«Rachel,
Garfield, potreste fermarvi un attimo, dopo la fine della
lezione?» domandò il professore di coro ai due
ragazzi, quando li vide entrare
mano nella mano nell’aula dedicata al club. I due annuirono e
presero posto in
prima fila, dove furono subito attorniati dai compagni, curiosi di
sapere come
era andata alla Juilliard. Fu con non poca difficoltà che il
professore riuscì
a riportare la calma nella classe e ad iniziare la lezione. Non fece
alcun
commento sull’assenza di Tara, che si era ritirata dal club
il giorno stesso
del rientro a scuola di Rachel.
«Ragazzi,
ho parlato con il mio amico alla Juilliard. Ha parlato
con il rettore e… Purtroppo non potrete riprendere i corsi a
New York. Non
quest’anno, se non altro. Ma i docenti erano soddisfatti di
voi e nessuno può
negare il vostro talento» spiegò il professore,
guardando con gravità i due
ragazzi. Gli dispiaceva che non potessero approfittare
dell’opportunità quasi
unica che gli era stata offerta, ma fortunatamente alla Juilliard erano
riusciti a trovare una soluzione. Fu quindi con un sorriso che
proseguì: «Per
questo motivo, potrete tornare alla Juilliard… Durante il
periodo invernale. Si
tratterebbe di partire a dicembre di quest’anno, fino alla
fine di febbraio
dell’anno prossimo. Per voi andrebbe bene?»
I due
ragazzi si guardarono increduli, guardarono l’insegnante e
si guardarono di nuovo. Dopodiché esplosero in un
“urrà” di gioia e si
abbracciarono entusiasti, continuando a ripetere “torneremo
alla Juilliard!”
per convincersi che non si trattava di uno scherzo.
Il
professore li guardò e sorridendo disse: «Lo
prendo per un sì.
Comunicherò al mio amico che accettate la proposta.
Più tardi contatterò anche
le vostre famiglie. E ora potete andare.»
I due
quasi si inchinarono davanti all’insegnante e poi corsero
fuori dall’aula per annunciare (di nuovo) la lieta notizia ai
loro amici.
Il
professore li guardò sorridendo e scuotendo la testa.
“Questi
due faranno grandi cose” pensò.
«Richard!
Vado a New York!» esclamò Rachel, saltando al
collo del
cugino.
Detto
ragazzo la abbracciò di riflesso, ma i suoi occhi azzurri
esprimevano confusione: «Ho un senso di
déjà vu…»
La
ragazza ridacchiò piano, prima di lasciarlo andare e
spiegargli
la faccenda: «La Juilliard non può riammetterci ai
corsi di questo trimestre,
ma ci hanno preso a quelli invernali! Da dicembre a febbraio saremo di
nuovo a
New York! Alla Juilliard! E l’hanno proposto loro! Non
è un sogno?»
«Quindi
ci abbandoni di nuovo?»
«Non
fare tutte queste scene, tu sarai al college!»
«E
a Bruce e Selina non pensi?»
«Lo
zio e la zia non vedranno l’ora di avere casa libera,
credimi!»
«Non
posso che darti ragione» rise Richard.
«Sarà il caso di
avvisare anche gli altri, così potranno prepararsi
psicologicamente alla tua
partenza.»
«Alla
nostra, vorrai dire» lo corresse Rachel, indicando con un
cenno della mano lei e Garfield.
«Certo!
Gar lo sa che non mi sarei mai dimenticato di lui» si
difese il ragazzo, sorridendo al più giovane, che sorrise di
rimando.
«Andiamo
al bar? Gli altri ci stanno aspettando, non staranno
nella pelle per le novità» domandò poi
Richard, facendo qualche passo verso
l’uscita.
«Vi
raggiungiamo più tardi, va bene?»
domandò Rachel, rimanendo
ferma sul posto.
«Ma
ceeeeeeeerto! I due piccioncini vogliono un po’ di privacy!
Bastava dirmelo subito, Rach, me ne sarei andato, invece di fare il
terzo
incomodo!» scherzò il ragazzo, schivando il
pacchetto di fazzoletti che la
cugina gli lanciò dietro e correndo allegramente verso il
parcheggio.
«Che
stupido» commentò la ragazza, guardandolo
andarsene e poi
voltandosi verso il suo ragazzo. Ragazzo che le chiese, incuriosito:
«Che c’è,
Rae? Qualcosa non va?»
«Dimmelo
tu. Hai più saputo niente per la Florida?»
domandò a
bruciapelo la ragazza, ignorando il ridicolo soprannome con cui lui
insisteva a
chiamarla.
Il
ragazzo si rabbuiò: «Ho sentito Rita. Ha detto che
Mento
insiste che io vada là. Allora ho telefonato a lui
direttamente e siamo
riusciti ad arrivare ad un compromesso. Dovrò andare in
Florida in questi tre
mesi, ossia il tempo che avrei trascorso a New York. Tornerei in tempo
per
l’inizio della scuola e non sarebbe per tanto.»
«Quindi…
Quindi devi andare per forza? Dovremo stare separati per tre
mesi?» rispose lei, dopo un lungo silenzio.
«In
realtà, se per te non è un problema, vorrei che
mi
accompagnassi. Saresti ospite dei miei parenti, non ci sarà
alcuna spesa e
anche il biglietto dell’aereo lo pagherò io
e…» Venne interrotto dalle labbra
di Rachel sulle sue. La ragazza lo strinse a sé,
intrecciando le mani tra i
suoi capelli e stringendolo a sé con una forza che nemmeno
sospettava che
avesse.
Dopo
un tempo che parve infinito, la ragazza si staccò e,
rimanendo sempre abbracciata a lui, gli sussurrò con voce
rotta dalle lacrime:
«Certo che ci vengo, Gar. Certo che vengo. Grazie, grazie
davvero.»
«Ci
speravo proprio» replicò lui, facendola sorridere
e
strappandole un altro bacio appassionato.
Quella
sera a cena, Rachel non stava più nella pelle: aveva due
notizie bomba da dare e non sapeva con quali iniziare.
Per
sua fortuna, suo cugino non era una persona molto per la quale
e subito dopo essersi seduto a tavola esordì con:
«Rach tornerà a New York!»
Gli
zii guardarono la nipote in cerca di conferme e la ragazza non
poté che annuire. «Il professore ha parlato con la
Juilliard: non possono
accettarci per i corsi di questo trimestre, ma possiamo partecipare a
quelli
invernali, da dicembre a febbraio. Inoltre,»
continuò, prima di essere
interrotta dagli zii, che già stavano per dire qualcosa.
«Inoltre, Garfield
deve andare dai suoi parenti in Florida, quest’estate.
E… Mi ha invitato ad
andare con lui. Posso?»
Questa
notizia colse di sprovvista anche Richard, che la guardò
incredulo insieme ai genitori adottivi.
«In
Florida? Rachel, tesoro, sei sicura?» domandò
Selina.
«Sì,
zia. Mi ha invitato e io… Io ci vado. Non posso stare tre
mesi senza di lui, non saprei cosa fare…»
«Lo
ami così tanto, tesoro?» chiese la donna,
ignorando i due
uomini di casa, che stavano cercando in tutti i modi di non ascoltare
quei
discorsi così imbarazzanti.
Rachel
si morse un labbro, pensosa, ma quando rispose alla zia la
sua voce era ferma: «Sì. Se non ci fosse stato
lui, non sarei arrivata ad oggi,
dopo la morte della mamma.» Si fermò un istante
per ricacciare indietro le
lacrime, poi proseguì: «E poi… E poi
adesso è lui ad aver bisogno di me. Devo
stargli accanto, per quanto mi è possibile.»
Selina
si alzò dal suo posto, gli occhi lucidi e
abbracciò la
nipote, che ricambiò a sua volta. Le due donne rimasero
abbracciate qualche
secondo, poi Richard e Bruce le raggiunsero, per un caloroso abbraccio
di
famiglia. I pensieri di Rachel volarono a sua madre, per poi rivolgersi
verso
Garfield. Da quando erano morti i suoi genitori non aveva
più conosciuto il
calore di una famiglia, viveva da solo e anche quella sera sarebbe
stato solo,
in una casa troppo grande per un ragazzino di quindici anni…
Quando
l’abbraccio si sciolse e la famiglia tornò a
sedersi, la
ragazza si rivolse al cugino: «Richard, dopo mi puoi
accompagnare da Garfield?
È anche probabile che io dorma lì.»
Richard
quasi si strozzò con un boccone di pane, ma annuì
e con
naturalezza il discorso generale si concentrò su
tutt’altro.
«Chi
sarà a quest’ora? Sto arrivando!»
esclamò Garfield, uscendo
di corsa dal bagno e avvolgendosi una salvietta attorno alla vita nel
tragitto
fino alla porta. Era appena entrato in doccia, figurarsi se non
arrivava
qualcuno a disturbare!
«Chi
è che scocc… Rachel!»
«Garfield.
Forse non è un buon momento?» domandò
impassibile la
ragazza, squadrandolo.
«No,
certo che no! Vieni, entra, io vado… Solo un attimo,
eh?»
borbottò lui, rosso come un pomodoro, facendola entrare e
diventando ancora più
rosso quando vide che Richard era ancora in macchina e che poteva
vedere tutto.
Fece un debole cenno di saluto e chiuse la porta, sperando di poter
sprofondare
nel pavimento.
Dopo
una rapida sortita in bagno per finire di lavarsi e vestirsi,
il ragazzo raggiunse la sua ragazza nel salotto, dove si era accomodata
sul
divano con una rivista in mano.
«Ehm…»
esordì brillantemente.
Lei lo
guardò incuriosita.
«Vuoi
qualcosa da bere?» chiese il ragazzo.
«Un
bicchiere d’acqua, grazie» rispose lei, guardandolo
andare in
cucina.
Garfield
aprì il frigorifero e prese la brocca dell’acqua.
La stava
versando in un bicchiere, quando sentì le braccia di Rachel
stringersi intorno
al suo petto. Per la sorpresa, la mano si mosse di scatto e
l’acqua finì sul
bancone.
«Rach…»
«Sssssh.
Non ora.»
Il
ragazzo rispettò la sua richiesta e tacque, poggiando le
mani
su quelle della ragazza e beandosi della sensazione del suo corpo
contro il
proprio.
Dopo
qualche minuto, in perfetta sincronia, i due ragazzi si
spostarono sul divano.
«Allora,
perché sei venuta fin qui?»
«Perché
sentivo che ne avresti avuto bisogno. Sei sempre qui da
solo e io sono sempre a casa mia, circondata dal calore della mia
famiglia,
soprattutto adesso che la mamma non c’è
più, ma tu non hai mai avuto tutto
questo…»
Garfield
sentì gli occhi diventargli umidi in una maniera assai
poco virile e strinse ancora più forte la mano di Rachel.
«Grazie» riuscì a
bisbigliare.
Lei
ricambiò la stretta e dopo qualche altro momento di
silenzio,
disse: «Però hai degli asciugamani piuttosto
carini, sai?»
«Me
li ha regalati mia zia per Natale. Quando avevo otto anni»
ringhiò tra i denti il ragazzo, vergognandosi come un cane.
Rachel
si lasciò andare ad una risata leggera, come se ne sentivano
poche da parte sua. Garfield la guardò e poi decise di
renderle pan per
focaccia: «Parliamo invece del tuo accappatoio rosa?»
«Per
favore. Sappiamo tutti e due che non stavi guardando quello
ma le mie gambe» ribatté lei, guardandolo
arrossire.
«Colpito
e affondato» ammise lui, riconoscendo la sconfitta.
«Che
dici, mettiamo su qualcosa?» cambiò repentinamente
argomento, alzandosi per
prendere il telecomando. Accese su un canale musicale e delle note
conosciute
si diffusero nell’aria…
After all you put me through
You'd think I'd despise you
But in the end I want to thank you
'Cause you made me that much stronger
Rachel era partita in automatic e
aveva pronunciato la strofa di aperture con un tono
talmente…
“Sexy”
pensò Garfield,
guardandola come se la vedesse per la prima volta.
When
I, thought I knew you
Thinking, that you were true
I guess I, I couldn't trust
Called your bluff, time is up
'Cause I've had enough
You were, there by my side
Always, down for the ride
But your, joy ride just came down in flames
'Cause your greed sold me out of shame, mmhmm
I due erano in perfetta sintonia e la
musica li avvolgeva completamente.
After
all of the stealing and cheating
You probably think that I hold resentment for you
But, uh uh, oh no, you're wrong
'Cause if it wasn't for all that you tried to do
I wouldn't know just how capable I am to pull through
So I wanna say thank you
'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter
Erano riusciti a superarle tutte,
erano dei guerrieri.
“Quel che non uccide, ti
fortifica” si
suol dire, no?
Ohh,
ohh, ohh, ohhhh, ohh-yeah ah uhhhuh
Never, saw it coming
All of, your backstabbing
Just so, you could cash in
On a good thing before I realized your game
I heard, you're going around
Playing the victim now
But don't, even begin
Feeling I'm the one to blame
'Cause you dug your own grave
Jason e Tara erano ormai alle loro
spalle, davanti a loro solo il meglio che la vita poteva offire.
After
all of the fights and the lies
Yes you wanted to harm me but that won't work anymore
Uh, no more, oh no, it's over
'Cause if it wasn't for all of your torture
I wouldn't know how to be this way now, and never back down
So I wanna say thank you
'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
Makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
It makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter
Alla Juilliard sarebbero tornati più
forti di prima, non c’era dubbio. Non vedevano
l’ora.
How
could this man I thought I knew
Turn out to be unjust so cruel
Could only see the good in you
Pretended not to see the truth
You tried to hide your lies, disguise yourself
Through living in denial
But in the end you'll see
YOU-WON'T-STOP-ME
I am a fighter and I
I ain't goin' stop
There is no turning back
I've had enough
La strada davanti a loro era spianata,
nessun ripensamento, nessun ostacolo… Solo loro due.
'Cause
it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter
Thought I would forget
But I remember
I remember
I'll remember, I'll remember
Thought I would forget
But I remember
I remember
I'll remember, I'll remember
'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter
Finita
la canzone, i due ragazzi si guardarono negli occhi: «Ce la
faremo!» esclamò Garfield, sorridendo.
«Finché
tu starai al mio fianco, io ce la farò. Tu sei il mio
guerriero, no?» replicò Rachel, seria.
Lui le
strinse la mano e le baciò la fronte, poi i due si
accoccolarono sul divano, ascoltando le canzoni che passavano sul
canale e
beandosi della compagnia una dell’altro.