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Autore: Gaia_dc    13/12/2015    0 recensioni
~Tratto dal 1º capitolo~ "Sentì die rumori provenire dalla cucina, si alzò e senza pensarci estrasse la pistola da sotto il cuscino. Ma non fece in tempo a raggiungere la stanza che vide un uomo uscire dalla porta di casa, e lei non poteva sparare, o avrebbe svegliato la sua bambina"
Sono passati quasi due anni da quell'addio che ancora rappresenta un punto interrogativo per Tony. Perché gli ha chiesto di venire per poi nascondersi? Purtroppo non riceverà mai una risposta perché lei non tornerà mai più a DC. Ma tutto cambierà quando una bambina verrà rapita nella notte, e Ziva potrà chiedere aiuto solo all'NCIS.
Una nuova storia in cui ho immaginato un altro aspetto del carattere di Ziva più materno, nei confronti di una figlia avuta durante una relazione di cui si pentiva... O almeno così credeva.
Spero di aver suscitato la vostra curiosità... Che aspettate allora? Correte a leggere!
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ziva David
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Si svegliò di colpo, sudata e con il respiro affannato. Era solo un sogno. Lo stesso che faceva da circa due anni, e che ogni notte la svegliava col magone, rendendole la vita impossibile. 
È solo un sogno continuava a ripetersi nella mente, eppure sapeva che presto quel sogno si sarebbe trasformato in realtà. Una realtà che per quanto lo negasse a se stessa, le faceva paura. Tanta. Perché non coinvolgeva solo lei. E quella notte, alle 2 di quella maledetta notte, quella realtà che tanto temeva le piombò addosso, e lei non poteva fare altro che accettarlo e adattarsi. Sopravvivere, come aveva sempre fatto.
 
Sentì dei rumori provenire dalla cucina, si alzò e senza pensarci estrasse la sua pistola da sotto il cuscino. Ma non fece in tempo a raggiungere la stanza che vide un uomo uscire dalla porta di casa, e lei non poteva sparare, o avrebbe svegliato la sua bambina.
 
Si chiamava Ariel, aveva quasi 2 anni e la caratterizzava una dolcezza estrema, la stessa che caratterizzava la sua mamma quando era piccola. La sua mamma era Ziva David, ma un papà, quello non ce l’aveva. O meglio, non l’aveva mai conosciuto. Ma stava bene così, Ziva le dava tutto quello che poteva offrirle, ed era una mamma perfetta.
 
Rimase immobile, paralizzata, ma sapeva che non poteva fare niente per il bene della sua bambina. In realtà era ancora un’agente federale, ed in qualsiasi momento avrebbe potuto richiedere il suo distintivo, questo, però comportava che tornasse a DC, in America. All’NCIS. E questo un po’ la spaventava. Da quando se n’era andata molte cose probabilmente erano cambiate, e tutti le avrebbero voltato le spalle, come lei aveva fatto con loro.
Per sua figlia, però, era disposta a tornare indietro sui suoi passi.
 
“Mamma!”
Ziva era ancora paralizzata davanti alla porta ormai chiusa con la pistola puntata davanti a sé, quando sentì la vocina di sua figlia chiamarla.
Doveva averla svegliata mentre stava andando in cucina, ed ora piangeva e la chiamava.
Corse in camera, era ancora sul lettone posto accanto al suo, e stringeva il suo peluche. Corse ad abbracciarla e cercò di calmarla, e quando si accorse che iniziava a piangere sempre di più, la prese in braccio e la cullò portandola in giro per casa.
“Va tutto bene amore, va tutto bene. Adesso ce ne andiamo, e tutto finirà, te lo prometto!” le ripeteva, mentre la bambina si stringeva sempre di più al suo petto.
 
Aveva deciso, sarebbe partita quella sera stessa, e avrebbe regalato un po’ di pace alla sa bambina. Non sopportava più di vederla così, in pericolo, e indifesa. Sapeva solo che le sarebbe rimasta accanto e l’avrebbe protetta finché avesse avuto vita.
 
La stese sul lettone una volta che si fu calmata, per iniziare a preparare le valige, ma quelle manine la trattennero, afferrandole il braccio.
“Ariel che succede? Hai fatto un brutto sogno?” chiese sedendosi sul letto e mettendosi la piccola in piedi sulle gambe. La bambina annuì con i lacrimoni.
 
Ziva la guardò per un attimo. Era estate, e a Tel-Aviv, quella stagione era molto calda, per questo l’aveva lasciata solo con il pannetto. Aveva i capelli lunghi per una bambina della sua età, erano castano-dorati e mossi. Aveva la carnagione olivastra, come la sua e degli occhi verde smeraldo. Ogni volta che li guardava vedeva quelli dell’unico ragazzo che le fece veramente battere il cuore, che l’aveva salvata ogni volta che era in pericolo, e che aveva baciato con tanta passione prima di vederlo salire su un aereo che li aveva separati per sempre.
Eppure non era lui il padre. Aveva preso gli occhi da Rivka, sua madre, infatti erano dello stesso colore di quelli di Tali. Il padre era un uomo che Ziva credeva amico, che credeva le fosse rimasto accanto quando tutto sembrava andare storto ed Eli era morto, che credeva la stesse confortando e le sarebbe rimasto accanto… Ma si sbagliava, perché quell’uomo era Adam Eshel. 
 
“Che hai sognato piccolina?”
“Sempre lo stesso uomo cattivo che mi porta via da te. Io volevo urlare ma non ci riuscivo e.. e…”
Ziva vide che si stava agitando e la strinse a sé, mettendole una mano sul pannetto e l’altra che le massaggiava la schiena nuda.
“È tutto finito amore. Sono qui, e non ti lascerò mai” la allontanò dal petto e la guardò negli occhi.
“Hai capito? Mai!” le sorrise, e tornò ad abbracciarla.
 
Andò a prendere una valigia dal ripostiglio, ma quando tornò in camera, il panico l’assalì. Nel letto non c’era più nessuno, e la porta finestra era aperta… Ariel, la sua bambina, era scomparsa. Pochi secondi prima le aveva promesso che sarebbe rimasta sempre con lei, ed ora era fuori dalla sua casa, con una pistola in mano a cercare lei e il suo rapitore. Le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi, ma nonostante questo, continuò a cercare per tutta la notte.
 
Si svegliò la mattina dopo, verso le 5, era accovacciata in un angolo della strada. Si rese conto che aveva appena perso sua figlia, l’unica ragione che la spingeva ad andare avanti. Da quando Tony se n’era andato, lei era rimasta sola, e la sua unica gioia era Ariel.
 
“Ariel! Ariel!” urlava a squarciagola, ma non otteneva risposta. Chissà come sarà spaventata, e cosa le avrà fatto quel mostro del suo rapitore che, anche se non aveva le prove per dimostrarlo, sapeva benissimo chi fosse.
 
Si fermò, in piedi sul ciglio della strada, prese un respiro. Scrutava l’orizzonte in cerca di risposte, di segni che le dicevano che sua figlia stava bene. Il vento le muoveva i capelli dalle striature dorate illuminati dalla flebile luce dell’alba, mentre portava con sé un sussurro.
“Ti troverò, ovunque tu sia!”
 
Continuò a cercare, finché non si rese conto che da sola non poteva fare molto, e se amava davvero sua figlia, doveva essere disposta a tornare nel suo passato per lei, a riaprire vecchie ferite mai rimarginate, vuoti colmati solo dall’assenza.
 
Voleva agire il più velocemente possibile, e per questo si recò subito alla sede del Mossad, dove senza crearsi scrupoli, entrò nell’ufficio del direttore mentre segretari e sottoufficiali tentavano di fermarla.
“Sarah perché non mi hai avvisato che…” disse il direttore Orli Elbaz rivolta alla sua segretaria, ma quando si trovo di fronte la ragazza, si bloccò di colpo.
“Ziva… A cosa devo questa visita?”
“Una bambina è stata rapita ieri notte…” Disse con voce piatta e un po’ allarmata.
“E questo cosa c’entra col Mossad?”
“Devo trovarla!” sbatté le mani sulla scrivania. Era furiosa. Il tempo stringeva e lei voleva poter riabbracciare sua figlia.
“Hai detto bene… Devi!”
“Non ha nemmeno 2 anni ed è sparita durante la notte! Sono un ex-agente del Mossad, e sto venendo qui a…” 
“A chiedere aiuto? Ziva, stai chiedendo aiuto a me?”
“È mia figlia!”
“Ma tu non sei la mia. E non infrangerò le regole per te. Non sei più un agente del Mossad. Sai già dove devi andare!”
Fece cenno a due ufficiali di scortarla fuori dalla sede e Ziva non oppose resistenza. Si rese conto di quanto insensibili fossero quegli agenti, e si chiese se quando lei ancora ne faceva parte, una donna fosse mai venuta a chiedere un aiuto che poi le è stato negato.
 
Era seduta sul suo letto, con una foto in mano scattata pochi giorni prima, che la ritraeva con Ariel. Continuò ad osservare il volto sorridente della bambina, che in pochi giorni avrebbe compiuto due anni. Non riusciva a trattenere le lacrime che lentamente si trasformarono in silenziosi singhiozzi. Era pentita di averle dato un padre come Adam, che ora, era certa, l’aveva rapita.
 
L’aveva concepita quando era andata a seppellire suo padre, ed in un momento di debolezza si era lasciata perdere dalla passione, finendo per farsi consolare da quell’uomo. Non c’era giorno in cui non se ne fosse pentita, finché non scoprì, diversi mesi dopo, quando era già tornata in Israele e Tony era su un aereo per andare a trovarla, di essere in dolce attesa. Il resto non fece in tempo a ricordarlo, che decise di prendere lei l’aereo, questa volta, e andare dove un aiuto non le era mai stato negato.
 
Era distrutta, aveva perso la sua bambina, non sapeva dove cercarla, e i servizi segreti israeliani le avevano precluso ogni possibilità di trovarla. Non le restava altra opportunità. Era spaventata, tesa per tutto quello che le stava accadendo. Ma d’altronde si sarebbe dovuta aspettare che tutto questo sarebbe successo, quando aveva deciso di tenere la bambina, ma nasconderla a tutti per sicurezza, tranne alla sua unica amica Monique.
 
L’orologio che portava al polso segnava le tre di notte, e lui era ancora in quella cantina, a levigare il legno davanti ad una bottiglia di Bourbon. Forse era ora di andare a dormire, ma tanto non sarebbe riuscito a prendere sonno. Aveva per la testa ancora lo strano caso di quella mattina, un caso come tanti, che aveva solo bisogno di un paio di ricerche per essere concluso. Infatti non era quello a tenerlo sveglio. Quello era un giorno importante, perché in quel giorno la sua bambina, Kelly se n’era andata insieme a sua moglie, Shannon. Non le aveva mai dimenticate, così come non aveva mai dimenticato il volto del loro assassino. Le mancavano da impazzire, e pensava che un simile dolore non lo avrebbe mai più provato. Si sbagliava. Quando Kate era stata uccisa da Ari, quello stesso malessere si rifece vivo in lui. Ed anche la stessa voglia di vendetta che lo spinse a volere il bastardo morto.
Ma non fu lui ad ammazzarlo. Fu una ragazzina di soli 23 anni, che già portava con sé il peso delle morti di tante persone, ed allora anche quella di suo fratello. Non si era mai fidato ciecamente di Ziva David, forse solo perché era la sorella del carnefice della sua agente. Poi però le cose cambiarono. Il loro legame divenne forte, indissolubile. Ci volle del tempo, ma alla fine, quando anche lei se ne andò, il dolore ed il senso di colpa si fecero enormi. Faceva più male di quanto ricordasse. Forse perché perdere una figlia era come perdere una parte di sé.
 
Stava per versarsi un ultimo bicchiere di Bourbon prima di andare a coricarsi che sentì dei passi. Sollevato dall’idea che non era l’unico sveglio e pensieroso a quell’ora, si chiese chi potesse essere. DiNozzo che non si era ancora deciso a parlare con Zoe e chiudere la loro relazione una volta per tutte? Non sarebbe andato da lui… Allora Bishop che aveva le solite discussioni con Jake… O Fornell che si sarà invaghito di un’altra sua ex moglie… Chissà perché tutti quelli che parlavano con lui in quel periodo, avevano sempre problemi di cuore. Lui invece li affogava in un bicchiere di quel liquore. Ma quella sera fu diverso. Tutto sarebbe cambiato da quel momento.
 
Chiunque fosse scendeva lentamente. Indossava pantaloni larghi pieni di tasche. Poi intravide una maglietta con uno smanicato beige anch’esso pieno di tasche. Era una donna, ma non era Ellie. L’ultima cosa che vide prima di riconoscerla e rimanere sbalordito convinto che il liquore gli stesse facendo uno strano effetto, furono dei ricci selvaggi che ondeggiavano ad ogni suo movimento.
Quando si voltò era pallida in volto, aveva gli occhi umidi come se da poco avesse smesso di piangere. Non ci furono parole. Non servirono. Le andò incontro e l’abbracciò come fa un padre. Non aveva idea di cosa fosse successo, ma avrebbero avuto modo di parlare. Gli salì un nodo alla gola. Si sentiva in colpa perché era andata via, era colpa sua. Avrebbe dovuto convincerla che lui era già fiero di lei, che non era arrabbiato per il fatto che avesse ucciso Bodnar… Che si fidava di lei, e che in fondo, anche se lo negava a tutti, compreso se stesso, lo ha sempre fatto dal momento in cui ha visto i suoi occhi inumidirsi davanti al corpo morto del fratello, e le aveva sfiorato la mano, in quel preciso punto di quella cantina.
 
In quell’abbraccio si sentì protetta, come non si sentiva da tanto tempo. Rivedere l’uomo che l’aveva cresciuta era stato come una pugnalata al cuore. Immaginava che nonostante l’orario l’avrebbe trovato lì a levigare il legno, e soprattutto immaginava la delusione che provava in quel momento. Certo, non l’aveva reso orgoglioso il fatto che fosse tornata sui suoi passi, e ancor di più il fatto che presentandoglisi davanti senza preavviso, gli avrebbe solo portato problemi. Perché lei era un assassina, e non era la prima volta che l’NCIS si trovava a dover coprire un suo omicidio anche se involontario. Eppure, nonostante tutto, nessuno dei due si allontanò da quell’abbraccio, forse per paura di perdersi ancora, o forse perché avrebbero voluto entrambi fermare il tempo e trasformare i loro problemi in sorrisi. 








-Nota: Ciao a tutti, eccomi con una nuova long che spero vi piaccia. Allora Ziva è di nuovo nei guai, e l'NCIS è la sua ultima speranza. Cosa faranno i suoi vecchi amici (e non solo XD)? La aiuteranno, o il rancore li spingerà ad abbandonarla proprio ora che ha bisogno di aiuto più che mai? Lo scoprirete solo leggendo!
Vi avviso che (ovviamente) sarà una storia TIVA!
Comunque... Che ne pensate per ora? La piccola Ariel che chiama la sua mamma nel cuore della notte, e poi viene rapita... Povera piccola... E Ziva che si ritrova ora completamente sola... Ovviamente c'era da aspettarselo che sarebbe andata da Gibbs... Troppo tenero l'abbraccio vero? So che magari non è così che vi aspettavate il suo ritorno all'NCIS, magari credevate in una ltigata... Ma sono 2 anni che non si vedono! L'abbraccio ci sta! Poi ziva aveva appena smesso di piangere e Gibbs se n'era accorto... Perché lui non ha bisogno di parole per la SUA bambina! E magari, visto che quando Ziva era stata tenuta prigioniera in Somalia, lui era spaventato come ogni padre lo sarebbe stato, e visto che quindi, ha provato quello che adesso sta passando Ziva, potrebbe aiutarla a superare anche questa, ma... Ehi! Non vi posso anticipare niente quindi... Ci vediamo al prossima capitolo!
Baci. Gaia.
   
 
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