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Autore: alaskha    17/12/2015    2 recensioni
“No, aspetta – fui lui a fermarmi, quella volta – non ti va un caffè?”
“Io non bevo caffè”
“Sei davvero newyorkese o bluffi? Non mi piace la gente che bluffa”
Avevamo usato lo stesso verbo, quindi probabilmente Luke Hemmings non era un bugiardo bluffatore.
“Sono newyorkese e non bluffo, semplicemente non mi piace il caffè ed io e te non ci dobbiamo piacere, non dobbiamo neanche mai più rivederci, quindi non importa”
“Giusto”
Rimanemmo a guardarci per qualche istante.
Istanti nei quali lui non si tolse mai dalle labbra quel sorrisino sfacciato.
“Quindi?” mi riscosse lui, dal mio stato pietoso di trance.
“Quindi addio, Luke Hemmings”
“Mi dici addio perché New York è grande ed è facile sbagliarsi?”
Annuii.
“Esatto”
“Speriamo non sia così grande come dicono, allora”.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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quando trovate l'asterisco ascoltate se volete "My heroine" dei The Maine



 
chapter twelve

my heroine



 
Aprii svogliatamente prima l’occhio destro, quando notai un raggio di sole filtrare da un lembo della tapparella semi abbassata. Quelle erano altre lenzuola bianche, non erano le mie. Mi stiracchiai piano, tornando a chiudere gli occhi. Volevo cadere ancora in un sonno profondo, più profondo di quello della notte precedente.
Sentivo freddo alle gambe, scoperte, e alle mie orecchie arrivavano suoni ovattati: il getto della doccia, una canzone di sottofondo e la porta della camera in cui avevo dormito aprirsi, improvvisamente.
Adocchiai i capelli arruffati dal sonno di Michael e lo ascoltai fischiettare quella stessa canzone che suonava nel resto della casa, fino a che non mi vide.
“Oh mio dio! – esclamò, coprendosi gli occhi – scusa Jen, io non sapevo neanche che fossi qui!”
E scappò via.
Decisi di catalogare quello come uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita, nonostante non fossi nuda né altro. Ma ovviamente, per Mike, vedermi nel letto di Luke, non doveva risultare proprio la cosa più normale del mondo. Perché in effetti non lo era, proprio per niente.
Il rumore del getto dell’acqua cessò, segno di una doccia appena finita. In pochi secondi, vidi la figura di Luke Hemmings varcare la soglia della porta di camera sua, con un asciugamani in vita, mentre si passava una mano tra i capelli ancora leggermente bagnati.
“Buongiorno” mi disse lui, con la voce più roca del solito.
Gli sorrisi, quasi impercettibilmente. Non volevo muovermi di lì, ci stavo così bene tra le sue lenzuola morbide e profumate.
“Ciao, Luke” risposi.
Lo guardai aprire il suo armadio e scegliere un paio di pantaloni della tuta grigi, abbinati ad una maglietta a mezze maniche nere, con il logo di una band rock che non riuscii ad identificare.
“Vado di là”
Feci per alzarmi, per lasciargli un po’ di privacy.
“No, resta – ma lui me lo proibì – vado io”
Forse dopo quel nostro bacio nessuno dei due sapeva più come comportarsi. Prima era tutto naturale, tra me e Luke. Non volevo che quella magia finisse solo perché ci eravamo dati uno stupido bacio sotto la pioggia.
Mi rintanai nuovamente tra le sue lenzuola vaporose, aggrottando le sopracciglia, mentre restavo da sola con i pensieri che avevo appena elaborato. Il nostro non era stato uno stupido bacio, bensì il bacio più bello che avessi mai dato a qualcuno. Da quando avevo dodici anni, fino a quel momento: Luke Hemmings si accaparrava così il primo posto nella mia classifica come miglior baciatore.
La porta si aprì nuovamente, mostrando Luke vestito degli indumenti che aveva scelto precedentemente. Non indossava i calzini, mentre mi guardava dalla soglia di camera sua.
“Vieni a fare colazione? – mi chiese – Mike è ancora un po’ turbato, forse è meglio che vada a spiegargli come sono andate le cose”
Ridacchiai e notai che Luke stava sparendo nuovamente, così lo fermai.
“Luke? – lo richiamai, e lui si voltò subito – vieni qui”
Mi spostai un po’ sul lato destro del letto, così da fargli spazio. Non era il letto più grande in cui avessi dormito, ma aveva ragione: ci si stava comodamente, io e lui.
Mi mostrò un sorriso, dopodichè si avvicinò al suo letto e si stese affianco a me. Allungò un braccio nella mia direzione, facendomi segno di appoggiare la testa al suo petto. E così feci, mentre mi stringeva forte a sé. Non volevo più rinunciare a quella sensazione di protezione che non avevo mai provato con nessun altro, prima di all’ora.
“Grazie per avermi fatta restare”
Lo sentii stringersi nelle spalle.
“Avrei dovuto lasciarti dormire sotto i ponti?” scherzò.
“Avresti avuto più spazio per te, almeno”
Luke si voltò verso di me, stendendosi su un fianco e facendo in modo che lo facessi anche io, così da ritrovarci occhi negli occhi.
“Non m’importa”
Lo ripeteva troppo spesso, che non gl’importava, ed io dovevo ancora capire di cosa, esattamente, non gl’importasse.
“Come stai tu, piuttosto?”
Percepivo il suo fiato caldo, mentre parlava soffiando sulle mie labbra. Chiusi gli occhi, stringendomi ancora di più a lui, incastrando le mie gambe alle sue.
“Adesso bene”
“Adesso che hai dormito?”
“Adesso che sono qui con te”
Le labbra di Luke si aprirono in un maestoso sorriso, così bello da illuminare la stanza.
“Daniel non ti merita”
Strabuzzai gli occhi, sconvolta per quello che aveva detto.
“E tu che ne sai? Neanche lo conosci”
“Lo so e basta – sostenne – se lui ti meritasse davvero tu adesso non saresti qui con me, ma lo ringrazio per questo”
Fui io a sorridere, quella volta.
“Per la prima volta nella mia vita, anche io”
Sentii il suo naso scontrarsi dolcemente con il mio, in una sorta di gioco.
“Puoi venire tutte le volte che vuoi”
“Qui?”
Lui annuì.
“Sicuro che non scandalizzeremo Michael?”
Luke scoppiò a ridere, e dio quanto era bella la sua risata di prima mattina.
“No se continueremo a limitarci a dormire”
Lo guardai mordersi il labbro, impegnato in un sorriso malizioso. Dovetti nascondere il viso nell’incavo della sua spalla, per non fargli notare quanto stessi arrossendo.
“Puoi giurarci, Luke Hemmings”
“Oh, io non ne sarei così sicuro, piccola Stratford”
Alzai lo sguardo nei suoi occhi, pronta ad insultarlo, ma quando mi ritrovai le sue labbra a pochi insignificanti centimetri dalle mie non resistetti, e me ne impossessai.
Lui fece durare il bacio più di quello che mi sarei aspettata, tenendomi saldamente a sé, mentre mi stringeva possessivamente i fianchi. Sorrisi sulle sue labbra, quando il suo piercing si frappose tra la sua bocca e la mia. Dopodiché, Luke appoggiò la sua fronte alla mia, guardandomi dritto negli occhi.
“Non riesci neanche più a guardarmi in faccia senza baciarmi, come speri di poter dormire ancora con me senza approfittartene?”
Luke Hemmings avrebbe potuto girare un tutorial su come rovinare momenti perfetti.
 
 
 
 
 
“E quindi voi vorreste farmi credere che avete solo dormito?”
Mike era ancora molto scettico, mentre ci guardava di sottecchi spalmando della marmellata sulla sua fetta biscottata.
“Perché porti uno snapback appena sveglio? Mentre fai colazione?” gli chiesi, sedendomi al tavolo con lui, dopo essermi preparante una grande tazza fumante di the.
Luke ridacchiò sotto i baffi, mentre ancora scalzo, con le gambe stese sul tavolino da caffè del salotto fumava la prima sigaretta della giornata.
“E tu perché svii l’argomento? Insomma, è chiaro che avete solo dormito, se no avrei sentito qualcosa, no?” continuò Michael, prendendo un morso della sua colazione.
Lo guardai sconcertata, mentre avvicinavo la tazza di the alle labbra.
“So essere molto silenzioso, se voglio” intervenne Luke, dalla sua postazione.
“Questo lo so” convenne Mike.
“Per esperienza diretta o..?” scherzai io.
Michael mi guardò male, mentre Luke scoppiava letteralmente a ridere, spegnendo la sigaretta ormai finita nella conchiglia che usavano come posacenere.
“Ehi Cliff, dì un po’ – fece poi, incrociando le mani al petto – perché ti interessi tanto alla mia vita sessuale? Siamo messi male?”
Mike rise, ironicamente.
“Tu non preoccuparti, Hemmings, ho i miei assi nella manica – si difese – dico solo che con una come Jenelle avrei saputo cosa fare e, amici miei, non mi sto di certo riferendo a dormire”
Roteai gli occhi al cielo.
“Ti ringrazio? – tentai – dovrei prenderlo come un complimento?”
“Oh, eccome Stratford” disse Mike, facendomi l’occhiolino.
Luke scosse la testa, con un mezzo sorriso ad increspargli le labbra.
“Era sconvolta, che avrei dovuto fare? – cominciò – approfittarmi di una dolce fanciulla?”
“Come minimo” convenne Michael.
Scoppiai a ridere e mi piaceva come insieme a loro, durante quella stramba colazione, riuscissi a sdrammatizzare su qualsiasi cosa.
Anche sulla mia pietosa vita.
Ma la risata mi morì sulle labbra, quando vidi il mio iPhone illuminarsi. Rimasi con la tazza di the incollata alle labbra, come se fossi stata ipnotizzata dalla luce dello schermo.
“Jen? – mi richiamò Michael – sembra che ti abbia scritto satana”
“Non satana – lo corressi, sbloccando il mio telefono – molto peggio”
Luke voltò la testa di scatto. Io rimasi con gli occhi fissi sul telefono. E Mike, accorgendosi di quello strano scambio, fece strisciare la sedia sul pavimento.
“Vado a farmi una doccia – annunciò – che ne dite di pranzare fuori? Oggi il tempo è una meraviglia, sembra quasi di essere a Los Angeles”
E sparì, creando un ottimo diversivo per lasciarci soli.
“Che succede?” mi domandò poi Luke, dalla poltrona.
Io scossi la testa, leggendo i messaggi che avevo ignorato per tutta la notte. Ed un ultimo, che mi era appena arrivato.
Così Luke, non udendo risposta, si alzò dalla sua postazione e mi venne incontro.
“È tuo padre?”
Annuii, in uno stato confusionario.
“Che vuole?”
“Non lo so, è solo strano..”
“Cosa?”
Scossi ancora la testa, non riuscivo a spiegarmi il fatto che mio padre mi avesse mandato un messaggio, probabilmente per chiedermi come stessi. Non l’avevo ancora letto, non avevo avuto il coraggio.
“Che a Steve Stratford importi dove sono, come sto, cosa faccio.. insomma, questa è la prima volta che succede”
“Leggilo, Jen” mi invitò Luke.
Ma rimasi tentennante, e lui se ne accorse. Si accomodò sulla sedia affianco alla mia, stringendomi la mano con la sua.
“Sono qui con te”
Annuii, strinsi un po’ la presa alla nostra stretta e: “Ciao Jenelle, come stai? Tuo padre è molto preoccupato per te, vuole sapere dove hai passato la notte e ti intima di tornare a casa molto presto. I miei saluti. Jack Davis”.
Lessi ad alta voce il messaggio che, ovviamente, non era di mio padre.
“Chi è Jack Davis?” mi chiese Luke, confuso.
“Jack è il suo segretario – gli chiarii, con un sorriso amaro sulle labbra, alzando la testa dal telefono ed incastrando i miei occhi nei suoi – capisci? Il suo segretario!” sbottai, alzandomi.
“Magari non ha avuto tempo, magari è in riunione e non poteva aspettare oltre per sapere dov’eri, come stavi, e quindi ha chiesto a Jack di farlo”
Provò Luke, che si era alzato insieme a me, seguendomi.
Mi fermai davanti a lui e gli gettai la braccia al collo.
“Grazie”
“Mi ringrazi troppo spesso”
“Te lo meriti troppo spesso, allora”
Luke sciolse il nostro abbraccio solo per guardarmi negli occhi.
Le sue mani ancorate ai miei fianchi provocavano in me una sensazione troppo bella, per poterci rinunciare. Mi scostò delicatamente una ciocca di capelli dal viso e sorrise.
Il sorriso di Luke Hemmings sarebbe riuscito ad oscurare una delle sette meraviglie, ad illuminare New York dopo un tornado, a far resuscitare i morti e cessare una guerra.
“Non ti lascio, Jenelle Stratford” sussurrò poi, sulle mie labbra.
“Bene, perché non ho nessuna intenzione di lasciartelo fare”.
 
 
 
 
“Ciao stronzi!” gridai, entusiasta, facendo il mio ingresso nel garage di Cal.
Ashton si stava rollando una canna e Calum agitò una mano in aria per salutare me, Mike e Luke, dato che aveva il telefono incastrato tra l’orecchio e la spalla.
“Con chi sta parlando Cal?” domandò Luke, ad Ashton.
Quest’ultimo si strinse nelle spalle, noncurante, mentre leccava la cartina lunga.
“Coglione” lo apostrofò così Luke.
Io ridacchiai, mentre Michael raggiungeva il drogato al tavolo che avevano recentemente spostato nel garage.
“Che palle, non ci voleva..” fece poi Calum, una volta chiusa la chiamata con il misterioso interlocutore.
“Chi era?” domandò ancora una volta Luke.
“Quanto sei petulante, Hemmings – lo prese in giro Ashton, accendendo la canna – che ti frega?”
“Dovrebbe fregare anche a te, invece – intervenne Cal – dovrebbe fregare a tutti quanti, qui dentro”
Calum era parecchio scocciato. Afferrò una sigaretta e se la accese con rabbia, andandosi a sedere sul divano in pelle. Lo raggiunsi, cingendogli le spalle con un braccio.
“Ehi, Cal, tutto apposto?”
Lui voltò il viso verso il mio, tentando di abbozzare un sorriso. Ma l’impresa fallì: peccato, Calum Hood aveva davvero un capolavoro, come sorriso.
“No, Jen – fece, prendendo una lunga boccata di fumo – ero al telefono con l’ennesimo locale che ci ha totalmente rimbalzati, poco prima”
“Oh..” recepii.
“Cosa? – scattò Ash, mollando la canna a Mike – e che aspettavi a dircelo?”
Calum si strinse nelle spalle.
“Stavolta ci credevo davvero – spiegò, lasciandomi una mezza – volevo farvi una sorpresa, tutto qui”
Luke scosse la testa, accendendosi a sua volta una sigaretta.
“Fa niente, Cal” rassicurò l’amico, appoggiandosi alla parete del garage.
Io intanto tentavo di non svenire, davanti a tutto quel fascino sexy.  Ultimamente provavo molte più pulsioni sessuali, verso quel tipo: gli sarei saltata molto volentieri addosso, esattamente in quel momento.
Ma chi volevo prendere in giro? Le avevo sempre provate.
“Jenny? – mi richiamò Mike – tutto bene? Ti sei incantata? Hemmings ti ha fatto un incantesimo?”
Dannazione, Michael si era accorto del mio sguardo da psicopatica maniaca sessuale.
“Perché diavolo non ti struggi come i tuoi compagni di band per il vostro ingaggio fallito al posto di preoccuparti di me e delle mie espressioni facciali?”
“Cosa stavi fissando?” chiese, malizioso.
Luke, rispose il mio inconscio.
Calum iniziò a ridere, ed io ad arrossire.
“Ma che diavolo state blaterando, voi teste di cazzo?” si lamentò Ash che, come al solito, non aveva capito di che cosa stessimo parlando.
Luke scosse la testa e mi regalò un sorriso sghembo, come a dire: “Piccola, non fa niente se mi fissi, so di essere irresistibile”. Per questo, iniziò a torturarsi il piercing al labbro, torturando contemporaneamente la mia sanità mentale.
“Beh, tanto, dopo aver dormito insieme..” cominciò Michael.
Ashton strabuzzò gli occhi, e Cal continuò a ridere come un bambino.
“Mike, fa’ la finita” gl’intimò Luke, continuando a sorridere, però.
Io mi coprii il viso con le mani, tremendamente in imbarazzo.
“Voi avete cosa? – chiese Ash, sconvolto - eddai Hemmings, volevo essere io il primo!”
Gli lanciai un’occhiata omicida, mentre Luke gli riservava un pugno sul braccio muscoloso.
“Ma che cazzo..?” disse Cal, guardandolo sconcertato.
“Ehi! Lo sapete che scherzo! - s’indignò Ashton – adoro Jen, come se fosse mia sorella, potrei mai davvero anche solo pensare di fare qualcosa con lei?”
Nessuno di noi rispose. Mike aggrottò le sopracciglia, scettico. Calum rise, stranamente, e Luke gli tirò l’ennesimo pugno.
“Ehi, dacci un taglio Hemmings! – si lamentò, accarezzandosi la parte colpita – è ovvio che la risposta è un no!”
“Sarà meglio così”
Fui io ad aggrottare le sopracciglia, quando sentii quella voce.
Che diavolo ci faceva Zayn Malik nel garage di Calum Hood?
Scattai in piedi e la figura di Cherrie Williams mi si palesò davanti agli occhi.
“Cherrie? – feci, troppo confusa – quando sei arrivata?”
“Sono sempre stata qui, tesoro – mi chiarì lei – ero di sopra con la madre di Cal, sai a breve sarà il compleanno di suo padre e le do una mano ad organizzare la festa”
“Ah” commentai, sempre confusa.
Sia dal fatto che Cherrie e la famiglia di Calum fossero così uniti, che dalla presenza di Zayn e Louis dietro di lei.
“Comunque – continuò lei – loro hanno suonato e chiedevano di te - disse, stringendosi nelle spalle – così li ho portati qui”
“Sì, grazie Cher” le dissi, sorridendole.
“Io allora torno di sopra!” annunciò poi lei.
“E menomale..” commentò Ash, sottovoce.
Calum si voltò minaccioso verso di lui, ma Luke gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla come a tranquillizzarlo. Forse aveva capito che non c’era tempo per altri drammi che non riguardassero Zayn e Louis, quel giorno.
“Beh? – feci io, rivolta ai due nuovi arrivati – che diavolo ci fate voi due qui?”
“Disturbiamo?” cominciò Zayn, ovviamente con il suo solito irritante cipiglio incazzoso.
“Non mettermi in mezzo – disse però Louis, avvicinandosi poi a Luke – bella, Luke”
Luke gli sorrise, dandogli la mano.
“Bella, Lou, tutto bene?”
Louis annuì, mentre Zayn li guardava sconcertato, come a dire: “Che diavolo fai Tomlinson, mi tradisci con il ragazzino con il piercing al labbro?”. Quel piercing era tipo il suo segno distintivo.
“Scusami? – fece appunto Zayn, indignato – ti sei dimenticato perché siamo venuti fino a Brooklyn?”
“Tu frequenti spessissimo Brooklyn, Zayn” gli ricordai.
Luke ridacchiò e, diavolo, non l’avesse mai fatto: Zayn partì in quarta.
“Che hai da ridere, tu?”
“Io? – fece Luke, alzando le mani – assolutamente nulla”
“Sarà meglio per te” continuò Malik.
“Perché, se no? Che fai?”
I due si erano avvicinati, minacciosamente, così Mike decise di mettersi in mezzo.
“Oh – cominciò – questo è un garage pacifico, sia chiaro ad entrambi”
Poi mise le mani sul petto di Luke, come a calmarlo e: “Luke, dammi retta, lascia perdere”.
Lo guardò profondamente, così decisi di intervenire.
“Cerchiamo di calmarci, tutti quanti – dissi, affiancando Louis, come se volessi infondermi sicurezza da sola – Louis, Zayn, questi sono Calum, Ashton, Michael e, beh, Luke lo conoscete”
“Ciao a tutti” fece Lou.
“Bella!” rispose Ashton, con la sua fedele canna tra le labbra.
“Quella è erba?” si fece curioso Zayn.
“Puoi dirlo forte, amico”
“Zayn! – lo ripresi – si può sapere perché siete venuti qui? E no, non lo dico perché disturbate, semplicemente perchè.. – mi fermai – come facevate a sapere che ero qui?”
“Maribel” si strinse nelle spalle.
“Quindi?”
“Quindi – riprese lui – volevamo avvisarti che abbiamo risolto tutto con l’officina di papà”
“Fantastico!” feci io, entusiasta.
“Già, non è finita qui..” intervenne Louis.
“Che significa?” mi incuriosii.
“Significa, bimba – riprese il discorso Zayn – che adesso siamo pronti per Londra e, a dirla tutta, spero davvero che Londra sia pronta per noi, perché partiamo tra due giorni”.
 
 
 
 
Quella notizia mi colpì come uno schiaffo.
Zayn e Louis erano sempre stati l’unica certezza della mia vita, escludendo i miei fratelli, ovviamente. Ecco, era esattamente come se loro fossero i cosplay di Jonathan e Jai: Zayn era incazzoso, protettivo, irritabile e sempre troppo poco ragionevole, proprio come John. Mentre Louis era dolce, sensibile, premuroso, un ottimo ascoltatore e sapeva portare allegria ovunque andasse, come il mio piccolo Jai.
Ed ora che se ne andavano, che avrei fatto io?
“Per te”
La voce di Luke mi distolse da quei pensieri tristi. Aveva appoggiato un boccale di birra sulla superficie del tavolo in legno a cui ero seduta, provocando così un tonfo secco.
“Questa è tutta per me? – chiesi, stridula – stai scherzando, spero”
Luke fece schioccare la lingua, scuotendo la testa in una risposta negativa.
“Mai stato più serio, principessa”
“Sei completamente pazzo”
Faticai a sollevare quell’enorme recipiente, scatenando una risatina di Luke.
“Alla tua, Stratford”
Facemmo tintinnare i nostri boccali e poi tracannammo quella che Calum aveva definito: “La miglior birra di tutti i tempi, ragazzi, persino l’Irlanda ce la invidia”.
Io e Luke eravamo andati al Brooklyn Public House, per concludere in bellezza la serata. I ragazzi non erano venuti, un po’ perché Ashton doveva vedersi con Selena che, a detta sua, era sulla buona strada per essere la donna della sua vita, Mike era troppo stanco per sentirsi le gambe, Calum aveva da fare con Cherrie e Zayn e Louis con me e Luke non sarebbero mai venuti a fare baldoria. Cioè, Louis era stato molto propositivo al riguardo, mentre Zayn si era limitato a storcere il naso ed accendersi una sigaretta. Un po’ perché Luke, era stato molto chiaro nell’invitarli ad unirsi a noi: “Vi chiederei di venire ragazzi ma, dovete proprio?”.
Comunque il Brooklyn Public House era esattamente il tipo di locale opposto a quello che mio padre avrebbe voluto che frequentassi. Magari con un abitino di tulle rosa, Daniel a stringermi la mano ed una banda di archi come accompagnamento musicale dietro di noi, assoldati personalmente da lui.
Sicuramente non sarebbe stato contento nel vedermi in questo pub irlandese con Luke Hemmings, un rocker di Brooklyn con il piercing al labbro ed i pantaloni strappati. Ed io portavo il vestito panna della scorsa sera, con la giacca di pelle di Luke ed i capelli legati in un brutto chignon, invenzione di Calum Hood in persona che: “Se non divento un bassista di fama mondiale, giuro che apro un saloon di parrucchieri”.
*“A cosa pensi?”
Luke mi riportò sulla Terra, ed io smisi di pensare a quanto deludere mio padre mi stesse facendo sentire bene con me stessa.
Probabilmente avevo bisogno di uno psicanalista.
“A te” gli dissi, con un occhiolino.
“Mi lusinghi così, piccola”
Mi morsi il labbro perché diavolo, Luke Hemmings doveva smetterla di chiamarmi piccola. Iniziavo a sentirmi un quattordicenne con eiaculazione precoce, in sua presenza. Dovevo darmi una seria calmata.
“Non chiamarmi così” gl’intimai, guardando da un’altra parte.
“E perché mai?”
Sentii il suo viso più vicino al mio, segno che si era avvicinato a me. Mi sedeva di fronte, con le grandi braccia appoggiate al tavolo ed i denti sempre perennemente incastrati in quel suo labret micidiale, per il mio controllo.
Voltai la testa verso di lui, trovandomi con quelle labbra belle quanto quelle degli angeli dell’inferno a pochi centimetri dalle mie.
Stavo fissando la sua bocca, e lui la mia. C’erano già stati baci, tra di noi, ma in quel momento c’era in atto un gioco di seduzione, attrazione, ed io non potei fare altro che balbettare confessioni senza capo né coda.
“Perché mi destabilizzi, dannazione, Luke Hemmings”
Lui scoppiò a ridere, e finì la sua birra con un sorso secco.
“Bevi quella – mi consigliò – abbiamo appena iniziato..”
Fece per alzarsi nuovamente, ma poi si avvicinò a me e portò le sue labbra al mio orecchio.
“..piccola”
Aggiunse poi, il bastardo.
“Va’ al diavolo!” gli urlai dietro, finendo la mia birra.
Mentre lo aspettavo, decisi di consultare il mio iPhone, trovando un altro messaggio di Maribel. Erano le 02:13 AM, ed io non avevo nessunissima intenzione di tornare a casa. Le scrissi di stare tranquilla, che ero con Luke e di dare un bacio a Jai da parte mia.
“Principessa? – mi urlò Luke, dal bancone – vieni qui!”
E così feci.
Lo raggiunsi, barcollando un po’ sui tacchi: non ero tornata a casa e, se non volevo indossare le Vans di Mike, quelle erano le uniche scarpe a mia disposizione.
“Che hai da strillare?” gli domandai.
Luke mi circondò le spalle con il braccio, avvicinando la bocca alla mia.
“Pronta per divertirti come mai in vita tua?”
Aggrottai le sopracciglia, confusa, spaventata e beh, sì, anche molto sconvolta per la nostra vicinanza.
“Sì?” tentai.
Luke sorrise, in un modo inquietantemente deciso.
“Ehi, Diego! – urlò (ancora) Luke, al barista dai tratti ispanici – due tequile sale e limone, e falle doppie, questa ragazzina ha bisogno di divertirsi”
 Fece, indicandomi.
“Arrivano subito, Luke!” rispose Diego, con un occhiolino.
Io intanto tirai uno schiaffo in pieno petto a Luke.
“Ma che ho fatto?” mi chiese, divertito.
“Ragazzina? – lo citai, indignata – ragazzina? Sul serio?”
Luke roteò gli occhi al cielo, stringendomi per la vita, ancorandomi così al suo corpo.
“Oh, e dai, sei la mia ragazzina”
Inarcai le sopracciglia, ma non feci in tempo a dire niente, perché Diego sbattè i nostri shot di tequila sul bancone umido di chissà quale alcolico.
Luke mi porse il mio bicchierino e mi invitò a leccare un po’ di sale steso precedentemente sulla mia mano.
“Pronta?” mi chiese.
Annusai la tequila e storsi il naso.
“No!” urlai per sovrastare il casino infernale del locale.
“Meglio così – fece Luke, convinto – tutto d’un fiato, intesi?”
Annuii, non troppo convinta.
Ma poi lui fece tintinnare i nostri bicchierini e io fui costretta a mandare giù, velocemente. Luke mi porse immediatamente il limone e, con una faccia molto schifata, me lo ficcai in bocca.
Fui colta dalle risate di Luke.
“Che hai da ridere, spilungone?” lo presi in giro.
“Sei divertente – mi disse – tutto qua”
“Divertente?”
“Divertente e bellissima, ovvio”.
 
 
 
5 shots di tequila sale e limone dopo
“A cosa brindiamo, Hemmings?”
Alzai il mio sesto bicchierino al cielo, pronta a farlo tintinnare contro quello di Luke. Eravamo entrambi ubriachi fradici, non facevamo altro che ridere, bere ed urlare.
“A noi”
Lo guardai mentre stava per leccare il sale dalla sua mano, ma poi lo bloccai.
“Aspetta!”
“Che hai?” mi domandò, curioso.
“Ho un’idea migliore”
Il suo sguardo rasentava la confusione.
Io sorrisi, per rassicurarlo. Presi il sale e gli feci cenno di abbassarsi. Mi alzai sulle punte dei piedi, aggrappandomi al bancone per evitare di cadere. Sparsi un po’ di sale sul suo collo, e lui, capendo le mie intenzioni, si voltò di scatto per guardarmi.
Mi morsi il labbro, e lui sorrise, malizioso. Avvicinai le labbra al suo collo, leccandone poi il sale che avevo versato io stessa. Mi soffermai, lasciandogli una scia di piccoli baci sulla pelle morbida e candida che aveva.
“Basta – ma lui mi fermò – mi farai impazzire, principessa”
Scoppiai a ridere, buttando la testa all’indietro e facendo sparire anche l’ennesimo shottino di tequila di quella sera. Succhiai uno spicchio di limone e mi appoggiai con le spalle al bancone. Avevo gli occhi chiusi, quando sentii le mani di Luke accarezzarmi i fianchi.
“Che fai, Hemmings?” gli chiesi, inarcando un sopracciglio.
In tutta risposta intensificò la presa sui miei fianchi, avvicinandomi con forza a lui. I nostri corpi combaciavano alla perfezione, io avevo una ciocca di capelli sul viso e lui stava giocando con il lip piercing.
“Sei dannatamente sexy”
“E tu troppo ubriaco”
Luke scosse la testa, avvicinando le labbra alle mie ed intrappolandomi contro il bancone. Faceva caldo, ma non era la temperatura del locale, era lui.
“Forse”
Sorrisi, sulla sua bocca benedetta dal Signore stesso in persona.
Schiusi le labbra e presi a giocare con il suo piercing, come faceva sempre lui.
“Sei peggio della droga, Jenelle”
Stavamo boccheggiando l’uno sulle labbra dell’altro, se uno dei due si fosse mosso anche solo di un impercettibile millimetro, sarebbe scattato inevitabilmente il bacio.
“Sei la mia eroina”
“Ti ho salvato?”
“Mi salvi tutti i giorni – disse – ma non intendevo quel tipo di eroina”
Ridemmo entrambi sulla bocca dell’altro, mentre i suoi sussurri mi davano alla testa.
“Non sei la brava ragazzina che paparino vorrebbe per sé”
“Tu che dici?”
Scosse la testa, stringendomi ancora di più a sé.
“Direi proprio di no”
Continuai a stuzzicargli le labbra, giocando con il labret.
Stava fremendo, ed io con lui.
“Ti dispiace?”
“Baciami, cazzo”.

 
 
 
 
 
 
 
sounds good feels good!
ciao a tutti fiori!
credo che se io avessi un canale su youtube inizierei così. ma comunque..
come state? io bene, tra poco è natale ed io sono tipo la regina del natale, quindi sono felice.
il dodicesimo capitolo l'ho scritto con una canzone che io amo, soprattutto una parte in particolare, che dice: "your hips, my hands, you swing and you dance"
adoro quella parte della canzone, e non lo so, Jenelle e Luke finalmente si lasciano andare e subentra anche la passione.
io li adoro, e so che non dovrei dirlo di una coppia che ho inventato io, ma è così, quindi ahahaha
niente, salutiamo come sempre la mia Julie, Nolo, Ben e Genn (che fa anche rima) e me ne ne vado.

vi amo fiori ciao
 
 
 
 
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