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Autore: Max di Moglia    18/12/2015    0 recensioni
La strada non è molta, solo un sentierino che attraversa le colline e, al termine di esso, il villaggio, in cui Hans potrà finalmente trovare un rifugio e la salvezza dallo sguardo e dalla voce della sua dea.
Ma il sentiero nasconde molte insidie...
Dal testo:
Non si doveva voltare.
Per qualsiasi ragione al mondo, Hans non si doveva voltare.
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dea Bianca



Non si doveva voltare.
Per qualsiasi ragione al mondo, Hans non si doveva voltare.
«Coraggio» si disse il giovane, continuando a seguire lo stretto sentiero fangoso che si inerpicava tra le colline, cercando di ignorare quella voce, quel sussurro dolcissimo che proveniva dalle sue spalle, quella voce divina più invitante di un’amante che sussurra il nome dell’amato prima di un bacio.
«Il villaggio è vicino…» Hans accelerò il passo, sentendo rivoli caldi di sudore scendergli lungo tutto il corpo, mentre quel richiamo si faceva sempre più intenso: una lingua sconosciuta, parole senza senso, argentee, estranee eppure famigliari.
Voltati Hans.
«No!» gridò lui, coprendosi le orecchie «No, no no!»
Era notte, ma il sentiero era perfettamente visibile alla luce degli astri, sentinelle immobili e solitarie della sua agonia. Ma perché si era trattenuto così tanto alla tenuta di caccia di Elwin quel pomeriggio? Come aveva potuto essere così stupido? Maledizione, maledizione!
Voltati, voltati mio amato…
Hans aumentò l’andatura, da un passo veloce a una leggera corsa.
Voltati, mio prediletto, e ricevi la benedizione degli immortali.
Hans iniziò a correre, a risalire il sentiero che lo portava sulla cima di Picco dell’Alba con un passo sempre più svelto: il sangue gli stava ribollendo nelle vene, il suo collo stava già per voltarsi…
«No!» Il giovane iniziò una disperata fuga sul sentiero in salita: schivò una roccia, si fece strada tra un cespuglio d’erba alta, saltò una pozza d’acqua quasi asciutta e continuò a  correre, a correre, a correre… ecco, era in cima:  le luci del villaggio erano solo cento metri più in basso.
Un sorriso affiorò sulle labbra di Hans, la sua folle corsa stava per concludersi, c’era speranza!
Un passo, un altro, un altro, un… il suo piede si impigliò in qualcosa, il suo corpo si schiantò sul terreno: cadde di petto, il dolore esplose nel suo corpo come un colpo di mazza ferrata. Ruzzolò in basso, rotolando nel fango e nell’acqua putrida e stagnante delle piogge autunnali. Poi si fermò.
Hans sentiva il fango appiccato ogni dove: negli stivali, sulle guance, sulle labbra, sulle palpebre e sulle mani. In bocca aleggiava un sapore di sangue, terra e erba, i capelli insozzati e incollati alla fronte.
Apri gli occhi.
Aprì gli occhi. La vide.
Scintillante come l’occhio di Dio, splendente come argento, portale di luce su un’infinità tenebrosa e annichilente, messaggera di vita, rotonda e abbagliante.
Un sorriso spaccò la faccia di Hans: il sangue che prima ribolliva ora fremeva, danzava, premeva per schizzare fuori dalle vene e dalle arterie. Il suo corpo fu percorso da un tremito, prima caldo come l’inferno, poi freddo come la neve invernale. Gli occhi bruciavano, le orecchie sembravano esplodere da quanto i sussurri si intensificavano, diventavano litanie, grida, lamenti strazianti.
Ciò che prima era uomo si alzò di scatto.
«Basta!»  gridò la creatura, il suo grido fin troppo simile a un latrato: ciò che prima era Hans ora retrocedeva nei recessi più bui della sua mente, scacciato da un vortice di artigli e zanne.
Il desiderio di lotta era sempre più debole man mano che la sua umanità svaniva, ma Dio! Era così bello, così potente che tutto ciò che rimaneva di Hans desiderava era che non finisse mai. Le orecchie pulsavano da impazzire, le braccia, le gambe, la lingua erano tutto un tremito incontrollato, un’esplosione di piacere, come avere un orgasmo in ogni singolo poro della pelle.
Quant’era che non provava quella sensazione? Quanto tempo era che non si abbandonava alla sua vera natura? Troppo, troppo! Perché resisteva ogni plenilunio, perché non si concedeva il vero piacere della vita?
Strappi di tessuto, latrati, sangue ribollente, le braccia che si allargavano, il petto sembrava dover esplodere, la schiena si incurvava, odore di sangue nelle narici.
Hans era sempre più debole, più spaventato: prima che scomparisse negli angoli più scuri della mente, l’immagine di una culla insanguinata e degli occhi vuoti e morti di una madre furono ciò che attraversò la mente della creatura.
E fu allora che Hans ricordò perché.
Ma Hans non c’era più. Hans era nascosto e non voleva vedere.
Pelo argentato ricopriva ogni angolo della sua pelle, braci d’inferno erano i suoi occhi, artigli le sue dita, zanne i suoi denti, fame la sua paura, fame, fame, fame!
La creatura si appoggiò sulle quattro zampe muscolose e alzò la faccia lupina alla sua dea splendente: spalancò le fauci e cacciò un ululato lungo, intenso, profondo, a cui se ne aggiunsero altri in pochi secondi.
Le luci del villaggio ardevano più in basso. La creatura scattò verso le sue prede.



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ANGOLO AUTORE:

Ave!
Ho scritto questo raccontino qualche mese fa,  mentre guardavo una puntata di Penny Dreadful, una serie TV che secondo me è bellissima e che mi ha ispirato per la sua atmosfera dark e le adorabili bestiole che la popolano.
Oggi ho deciso di pubblicarla e… niente, spero vi piaccia ^^
Se avete consigli o errori da farmi notare e che mi sono sfuggiti, fatemi sapere!
Au revoir!

 


  
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