fisicamente: più passano i giorni, più tutti continuano a ripetergli che la piccola sta ereditando tutte le sue attitudini. Louis fa finta di niente, nega con il capo ogni volta perché è ancora così piccola, eppure non riesce a frenare il calore che si irradia al centro esatto del suo petto ogni volta che qualcuno glielo dice. Per quanto le condizioni che avevano portato alla nascita di sua figlia fossero state sbagliate, Louis non riusciva a pentirsi di quelle scelte perché Anne era il suo piccolo e personale raggio di sole.

 

“Anne, tesoro, è ora di svegliarsi”, Louis è ancora steso nel suo enorme letto matrimoniale, è girato su un fianco mentre accarezza delicatamente il viso della piccola, che si muove appena tra le lenzuola sotto le carezze del padre. E’ perfettamente consapevole che non dovrebbe abituarla a dormire nel suo letto, sua madre Jay non fa che ripeterglielo, ma ogni sera cede davanti ai suoi occhioni blu e mentre Anne si addormenta non fa che pensare a quanto quel letto sia troppo grande per non essere riempito da due persone. Per ora, dividerlo con sua figlia è più che sufficiente.

 

“Papà…”, la sua vocina è ancora assonnata; la osserva mentre si strofina gli occhi, accennando uno sbadiglio per poi aprire gli occhi lentamente. 

 

“Buongiorno raggio di sole!”, esclama Louis sorridendole teneramente e passandole un braccio intorno al pancino per attirarla a sé. “Sai che giorno è oggi, tesoro?”, passano pochi secondi prima che i suoi occhietti si illuminino, facendosi vispi ed allegri. 

 

“tshopping”, pronuncia la piccola con qualche difficoltà battendo le manine allegramente. E’ decisamente la bambina più tranquilla e pacata del mondo ma quando si tratta di vestiti e trucchi sembra perdere la testa; Louis è piuttosto certo che debba incolpare Lottie ed Eleanor per questo. 

 

“Proprio così”, annuncia, “Sarai la damigella più bella di tutte al matrimonio dello Zio Liam”, sua figlia annuisce seria ma Louis riesce a notare le piccole chiazze rosse che le colorano le guance.  “Ora alziamoci, la nostra colazione preferita non può aspettare giusto principessa?”, se c’è una cosa che non è cambiata da quando i One Direction si sono sciolti è la sua completa incapacità in cucina; per questo sarà sempre grato del fatto che sua madre gli abbia dato una mano con Anne durante il suo primo anno di vita e che adesso abbiano un enorme Starbucks proprio sotto casa. Sua figlia sembra amarlo, proprio come lui, e in questo modo non deve preoccuparsi della colazione. 

 

 

 

 

 

Sono necessarie due ore di prove in tre negozi differenti per trovare l’abito perfetto. Gli occhi vispi di Anne si illuminano ogni volta che le commesse si avvicinano a lei per porgerle nuovi capi ed aiutarla ad entrarvici con attenzione. Louis la osserva dal suo divanetto con un sorriso sulle labbra mentre Liam, seduto accanto a lui, non fa che ripeterle quanto sia bella con ogni singolo abito. Alla fine, però, la scelta ricade su un meraviglioso vestitino color indaco che mette in risalto il colore dei suoi occhi, come se già non fossero due piccole gemme. Anne continua ad osservarsi allo specchio, girando su sé stessa più e più volte come incantata dal modo in cui l’abito si gonfi ad ogni giravolta; Il semplice strato di cotone è sovrastato da uno strato di velo che conferisce volume al vestito, la parte superiore è tempestata da una pioggia di paillettes celesti a forma di stelle che brillano sotto le luci del camerino della boutique. Il vestito è spezzato da una piccola fascia di raso all’altezza dello stomaco e le sue spalle sono coperte appena da un sottilissimo strato di velo. Guardandola, Louis non ha più dubbi: sembra davvero una principessa e sarà la più bella quel giorno. 

 

Trovare le scarpe dello stesso identico colore dell'abito sembra essere la missione più difficile della sua vita, per questo chiede aiuto ad Eleanor con un semplice sms in cui le annuncia di avere bisogno di lei perché non c’è un minuto da perdere.

 

“Definisci emergenza, Louis”, esclama Eleanor incrociando le braccia al petto e osservandolo con gli occhi quasi serrati. 

 

Louis si passa una mano tra i capelli, “Andiamo El, questa è un emergenza”, dice indicando l’abito di sua figlia ordinatamente ripiegato nella busta che ha tra le mani. “Questo posto è enorme, stiamo girando qui dentro da ore e dobbiamo trovare le scarpe perfette, giusto principessa?”, aggiunge rivolgendo uno sguardo a sua figlia, che annuisce sicura e un meraviglioso sorriso quasi supplicante nasce sulle sue labbra. Sta giocando sporco perché sa benissimo che Eleanor non riesce mai a dire di no a sua figlia, ma questo non lo fa minimamente sentire in colpa. Liam osserva la scena divertito, spostando gli occhi da Eleanor ai due diavoli di fronte a lei e pensando a quanto Louis sia bravo con sua figlia. E’ sempre stato bravo con i bambini, ma c’è qualcosa di estremamente diverso e speciale nel modo in cui si comporta con Anne, come se sapesse sempre cosa dire o fare con lei, nonostante tutto quello che ha dovuto affrontare per arrivare a quel punto e la sua giovane età. 

 

“Solo perché amo questo scricciolo”, sbuffa la ragazza piegandosi sulle ginocchia e lasciando un bacio sulla guancia della piccola Anne.  Louis non ricorda di preciso quando Eleanor è piombata di nuovo nella sua vita perché sembra non essersi mai allontanata ed è estremamente felice di averla ritrovata. E’ una splendida amica e la migliore zia che Anne possa avere, insieme a sua sorella Lottie. 

 

Quella ragazza deve avere qualche strana dote perché dopo mezz’ora hanno già risolto l’emergenza scarpe, comprando un paio di deliziose ballerine dello stesso colore dell’abito.  Finiscono nello Starbucks al primo piano di quel centro commerciale perché Anne sembra aver fame e Liam ha qualcosa da comunicargli e preferisce farlo davanti ad una bevanda calda mentre Eleanor si prende cura di sua figlia.

 

“Allora…”, inizia Louis non appena prendono posto in un tavolino piuttosto isolato. “Cosa volevi dirmi?"

 

“Si tratta del matrimonio...”, risponde titubante, passandosi una mano tra i capelli quasi nervosamente.

 

“Liam, ho appena comprato il vestito e le scarpe dei sogni di mia figlia per il tuo fottuto matrimonio”, dice Louis abbassando la voce per evitare che sua figlia senta certe parole, “…non dirmi che ci stai ripensando.”

 

“No, Louis non è-"

 

“Sophia è incinta?”, tenta il più grande, “insomma Liam avreste potut-"

 

“Non è incinta!”, esclama Liam alzando la voce. Il volto di Eleanor scatta nella loro direzione accennando una smorfia, mentre il suo volto del ragazzo si tinge di rosso dall’imbarazzo.

 

“Ho capito…il vostro wedding planner si è licenziato”, dice ammiccante Louis.

 

“HoinvitatoHarryalnostromatrimonio”, esclama l’amico all’improvviso, tutto d’un fiato. 

 

“Scusami, puoi ripetere?”, tenta Louis perché è davvero non può essere, deve aver capito male.

 

“Ho - uhm - insomma, si, ho invitato Harry al nostro matrimonio…”, solo sentirlo nominare fa partire una scarica lungo la sua spina dorsale. E’ un brivido che Louis si è imposto di non provare per anni ormai, si è imposto per così tanto tempo di non pensare a lui che in quel momento gli sembra quasi di parlare di un estraneo. Solo che, Harry non è mai stato un estraneo per lui, nemmeno ai tempi del loro primo incontro nel bagno degli studi di X Factor. C’è sempre stato qualcosa di estremamente familiare in quel ragazzo che tutt’ora gli fa girare la testa, nonostante siano passati quattro anni e lui non l’abbia mai più sentito da quando è fuggito a Los Angeles senza lasciare tracce dopo che, dopo aver scoperto che Louis aspettava un figlio da una sconosciuta. 

 

“Harry. Al tuo matrimonio.”, Louis ripete le parole di Liam lentamente, cercando di mandare giù quel boccone dal sapore dolce-amaro, ma smaltire una notizia del genere è pressoché impossibile. Eleanor gli rivolge un’occhiata preoccupata non appena quelle parole raggiungono le sue orecchie, ma lui cerca di ignorarla.

 

“So che - so che per te è difficile Lou, me ne rendo perfettamente conto e so che sarà strano, in qualche modo ma..”, confessa Liam titubante come se cercasse di mettere insieme le parole giuste per non ferirlo. “…ma Harry c’è sempre stato per me, per Soph così come ci sei sempre stato tu, e Niall e non potevo non chiedergli di esserci quel giorno. Siete come fratelli per me e voglio avervi accanto a me quel giorno, tutti…è- è importante per me. Lo capisci vero, Lou?" 

 

Louis annuisce senza proferire parola, cosa potrebbe dire? cosa vorrebbe dire? Sposta lo sguardo verso la piccola Anne, che sta giocando tranquilla con gli anelli di Eleanor e tutto quello che ha sempre cercato di chiudere in un angolo della sua testa riemerge inesorabilmente. Da quando le cose tra loro sono finite, ha sempre cercato di fare il suo meglio per non pensare ad Harry; farlo, avrebbe significato sentirsi in colpa nei confronti di sua figlia. Se non avesse avuto Anne, probabilmente le cose tra lui ed Harry non sarebbero mai finite in quel modo, probabilmente sarebbero ancora insieme. Avrebbero formato la loro famiglia speciale magari, come avevano sempre immaginato tra una sigaretta ed un bacio rubato nei dietro le quinte di un’apparizione tv e nelle loro camere d’albergo. Quel pensiero ogni tanto si affaccia nella sua testa, quando si concede quei pochi, pochissimi minuti per pensare ad Harry ma poi si costringe ad allontanarli perché Anne è lì, c’è, e non può chiuderla in un cassetto, come fa con tutti quei "e se". 

 

Perché sua figlia non è un senso di colpa.

 

“E’ tutto okay, Liam… È giusto che tu l’abbia invitato”, commenta Louis quando ritrova una briciola di lucidità. 

 

“Tutto qui?”

 

“Cosa ti aspetti che ti dica? Che ti urli contro perché hai invitato il mio ex al tuo matrimonio?”, risponde Louis cercando di rimanere diplomatico, ma è dannatamente difficile. “Hai bisogno di tutti noi, hai ragione, ed è il tuo matrimonio”, aggiunge prendendo un sorso dal suo bicchiere

 

“Sì”, concorda il ragazzo abbassando lo sguardo sulla sua bevanda. “Ho pensato fosse meglio fartelo sapere prima, si insomma…"

 

“E’ stato un pensiero gentile comunque, e ti prometto che non ci saranno problemi”, risponde Louis come se gli stesse leggendo nel pensiero. E’ certo che Liam sta pensando a qualcosa mentre lo guarda annuire ma non ha il coraggio di chiedergli spiegazioni. Probabilmente è meglio così. Ha due settimane di tempo per realizzare che Harry sarà presente al matrimonio di Liam e non ha la più pallida idea di come accettare la cosa. 

 

 

 

 

 

 

 

Quelle tre settimane, per Harry, passano decisamente troppo in fretta: sono un flash tra David, lo studio, il preparare i bagagli e cercare mille modi per perdere il passaporto per poi guardarsi allo specchio e rendersi conto che non ha più sedici anni e che deve essere uomo. Le ore di volo, che ricordava come infinite, passano in quelli che gli sembrano dieci minuti e l’idea di essere in suolo inglese e di doverci stare per più di uno show gli fa mancare l’aria. Si rende conto di essere ridicolo.

 

La ragione principale del suo essersi allontanato dai suoi amici e dalla sua famiglia era Louis, e ora anche solo sfiorare quel ragazzo col pensiero gli fa venire voglia di vomitare. Si sente stupido perché è consapevole che la persona che conosceva ha smesso di esistere quattro anni prima se non di più, e che sicuramente non si ricorda neanche della sua esistenza.

 

Se pensa a Louis, Harry comincia col pensare ai baci rubati prima di uno show, o di mani sfiorate di nascosto, ma qualche secondo dopo finisce con il pensare alle bugie e ai momenti troppo difficili della loro relazione e finisce inevitabilmente col chiedersi se ne valesse davvero la pena.

 

Riesce a smettere di pensarci solo quando vede sua sorella aspettarlo appoggiata alla sua macchina nel parcheggio sotterraneo dell’aeroporto.

 

La prima cosa che Harry nota di lei sono le fossette che la loro famiglia, da parte di madre, ha da sempre come marchio di fabbrica; la seconda è che mentre Lou ha scelto di smettere di tingersi i capelli, il verde sulla testa di Gemma gli fa capire che la sorella non ne ha alcuna intenzione.

L’abbraccio che si scambiano sembra durare un eternità, e Harry si lascia avvolgere dal profumo della sorella, fino a quando lei non si allontana e lo squadra.

 

“Sei cresciuto, baby Harry” dice lei. Harry la guarda per un attimo, per poi aprire il bagagliaio dell’auto e sollevare una delle sue valigie, “Gem, ho smesso di crescere quasi dieci anni fa” esclama poi, rassegnato. Gemma è da sempre la sua più grande amica e confidente, e oltre sua madre è l’unica persona che non l’ha mai fatto sentire come se non potesse fidarsi di lei. La ragazza ride, poi passa l’altro bagaglio ad Harry e mormorando un “aspetterò di arrivare a casa prima di farti il terzo grado” gli da le spalle e sale in macchina.

 

Il viaggio dall’aeroporto a casa di Gemma è breve, e il ragazzo tenta di immagazzinare più notizie possibili sul fidanzamento di sua sorella e sulla sua vita in generale.

 

Gemma non era mai stata il tipo di bambina che sognava una storia d’amore come quelle nei cartoni animati, dove il principe sposava la principessa, era sempre stata molto realista e poco romantica fino al suo incontro con Matthew qualche anno prima. Stavano insieme solo da un anno, ma entrambi erano sicuri di voler fare il grande passo.

 

È Harry che ha sempre voluto sposarsi e avere dei bambini, al contrario di sua sorella, e per un po’ gli era sembrata una prospettiva reale: lui e Louis ne avevano parlato tante volte, tra una sigaretta e una mano tra i capelli, e Harry si sentiva sempre felice quando Louis gli sussurrava nell’orecchio prospettive di vita che entrambi pensavano si sarebbero avverate, perché, ed Harry lo sa bene, a vent’anni non ci si è mai preparati alle cose che cambiano.

 

Arrivati a destinazione, Harry nota che l’appartamento di Gemma era sempre uguale, anche se il passaggio di Matt era evidente.

 

“Sei sicura che non sia un problema che io rimanga qui?” chiede Harry guardandosi intorno. Gemma si butta sul divano, e fa segno a suo fratello di sedersi accanto a lei, chiudendogli occhi ed esclamando un “ignorerò la stupidissima domanda che mi hai fatto, e inizierò a farne io” convinto. Il ragazzo si volta a guardarla e sorride.

 

“Come stai?”

 

Harry sospira, sapendo perfettamente di non poter mentire a Gemma e non solo perché lei se ne sarebbe accorta, ma perché chiunque, anche non conoscendolo, si sarebbe accorto che c’era qualcosa che non andava.

 

 

“Stanco per il volo, felice di essere qui e di rivedere tutti, preoccupato per una serie di cose inutili e stranito” dice sincero, e Gemma gli afferra un dito.

 

“Sono veramente felice per Liam e Soph, però… Sarà strano, vero?” chiede alla sorella, che lo guarda per un attimo e annuisce, “sarà molto più che strano Haz. Però è una giornata, non dovrai parlarci o stare seduto accanto a lui, o guardarlo, no?” dice sicura.

 

“Posso chiederti una cosa io, ora?”

 

“Certo.”

 

“Hai mai visto il bambino?” chiede, ma si pente subito della domanda anche solo per lo sguardo di sua sorella. Gemma è sempre stata molto protettiva nei confronti di Harry, e odia mentirgli.

 

Per un periodo, dopo che Harry si era trasferito a Los Angeles, la ragazza avrebbe volentieri staccato la testa a Louis, solo dopo averlo torturato. Tuttavia, tutto cambiò durante una visita ad Holmes Chapel, quando entrò nella cucina di sua madre un sabato mattina e ci trovò la donna con in braccio una bambina che sicuramente non era stata abbandonata davanti alla porta e Louis coi gomiti appoggiati al tavolo con delle occhiaie che non sembravano neanche vere e gli occhi azzurri che erano molto più spenti rispetto a quelli che ricordava, quelli del ragazzo rumoroso che faceva girare tutti quando entrava in una stanza.

 

Fortunatamente, era sempre stata brava a cambiare discorso, quindi si alzò di scatto, “preferisci cenare con Matt stasera e pranzare con Niall, Liam e Soph domani o viceversa? Non sapevamo cosa volessi fare quindi non abbiamo deciso.” Harry la guarda per un attimo, poco convinto.

 

“E’ una bambina, Haz. Ora buttati sotto la doccia e non pensarci. Pizza e affrontiamo il mondo domani?”

 

Essere a casa, per Harry, è diventato subito un po’ più bello.

 

 

 

 

 

 

 

 

Se c’è una cosa che Louis non ha ancora imparato a gestire, queste sono le malattie di sua figlia. Anne è un angelo, davvero, ma quando ha l’influenza sembra trasformarsi completamente e Louis ci prova a fare del suo meglio e ad essere paziente, nonostante lui sia notoriamente famoso per la sua poca pazienza. Ha trascorso l’intera giornata accanto a lei, assicurandosi che non le mancasse nulla ma nonostante tutto, la piccola continua a lamentarsi.

 

Preparale una cioccolata calda, sai quanto le adori .xxx

 

Louis osserva il messaggio appena ricevuto, per poi lanciare un’occhiata a sua figlia, avvolta tra le coperte e forse, quella proposta potrebbe distrarla per un po’. “Anne, amore, ti va una cioccolata calda?”, suggerisce Louis titubante, ma con un sorriso dolce sulle labbra. La piccola annuisce vigorosamente così Louis si reca verso la cucina senza attendere un minuto di più, digitando velocemente la risposta al messaggio ricevuto.

 

Non ci avevo pensato. Sei un angelo, Gem. Grazie  .xxxxxx

 

Quel pomeriggio, Gemma l’ha chiamato per assicurarsi che tutto andasse bene e che avesse saputo del ritorno di Harry a Londra. Se si ferma un attimo a pensarci, è così strano parlare con Gemma dopo tutto quello che è successo in questi anni. La sua vita ha preso una piega totalmente diversa da quella che lui aveva sempre immaginato e sono davvero poche le cose di cui è davvero fiero, a parte sua figlia: una di queste è il rapporto che ha mantenuto con Gemma ed Anne. Ricorda ancora perfettamente le parole con cui Anne lo aveva rassicurato quel pomeriggio di Gennaio, dicendogli che non sarebbe cambiato nulla tra di loro perché avrebbe sempre considerato Louis come figlio suo “anche se la vita non va sempre come noi vogliamo”.

 

La sua, di vita, non è andata affatto come lui voleva. A diciotto anni immaginava il suo futuro in una villa di Los Angeles con Harry al suo fianco, dei bambini e un gatto magari; pomeriggi trascorsi in studio di registrazione a produrre l’album da solista di Harry e le feste comandate passate in Inghilterra con le loro famiglie. Non importava dove fossero perché bastava Harry per sentirsi a casa; alla fine, era bastato un errore per demolire tutto e lasciarlo con un cumulo di polvere tra le dita.

 

Quindi si, la sua vita non è andata come sperava.

 

Forse è per questo che quando sua figlia è nata, qualche settimana dopo la sua conversazione con la madre di Harry, per Louis è stato naturale chiamarla Anne. Se poi nella sua testa era perfettamente consapevole che era solo stato un modo per sentirsi vicino ad Harry in qualche modo, questo nessuno era tenuto a saperlo.

 

E’ la prima volta da quando Liam gli ha annunciato la notizia che si concede un attimo per pensare ad Harry. Ha lasciato che scorresse una settimana intera allontanandolo dalla sua mente ma è davvero impossibile per Louis non pensare a lui quando ogni cosa gli porta un piccolo ricordo alla mente, nonostante siano passati quattro anni. Non sa se lo spaventi di più il fatto che Harry vedrà Anne per la prima volta quel giorno, o se sia la semplice idea di rivederlo a terrorizzarlo. Si sente uno stupido perché quasi sicuramente Harry è andato avanti con la sua vita mentre lui è ancora lì a cercare di liberarsi di quei ricordi. Vorrebbe sapere se i suoi capelli sono ancora lunghi o se li ha tagliati, se ha scritto nuove canzoni, se è riuscito a sistemare il suo giardino come ha sempre sognato. A volte vorrebbe chiamarlo, o scrivergli un semplice messaggio, solo per sapere che la sua vita sta procedendo per il meglio. Louis è certo che Harry possa essere felice anche senza di lui, peccato che non sia convinto del contrario. 

 

La cioccolata calda funziona, miracolosamente, ed Anne si addormenta dopo mezz’ora tra le braccia di suo padre, avvolta dalle coperte; così Louis si concede qualche vecchia puntata di The Walking Dead, tra un bacio e l’altro lasciato sulla fronte di sua figlia.

 

Il suo sonno è interrotto da piccoli lamenti quella notte. Louis apre gli occhi sbattendo le palpebre più volte per mettere a fuoco l’ambiente; la tazza della cioccolata, ormai fredda, di sua figlia è ancora sul suo comodino, il telecomando è poggiato sulle sue gambe e la televisione è ancora accesa, il volume ridotto al minimo. Dev’essersi addormentato senza accorgersene. Anne sembra dormire profondamente accanto a lui ma continua a muoversi ripetutamente tra le lenzuola così il ragazzo deduce che sia stata lei a lamentarsi nel sonno. Avvicina le labbra alla sua fronte e la febbre deve essersi alzata perché la sua pelle scotta.

 

“Tesoro, ehi… È tutto okay”, sussurra Louis contro la sua fronte non appena la piccola apre gli occhi. Si abbassa maggiormente su di lei, accoccolandosi contro il suo corpicino e facendo sfiorare i loro nasi, come è abituato a fare da quando aveva appena due mesi. Anne allaccia le braccia intorno al suo collo, stringendolo forte a sé. “Hai freddo, amore?”, la sente tremare appena contro di lui così la stringe ancora di più coprendo maggiormente i loro corpi con le coperte. L’orologio appeso alla parete segna le tre e nonostante Logan, il loro pediatra, si sia raccomandato con Louis di chiamarlo ad ogni ora del giorno e della notte, Louis pensa di potersela cavare da solo fino alla mattina successiva.

 

Se deve essere sincero, Louis non ha la più pallida idea di come comportarsi nonostante non sia la prima volta che Anne contrae l’influenza. Non è mai stato bravo con le influenze: è sempre stato Harry quello a prendersi cura di entrambi quando avevano la febbre, o quando faceva troppo freddo fuori per fare qualsiasi cosa. La prima idea che gli salta in testa è quella di inumidire un asciugamano e di passarglielo sulla fronte. La bimba sembra rilassarsi quando il tessuto fresco si scontra contro la sua fronte, e Louis tira un sospiro di sollievo. “Papà… Puoi mettere su la nostra canzone?”, chiede improvvisamente Anne.

 

Louis vorrebbe obbedire con entusiasmo alla richiesta di sua figlia, se non fosse che la canzone in questione rappresenta un vero e proprio pozzo di ricordi per lui. Ricordi che fanno male e in cui non vorrebbe ricadere ma non può fare a meno di alzarsi e raggiungere lo stereo e premere play però, perché quello sembra l’unico rimedio naturale contro ogni malessere di sua figlia, fin da quando è nata. Louis si sente mancare quando pensa a quanto sua figlia lo conosca senza averlo mai incontrato; la prima volta in cui Anne ha sentito la sua voce aveva due mesi di vita ed era in preda ad una crisi di pianto. Louis non era riuscito a calmarla, sua madre Johannah aveva provato di tutto e niente sembrava funzionare; non ricorda nemmeno il momento che l’aveva portato a premere play su quello stereo quella sera, nella sua mente c’è vivido soltanto l’esatto istante in cui Anne aveva smesso di piangere non appena la canzone era iniziata, sotto lo sguardo sbalordito di Jay.

 

E’ paradossale che sia proprio If I Could Fly la canzone in questione.

 

Anne arriccia le manine nella sua direzione, invitandolo a raggiungerla di nuovo sul letto mentre le prime note del brano si diffondono nell’aria, che improvvisamente si fa fin troppo pesante per Louis. Non saprebbe quantificare quanti giorni siano passati dalla prima volta in cui ha sentito quella vecchia demo, non è mai stato bravo con la matematica, ma riuscirebbe a contare con precisione quanti battiti perde il suo cuore ogni volta che la ascolta, se qualcuno glielo chiedesse.

 

For your eyes only, I’ll show you my heart, Louis vorrebbe poter reputare Harry un ricordo sfocato della sua mente; al contrario, non c’è momento che lui non ricordi perfettamente come se l’avesse appena vissuto. Giorno dopo giorno, Louis si rende conto che Harry non sarà mai un’immagine sfocata di cui vedrà solo i contorni; Harry è luce e colori ed è sempre stato impossibile per Louis non restarne abbagliato, è impossibile metterlo da parte.

 

Louis ricorda confessioni strappate a suon di baci rubati, lacrime spazzate via da leggere carezze, il loro parlarsi con gli occhi e non può fare a meno di pensare a sua figlia. Ti innamoreresti anche dei suoi occhi, Harry?, quel pensiero fa male ma Louis non riesce a respingerlo.

 

“Mi piace tanto questa canzone papà…”, sussurra Anne distrattamente, lasciandosi andare ad uno sbadiglio, mentre le sue manine giocano con i capelli di suo padre arricciandoli alla base. 

 

“Lo so, tesoro mio”, soffia Louis tra i suoi capelli. Anche a me. Se solo si concede un attimo per chiudere gli occhi, Louis riesce a rivivere perfettamente la prima volta in cui Harry gli ha fatto sentire quella canzone: ricorda il suo giocare nervosamente con le dita delle mani, il suo sistemarsi nervosamente i ricci, i suoi occhi verdi che l’avevano fissato per l’intera durata della canzone e le piccole lacrime che avevano solcato le sue guance durante le note di chiusura. Se solo ci ripensa, Louis ancora non comprende come abbiano fatto a non far rientrare quella canzone nella scaletta finale dell’album.

 

A metà della canzone, il ragazzo si accorge che Anne si è riaddormentata e questa volta, sembra riposare tranquilla.

 

Louis socchiude gli occhi, lasciandosi cullare dalle note finali di quella demo pensando che non dovrebbe ricordare ogni parola di una canzone scritta cinque anni prima e mai incisa in studio; chiamare Logan l’indomani mattina per trovare una soluzione alla febbre di Anne, è solo un pensiero secondario ma in quel momento Louis fa finta di niente.

 

 

 

 

 

 

 

“Perché il dottor Logan viene qui, papà?”, chiede Anne distrattamente mantenendo lo sguardo fisso sulla televisione, stanno trasmettendo il suo cartone animato preferito. Nonostante sia passato solo un giorno, Anne sembra stare decisamente meglio ed ha ripreso parte delle energie anche se la febbre sembra non voler scendere.

 

“Perché non aveva tempo per visitarti nel suo studio oggi ed è stato così gentile da decidere di venire qui a visitarti stasera. Farai la brava, vero tesoro?”, è una parziale verità in fin dei conti: Logan non aveva davvero posto tra i suoi appuntamenti per ricevere anche loro perché a quanto pare questa influenza sta colpendo parecchi bambini - così gli aveva spiegato a telefono - per questo ha insistito per raggiungerli e visitare Anne a casa loro. Louis era rimasto in silenzio per qualche minuto, accettando alla sola condizione che Logan si sarebbe fermato a cena; in segno di ringraziamento e nient’altro, aveva messo in chiaro Louis.

 

“Porterà le caramelle con lo zucchero?”, chiede Anne sognante, Louis annuisce e può sentire sua figlia squittire per la rivelazione. La loro piccola conversazione viene interrotta dal campanello, così Louis lascia la bambina avvolta tra le coperte del letto per raggiungere l’ingresso.

 

Lo trova appoggiato allo stipite della porta di casa: ha gli occhi stanchi e la camicia un po’ stropicciata ma nonostante questo ha un sorriso appena accennato in volto. Si accosta a lui velocemente, lasciandogli un bacio all’angolo delle labbra in segno di saluto prima ancora che Louis possa proferire parola. “Logan...”, soffia rimproverandolo.

 

“Che ho fatto?”, chiede fingendosi innocente, come se non avesse appena cercato di rubargli un bacio. E’ una cosa che lo ha sempre affascinato di quel ragazzo, il suo essere tremendamente sicuro di sé ma eccessivamente dolce e paziente con i suoi piccoli pazienti.

 

“Lo sai che...”

 

“Ehi, sono qui per Anne, okay? Pensiamo a lei adesso”, commenta serio e proprio quando Louis inizia a pensare che le sue intenzioni siano serie, Logan si avvicina di più a lui, accostando la bocca all’orecchio di Louis “parliamo dopo del resto.”

“Sei incorreggibile”, borbotta Louis tra i denti lasciandosi sfuggire un sorriso. Raggiungono la camera da letto in silenzio, poi Louis si fa da parte lasciando che il ragazzo visiti sua figlia. È estremamente professionale e serio con i suoi pazienti ed è così diverso dal Logan che ha imparato a conoscere negli ultimi mesi. E’ stata Lou a fargli il suo nome quando Anne ha iniziato ad avere le prime influenze ma ha iniziato a guardare Logan con occhi diversi solo dopo due anni.

 

Logan non ha mai nascosto il suo interesse per lui e hanno provato a frequentarsi per un po’ ma quando le cose hanno iniziato a farsi serie, Louis si è tirato indietro. Inizia a pensare sia un suo difetto, quello di scappare invece di combattere quando le cose si fanno difficili.

 

“Non c’è niente di cui preoccuparsi”, commenta il dottore dopo aver terminato la visita, riportando Louis alla realtà. “È una semplice influenza, un paio di giorni al massimo e tornerà ad essere di nuovo la principessa di sempre”, aggiunge accarezzandole dolcemente i capelli mentre Louis tira un sospiro di sollievo. Mancano solo cinque giorni al matrimonio. Logan sembra cercare qualcosa nella tasca della sua giacca di pelle, alla fine estrae una manciata di caramelle allo zucchero che Anne adora.

“Ho portato una scorta speciale per te perché sapevo saresti stata bravissima ma ricordi cosa dico sempre a proposito di queste caramelle, Anne?”, dice porgendole il mignolo.

“Una sola alla settimana perché fanno male ai dentini”, afferma sicura fissando gli occhi in quelli di Logan e stringendo il suo mignolo decisamente più piccolo con il suo, come se stessero siglando una sorta di patto mentre Louis osserva intenerito la scena.

 

Anne si addormenta pochi minuti dopo la visita, così i due ragazzi passano il resto della serata nel salotto optando per una semplice pizza a domicilio consumata distrattamente sul divano al posto di una cena vera e propria. “Grazie per aver insistito per venire qui oggi, si insomma - probabilmente io non avrei mai avuto il coraggio di chiedertelo ma ero davvero preoccupato per Anne e-”

 

“Ehi, Louis, ehi! Frena”, lo rassicura Logan voltandosi completamente verso di lui e incrociando le gambe sulla pelle fredda del divano, le scarpe lasciate disordinatamente sul tappeto. “Sono felice di averti dato una mano e di averti rassicurato in qualche modo e poi è il mio lavoro, no?”, il suo tono di voce è dolce, quasi carezzevole, e Louis riesce in parte a tranquillizzarsi con le sue parole.

 

“Avrai avuto sicuramente una giornata pesante con tutti i pazienti e venire qui a visitarla non ha fatto altro che-”

 

“Louis, smettila di preoccuparti. È tutto okay”, afferma sicuro il ragazzo fissando i suoi occhi scuri in quelli di Louis. “E poi, ho anche guadagnato una cena con te”, commenta ammiccante, stemperando la tensione.

 

Louis accenna una smorfia e “Logan…”

 

“Si, si, lo so non è un appuntamento ed è solo il tuo modo di ringraziarmi per quello che ho fatto”, dice imitandolo.

 

“Ehi, io non parlo così!”, esclama l’altro fingendosi offeso.

 

“Oh, sì che lo fai!”, ribatte Logan inarcando un sopracciglio. Louis torna a fissare lo sguardo sulla televisione, continuando a fingersi offeso da quella constatazione; non può prevedere perciò le mosse dell’altro che dopo qualche secondo di silenzio porta velocemente le mani suoi fianchi, solleticandoli, e schiacciandolo di peso contro il divano, torreggiandolo. Louis scoppia a ridere non appena le dita di Logan trovano i suoi punti più sensibili, cerca di divincolarsi ma la presa dell’altro è troppo forte su di lui. “Lo- Logan”, sussurra il ragazzo tra una risata e l’altra mentre ogni pensiero o preoccupazione sembrano essere spariti dalla sua mente.

 

Il ragazzo si ferma di colpo, lasciando il corpo ansante di Louis ma senza spostarsi di un millimetro. Louis sa perfettamente che dovrebbe allontanarlo perché questa situazione può concludersi in solo modo se non si tira indietro adesso ma non riesce a farlo perché gli occhi color pece di Logan sembrano essersi trasformati in magneti e Louis non riesce a distogliere lo sguardo. Così fa l’unica cosa che non dovrebbe fare in quel momento, lo attira a sé facendo scontrare le loro labbra.

 

In quel momento, è impossibile per Louis non pensare ad Harry mentre si lascia baciare da Logan in quel modo. Quella situazione è fastidiosamente familiare perché tra lui ed Harry finiva sempre così, con Louis disteso sul pavimento con le lacrime agli occhi ed Harry che gliele baciava via per poi far scontrare le loro labbra. Al centro esatto del suo petto nasce quella sensazione opprimente con cui ha ormai imparato a convivere e la consapevolezza che probabilmente nessuno reggerà mai il paragone con Harry lo fa sentire anche peggio.

 

“No, Logan aspetta-”, poggia le mani sul suo petto allontanandolo con forza, mentre il ragazzo inarca un sopracciglio con fare interrogativo. “Non posso - io, non posso permettermi questo adesso, ci sono troppe cose che non-”

 

“Ehi, ehi…”, sussurra Logan avvicinandosi di nuovo a lui e avvolgendo le sue braccia intorno al suo busto. “C’è chiaramente qualcosa che ti turba. Ti va di parlarne?”, le mani del ragazzo accarezzano la sua schiena delicate, alleggerendo la tensione di quel momento.

 

Louis prende un profondo respiro, “Tra cinque giorni Liam si sposa”, confessa serio.

 

“Liam…il tuo migliore amico, il tuo compagno di band?”, tenta il ragazzo cercando di estrapolare qualche informazione in più. Louis si limita ad annuire. “E perché questo è un problema?”, chiede Logan incuriosito dalla preoccupazione nella sua voce, Louis resta in silenzio per fin troppo tempo. “Oh, aspetta. Ci sarà anche il tuo ex, Harry, non è così?”

 

Louis sembra farsi sempre più piccolo tra le braccia di Logan e finisce per poggiare la testa sulla sua spalla per poi sospirare pesantemente. Il ragazzo non ha bisogno di una sua risposta. “So che non mi hai mai raccontato l’intera storia ma Lou, sono passati quattro anni.”

 

“Non- non capiresti, è impossibile capire il rapporto che avevamo io ed Harry dall’esterno”, Louis non ha mai raccontato a Logan cosa abbia portato alla loro rottura, sa solo che Anne è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso fin troppo instabile e pieno di crepe.

 

“Probabilmente hai ragione tu ma è passato così tanto ormai, Lou. Non credi sia ora di lasciartela alle spalle?”, Louis l’ha fatto, o almeno ci ha provato. Il fatto è che il ricordo di Harry non sembra sbiadire, non importa quanti sforzi lui faccia.

 

“Ci ho provato, io- ci sto provando davvero”, le sue mani prendono a giocare nervosamente con i lembi della sua felpa.

 

“Non ho mai nascosto i miei sentimenti per te, e lo sai. Tu sei una persona così forte, Lou e mi piaci, parecchio ma sono disposto ad averti nella mia vita in qualunque modo tu voglia”, confessa Logan sincero puntando gli occhi nei suoi e la serietà delle sue parole lo spaventa. Sa di non essere pronto per una relazione seria, così come sa che probabilmente non riuscirà ad innamorarsi di nessuno, non nello stesso modo in cui ha amato Harry.

 

“Non voglio farti soffrire”, ammette Louis abbassando lo sguardo sui loro corpi quasi completamente intrecciati.

 

“So gestire i problemi di cuore, sono un dottore no?”, le mani del ragazzo gli sfiorano delicate il volto, accarezzandolo lentamente. Louis si ritrova quasi a fare le fusa contro la pelle calda e morbida delle mani di Logan e pensa che è da troppo tempo che non riceve attenzioni di questo tipo.

 

“So che non è quello che ti aspetti di sentire da me ma… Ti voglio bene Logan”, confessa Louis avvolgendo le sue braccia attorno a lui e stringendolo contro il suo corpo.

 

“Te ne voglio anche io, Lou”, la sua risposta arriva in un soffio, così come il bacio che riesce a percepire a malapena tra i suoi capelli. Non sono le braccia di Logan quelle che vorrebbe sentire attorno a lui in quel momento, così come non sono le sue le labbra che vorrebbe sentire tra i suoi capelli ma non può continuare a vivere di ricordi e speranze. Socchiudendo gli occhi, riesce a distinguere chiaramente un paio di iridi verdi nella sua mente e mentre stringe la presa sulla schiena del ragazzo di fronte a lui, pensa di provare qualcosa per Logan, ma è piuttosto certo di essere lontano anni luce dall’innamorarsi di nuovo di qualcuno.

 

 

 

 

And I wonder if I ever cross your mind?

For me it happens all the time

 

 


 

Quattro giorni, sette ore e una manciata di minuti scorrono in un battito di ciglia e Louis si ritrova in piedi, accatto a Liam sull’altare e con il suo nuovo taglio di capelli senza comprendere realmente come abbia fatto ad arrivare fino a lì.  Non si spiega come sia possibile che ancora non abbia incrociato Harry nemmeno per sbaglio ma forse è per questo che la cerimonia scivola via tranquillamente, contro ogni previsione. Ha provato a cercarlo distrattamente con lo sguardo, è certo che Harry sia seduto da qualche parte in quella chiesa e questa consapevolezza lo turba.

 

Sophia è meravigliosa nel suo abito firmato Zuhair Murad, probabilmente la sposa più bella che lui abbia mai visto e non è stupito dal fatto che Liam non riesca a staccarle gli occhi di dosso da quando sono diventati ufficialmente marito e moglie, poche ore prima. Il corpetto stretto è tempestato da piccole gemme e pietre preziose che creano un delicato scollo a cuore sul seno, dalla vita in giù parte una meravigliosa gonna in seta che sfuma in uno strascico non troppo lungo. Lou le ha lasciato i capelli sciolti in una cascata di boccoli che le copre quasi interamente le spalle, solo un piccolo diadema ad illuminarle il viso. Riesce a sentire distintamente sua figlia squittire quando Sophia la lascia sedere sulle sue gambe ad un certo punto durante la cerimonia posizionandole quel piccolo gioiello tra i capelli, come se fosse una vera principessa.

 

 

 

“Niall, come vanno le lezioni con Rory?”, chiede Louis curioso mentre rientrano in sala da una loro “pausa sigaretta”.

 

“Bene, questi due mesi sono andati alla grande anche se questo qui sembra non voler darmi tregua”, dice indicando il suo ginocchio destro. Nonostante l’operazione sembrava essere riuscita perfettamente anni prima, era già da qualche mese che i fastidi al ginocchio erano tornati per Niall.

 

“Non credo che allenarti con quel dolore possa farti bene, amico!”, tenta il ragazzo dubbioso.

 

“Non credo che stare fermo possa aiutarmi, in ogni caso”, ribatte il biondo sicuro, come se fossero mai riusciti a far cambiare idea a Niall su qualcosa in tutti questi anni, riesce ad essere così ostinato a volte quel ragazzo. “Tu come stai, Lou?”, aggiunge e Louis sa perfettamente di cosa sta parlando ma gli piace pensare che possa evitare l’argomento in qualche modo.

 

“Alla grande. Anne è un angelo, la casa discografica va benone e Lottie e Fiz hano smesso di occupare il mio divano e si sono finalmente sistemate nel loro nuovo appartamento a Notting Hill”, afferma fingendo un sorriso sereno. Può farcela. 

 

“Lou, come stai davvero?”

 

“Come una qualsiasi persona che deve affrontare il matrimonio del proprio migliore amico in presenza del suo ex”, ammette Louis scrollando appena le spalle.

 

“Mi dispiace per questa situazione, insomma…” Niall lascia che la sua frase si spenga perché sa perfettamente che qualunque cosa lui possa dire risulterà estremamente banale per quella situazione.

 

“E’ tutto okay…come ho detto a Liam, è giusto che lui abbia invitato tutti noi”, commenta Louis. “Riuscirò a superare questa giornata, Nialler”, aggiunge cercando di sembrare quantomeno convincente.

 

“Se lo dici tu”, commenta Niall tra i denti, certo che Louis non possa sentirlo. Poi si separano, raggiungendo ognuno il proprio posto ai tavoli.

 

 

È chiaro agli occhi di Louis che quella giornata è un insieme di divertenti coincidenze, con la sola differenza che questo gioco non gli sta piacendo affatto. È successo tutto nel giro di pochi minuti e Louis, non ha avuto nemmeno il tempo di realizzare quello che stava succedendo per cercare di elaborare una reazione adeguata. Avrebbe dovuto capirlo nel momento in cui Harry ha iniziato ad intonare le note di If I Could Fly su richiesta della sposa, accompagnato da John al piano, che qualcuno si stava divertendo a giocare con la sua vita. Harry è bellissimo, in piedi accanto al pianoforte nero lucido; indossa un completo classico elegante che riesce a mettere in mostra tutte quelle che un tempo erano le sue parti preferite del corpo del riccio, Louis nota con piacere che in quanto a stile Harry continua a non smentirsi mai: indossa un paio di stivaletti Yves Saint Laurent che spezzano completamente con il resto del suo look ma che lui riesce a portare con un’eleganza che lo lascia senza fiato. Lasciandosi andare ad un attimo di debolezza, Louis si domanda se tutt'ora non riesca a separarsi da quegli stivaletti come quando aveva solo ventun anni.

 

Le note di If I Could Fly scorrono in modo dolorosamente lento per lui e la voce di Harry accarezza ogni nota con attenzione e dolcezza, la sua voce non sembra essere cambiata poi molto, riesce a raggiungere le note alte con estrema facilità adesso.  All’improvviso sembra non essere passato un giorno dall’ultima volta in cui l’ha sentita perché quel ragazzo la interpreta esattamente come quattro anni prima; in quel momento fa troppo male continuare ad ascoltarlo. Un tempo, Louis avrebbe sorriso ascoltando quella canzone, pensando a quella volta in cui si erano promessi che quello sarebbe stato il brano con cui avrebbero aperto le danze il giorno del loro matrimonio e se c'è una cosa che Louis ha imparato è che non si deve mai programmare nulla perché il futuro può sempre cambiare, lui l'ha imparato sulla sua pelle.

 

La sua sfortuna, però, sembra non avere fine perché non appena la canzone volge al termine, vede una familiarissima testolina bionda raggiungere Harry: Anne si spinge sulle punte mentre cerca di attirare la sua attenzione tirandogli appena la giacca nera, Harry è decisamente troppo alto per lei. Quando il riccio abbassa lo sguardo verso di lei, sorridendole, Louis sente la terra sotto i suoi piedi sprofondare completamente.

E davvero, lui è quasi pronto a muovere un passo verso Harry ed Anne per interrompere la loro piccola conversazione quando li vede dirigersi verso il centro della sala accanto a Liam e Sophia, che hanno appena iniziato ad ondeggiare seguendo una lenta melodia.

 

Così, Louis si ritrova ad assistere alla scena a cui non avrebbe mai pensato di assistere: le due persone più importanti della sua vita strette in un tenero abbraccio mentre si dondolano sulle note di un lento. La piccola tiene le braccia intorno al collo del ragazzo e Louis riesce a vedere le sue manine quasi aggrappate ai suoi ricci, Harry la tiene tra le sue braccia come se fosse la cosa più leggera e preziosa al mondo mentre le sorride teneramente. Sembrano parlare di qualcosa e Louis vorrebbe davvero sapere di cosa si tratti ma si sente in colpa al solo pensiero di interrompere quel momento. L'unico tra i due, probabilmente. Ai suoi occhi, Anne sembra nata per stare tra le braccia di Harry e diventa così difficile per Louis trattenere le lacrime che si trova costretto ad abbassare lo sguardo perché quella scena, per lui, è troppo da sopportare.

 

Col senno di poi, Harry non sa come abbia fatto a non unire prima i pezzi del puzzle. Soprattutto, non riesce a capire come non sia riuscito a riconoscere quella bambina. Forse, era davvero necessario ritrovarsi lui davanti agli occhi per capirlo perché la somiglianza tra i due è davvero impressionante. Probabilmente avrebbe dovuto allarmarlo il semplice fatto che la piccola sapesse ogni parola di quella canzone, e il solo pensiero gli fa rivoltare lo stomaco perché quello scricciolo sembra abituato a canticchiare quel brano, come se...come se lo ascoltasse regolarmente.

 

"Harry! Ciao...", per un solo istante, sentire pronunciare il suo nome da quella voce lo riporta indietro al tempo in cui sentirsi anche solo nominare da Louis gli faceva venire le farfalle nello stomaco. Le sue mani sono sudate e il cuore gli batte all’impazzata come se avesse ancora sedici anni, come se Louis fosse ancora semplicemente il suo primo amore e non il ragazzo che gli ha spezzato il cuore. Ora, invece, gli sembra di ricevere un gancio in pieno petto e fa dannatamente male. Rispondergli è praticamente impossibile, così si limita a mettere giù la piccola tra le sue braccia sistemandosi la giacca e la camicia, leggermente stropicciate dalle scarpette color indaco della bambina.

 

Louis è cambiato parecchio dall’ultima volta in cui si sono visti, millequattrocentosessanta giorni prima - si, li ha contati tutti. E’ più magro, ha i capelli più corti e un paio di occhiaie che sembrano essere lì da molto più di una nottata. I suoi occhi sono stanchi, non brillano più come un tempo ed Harry vorrebbe davvero restare indifferente, odiarlo se possibile, ma non è mai riuscito a controllarsi quando si tratta di Louis e non crede riuscirà mai farlo. Nonostante il suo volto sembri segnato dai quattro anni in cui non si sono mai visti, né sentiti, è comunque bellissimo ai suoi occhi ed Harry vorrebbe darsi dello stupido per averlo anche solo pensato. 

 

"Papà, papà, hai visto? Lui ha cantato la nostra canzone", i minuti scorrono lenti in religioso silenzio mentre i due ragazzi non fanno altro che osservarsi, come se bastassero un paio di occhiate per recuperare quelle conversazioni mai affrontate, come se i loro occhi potessero dirsi tutto quello che non avevano mai avuto il coraggio di dire ad alta voce; è proprio vero che certe cose non cambiano mai. Harry sembra impallidire a quelle parole, mentre Louis trattiene improvvisamente il fiato maledicendosi per la lingua lunga di sua figlia ed è impossibile dire chi abbia smesso di respirare per primo.

 

"Si, tesoro", Louis annuisce accarezzando delicatamente i capelli di sua figlia, sperando che quella conversazione si spenga da sola.

 

"È la mia canzone preferita", afferma la bambina quasi squittendo, "il mio papà la mette ogni volta ch-"

 

"Anne, non è necess-", Louis cerca di interrompere quel fiume di parole ma la voce del riccio lo gela sul posto, e solo allora si rende conto di averla chiamata per nome e che quella conversazione era un completo disastro; non che si aspettasse qualcosa di diverso.

 

"Anne?", la voce di Harry sembra sorpresa e seria allo stesso tempo ma è assolutamente certo di percepire anche una punta di dolcezza nella sua voce. Gli rivolge la sua completa attenzione, per la prima volta, e riesce a vedere i suoi occhi verdi scrutare il suo completo e chissà se stanno pensando alla stessa cosa, si domanda il più grande. Ricordare il matrimonio di sua madre Johannah in quel momento sembra aprirgli una voragine nel petto erano così dannatamente felici. Se solo prova a ripensarci, gli sembra una vita fa. Louis si limita ad annuire alla sua domanda, incapace di aggiungere altro. "È- uhm, è un nome bellissimo", ammette il riccio schiarendosi la voce.

 

"Già ", soffia in risposta e davvero, è tutto quello che riescono a dirsi? Guardando al passato, Louis non avrebbe mai immaginato che sarebbero arrivati a questo punto. Un paio di formule di cortesia e una pacca sulla spalla. Ma poi Louis ha pensato fosse un'ottima idea distruggere tutte le cose migliori della sua vita.

 

 

 

 

Vedere Louis abbracciare e conversare amichevolmente con sua madre e sua sorella qualche minuto dopo il loro incontro, come se nulla fosse accaduto negli ultimi quattro anni, è una scena che Harry non si sarebbe mai aspettato di vedere.

 

Così, alla fine, la domanda lascia le sue labbra in maniera del tutto naturale ed Harry non fa poi molto per trattenersi.

 

"Non è la prima volta, vero?", chiede Harry distrattamente mentre Liam e Sophia volteggiano al centro della pista per l'ennesimo ballo. Gemma non ha bisogno che Harry esterni i suoi pensieri per rispondergli, non hanno mai avuto di bisogno di questo tra loro, così si limita a scuotere leggermente la testa e anche se il fratello non ha la sua completa attenzione, riesce a vedere il suo lieve diniego con la coda dell'occhio. "Com'è successo?", aggiunge passando la mano tra i capelli distrattamente.

 

"Non è il momento adatto per parlarne, Harry, lo sappiamo entrambi", sussurra Gemma attenta a calibrare il tono della voce così che solo lui possa sentirla. "Hai tutto il diritto di sapere, e ti prometto che ti racconterò quello che vuoi sapere una volta tornati a casa", dice sicura cercando gli occhi del fratello.

 

Harry annuisce e non è davvero sicuro di voler sapere il resto della storia ma in qualche modo non riesce a frenare la curiosità. Cerca di riportare l'attenzione sugli sposi, impegnati a scambiarsi teneri sguardi e baci a fior di labbra ma prima si concede un secondo, uno solo, per lanciare un'occhiata a Louis e alla splendida bambina tra le sue braccia, pensando che sarebbe tutto molto più facile se riuscisse semplicemente ad odiare quella tenera visione. Ma non ci riesce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Harry odia sbagliarsi. Odia sbagliarsi quando ordina qualcosa che pensa di volere al ristorante e poi non è così invitante, odia sbagliarsi quando nella sua testa una canzone che scrive è perfetta ma poi non lo è, odia sbagliarsi per una serie di cose che lo fanno sentire poco razionale. Harry odia sbagliarsi, e lanciandosi sul letto nella camera degli ospiti a casa di Gemma, si rende conto che andare al matrimonio è stata solo l’ultima spunta nella lista delle cose che ha fatto sbagliate.

 

Era deciso: avrebbe aspettato un paio di giorni, giusto il tempo per la cena con Liam e Niall a casa di quest’ultimo, poi sarebbe ripartito per Los Angeles e non si sarebbe più guardato indietro.

 

Aveva sempre adorato i bambini, e non poteva credere che tra tutti quelli presenti alla cerimonia, era stato avvicinato proprio da… Lei.

Forse avrebbe dovuto accorgersene, col senno di poi la bambina aveva tratti molto simili a quelli di Louis, a partire dagli occhi dello stesso identico colore, che solo a ripensarci ad Harry si apre il petto a metà.

 

Anne – Harry ancora non può credere che Louis l’abbia chiamata così, è una bambina bellissima ed è innegabile: il vestito turchese che aveva addosso le stava a pennello, così come le ballerine che aveva ai piedi, i capelli color caramello sono perfettamente acconciati e come se non bastasse era perfettamente educata.

 

Harry si sente stupido anche solo all’idea di odiare una bambina di quattro anni che non ha colpe.

 

Gemma che bussa alla porta della camera lo distrae per un attimo.

 

“Posso entrare?” chiede la ragazza. Harry sospira, e mugugna un “è casa tua” prima che lei irrompa nella camera. Si guardano per un attimo, e Gemma gli fa un sorrisino, “ti avevo promesso che avrei spiegato” dice. Harry fa per ignorarla e lei si siede ai piedi del letto.

 

“Mi hai mentito.”

 

La ragazza annuisce.

 

“Posso davvero spiegare, H.”

 

“Ascolto.”

 

Gemma si lega i capelli velocemente e cerca le parole giuste, poi inizia a parlare.

 

“So che è stato un idiota, e so che ce l’hai con me e con mamma ora, però… Tu sei partito, e lei è arrivata a Londra. Dopo qualche settimana?” ci pensa un secondo, poi riprende a parlare “non lo so, forse meno, Niall mi scrive un sms dicendo che la bambina è nata, che è bellissima e in salute. Per quanto volessi odiare Louis, e credimi se ti dico che se avessi potuto gli avrei staccato la testa, ero felice, però…” alza le spalle, e si avvicina ad Harry, mettendosi accanto a lui, che le appoggia la testa sulla spalla.

 

“Dopo quanto? Un altro mese, forse di più, sono andata ad Holmes Chapel da mamma perché il lavoro in ufficio mi stava uccidendo e sono entrata in cucina e mamma era lì e aveva in braccio la bambina, e Louis era seduto lì e… Non sembrava Louis.”

 

“Perché?” non può fare a meno di chiedere Harry, e nuovamente si ritrova a pensare di essere stupido perché sa di essere ancora furioso con lui, ma l’idea di un Louis distrutto gli spezza il cuore.

 

“Perché Br…”

 

“Non voglio sentire il suo nome.”

 

“Scusa. Perché lei se l’è svignata perché fare la mamma non faceva per lei, e così Louis si è ritrovato con una bambina che, per quanto ora la adori, non voleva, si è ritrovato con la sua famiglia contro perché lo sai che noi eravamo la sua famiglia, e anche Liam e Niall ce l’avevano con lui e… In più l’amore della sua vita l’aveva lasciato con un post-it in un camerino” conclude Gemma.

 

Harry sta zitto per qualche minuto, e Gemma non sa se proseguire. Ci sarebbero troppe cose da raccontare, e non sa se spetta a lei raccontargli di quanto Louis abbia sofferto realmente per la mancanza di Harry, o di quanto non abbia dormito per settimane, e di quante volte loro madre o Jay lo abbiano sentito piangere senza poter fare niente.

 

“Voglio tornare a Los Angeles il prima possibile e non tornare mai più qui” sussurra Harry, e Gemma sa perfettamente anche senza guardarlo che sta piangendo. Gli afferra la mano, “lo so, solo un’altra settimana, okay? Non dovrai vederli mai più.”

 

Harry ignora il fatto che sua sorella abbia usato il plurale.

 

“L’ha chiamata Anne per mamma?” chiede con un filo di voce, vergognandosi anche solo del pensiero. Gemma annuisce, “ma credo che non sia io a doverti raccontare questa storia.” Harry sa che dovrebbe andare oltre, ma da quando l’ha visto non riesce a pensare ad altro. Non riesce a credere ad una serie di cose, tipo che la sua famiglia abbia tenuto i rapporti intatti nascondendoglielo per quasi cinque anni, e non riesce a credere che Anne conosca tutte le parole di quella canzone a memoria. Non era neanche nata quando Harry ha scritto quella canzone.

 

For your eyes only.

 

Si ricorda perfettamente la prima volta che ha fatto ascoltare quella canzone a Louis, quanto si era sentito esposto e quanto gli tremavano le mani, e si ricorda ancora meglio il giorno in cui l’ha scritta. Era un freddissimo giorno di febbraio ed erano ancora a letto, il lenzuolo copriva il minimo indispensabile del corpo nudo di Louis e Harry non si era mai sentito così, amava quel ragazzo così tanto che era convinto che una persona sola non potesse contenere tutto quell’amore.

 

Harry è perfettamente conscio del fatto che non amerà mai nessuno quanto ha amato Louis, e la cosa lo terrorizza perché se Louis è andato avanti, perché lui non ce la fa?

 

“Haz?” lo chiama Gemma dopo un po’.

 

“Mhm?”

 

“Ti voglio bene, è bello che tu sia qui.”

 

“Anche io, Gem.”

 

“E anche mamma e Robin te ne vogliono, okay? E Liam, Niall, Soph, Lou... Okay? Non ce l’abbiamo con te perché sei andato via.”

Harry si sente mancare l’aria per un attimo.

 

“Anche io.” Sa perfettamente di essere fortunato, perché è consapevole di aver voltato le spalle a tutti loro e di essere stato perdonato fin troppo facilmente.

 

 

 

 

 

 

Niall apre la porta del suo appartamento con un sorriso, e non fa neanche parlare Harry: lo abbraccia come se non lo vedesse da mesi, e quando finalmente si decide a lasciarlo entrare in casa, lo squadra dalla testa ai piedi.

Harry, dal canto suo, si guarda intorno per un attimo in quanto non era mai stato nel nuovo loft del suo amico e per un attimo sorride perché Niall è rimasto esattamente come qualche anno prima, quando facevano ancora parte della stessa band. L’amico gli fa vedere ogni angolo della casa e Harry nota con piacere che quell’appartamento è esattamente come quello di qualsiasi scapolo.

 

Da quando gli One Direction avevano smesso di essere una band, sia Liam che Niall si erano dedicati alla scrittura e alla produzione di altri artisti. Niall lavorava molto nel Regno Unito, mentre Liam si concentrava anche su artisti statunitensi.

 

“Verrà anche Liam, quindi?” chiede Harry, mentre Niall gli porge una birra. L’irlandese annuisce, “Sophia lavora fino a tardi, quindi sarà una serata tra soli uomini” dice allegro.

 

Niall si fa raccontare di come vanno le cose a Los Angeles: gli chiede del nuovo album, e se ha intenzione di fare un altro tour mondiale e gli chiede come stanno tutte le persone con cui Harry usciva a Los Angeles anche prima di viverci a tutti gli effetti.

 

Dopo la fine degli One Direction, Harry ha inciso altri tre album da solista in cinque anni, e ha fatto altri due tour mondiali, e mentre si trovava in tour pensava spesso che tutto era molto più difficile: dalle interviste, alla promozione, all’incisione, al girare il mondo da solo. Poi pensava al fatto che non aveva più dovuto nascondere la persona che era, che poteva fare il tipo di musica che voleva e allora un peso si levava dal suo petto.

Dopo l’arrivo di Liam, circa mezz’ora dopo l’arrivo di Harry, il ragazzo pensa seriamente che niente potrebbe più andare storto durante la sua permanenza in Inghilterra, ma come al solito da quando ha messo piede in quella parte del mondo, si sbaglia.

 

“ZIO NIALL!”

 

Una voce che ad Harry non dovrebbe risuonare così familiare rimbomba all’interno dell’appartamento, mentre lui rimane paralizzato con la bottiglia di birra a mezz’aria. Sia Liam che Niall si alzano di scatto, guardandosi, ed entrambi vanno verso l’ingresso senza dire niente.

 

“Anne, quante volte ti ho detto che non sì può entrare in casa delle persone senza bussare?” la voce di Louis risuona nell’atrio dell’appartamento, “che ci fai qui, Lì?” domanda. Harry non riesce a sentire la risposta di Liam, ma riesce a sentire perfettamente quello che dice Louis, e cioè un mortificato “è un problema se ci fermiamo a cena? Dovevamo andare da Eleanor ma Max l’ha incastrata per farsi accompagnare ad una cena di lavoro e quanta pizza può immagazzinare una bambina così piccola?” chiede.

 

Harry non fa in tempo a concentrarsi sulla risposta, perché la testa di Anne fa capolino in salotto, e quando nota il ragazzo seduto sul divano si illumina come un albero di Natale, gli corre incontro urlando “HARRY!” e Harry fa solo in tempo ad appoggiare la birra sul tavolino, che la bambina gli si butta addosso costringendolo ad appoggiare le spalle contro lo schienale del divano, finendo praticamente sdraiato. Anne lo abbraccia come se lo conoscesse da sempre, e Harry non se la sente di non ricambiare. Louis non è preparato a vedere la scena quando entra in salotto, non solo perché non è per niente preparato a vedere il suo ex fidanzato seduto su un divano fin troppo familiare e dove Harry non era mai stato presente. Con lui era così: ci aveva messo secoli a crearsi dei nuovi ricordi dove Harry non era incluso, ma comunque continuava a rimanere una macchina nera ovunque Louis andasse.

 

“Harry, ciao.”

 

Anne si allontana da Harry per avvicinarsi rapidamente a suo padre e si nasconde dietro al suo braccio, improvvisamente imbarazzata. Harry la guarda per un altro secondo, poi volge il suo sguardo a Louis.

 

“Ciao.”

 

C’è un attimo di silenzio, troppo pesante e imbarazzante, ma Niall e Liam arrivano subito in soccorso, uno con in mano un’altra bottiglia di birra per Louis, e l’altro con un succo di frutta per la bimba.

Entrambi cercano di osservare l’altro mentre non guarda, ma non sempre funziona, e per tutti tranne che per Anne è molto strano: Harry e Louis non sono mai stati veramente solo amici, quindi la situazione era pesante anche per Liam e Niall che tentavano di fare conversazione come se fosse la cosa più normale di sempre.

La situazione diventa ancora più tesa, almeno per Harry, una volta seduti a tavola poco dopo.

 

Anne si era seduta felice accanto tra Niall e Louis, mentre Harry era davanti a quest’ultimo con Liam seduto al suo fianco. I tre parlavano dei loro progetti e di quello che avrebbero fatto di lì a poco, mentre Harry mangiava in silenzio e parlava solo se interpellato perché Anne gli chiedeva qualcosa o raccontava qualche aneddoto. È lei, nella sua innocenza, che fa cambiare la serata di male in peggio. Nessuno sa come la bambina finisca con l’esclamare un “e poi sia zia Gemma che zia Eleanor continuavano a dire a papà di farmi la cioccolata però non funzionava così il dottor Logan è venuto a cena a casa nostra e mi ha visitata”, ma quando lo fa il gelo cala sul tavolo.

 

Harry non sa per cosa sentirsi male prima: se per il fatto che Anne chiama Gemma zia, se per Eleanor, che fa ancora parte del quadretto famigliare o per le guance improvvisamente rosse di Louis gli han fatto capire che questo Logan non doveva essere semplicemente il pediatra di Anne.

Harry sa che non può essere geloso perché il tempo in cui aveva quel diritto è passato da tempo, ma non può far a meno di credere che nessuno sarà mai capace di conoscere il corpo di Louis come lo conosce lui, perché se ad Harry venisse data la possibilità di rivivere una sera con Louis, saprebbe ancora perfettamente dove baciare e toccare per far stare bene il ragazzo, ed è fermamente convinto che nessuno potrebbe farlo meglio di lui.

 

“…Però io non ho cenato con loro, perché il dottor Logan mi ha dato le caramelle e poi io mi sono addormentata! Prima papà mi ha dato l’ultima caramella del dottor Logan! E dice che ne dovrei mangiare una a settimana perché altrimenti mi fanno male i dentini!” dice allegra, e le gambe di Harry si muovono da sole, facendolo alzare di scatto.

 

“H?” chiede Liam confuso, ma il ragazzo sorride ed esclama un “devo andare un secondo in bagno” prima che la nausea abbia la meglio.

 

Una volta in bagno si sciacqua la faccia troppe volte per essere contate e si guarda allo specchio e pensa che se sei anni prima gli avessero detto che si sarebbe trovato alla soglia dei suoi venticinque anni chiuso in un bagno sull’orlo delle lacrime per ogni cosa andata storta nella sua vita, avrebbe riso senza crederci perché anche allora, come in quel momento, avrebbe saputo che non aveva colpe.

 

La cosa più ridicola, poi, è che Eleanor è chiaramente una presenza fissa nella vita di Louis e di Anne, e Harry proprio non riesce a pensare a come sia possibile, perché non può credere che tutto quello che hanno passato quando lei era una presenza forzata all’interno delle loro vite sia stato cancellato.

 

Si odia, perché ancora una volta la vita gli sta dimostrando che tutti sono andati avanti tranne lui.

 

Quando si siede nuovamente a tavola, sia Liam che Niall lo guardano curiosi, poi è quello seduto accanto a lui a prendere parola.

“Haz, non te l’ho ancora chiesto da quando sei tornato! Come sta Dave?”

 

La verità è che Harry non aveva pensato neanche per un minuto a David da quando era tornato se non quando era costretto a rispondere a qualche sporadico SMS.

 

“Giusto! David, vero?” chiede Niall curioso, e Louis si siede dritto sulla sedia come fa sempre quando è teso.

 

“Sta benone! Non mi ricordavo che il fuso orario fosse così difficile da sopportare, ma infondo non starò qui ancora per molto” risponde Harry sorridendo.

 

“Ah no?” chiede Louis, ed è la prima vera frase che gli rivolge da quando sono entrambi nello stesso appartamento a parte il ciao iniziale.

 

“Sì. Sono venuto qui solo per il matrimonio, casa è Los Angeles ormai. Anche perché sto terminando l’album, quindi dovrò tornare per forza.”

 

“Esistono studi di registrazione anche a Londra” risponde secco Louis, e quando Niall fa per dire qualcosa, ma Harry è più veloce di lui, “non c’è motivo per il quale io debba rimanere qui, e in ogni caso non sono affari tuoi.” Louis si rende conto di aver superato il limite, così lascia cadere il discorso, ma la gelosia si fa spazio dentro di lui come se tutto quel tempo non fosse mai passato. La verità è che l’idea di sapere che Harry sta con qualcun altro lo fa tremare di rabbia, perché non importa quanto tempo sia passato, Louis si sente ancora come se Harry fosse roba sua, come quando erano più piccoli e innamorati e il più grande lo marchiava con dei succhiotti che nessuno poteva vedere se non lui.

 

La serata prosegue tranquilla, entrambi fanno un accordo silenzioso di non rivolgersi più la parola se non strettamente necessario, mentre Liam e Niall tentano di fare come se niente fosse, mentre Anne mangiava tranquilla raccontando altri aneddoti.

 

Harry, tuttavia, aveva sempre avuto difficoltà a dire di no a quegli occhi azzurri, così quando Anne si avvicina dopo cena mentre Liam e Louis fumano una sigaretta e Niall si occupa del caricare la lavastoviglie, chiedendogli di giocare con lei, non sa tirarsi indietro. Non riusciva a dire di no a Louis che era adulto, figuriamoci ad una bambina che era più simile ad una bambolina e dolce come lo zucchero.

Louis li trova così, mezz’ora dopo, nella camera degli ospiti, e non riesce ad interromperli: Harry seduto sul pavimento mentre la bambina dietro di lui gli fa una treccia.

Harry, pensa Louis, è sempre stato incredibilmente bello: i ricci, le fossette che erano dei crateri, il sorriso incredibilmente sincero. Louis non ha mai incontrato qualcuno di così bello, e vederlo giocare con sua figlia gli stringe il cuore perché non passa una giornata in cui non si chieda come sarebbe stato se… Ama Anne con tutto se stesso, non sapeva neanche di poter contenere tanto amore dopo la dipartita di Harry, ma lui aveva la sua vita programmata già a vent’anni: sarebbe arrivata la pausa dagli One Direction, e finalmente liberi avrebbero raccontato al mondo della loro relazione, e si sarebbero sposati e poi avrebbero adottato dei bambini. Era semplice, indolore. Amava Harry, e Harry amava Louis e niente era complicato.

 

Invece eccolo lì, cinque anni dopo, appoggiato ad una porta mentre guarda sua figlia che pettina i capelli dell’ex amore della sua vita, che è seduto per terra con le sue gambe chilometriche in jeans troppo stretti e una camicia che doveva essere necessariamente allacciata con un paio di bottoni in più. È Anne che si accorge della sua presenza.

 

“Papà, papà!” dice agitata, e Harry fa per alzarsi ma Anne ricomincia a mettere le sue manine nei suoi capelli impedendogli il movimento, “Harry ha i capelli lunghi quasi come zia Eleanor! Però zia Eleanor non mi fa giocare coi suoi capelli perché li lega sempre, e poi non so se sono così morbidi! Harry ha dei capelli bellissimi!” dice, “vieni! Tocca!” esclama allegra e Louis si pietrifica all’istante.

 

Harry lo guarda e alza gli occhi al cielo, e Louis sa che è il segno che può avvicinarsi. Anne gli ordina di sedersi accanto a lui, e poi di nuovo di toccare i capelli di Harry, e Louis non sa esattamente il motivo per cui asseconda la figlia, ma mette la mano tra i capelli del ragazzo e gli accarezza la testa un paio di volte prima di alzarsi di scatto e uscire dalla stanza, avvisando la bambina che da lì a poco sarebbero dovuti andare via.

 

 

 


It's a quarter after one, I'm a little drunk and I need you now.

Said I wouldn't call but I've lost all control and I need you now.

 

 

 

 

Niall è fin troppo bravo nel fare certe cose, tra cui giocare a golf, cucinare, rimorchiare e convincere Harry a fare qualsiasi cosa, così tra un cocktail e un altro, non si sa come, Harry finisce con l’accettare la proposta di Niall di rimanere a Londra un po’ più del previsto. Harry è convinto di essere ubriaco mentre accetta.

 

A Niall basta convincerlo che l’album può finirlo anche a Londra con l’aiuto suo e di Liam, che non c’è niente a Los Angeles che non può essere rimandato, per poi concludere facendo il nome di sua madre un paio di volte. Non c’è bisogno, per Niall, di nominare Louis. Così Harry finisce incredibilmente sbronzo in un club decisamente troppo pieno di gente, e non ci vuole troppo prima che i due amici si perdano. Harry non si ubriacava così da anni, e nonostante non ci sia più abituato è una bella sensazione: la testa leggera, così come le gambe, gli fanno credere di essere invincibile così non si rende conto delle conseguenze del suo gesto quando riesce ad uscire dal locale e tira fuori il telefono dalla tasca dei jeans.

Non sa neanche se il numero della persona che sta chiamando è ancora lo stesso, ma ci prova comunque.

 

Ciao, sono Louis! Ora non posso rispondere, ma se lasci un messaggio ti richiamerò al più presto.”

 

Il beep risuona nell’orecchio di Harry, che sta zitto per un secondo e poi comincia a parlare.

 

“Sono passati quattro anni e non ti sei neanche preoccu… Preoccupato di cambiare numero di cellulare?” chiede sbalordito.

 

Sa che non ha bisogno di annunciarsi, perché Louis riconoscerebbe la sua voce ovunque.

 

“Vedo che anche su questo sei rimasto un ragazzino egoista. Potevi cambiare numero di cellulare, e evitarmi l’umiliazione. E invece no, ridicolizziamo Harry fino alla fine!” esclama il ragazzo arrabbiato, e poi decide di non fermarsi più e di non trattenere il fiume di parole che ha dentro di se.

 

“Ti amo così tanto. Amavo. Amavo. Non amo. Perché tu non mi hai mai amato davvero perché non avresti mai fatto una cosa del genere a me, lo sai? E ora ti odio. Ma non ti odio solo perché sono ubriaco, sai bene perché. O forse no. Ti odio anche perché tua figlia è adorabile, capisci? Non posso odiarla, ha solo quattro anni e non posso odiarla, però posso odiare te. E Niall… Niall mi ha convinto, rimango a Londra per un po’. Non è una cosa che ti dovrebbe interessare, ma io non sono come te e voglio che tu lo sappia perché non sono come te. A me interessa come sta la gente intorno a me. Non sono egoista.”

Non sa neanche come si ritrova a piangere contro il muro all’uscita di una discoteca.

 

“Non importa. Voglio solo che tu sappia che non so se potrò mai perdonarti. Okay? Però è una bella bambina. Ed è educata e gentile, ed è adorabile. Hai fatto un ottimo lavoro. Sono fiero di te, Louis. Ma questa era una cosa che dovevamo fare insieme? Ti ricordi? Però non…”

 

Fa per dire qualcos’altro ma il suo tempo finisce e la voce metallica dell’operatrice telefonica gli comunica che il messaggio è stato inviato. Harry sospira e fissa il vuoto davanti a lui per qualche minuto, ma non riesce a pentirsi di quello che ha fatto.

 

Il suo post sbornia, la mattina dopo, ci penserà da solo.

 

 

Guess I'd rather hurt than feel nothing at all

 

 


Quando Harry comunica a sua madre che rimarrà in Inghilterra per un po’, Anne piange. Harry non sa esattamente perché succede, ma si ritrova sul divano nella casa in cui non entrava da anni abbracciato a sua madre che gli sussurra nell’orecchio quanto è fiera di lui. Era una cosa che Anne faceva spesso, il dire sia a lui che a Gemma che era fiera di loro senza una ragione precisa.

 

Tuttavia, senza dirlo ad alta voce, Harry sa che non c’è nulla per cui essere fieri di lui.

 

È passata poco più di una settimana da quando ha lasciato quel messaggio in segreteria, e anche se non gli piace ammetterlo, ha chiamato all’incirca dieci volte l’operatore telefonico di Louis per chiedere se fosse possibile cancellare il messaggio che aveva lasciato. Alla fine si è rassegnato, e Louis non deve averci fatto troppo caso, perché non aveva fatto niente per rintracciarlo e rispondere alle accuse.

 

Quando gli squilla il cellulare, è il decimo giorno dalla sua uscita con Niall, e il settimo che Harry passa a Holmes Chapel, e quando legge il nome di Louis sullo schermo, per un secondo gli si ferma il cuore.

 

Ci mette un paio di squilli di troppo a decidere che è bene rispondere.

 

“Pronto?”

La voce gli esce appena dalla bocca.

 

“Ehi” nota con piacere che il tono di voce del ragazzo dall’altra parte del telefono non è tanto diverso dal suo, “come va?” chiede Louis.

 

Harry sospira, “tutto nella norma, tu?” domanda di rimando, e si ritrova a pensare che è la prima conversazione vera e civile che fanno in quattro anni, e si odia perché mai nella vita avrebbe immaginato che parlare con Louis si sarebbe rivelato così complicato.

 

“Tutto bene” esclama Louis troppo in fretta, e Harry immagina che si aspetti delle scuse, o almeno una spiegazione, ma è Louis a parlare per primo.

 

“Ho ricevuto un sacco di messaggi in segreteria durante la mia vita, e credimi se ti dico che il tuo è stato il più interessante” esclama sarcastico, e Harry sente subito le sue guance andare a fuoco.

 

“Mi dispiace.”

 

“Non preoccuparti, Haz” mormora Louis, ed entrambi, dai lati opposti del telefono, sorridono per il nomignolo.

 

La verità, anche se a Louis non piace ammetterlo, è che quando ha sentito il messaggio vocale di Harry ha pianto, e ancora meno gli piaceva ammettere che non era la prima volta che piangeva per via di Harry. Il sentire la voce di Harry che dice quelle cose, seppur non nel pieno delle sue facoltà, lo ha fatto riflettere molto.

 

“Ci ho messo un po’ a richiamarti perché non avevo il coraggio di chiedere agli altri il tuo numero di cellulare e immaginavo non fosse più lo stesso” ammette Louis, e Harry si alza, andando verso il giardino.

 

“È stata la prima cosa che ho fatto quando sono arrivato a LA.”

 

Louis sospira.

 

“Devo chiederti una cosa, anche se non sono sicuro di averne il diritto.”

 

“Già, hai perso il diritto di farmi domande molto tempo fa.”

 

“Lo so.”

 

“Però puoi provarci.”

 

Louis sta zitto per un istante, per provare a cercare le parole.

 

“Mi chiedevo se ti andasse di venire a cena qui.”

 

“Qui?”

 

“A casa mia. Ci sarà anche Anne, ovviamente.” Quando Harry non gli risponde, Louis riprende a parlare.

 

“Sai che le mie doti culinarie non sono eccellenti, ma potremmo ordinare qualcosa? Anne mangia di tutto. E parlare.” Harry guarda il gatto correre per il giardino, prima di rispondere.

 

“Sono a Holmes Chapel ora. Torno sabato.” Louis raccoglie un paio di scarpe di Anne dal pavimento, e si aspetta che Harry gli attacchi il telefono in faccia, non che gli risponda un “se va bene sabato sera, è okay. Posso cucinare qualcosa io, se ti fidi delle mie, di doti culinarie.” Louis non riesce a non fare uno sbuffo sorpreso.

 

“Okay? Ti mando il mio indirizzo via sms.”

 

“Perfetto. A sabato, allora?”

 

“A sabato.”

 

Louis ringrazia che Anne sia a scuola e non possa vederlo saltellare per la sua camera.

  

Sabato arriva decisamente troppo in fretta per Harry, ma ancora di più per Louis.

“Farai la brava?” chiede ad Anne, mentre le spazzola i capelli. La bimba batte le mani felice, “io sono sempre brava, papà!” Louis non può non sorridere all’affermazione, pensando che la figlia passa decisamente troppo tempo con Lottie, Eleanor, Sophia e Gemma.

 

 

“Certo, tesoro. Ma stasera dovrai essere extra brava.”

 

“Più di quanto sono brava quando mi porti da nonna Jay?”

 

“Sì. Ci riuscirai?” Louis le lega i capelli e la bambina si gira di scatto, e lo abbraccia.

 

“Tra quanto arriva ‘rry?” chiede poi, e Louis guarda l’orologio, “tra poco. Vai a giocare in camera tua” le ordina, e la bambina obbedisce subito, felice di poter riorganizzare per l’ennesima volta la casa delle bambole che Babbo Natale le aveva portato l’anno prima.

 

Louis sa di essere nervoso, e sa anche di averne tutte le ragioni. Ha aspettato di spiegarsi con Harry tutti i giorni per gli ultimi quattro anni e finalmente ne avrà la possibilità, e come si dice? O la va o la spacca.

La verità è che Louis vuole che Harry faccia parte della vita di Anne: è consapevole che è un pensiero malsano visto tutto quello che è successo, ma non può fare a meno di pensare che se conoscesse bene la bambina se ne innamorerebbe. L’Harry che conosce non saprebbe mai dire di no a quegli occhioni azzurri. Però Louis non sa più che persona è Harry, perché sono passati cinque anni da quando si tenevano la mano ovunque gli fosse possibile, da quando si completavano le frasi a vicenda o si sussurravano promesse di vita insieme durante la notte, da quando Louis poteva sentire Harry muoversi dentro di lui mentre facevano l’amore.

 

Forse Harry lo odiava davvero, ora.

 

Sicuramente, se in un altro universo Harry avesse fatto a Louis quello che in realtà era il più grande ad aver fatto, Louis non l’avrebbe perdonato.

Ma in un altro universo, niente di tutto questo sarebbe successo. In un altro universo Louis si sveglierebbe tutte le mattine con accanto Harry.

 

Il citofono suona qualche minuto dopo, e Louis si alza dal divano quasi come un automa: si avvicina per verificare che quello fuori dal cancello sia effettivamente Harry, e quando riconosce la macchina di Gemma apre il cancello e aspetta che l’auto entri, prima di richiuderlo.

 

Harry parcheggia la macchina dietro un Range Rover, e fa un sospiro stringendo il volante dell’auto ormai spenta fino a che le nocche non gli diventano bianche: quando decide che è passato troppo tempo, recupera la giacca che ha appoggiato sul sedile del passeggero ed esce dalla macchina, camminando lentamente verso l’ingresso.

 

È Anne ad accoglierlo: gli fa un sorriso a 32 denti e quando Harry nota la tuta fucsia dell’Adidas che ha addosso, per la prima volta in anni, si ritrova a voler tirare un pugno a Louis.

 

“Ciao Harry!” dice allegra la bambina abbracciandolo. Harry si abbassa di poco per ricambiare l’abbraccio.

 

Louis rimane in disparte ad assistere alla scena, pensa che sarà la serata più lunga della sua vita e si ferma a pensare anche che vorrebbe tanto smettere di credere che Harry sia il ragazzo, ormai uomo, più bello che lui abbia mai visto.

Le sue gambe erano sempre state la sua cosa preferita, e vederle avvolte nei jeans bianchi che Harry sta indossando non gli fa bene, soprattutto se abbinati ad una camicia che Louis conosceva bene: erano passati secoli da quando Harry era tornato a casa con mille borse e ridendo gli aveva spiegato che Grimmy aveva fatto una collezione per Topman e che ovviamente a lui piaceva tutto e quindi aveva comprato almeno una cosa di ogni pezzo. Inutile dire che Louis gli aveva messo il broncio per tutta la sera, fino a che Harry non si era fatto perdonare, e Louis un po’ lo odia perché sa bene che Harry sa che riconosce la camicia che ha addosso.

 

Harry lo saluta con un cenno della mano, e Louis decide che è ora di togliergli la giacca dalle mani.

 

“Anne, porta Harry in cucina okay? Arrivo subito!”

 

Anne prende per mano il ragazzo felice e obbedisce a Louis, che appena Harry si volta, si sfila il cellulare dalla tasca dei jeans.

 

A: Eleanor

Sono una persona cattiva se gli dico che ci ho ripensato e che non credo di poter sostenere una serata da solo con lui?

 

Lei risponde subito.

 

Ce la farai, e in ogni caso non abitiamo così distanti.

 

Louis sorride, e fa un sospiro prima di entrare in cucina dove trova Anne seduta sull’isola di granito dov’era solita fare colazione ogni mattina prima di andare a scuola con davanti Harry e la bambina sicuramente gli sta facendo qualche faccia buffa com’era solita fare, perché Harry ha un enorme stampato in faccia.

 

“Anne, perché non vai a giocare?” esclama Louis, quando decide che è il momento adatto per interromperli.

“Posso portare Harry in camera mia?” ribatte subito la bimba.

 

Louis alza gli occhi al cielo.

 

“Intendevo da sola” dice Louis, e Harry si gira prendendola per i fianchi facendola scendere dal tavolo, e lei saltellando esce dalla cucina.

 

“Scusala!” esclama Louis avvicinandosi, “quando conosce qualcuno di nuovo e che le sta simpatico è difficile staccarla da questa persona” spiega, e Harry alza le spalle, “è adorabile.”

 

“Sì, me lo dicono tutti quelli che non la conoscono così bene” scherza Louis, poi alza gli occhi e incrocia lo sguardo di Harry.

 

Il più piccolo si guarda intorno curioso, fino a che il suo sguardo non finisce su una foto attaccata al frigorifero on una calamita blu.

 

“Sono Doris ed Ernest quelli?” indica due bambini nella foto. Harry non può fare a meno di sorridere quando riconosce Daisy e Phoebe, sedute tra Lottie e Fizzy. Erano cresciuti tutti tantissimo.

 

Louis annuisce, “ebbene sì. Ce l’ha scattata Dan quando siamo andati a Doncaster per il compleanno di mamma.”

 

“Ormai hanno… Sei anni?”

 

“Sì. L’anno scorso mamma pensava di essere rimasta incinta di nuovo, è stato esilarante.”

 

Harry non può trattenersi, e anche se un po’ imbarazzato chiede “come stanno tutti?” e Louis gli fa cenno di sedersi, “vuoi qualcosa da bere, prima di diventare un concorrente di Masterchef? Birra, the, ho ogni genere di succo di frutta e di bevanda gassata.”

 

Harry annuisce, chiedendo una Coca, e una volta avergliela passata, Louis si siede di fronte a lui.

 

“Stanno tutti bene, tranne mamma che credo pianga ogni giorno perché casa è vuota ora che anche i gemelli vanno a scuola. Doris gioca a calcio. Oh, mamma ha comprato un cane... Si chiama Candy!” spiega Louis, giocherellando con la lattina di Coca-Cola che aveva tra le mani. Harry sorride.

 

Calcio?”

 

“Sì, quando aveva due anni e mezzo ha iniziato a tirare calci a qualsiasi cosa, così io e Dan le abbiamo messo davanti un pallone per scherzo e la passione è cresciuta con lei.”

 

Harry sorride, immaginando Doris che corre per il giardino in cui lui stesso era stato mille volte.

 

“E Charlotte e Félicité?” Louis ride.

 

“Non le hai mai chiamate così! Se ti sentissero probabilmente ti rovescerebbero l’intera lattina in testa” dice convinto, poi beve un sorso della bibita e sorride, “vivono insieme, a Notthing Hill! Fiz si è trasferita definitivamente qui a Londra per l’università e Lottie ha cambiato all’incirca venti colori di capelli e lavora ancora con Lou” racconta, e Harry pensa che dovrebbe scusarsi almeno con loro.

 

Jay lo aveva accolto subito come un figlio, e le ragazze lo avevano fatto sentire di famiglia fin dal primo momento, e insieme a veramente poca altra gente, non l’avevano mai fatto sentire fuori posto o diverso.

 

“Tu invece?” Harry lo guarda corrugando la fronte.

 

“Cosa?” Louis alza le spalle, “avrai fatto qualcosa a Los Angeles oltre che incidere album.”

 

Louis lo sta facendo solo per gentilezza, perché se non per le cose che non è mai riuscito a trovare su internet, sa tutto di Harry. Non l’ha perso di vista neanche un momento, anche se non ne va particolarmente fiero.

 

“Ho venduto casa” comincia a spiegare Harry, e il nostra rimane sospeso “ora ne ho un’altra molto più piccola a Santa Monica! E onestamente a parte album e tour, la mia vita è rimasta più o meno la stessa.” Louis non può fare a meno di chiederlo.

 

“E David?” Harry lo guarda.

 

“Dritto al punto” esclama sarcastico, “mi ha intervistato quando ho fatto uscire il mio secondo album, e siamo diventati amici. Mi ha corteggiato per un po’ e allora alla fine ho ceduto e usciamo insieme, ma non è niente di serio. Ho capito che le relazioni non sono fatte per me” conclude, pensando che potendo direbbe volentieri le relazioni che non sono con te. In quel momento Anne entra in cucina sorridendo con la faccia sporca di pennarello ovunque e i due scoppiano a ridere, “ho fame” annuncia la bambina.

Louis si alza e la prende in braccio, “che hai fatto in faccia?” le chiede toccandole il naso con un dito mentre le sorride. Anne ricambia il sorriso, “ho fatto un disegno!”

 

“Sulla faccia?”

 

“No, sciocco! Su un foglio!” Harry osserva la scena in silenzio e non può fare a meno di sorridere nel guardarli interagire: ogni volta che Harry ha incontrato gli occhi di Louis da quando è arrivato a Londra, li ha sempre trovati spenti, o comunque diversi da quelli che amava tanto, ma ogni volta che lo vede interagire con Anne c’è qualcosa di diverso nel suo sguardo.

 

“Allora,” esclama Harry alzandosi da dov’era seduto, “cosa vogliamo mangiare?” Padre e figlia si girano a guardarlo sorridendo, e a Louis sembrava quasi normale avere Harry nella sua cucina.

 

Harry si fa aiutare da Anne a cucinare: ordina a Louis di metterle una sua maglietta che ovviamente le sta enorme, e Louis rimane seduto su una sedia a guardare sua figlia che cucina col suo ex fidanzato come se fosse la cosa più normale di sempre.

Sa che sbaglia, perché Harry prima o poi andrà via e non si guarderà più indietro e lui dovrà spiegarle la ragione, un po’ come quando era andato a prenderla all’asilo qualche settimana dopo che era cominciato, e l’ha trovata in lacrime seduta al suo banco e una volta arrivati a casa gli ha chiesto perché tutte le sue amiche avevano una mamma mentre lei solo un papà.

Louis le aveva spiegato che lei aveva un sacco di gente che le voleva bene, e Anne, nel suo piccolo, lo sapeva. Louis non sapeva quando sarebbe arrivato il momento di spiegarle perché lei non avesse una mamma, ma sperava che sarebbe arrivato il più tardi possibile.

 

“Perché non ci facciamo aiutare anche da papà?” chiede Anne ad un certo punto, mentre Harry le lascia girare il sugo. Il ragazzo ride, “perché non mi fido ancora di papà così tanto da mangiare qualcosa su cui lui mette mano!” Anne gli sorride.

 

“Ma a me prepara sempre qualcosa da mangiare! I pancakes, e i cereali la mattina, e i sandwich per il pranzo quando vado a scuola e…”

Louis ride ascoltando il discorso, “voi due, andateci piano coi complimenti!”

 

La serata passa stranamente tranquilla, ed entrambi i ragazzi si rilassano notevolmente: forse per la presenza di Anne, forse perché la situazione in sé e molto più tranquilla rispetto alle altre e hanno avuto molto più tempo per prepararsi mentalmente. Cenano chiacchierando del più e del meno, la maggior parte del tempo intrattenuti da Anne che racconta della scuola e delle sue amiche e di quando zia Sophia le ha organizzato una festa a sorpresa col tema delle principesse Disney.

Harry non può negare che Louis abbia fatto un lavoro meraviglioso con Anne. Mentre Louis e Anne tolgono i piatti dal tavolo, il telefono comincia a squillare ma Louis decide di lasciare scattare la segreteria.

 

Ciao a tutti! Siamo Louis…

E Anne!

"Ora non possiamo rispondere, ma se lasci un messaggio ti richiameremo al più presto!

 

C’è un secondo di silenzio, poi “Lou, so che sei a casa! Per favore rispondi, mi si è fermata la macchina e piove e Max è a Glasgow per lavoro e…”

 

Louis non fa finire Eleanor di parlare che tira su il telefono, “dove sei?” chiede. Parlano per qualche minuto, e quando Louis attacca il telefono guarda Harry.

 

“Ci metterò massimo mezz’ora, giuro. Puoi…” indica con lo sguardo Anne, e Harry annuisce subito, “Anne, devi mettere il pigiama e lavare i denti, okay?” La bambina gli da un bacio sulla guancia e corre in camera sua, e Louis alza lo sguardo verso Harry.

 

“Quando torni possiamo… Parlare?” chiede Harry. Louis annuisce, sapendo che comunque, prima o poi, quel momento sarebbe arrivato

 

 

 

 

 

 

Una volta che Louis esce dalla porta di casa, Harry si siede sul divano aspettando che la bambina finisca di fare ciò che il padre le aveva ordinato. Quando torna in salotto è sorridente, e si siede sul divano accanto ad Harry a guardare un vecchio cartone animato che la pay tv sta trasmettendo.

 

“Harry, ti piace prendere l’aereo?” chiede ad un certo punto la bambina. Harry la guarda, corrugando la fronte, “non particolarmente. Mi si tappano le orecchie!” spiega, e Anne ride, poi sbadiglia.

 

“Posso chiederti una cosa?” fa poi la bambina, e Harry pensa che non potrebbe mai dirle di no, nonostante l’abbia vista solo tre volte.

 

“Certo!”

 

Anne si avvicina, “mi canti la canzone che mi piace tanto?” chiede innocentemente, e Harry non ci pensa neanche un secondo a farla sedere sulle sue gambe. La bimba si mette a cavalcioni e appoggia la testa sul petto di Harry, che inizia a cantare e ad accarezzarle i capelli, ma solo dopo aver spento la televisione.

 

Per un secondo, Harry si chiede come sarebbe andata se quel pomeriggio non fosse andato lui a prendere Jay e le ragazze in aeroporto, e soprattutto si chiede cosa sarebbe successo se lui e Louis non si fossero mai lasciati: si sarebbero sposati, e sicuramente avrebbero comprato una casa enorme fuori Londra, e si chiede quanto ci avrebbe messo a convincere Louis a comprare un cane. Sicuramente avrebbero passato la metà delle loro mattine a fare l’amore, perché quando stavano insieme era il loro momento preferito. E sicuramente ci sarebbero stati dei bambini. Un sacco di bambini.

 

Continua ad accarezzare i capelli di Anne, che ormai si è addormenta, ma continua comunque a cantare abbassando sempre di più la voce.

 

Dopo circa venti minuti Louis riapre la porta di casa, e quando si affaccia al salotto controllare il motivo di tanto silenzio sente l’aria mancargli nel vedere la scena.

Harry lo nota quasi subito, e lo saluta con la mano non occupata ad accarezzare la testa della bambina, “so che non è appropriato ma continuava a sbadigliare e poi… Ti ha già chiesto un pony? Spero non lo faccia mai perché ti ritroveresti sicuramente con un pony in salotto. Non si può dire di no a questi occhi!” dice, cercando di mantenere un tono di voce basso. Louis ride avvicinandosi, e la prende in braccio per portarla a letto.

 

Quando torna in salotto Harry ha il telefono in mano, e attira la sua attenzione esclamando un “non mi ha ancora chiesto un pony, però mi ha chiesto di portarla a Machu Picchu per i suoi quattro anni. Aveva visto un documentario con Niall e non c’è stato modo di toglierglielo dalla testa per settimane.” Harry ride, e se Louis non si sentisse adulto abbastanza, avrebbe già messo un dito dentro una delle sue fossette.

 

“Allora… Avrai delle domande, immagino” mormora Louis, e Harry lo guarda, quasi spaventato all’idea di sapere.

 

“Tante? Ma vorrei sentirti spiegare.”

 

Louis si siede a gambe incrociate sul divano, guardandolo, e sospira.

 

“Quando abbiamo litigato, quella sera, Liam ha deciso di portarmi fuori. Perché io ti avevo detto delle cose, e altre le avevi dette tu ed era diventato un gran casino, no?”

 

“Tu sai che quando sono arrabbiato non penso troppo” ribatte Harry, già nervoso, “non posso credere che tu...”

 

“E quando siamo andati nel locale ho bevuto ed è solo successo e non ha significato niente, e la mattina dopo quando sono tornato a casa tu eri sul divano e si vedeva che eri preoccupato perché non ero tornato a dormire e io volevo dirti quello che era successo ma non sapevo come” spiega Louis senza riuscire a guardare Harry negli occhi.

 

“È stata una cosa senza valore, e ho deciso di non dirtelo, perché sapevo che non mi avresti più guardato con gli stessi occhi e sai che quello che pensi… Pensavi di me, era importante” continua a spiegare, “così ho semplicemente lasciato perdere.”

 

“Un tradimento dopo una litigata del genere avrei potuto perdonarlo, perché so che la nostra relazione vale-valeva qualcosa per te. Ma il resto?” Louis finalmente alza lo sguardo e incrocia quello evidentemente arrabbiato di Harry, così riprende a parlare.

 

“Poi mi ha chiamato per dirmi che era incinta, e io sono andato nel panico più totale. Non la conoscevo, non sapevo chi fosse in realtà e non potevo sapere se fosse davvero mio, no?” mormora, “così sono andato a Los Angeles per vederla. Tu eri rimasto a Londra perché c’era il tour e dovevamo finire di registrare delle parti di una canzone e insomma.”

 

Harry si ricorda perfettamente quella mattina, lo aveva addirittura accompagnato in aeroporto perché dopo le paparazzate di quella sera a Los Angeles, il management aveva deciso che era una buona pubblicità. O almeno così aveva detto Louis.

 

“Bri...”

 

“Non voglio sentire il suo nome.”

 

“Scusa. Era nel panico anche lei, ed era sicura che fosse mio, e io non sapevo cosa dire o cosa fare. Non solo ti avevo tradito, ma ti avevo anche mentito e stavo per diventare padre. Così quando sono tornato a Londra ho parlato con qualcuno del management e mi hanno assicurato che ci avrebbero pensato loro. Che avrebbero rilasciato qualche articolo dopo qualche settimana, e che avrebbero fatto in modo di non far combaciare le cose in modo che sembrasse davvero uno stunt fatto male. E io avrei avuto tempo per spiegarti che le cose non erano esattamente così.”

 

“Ma hai detto anche a me che erano uno stunt, e che ti avevano chiamato loro in ufficio per dirtelo e che…” prova a dire Harry, ma Louis lo interrompe subito, “so cosa ti ho detto, okay? Ma sono andato nel panico. Ero scioccato. Perché quella era una cosa che avremmo dovuto fare insieme, no? Un figlio. Era una cosa nostra” dice triste.

 

Harry sente un improvviso senso di nausea colpirlo.

 

“Eri nel panico e hai deciso di mentire a tutti, chiedendo alla tua famiglia di fare lo stesso? Perché hai guardato in faccia me, Liam e Niall e ci hai detto che era tutta una farsa, che non era vero niente. E hai mentito anche a praticamente tutta la gente che lavora con noi, e per noi, e l’hai fatto per otto mesi. Otto” dice arrabbiato. Louis annuisce, “lo so. Ma quando mamma ti ha detto la verità io stavo per dirtelo e non oso immaginare come tu ti sia sentito.”

 

Harry lo guarda, “vuoi saperlo? Mi sono sentito tradito, arrabbiato, triste e avrei voluto ucciderti. Ma sai soprattutto cosa provavo? Paura. E mi sentivo solo, perché avevo passato cinque anni della mia vita con una persona che evidentemente non conoscevo e che mi aveva mentito guardandomi negli occhi. Tutte le volte che mi hai detto che mi amavi, o che volevi passare la tua vita con me, o quando parlavamo di come avremmo organizzato il nostro matrimonio. Era tutto andato via, cancellato con una frase detta da tua madre come se fosse un “ehi, a cena mangiamo una pizza?” e credimi non vorrei mai far sentire qualcuno così” dice triste, “quindi aggiungici lo sconforto di sapere che era l’amore della mia vita ad avermi fatto questo.”

 

Louis sa perfettamente che tra tutte le scelte pessime che aveva fatto durante la sua vita, quella era la peggiore.

 

“Mi dispiace” riesce a dire solo Louis e sa che non è abbastanza ancora prima che Harry glielo dica, “non puoi aspettarti che io ti perdoni così, e comunque sicuramente avrai qualcosa di più da raccontarmi.”

 

Louis annuisce, “quando tu te ne sei andato mi è crollato il mondo addosso. Tu non c’eri, e gli altri ce l’avevano con me, persino la mia famiglia, e sapevo che ne avevano tutto il diritto così mi sono chiuso in casa per quasi tre settimane. Poi Liam e Niall sono venuti qui e abbiamo chiarito. Mamma mi parlava come se stesse scrivendo un telegramma, e poi… C’era tua madre. Lei è venuta qui il giorno dopo che te ne sei andato e abbiamo parlato per ore e quando le ho finalmente chiesto di te mi ha detto che eri a Los Angeles, e che Gemma stava per raggiungerti e che per un po’ non saresti tornato. Quando Liam è venuto ad impacchettare la tua roba ho pianto per giorni” spiega. Harry abbassa finalmente lo sguardo.

 

“Poi è arrivata lei qui, e poco dopo è nata Anne e per qualche giorno sembrava funzionare, però poi… Se n’è andata, dicendo che non la sua vita non doveva andare così, che non l’aveva chiesto, che era troppo giovane per una bambina nata per sbaglio” dice, “però Anne era così piccola e indifesa ed era bellissima e… Ammetto che mi è crollato il mondo addosso. Ero da solo, con una bambina e tu non volevi parlarmi e così ho fatto la prima cosa che mi è venuta in mente.”

 

“Cioè?”

 

“Mamma aveva già da fare con i bambini e così... Sono andato ad Holmes Chapel e i tuoi mi hanno accolto e così sono rimasto lì per un po’.”

 

“Quanto?”

 

“Giusto il tempo di rendermi conto che non saresti apparso magicamente dalla porta solo perché lo volevo.”

 

Harry lo guarda per un po’ e decide che Louis sembra sinceramente dispiaciuto per tutto il male che gli ha causato, però decide che non ha tutte le risposte che cerca.

 

“Perché l’hai chiamata Anne?” chiede finalmente. Louis alza le spalle, “perché quando è venuta da me dopo che tu te n’eri andato, abbiamo parlato davvero per ore e mi ha detto che non dovevo preoccuparmi di niente, che mi voleva bene ancora come me ne voleva prima di sapere tutto quello che era successo e perché alla fine lei mi è stata sempre vicina anche quando mia madre non poteva” dice sincero.

Harry crede che si sia sotto dell’altro ma decide di non indagare.

 

“E Anne come fa a conoscere quella canzone?”

 

“Quando aveva pochi mesi non riuscivo a farla smettere di piangere e così ho messo su della musica e avevo ancora la canzone in un vecchio telefono, e si è calmata quasi subito. Da allora non ha mai smesso di ascoltarla.” Harry annuisce cercando di essere comprensivo.

 

“Ed Eleanor?” chiede finalmente. Louis si arrende all’eventualità che Harry prima della fine della serata sappia tutto, così comincia a parlare, “non ricordo in che occasione, ma tu sei andato a New York durante una pausa dal tour e lei era a Los Angeles così ci siamo visti, leggevo di quanto la gente la tirasse in mezzo per la storia del bambino così le ho raccontato la verità. So che non era una cosa che le riguardava, non eravamo neanche amici davvero mentre fingevamo di stare insieme, ma cosa potevo fare?” Harry si alza e lo guarda mettendosi le mani sui fianchi.

 

“Vuoi dirmi davvero che Eleanor sapeva del bambino praticamente dall’inizio?” chiede incredulo, e Louis non può fare altro che annuire, però si alza anche lui e cerca di avvicinarsi ad Harry, “non sai quanto mi dispiace Harry, davvero. Non mi pento di avere Anne, però se potessi tornare indietro…”

 

Allunga la mano cercando quella di Harry, che però fa subito un passo indietro, “non posso credere che tu mi abbia fatto questo, non posso credere che tu sia stato così egoista da pensare solo a te stesso.”

 

“Non l’ho fatto!”

 

“No? Davvero? Hai mentito dal momento in cui mi hai tradito, hai mentito e costretto altra gente a mentire! Hai mentito ai tuoi migliori amici, alla tua famiglia e tutto per cosa? Perché avevi paura di quello che avremmo pensato tutti! Potevamo trovare una soluzione insieme, io e te! E invece no, tu hai pensato solo a te stesso. Come fai sempre quando fai qualcosa che sai perfettamente qualcuno potrebbe non accettare.” Harry incrocia le braccia e Louis accusa il colpo sapendo di non poter ribattere.

 

“Mi dispiace Louis, ma non credo di poterlo fare.”

 

“Cosa?”

 

“Esserti amico. Fare finta di niente, come se fosse una cosa normale. Come se tu non avessi fatto quello che hai fatto, come se non ci fossimo mai amati.”

Louis lo guarda incredulo, “tu non mi hai mai dato modo di spiegare” dice. Harry lo guarda spalancando la bocca, “come?”

 

“Tu mi hai lasciato un biglietto. Tre righe per dirmi che non volevi più saperne niente e ti sei trasferito in un altro continente e non rispondevi alle mie telefonate. Se tu mi avessi lasciato spiegare…”

 

“Oh quindi è colpa mia? Hai avuto nove mesi per spiegare, e ora è troppo tardi” dice arrabbiato.

 

“Perché?” chiede finalmente Louis.

 

“Perché mi hai pugnalato alle spalle, perché mi hai spezzato il cuore, perché mi chiedo tutti i giorni se amerò qualcuno quanto amo... Ho amato te. O se vorrò mai con qualcuno quello che volevo con te. E ogni giorno la risposta è che non succederà mai.” Louis rimane spiazzato dalle parole del più piccolo, ma non riesce a dire niente che Harry riprende a parlare.

 

“È stata una pessima idea venire qui, mi dispiace” dice, prima di voltarsi e prendere la giacca da dove era stata appoggiata da Louis ed esce senza guardarsi indietro, non sapendo che mentre si siede in macchina con le lacrime agli occhi, dentro la casa da cui è appena uscito c’è una persona nella stessa situazione ed entrambi si chiedono se mai smetterà di fare male. 

 

 

 

I want you

I'll colour me blue

 



 


   
 
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