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Autore: Ghrian    16/12/2015    2 recensioni
Carlotta è una semplicissima ragazza italiana, una come tante: studia, esce con delle amiche incredibilmente più pazze di lei...
Ma nell'università che frequenta stanno organizzando un tirocinio all'estero con un'altro indirizzo, completamente opposto al suo.
Si ritroverà catapultata in un altro mondo, a contatto con una cultura e abitudini enormemente differenti dalle sue e dovrà adattarsi a tutti i costi.
Aggiungiamoci due amici sclerati, lei che non è da meno e l'entrata in campo di dodici ragazzi... l'esplosione è alle porte, io lancio l'avvertimento!
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Caaaaarl, sbrigati o perderemo l'aereo!-

-Si, signorina Sangari, si sbrighi! Non abbiamo tutto il giorno!-

-Carlotta, mi aiuti con la borsa?-

-Carlotta, ha preso il passaporto?-

-Carlotta non hai dimenticato nulla, vero?-


Il mio cervello stava minacciando di partire per una vacanza alle Hawaii, altro che Corea e laboratori di genetica.

Il mio nome non era mai stato nominato così tante volte in tutta la mia vita, sembrava che tutti avessero un'improvvisa urgenza di parlare con me. O chiedermi qualunque cosa passasse per il loro piccolo cervellino poco sviluppato. Accidenti a loro.

Si, mi rendo conto di essere leggermente acidula ma volare non mi è mai piaciuto particolarmente, mi ha sempre messo inquietudine e tanta ansia addosso.

Inoltre i toni lagnosi dei professori, dei miei compagni e dei miei genitori non facevano che innervosirmi di più.

Potete benissimo immaginarmi come un toro inferocito e sbuffante, che tentava di incornare chiunque le rivolgesse la parola.

-Carl, telefonaci spesso mi raccomando.- mi disse mia madre con un tono incredibilmente severo, ovviamente finto che però riuscì a trattenere per pochi secondi e scoppiare a ridere avvolgendomi in un abbraccio stritolatore a cui si aggiunse anche mio padre, probabilmente sentendosi escluso dal gruppo.

-Certo. Ci sentiamo.- riuscii ad articolare, cercando di ricordare come si permetteva all'ossigeno di entrare in corpo. I miei genitori hanno questo piccolo difettuccio, sono assurdi e dolci allo stesso tempo ma non li cambierei mai.

Scivolai via dalle loro braccia e mi diressi verso il nostro gate, pronta ad imbarcarmi. Mi aspettavano ben dodici ore di viaggio prima di posare i miei piccoli piedini sul suolo coreano.

-Caaaaaaaaarl! Beeeeeeeeea! Non vorrete andarvene senza salutarmi, spero! Altrimenti è la volta buona che vi ammazzo.- ululò Lar, agitando le mani al vento come se dovesse scacciare un esercito di mosche. Sì, siamo strane.

-Laaaaaaar!- urlammo di conseguenza noi, girandoci in contemporanea e buttandoci letteralmente addosso a lei, abbracciandola.

-Ci mancherai.- piagnucolò Bea.

-Anche voi, tantissimo. Sentiamoci spesso, Skipe serve pure a qualcosa.-

-Ovvio. Appena atterriamo ti invio un messaggio. I nostri insegnanti si sono già premurati di consegnarci le schede coreane. Mai stati così previdenti.- commentai, prendendoli un po' troppo in giro e guadagnandomi un'occhiataccia ben assestata dal mio insegnante di genetica. Ups.

-Buon viaggio, ragazze.- ci salutò per l'ultima volta Lar, asciugandosi una lacrima che era appena scappata dalla palpebra inferiore.

Continuammo a salutarla con la mano, mentre ci incamminavamo verso le scale.

-Sei pronta?- mi chiese Bea, infilandosi un auricolare nelle orecchie e facendo partire la musica a tutto volume.

-Sempre.- risposi solenne, per poi scoppiare a ridere e salire finalmente sull'aereo.

Dopo molti spostamenti e vari problemi a decidere che posti occupare, come se ce ne fossero molti, finalmente decollammo e io mi rilassai leggermente.

La prima parte era andata bene, ora bisognava solo sperare di non cadere.

-Vuoi una cuffia?-

-No, grazie Bea. Leggo un po'.-

Lei alzò le spalle e si rinfilò la cuffietta. Guardai il mio libro e pensai al momento critico della preparazione della valigia e a tutti i libri che non avevo potuto prendere su. Il peso era quello che era, purtroppo.

Me li sarei fatta spedire, non vi erano dubbi. Senza i miei libri non sarei riuscita a vivere, così come senza la mia chitarra.

Aprii la prima pagina di “Emma” di Jane Austen e mi immersi nella lettura, sperando di distrarmi da quel volo infinito.

-Carlotta, svegliati!-

Mi riscossi velocemente, aprendo gli occhi e pronta per fulminare chiunque avesse osato destarmi dal mio sonno profondo.

Due occhi azzurri fuori dalle orbite mi fissavano.

-Che c'è?- risposi in malo modo, sistemandomi meglio sul sedile, ora diventato scomodissimo.

Avevo dormito in una posizione indecente: le gambe accartocciate sul sedile, le braccia incrociate e il busto piegato verso il finestrino prima oscurato. Ora la vista delle case illuminate mi aveva incantato, facendomi letteralmente spiaccicare sul vetro.

-Stiamo volando sopra la Corea. Tra poco atterreremo.- fece lei, sedendosi più comoda e inclinando la testa verso di me.

-Oh, bene.- farfugliai, troppo presa ad osservare quell'incredibile continente illuminato in modo abbagliante. Era decisamente uno spettacolo meraviglioso.

-Ragazzi, ci siamo!- confermò l'insegnante di coreano.

Quando percepii la discesa dell'aereo, iniziai a pensare seriamente al mio testamento.



-Terraaaaaaa!- gridai non appena misi un piede sulla terra ferma.

-Come sei melodrammatica.- mi liquidò Bea, tentando di essere superiore.

-Ma smettila che anche tu all'atterraggio minacciavi vomito.- ribattei imperterrita e senza pietà.

Lei sgranò gli occhi e spalancò la bocca, in una posa incredula decisamente finta.

-Come attrice falliresti prima ancora di debuttare.- ridacchiai, ricevendo uno scappellotto sul collo che mi lasciò un bel segno rosso.

-Forza, forza che la Korea University ci aspetta.- sbraitò un altro insegnante di lingue, sputacchiando un po' in giro.

Alzai gli occhi al cielo e mi diressi verso i pullman che avrebbero dovuto portarci all'università in questione.

Buttai malamente la valigia insieme alle altre e conquistai il posto vicino al finestrino, non senza le continue proteste di Bea.

-Hai chiamato James?- mi chiese, utilizzando gli occhiali da sole come cerchietto per tenere indietro i capelli. Dopotutto era notte qui.

-Non ancora. Gli mando un messaggio.- sospirai, prendendo il cellulare dalla borsa.

Lei annui e sprofondammo nel sedile, una con le sue inseparabili cuffiette e io con la faccia appiccicata al finestrino. Niente di nuovo, insomma.


A: Jamesuccio

Jaaaaaaames! Ho appena messo piede sul suolo coreano. Dobbiamo riuscire a vederci il prima possibile.


DA: Jamesuccio

Finalmente! Sai già dove dormirai?


A: Jamesuccio

Al dormitorio dell'università, in teoria.


DA: Jamesuccio

Sapete già se avrete i posti?


A: Jamesuccio

No, non sappiamo ancora nulla. Dovrò anche trovarmi un lavoro... conosci qualcuno?


DA: Jamesuccio

Penso di si. Tienimi aggiornato, nel caso passo a prenderti.


A: Jamesuccio

Sai, come tassista avresti il lavoro assicurato. Grazie.


DA: Jamesuccio

Lo so. Non pensare di passarla liscia, voglio un pagamento. Un abbraccio basterà.


A:Jamesuccio

Affare fatto.


Era uno dei ragazzi più dolci che avessi mai conosciuto. Jenni aveva fatto proprio un bell'affare e anche lui, quella ragazza era davvero un'amore.

Ti facevano sperare che i colpi di fulmine esistessero davvero.








NOTA: Salveeeeee!

Come state? Io penso di stare per morire, ho troppi impegni caspiterina!
Comunque, spero che questo capitolo vi piaccia, finalmente Carotta arriva in Corea e beh, dal testo capite bene quanto sia fuori di testa...

Vorrei ringraziare chi ha messo questa storia tra le seguite, spero che andando avanti questo piccolo parto della mia mente bacata continui a piacervi!
Inoltre, beh direi di ringraziare anche quella santa donna mangiatrice di pollo a tradimento che mi ha recensito! Aspettatti una bella sorpresa per domani...

Buon pomeriggio e alla prossimaaa!


   
 
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