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Autore: Gaia_dc    16/12/2015    0 recensioni
~Tratto dal 1º capitolo~ "Sentì die rumori provenire dalla cucina, si alzò e senza pensarci estrasse la pistola da sotto il cuscino. Ma non fece in tempo a raggiungere la stanza che vide un uomo uscire dalla porta di casa, e lei non poteva sparare, o avrebbe svegliato la sua bambina"
Sono passati quasi due anni da quell'addio che ancora rappresenta un punto interrogativo per Tony. Perché gli ha chiesto di venire per poi nascondersi? Purtroppo non riceverà mai una risposta perché lei non tornerà mai più a DC. Ma tutto cambierà quando una bambina verrà rapita nella notte, e Ziva potrà chiedere aiuto solo all'NCIS.
Una nuova storia in cui ho immaginato un altro aspetto del carattere di Ziva più materno, nei confronti di una figlia avuta durante una relazione di cui si pentiva... O almeno così credeva.
Spero di aver suscitato la vostra curiosità... Che aspettate allora? Correte a leggere!
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ziva David
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Quella notte Gibbs si addormentò sul divano, lasciando il suo letto a Ziva che non aveva un posto dove andare. Gibbs non aveva accennato a fare domande, le aveva solo offerto casa sua come alloggio, ed augurato la buona notte.
 
Ziva era stesa sul letto e guardava il soffitto. Essendo tornata a DC aveva molte cose di cui preoccuparsi, a partire da quello che avrebbe raccontato il giorno dopo a Gibbs, come avrebbe potuto chiedere al direttore di poter rientrare in squadra, per poter collaborare nelle indagini, e poi… E poi c’era Tony. Quella sarebbe stata la parte più difficile. Ma in quel momento, riusciva a pensare solo alla sua piccolina. Sperava con tutto il cuore che stesse bene, e che Adam la stesse trattando con cura come un padre farebbe… Solo un’illusione, ovviamente, ma la speranza è l’ultima a morire. Si rese conto del vuoto che la bambina aveva lasciato. Voleva solo poterla riabbracciare, e dirle ancora una volta che ci sarebbe stata sempre, e nel suo cuore, iniziava a chiedersi se l’avrebbe mai rivista, se avrebbe mantenuto la promessa. Al solo pensiero una lacrima solitaria le rigò il volto. Non poteva immaginare una vita senza la sua Ariel. Aveva fatto davvero di tutto per poterla crescere, ed ora gliel’avevano portata via.
 
Doveva parlarne con Gibbs, il prima possibile.
Si alzò, e con cautela, senza fare rumore si avvicinò al divano del salotto.
Gibbs, che ancora non era riuscito a prendere sonno dopo quel tumulto di emozioni che aveva provato quella sera, si mise subito a sedere vedendo Ziva appoggiata allo stipite della porta che, con gli occhi bassi, aspettava di poter parlare con lui. In quel momento vide in lei la sua Kelly, quando aveva fatto un incubo e correva nella camera dei genitori per dormire con loro.
“Hai fatto un brutto sogno? Vieni qua” le disse a bassa voce.
Si avvicinò cauta, e quando si sedette ed incrociò lo sguardo del suo capo, che la osservava cercando di capire con gli occhi di un padre, questi non riuscì a trattenersi dallo stringerla forte a sé, sussurrandogli che sarebbe andato tutto bene, che ogni cosa si sarebbe risolta.  Era convinto che non sarebbe mai tornata da lui, che non sarebbe mai tornata sui suoi passi, e se ora la stava abbracciando e consolando, stava per accadere qualcosa di molto grave e pericoloso… O forse era già avvenuto.
 
Gibbs sentiva che tentava di parlare, ma le parole le si strozzavano in gola, fino a quando non sentì una sua lacrima bagnargli la maglietta. Tentava di trattenere dei singhiozzi, che divennero sempre più forti, fino a che non si trasformarono in un vero pianto disperato. Da quel che ricordava non l’aveva mai vista così.
 
Quando finalmente si calmò, capì che non serviva a niente restare a piangere, e riuscì a dire qualcosa.
“Gibbs… Non sarei dovuta tornare, lo so, ma non l’ho fatto per me… È che…” Le lacrime ripresero a scendere. Non era possibile che fosse così difficile esporre un problema. Ma forse era dovuto tutto al fatto che spiegandolo a qualcuno, sarebbe diventato più reale, e lei non voleva crederci. Gibbs la fermò.
“Tu non saresti dovuta partire, Ziva. È diverso!” Voleva dirle che la sua scelta aveva portato tanto dolore a tutti, e certamente anche a lei stessa, ma forse, dopo tutto quello che le era successo, non voleva rassegnarsi all’idea di essere l’unica David ancora in vita… E poi quello non era il momento più adatto, o si sarebbe potuta sentire disprezzata per il suo errore e sarebbe scappata ancora. L’ultima cosa che lui voleva, ora che l’aveva di nuovo con sé.
“Gibbs… Una bambina di quasi due anni è stata rapita la notte scorsa intorno alle due a Tel-Aviv” spiegò raccogliendo le sue forze. Vedendo Gibbs confuso, Ziva continuò “Ho parlato con il Mossad, ma poiché non ne faccio più parte, ed essendo un agente federale in congedo, dovevo parlarne con l’NCIS, che potrà contattare il Mossad ed iniziare le indagini”
“Ziva… Come si chiama la bambina?” osò chiedere, temendo il peggio.
Ziva esitò pochi attimi. Non avrebbe mai detto di avere una figlia, o almeno fino a quando non lo avesse ritenuto necessario.
“Ariel David” Non avendo un vero padre, Ziva le aveva dato il suo cognome.
“Ziva… C’è qualcosa che devi dirmi?” Chiese al limite dello stupore.
“È un semplice caso di omonimia. È la figlia di un’amica che ora è morta, e quando posso me ne prendo cura. Il padre ha rinunciato alla sua patria potestà… Abbandonandole!”
La guardò un po’ titubante per il suo atteggiamento molto coinvolto, finché non si convinse. Quello non era un interrogatorio.
“Vieni qua, la troveremo” disse abbracciandola prima di tornare a dormire. “Ziver… Ci sei mancata”
 
“Perché sei venuta fino a qui? Sai che potevi tranquillamente chiamare”
“Vorrei poter prendere parte alle indagini, e il Mossad non me lo consentirebbe”
“Ma anche qui, saresti emotivamente coinvolta, e non potresti”
“Direttore Vance, sa cosa si prova a perdere la persona più cara che ha. Non sarebbe la prima volta se facesse uno strappo alla regola…”
La mattina dopo Gibbs l’aveva portata all’NCIS quando non c’era ancora nessuno, se non il direttore. Le aveva fatto lasciare le sue cose alla scrivania di riserva, separata da un muro da quella di McGee e l’aveva portata da Vance per poterne parlare.
“Agente David, tornerà a far parte della squadra di Gibbs come membro aggiunto fino alla fine di questo caso. Poi prenderemo gli adatti provvedimenti, anche per un eventuale reintegro.” Le disse ridandole la sua pistola e il distintivo.
 
Anche a lui era mancata tanto, specialmente dopo gli ultimi fatti accaduti prima che lei se ne andasse che li legavano in modo particolare, e sapeva che riaverla nell’agenzia sarebbe stato difficile, ma davvero utile. Non solo per le indagini. Anche lui ci sperava.
 
In tutto questo Gibbs era rimasto da parte, senza dire una parola, convinto che Ziva avesse preferito recarsi lì di persona, e non con una chiamata, non solo per il motivo che aveva detto. Entrambi uscirono dopo aver ringraziato, e si diressero alle scrivanie. Mentre Ziva spiegava che non c’era nessun altro su cui indagare, se non Adam Eshel poiché la sua ipotetica amica era morta per cause naturarli. Gibbs rimase allibito a sentire quel nome. Quando li aveva aiutati nella caccia di Bodnar, gli era parso un bravo ragazzo. Poi la avvertì subito che probabilmente l’agente che aveva preso il suo posto sarebbe arrivata a momenti e lei gli chiese di non dire nulla sulla sua identità. Voleva essere pronta.
 
“Bishop, Ariel David, bambina affidata ad un agente in congedo, in stato di eventuale reintegro” lanciò un occhiata a Ziva facendole capire che avrebbe voluto che rimanesse “rapita l’altra notte” continuò.
“Gibbs” rispose la ragazza, iniziando a domandarsi chi fosse Ziva.
“Lei è un’agente in prova che sarà di supporto in questo caso”
“Agente Bishop” si presentò stringendole la mano.
“David”
 
Tornò a sedersi, ed iniziò a lavorare sul caso. D’un tratto sentì le porte dell’ascensore aprirsi. Il cuore iniziò a batterle all’impazzata, e Gibbs se ne accorse, lanciandole un’occhiata di sostegno.
Era McGee, e Ziva si rilassò, mentre il capo sorrise piegando la testa. Sapeva che c’era un legame particolare tra lei e Tony, e sapeva che era di vedere lui che aveva paura.
“Ciao Ellie. Capo”
Essendo nascosta dietro il muro, McGee non si accorse di Ziva, e iniziò a fare domande sul caso.
“Dov’è DiNozzo?” chiese Gibbs
“A fare la sua donazione di sangue…”
“Tony che la fa in tempo?” si meravigliò Bishop.
“Ma no… Quella del mese scorso” rise McGee pensando all’assurdità dell’affermazione della collega.
“Ho dovuto accompagnarlo, ma quando ha visto l’infermiera…”
Intanto sul volto di Ziva compare un lieve sorriso, mentre batteva al computer. Gibbs le lanciò un’occhiata di sottecchi, sorridendo a sua volta.
 
Il capo si era allontanato, ed intanto McGee aveva iniziato a fare qualche ricerca.
“Bishop, non risulta alcuna Ariel David nei registri. Non ha la cittadinanza Americana?”
“Doppia cittadinanza. Viveva a Tel-Aviv”
Il ragazzo non aveva collegato il cognome al luogo del rapimento, preso com’era dal caso.
“Quindi sarà ancora a Tel-Aviv. Chiamo il Mossad, e rintracceranno Adam Eshel”
Fu in quel momento che Ziva capì che doveva farsi avanti. Aveva appena trovato una pista, e in più rimanere nascosta dietro ad un muro non sarebbe servito a molto.
“No! Ho localizzato il GPS dell’auto. È qui a Georgetown, sulla 34esima!”
McGee si voltò di colpo, rimanendo a bocca aperta e riuscendo a pronunciare solo il suo nome
“Ziva?”
“David?” fece Bishop ripensando a quando si era presentata pochi minuti fa. Ecco dove l’aveva sentito! Aveva lavorato così silenziosamente dietro quel muro che se ne era completamente dimenticata, e non aveva avvisato il collega.
“Ziva David?” conclusero entrambi.
“Ciao McGee… Agente Bishop…”
 
Stava girando il  muro, per poter parlare con i colleghi, passando davanti alla scrivania di Gibbs, quando i suoi occhi si posarono su una figura che nel frattempo era comparsa alle loro spalle. Si fermò di colpo pietrificata, senza distogliere il suo sguardo dai suoi occhi. Non era così che immaginava di incontrare, dopo tanto tempo, il suo partner, che ora la stava fissando con un’espressione mista di sorpresa, felicità, e anche malinconia… Ma più di tutto, incredulità.
Sentiva i suoi occhi addosso, e avvertì un vuoto allo stomaco. Lentamente il loro sguardo si addolcì. Entrambe le loro menti erano tornate indietro a quel bacio, e a tutto quello che avevano trascorso insieme. Un lieve sorriso comparve sul volto dell’agente super speciale Anthony DiNozzo.
Vennero riportate alla realtà dalla simpatica biondina di cui Ziva ancora non conosceva il nome, ma che avrebbe voluto non si fosse messa in mezzo proprio in quel momento. McGee ormai era esperto, e sapeva che attimi del genere non vanno disturbati. Quante volte si era trovato in situazioni simili!
 
“McScienziato  hai qualche rimedio per il mal di testa, credo che i postumi del prelievo si stiano facendo sentire…” disse ad un tratto il ragazzo, senza toglierle lo sguardo di dosso. Per quanto gli sembrasse reale, non era ancora del tutto convinto che la ragazza che negli anni era stata per lui più di un’amica, più di una fidanzata, più di una sorella, qualcosa di indescrivibile, e che aveva lasciato in quell’aeroporto di Tel-Aviv, fosse ora davanti al lui.
Una parte di lui fremeva per poterla stringere a sé… Quanto gli era mancata! Ma un’altra, quella più in superficie, provava del rancore. Non aveva voluto seguirlo allora, e non sarebbe dovuta tornare adesso. Non quando finalmente era riuscito a ristabilizzare la sua vita. E ci aveva impiegato quasi due anni.
 
“David, raggiungilo sulla 34esima” Gibbs aveva assistito alla scena dall’alto delle scale senza farsi vedere, ed ora stava scendendo.
Ziva si incamminò velocemente verso l’ascensore, passando proprio di fianco a Tony che ancora non si era tolto il giubbotto, ed era fermo davanti alla sua scrivania.
“DiNozzo seguila. Vi raggiungo tra un attimo. McGee…”
“Tabulati telefonici e ultimi movimenti bancari” completò la frase il ragazzo, mettendosi subito al lavoro.
“Io mi faccio dare un mandato” concluse a sua volta Bishop.
“Capo non ho idea di quale sia il caso e…” iniziò Tony, cercando di convincere il capo a non mandarlo con Ziva. Non in quel momento. Avevano bisogno di tempo.
“Ti aggiornerà lei.”
“Ma io ho appena fatto il prelievo… Mi fa ancora male il braccio, e non ho mangiato…”
Gibbs aveva raggiunto le scrivanie e lanciò a Tony un sacchetto con dentro una brioche.
“Sbrigati!”
Sapeva che nessuno dei due si sentiva pronto per affrontare l’altro, ma in qualche modo si sarebbero dovuti riavvicinare, anche perché qualcosa gli diceva che Ziva non se ne sarebbe andata.
 
Le porte dell’ascensore si stavano per chiudere, e Ziva sperava con tutta se stessa che il suo ex-partner non facesse in tempo ad arrivare, quando una mano si infilò in mezzo.
Guardavano entrambi davanti a sé, pieni di imbarazzo. Poi Tony si schiarì la voce e ruppe il ghiaccio.
“Come… Come mai sei qui?”
“Una bambina è stata rapita a Tel-Aviv…” rispose senza alcun’intonazione.
“È perché è nostra giurisdizione?”
“Perché sono stata io a denunciarne la scomparsa. Al Mossad non l’hanno accettata dal momento che non ne faccio più parte e sono venuta qui. Collaborerò per le indagini…”
Si fermò un secondo. Non sapeva cosa avrebbe fatto dopo, se sarebbe tornata al lavoro, oppure no. Sapeva solo che quando avrebbe trovato la bambina, perché l’avrebbe trovata, se lo sentiva, sarebbe rimasta in America.
Riprese a parlare, ma Tony fece un’altra domanda.
“Come si chiamava la bambina?” chiese un po’ spaesato, ed avendo paura che in quegli anni avesse avuto una figlia.
“Si chiama!” enfatizzò lei, facendo capire che dovevano trovarla viva a tutti i costi.
“Si chiama Ariel David” disse a bassa voce.
L’agente bloccò immediatamente l’ascensore. Era ora di finirla con questa farsa. Entrambi stavano fingendo di essere calmi quando invece, erano appena stati investiti da un uragano di emozioni.
“Si tratta di un caso di omonimia!” si affrettò a spiegare, sentendosi chiamata in causa, in tono agitato.
Dallo sguardo del ragazzo si capiva che pretendeva ancora delle spiegazioni.
“La madre è morta per cause naturali, ed il padre le ha abbandonate. Io me ne prendevo cura insieme a Monique, prima che finisse in un orfanotrofio.” mentì.
“Chi è il senza cuore che le ha abbandonate?” chiese il ragazzo, non aspettandosi quale sarebbe stata la risposta.
“Adam… Adam Eshel” disse facendo ripartire l’ascensore.
Gli occhi di Tony facevano ben capire quale sorpresa stesse provando, e, pochi secondi dopo, vedendo lo sguardo assente del ragazzo, Ziva lo bloccò di nuovo. Si guardarono negli occhi in cerca di verità, e poi lo fece ripartire un’ultima volta. Non era ancora il momento di chiudere quella farsa.
 

Intanto Gibbs era andato a recuperare il berretto e la felpa dell’NCIS che prima appartenevano a Ziva. Quando le prese in mano un sorrisetto nacque sul suo volto, speranzoso, che non avrebbe mai più dovuto rimettere quei capi nel ripostiglio.







 

NOTA DELL'AUTRICE

Ciao a tutti. Ecco il secondo capitolo di questa nuova storia. Innanzitutto volevo farvi notare che, come potete vedere, ho cambiato il format delle note, con qualcosa di più colorato, essendo in periodo natalizio... Anche se vi ricordo che nella storia siamo ancora ai primi di settembre.
Ma passiamo al capitolo. Allora Ziva è tornata all'NCIS, e Vance le ha permesso di rientrare in squadra... Infondo è mancata a tutti... E come dargli torto! Ad ogni modo... Ha già conosciuto Ellie, anche se ancora non sa quale sia il suo nome. Ho preferito non parlare ancora della sua scrivania, perché mi sarei dilungata troppo, quindi aspettate di leggere il prossimo capitolo.
E poi è arrivato Tony... Vi ricordo che è una storia TIVA, anche se dai primi capitoli sembra molto ZIBBS (shippo anche loro come padre e figlia XD). Ho evitato di mettere subito un litigio o un abbraccio, perché mi sembrava troppo presto, ma nei prossimi capitoli...
Poi vi volevo dire una cosa importante. Per descrivere lo sguardo TIVA di quando Tony e Ziva si rivedono davanti alle scrivanie, mi sono basata su un episodio (che si chiama, come questo capitolo, Reunion), in cui Ziva è appena tornata dalla Somalia... E vedendo una foto (che se troverò, vi metterò a fine nota) ho pensato a quante volte il nostro povero McGee si sia trobato in situazioni strane... Ahahah... Povero GNU (Chi deve capire ha capito)! 
Intanto Ariel è ancora nelle mani di Adam e non sappiamo come si stia trovando. Nel prossimo capitolo vedremo una piccola svolta, e delle spiegazioni che ci aiuteranno a capire cosa sia successo realmente, e perché Ziva sia convinta che sia proprio il padre di Ariel ad averla rapita. Allora cosa ne pensate per ora? Aspetto vostri commenti. Baci. Gaia.




   
 
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