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Autore: LOTheF    16/12/2015    1 recensioni
"Questo è l'attimo che fugge, ciò che il popolo non comprende, questa è la forza del muscolo prima di lanciare la lancia. Questa è una premessa alla guerra, e si sa: prima della guerra si fanno i martiri."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Incompiuta, Tematiche delicate
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Prologo

Scriveva veloce il Maestro di casa Duden, l'ultimo degno di essere chiamato Maestro, la mano indolenzita non conobbe riposo, il cervello pensò velocemente le parole più adatte da scrivere in quella lettera, e in quegli attimi il Maestro seppe cos'era il timor di Dio. Bussarono con forza alla porta della sua piccola camera sulla torre, erano giunti solo per lui, l'aveva sognato sin da piccolo di girare per il paese con la scorta privata del re, certo non così. Arrotolò la lettera, la sigillò col suo anello e la legò alla zampa del falco che fece volare dall'unica finestra sulla cima della torre, però prima guardò di sotto nel caso qualche arciere fosse pronto ad uccidere il volatile. Bussarono con insistenza, con più forza, e il Maestro fu costretto ad aprire. Gli Alfieri erano stati posizionati, immobili, e attendevano la mossa del Re. Il Maestro uscì dalla sua stanza, dovette arrendersi, le guardie erano dietro di lui e con le lance lo pungevano alle spalle nel caso si fermasse. Come nei suoi sogni infantili, le genti lo guardavano mentre passava per le vie del regno con la scorta reale. I Pedoni erano immobili e guardavano il succedersi degli eventi, impotenti davanti al volere dei signori. «Vergogna!» gridavano alcuni, «E' innocente!» facevano altri. Il sacrificio si sa, non è dei colpevoli ma dei caritatevoli e degli uomini illustri.

Il Maestro vide il falco che volava in lontananza, esso era libero, mentre lui era sempre più vicino al Boia, l'Uomo Nero, l'Incappucciato, la Regina di Cuori. Il Maeiter stava col pugno alzato e diceva al Maestro: «Pentiti ora o finirai nell'oscurità del Vuoto errando come un'anima dannata, perché è questo il modo in cui sarai giudicato dagli déi.», ma l'imputato rispose:«Gli déi vedono il vero e, anche se fosse, non giudicano le gesta ma l'essere. Infatti siamo nati per errare al fine d'imparare dai nostri sbagli».

Il Re arrivò assieme alla Regina sopra grandi letti mobili, i Cavalieri ai loro fianchi e la Torre attendeva con la falce in mano. Tutta la scena sarebbe stata emozionante vederla dal pubblico, come uno spettatore a teatro, ma il Maestro era l'ultimo dei Bianchi rimasto sulla tavola, così gli toccava morire da solo. Il Boia attendeva, sul suo braccio una torre, nei suoi occhi la morte. Il Re scese dal suo letto, sguainò la spada e l'alzò come simbolo di vittoria, di supremazia. «Popolo d'Eraghia, io, fratello legittimo dell'ex regina, sono ora sovrano. Non ho bisogno d'inchini, perché come diceva mio padre: la fiducia di un uomo la vedi negli occhi, non nelle spalle. Quest'uomo, invece, ha dato le spalle al rispetto e alla fiducia dei nostri sovrani.», mentre il Re accusava il Maestro un vecchio storpio si avvicinò con una sacca di cuoio, secca e sporca di sangue. Il Re prese la sacca e ne svelò il contenuto. «Queste, mio popolo, sono le teste mozzate del nostro re e della nostra regina ed erano nella stanza privata del Traditore! Vedete, nel loro volto persiste il terrore e l'infelice sfortuna di una giovane morte. Avevano persino avuto un figlio da poco, il piccolo ora è disperso ma io prego per lui ogni giorno affinché gli dei lo possano salvare. Quindi, tu, Traditore, morirai nello stesso modo in cui hai ucciso, questa è la giustizia degli uomini! Hai delle ultime parole?».

Il Maestro aveva tante, troppe parole, tra la sua verità e le verità che gli venivano scoperte prima di morire. Ora aveva tutto e niente. Non sapeva cosa dire così si lasciò prendere dall'ispirazione divina ed enunciò questo: «Alla dodicesima Luna, alla quinta Forza, quando si verserà sangue nero e sangue rosso, quando i ruggiti si fonderanno con le preghiere, quando rinasceranno i Secondi Figli, quando il Bianco conquisterà il Rosso, quando i morti moriranno ancora, quando il Myro incontrerà l'Adulno e quando tutto ciò che l'uomo ha conosciuto sarà capovolto, ecco, quando tutto questo accadrà il Figlio della Profezia potrà conquistare le Quattro Terre di Eyar e dopo averle conquistate molte strade dividono il destino dei figli dell'uomo, destini che noi non conosciamo e che nessuno dovrà conoscere prima che vengano alla luce». «Pazzo cane traditore, stai delirando! Ma ora la tua bocca non potrà pronunciare parola neanche nel regno dei morti! Tieni, queste sono le teste di chi hai tradito, guardale bene prima di morire perché questa sarà la tua fine.», il Re dopo aver detto questo lanciò le teste nel fango, sotto i piedi del Maestro, e gli occhi delle teste mozzate lo fissavano, occhi vuoti di morte. Il vecchio Maestro, appesantito dagli anni di sapere e di servizio, pianse e il cielo con lui, cominciò d'improvviso a piovere e la pioggia era molta e scendeva forte e veloce. Sulle teste mozzate ora la pioggia dava l'effetto di un pianto, e le gocce scavavano sulla pelle morta. Così il Maestro, pieno d'ira, parlò più forte mentre le guardie cercavano d'inchinarlo al cospetto del Boia «Ma al Figlio della Profezia non sarà concesso di avere se stesso, no, dovrà infatti cercare le sue orme e la sua storia, così da scriverne una nuova; egli è nato dall'incesto e suo padre è vivo ma sua madre no. L'assassino di sua madre fu...» «CAPUT!», urlò il Re e la Torre tagliò la testa, la prese dai capelli e la sollevò al pubblico; gli spettatori adulti diedero uno ceffone ai giovani, ma pochi, sia dei giovani che degli adulti, osarono guardare la testa pendente che per qualche minuto continuò a muover le palpebre e le labbra a pronunziare il nome del colpevole, e chi sapeva leggere le labbra scoprì il nome ma lo tenne segreto. Poi la Torre gettò la testa nel fango e i tre piangevano la loro cattiva stella, sotto la pioggia che conosce ogni storia.

   
 
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