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Autore: Kiruna    13/03/2005    8 recensioni
L’aveva sempre guardato da lontano, ammirandolo e desiderandolo, ma se in una strana giornata fosse riuscito ad avere di più?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un nuovo giorno qui a Tokyo, un nuovo giorno per il Beyblade. Come al solito quella mattina mi alzai svogliato cercando di non prendere a calci la sveglia, responsabile di quel trillo assordante che mi aveva appena svegliato dal mio placido sonno. Beh, proprio placido non si poteva definire, mi ero rivoltato nel letto per tutta la notte, ma ciò nonostante di mettere i piedi per terra non ne avevo alcuna voglia. Di cattivo umore come al solito.
Guardandomi intorno sbadigliando cercai di recuperare i vestiti che avevo tirato in giro per la stanza il giorno prima nel tentativo di lasciarmi cadere sul letto prima possibile e chiudere un po’ gli occhi sul mondo.
Una doccia veloce, per sentire l’acqua fredda scivolare sul mio corpo e svegliarmi definitivamente, e un’ultima occhiata alla finestra pettinandomi la chioma ribelle che come tutte le mattine cercava disperatamente di sfuggire all’assoluto controllo del gel.
Ventunesimo piano, complimenti, pensai sogghignando prima di voltare definitivamente le spalle alla visuale che mi si era proposta: un centinaio di ragazzini chiassosi e festanti alle prese con le loro prima trottola.
La sede della BBA era stata ricostruita da poco ed era stata inaugurata meno di un mese fa. Passeggiando per i suoi intricati corridoi e raggiungendo uno dei suoi splendidi ascensori non potei fare a meno di pensare a come avessi finito per farmi ingabbiare lì dopo il torneo Justice 5.
Takao aveva vinto, ancora. E ancora una volta aveva fermato quello psicopatico di Borkof dal realizzare le sue megalomanie. Ero stato felice della sua vittoria, io stesso mi ero unito a lui per sconfiggere Brooklyn durante l’incontro finale, dimenticando passati astii o rivalità. Lo spirito del Bey era salvo ancora una volta. E Dai Tenji, che avevo completamente rivalutato durante la mia convalescenza, mi aveva proposto di ricominciare da zero. Un nuovo inizio, lontano dall’inferno che avevamo conosciuto in Russia e lontano da tutta la rabbia che avevo accumulato negli anni.
Perfetto, si poteva fare, avevo detto. Peccato che da un lato avessimo già cominciato col piede sbagliato: esistevo solo io? Di ciò che erano stati un tempo i temuti Demolition Boys, ero rimasto solo io? No, io lo sapevo bene. Ma come potevano loro essersene dimenticati?
Non ero mai stato l’icona dell’amico perfetto. Nè con Boris nè con Sergej. Io ero sempre stato il loro freddo e glaciale capitano sin da quando eravamo bambini e li avevo sempre tenuti a distanza di sicurezza per evitare che un’eventuale amicizia potesse influire sul mio carattere polare. Così mi era stato insegnato. Quando poi avevamo fatto lega per vendicarci di Vorkoff, l’uomo che per tanto tempo ci aveva usato e maltrattati, avevo in effetti pensato più a me, alla mia vendetta e al mio pericolante rapporto con Kei che a loro. Probabilmente i miei amici avevano fatto lo stesso. Tuttavia non potevo più negare il sentimento di complicità che era nato tra noi. Eravamo sulla stessa barca, da sempre. Dopo la finale dell’ultimo campionato del mondo poi, considerata la nostra sconfitta, e il modo ignobile in cui Kei li aveva trattati (e io, stupido, non l’avevo capito!), eravano indiscutibilmente diventati definitivamente amici.
Ero rimasto indignato dal modo in cui la BBA si era tanto preoccupata per me ma si era completamente scordata di loro. Il non essere titolari nella squadra non li rendeva cosi insignificanti, loro erano arrivati con me in finale! Era stata l’unica condizione che avevo messo, e la BBA e Dai Tenjii in particolare li era andati a recuperare dall’ospedale di provincia in cui erano finiti dopo quell’ultimo fatale scontro con Garland.
Sorrisi nel ricordare la faccia rossa di Dai Tenji, prodigarsi con ogni genere di scuse riguardo l’accaduto. Era un buon uomo dopotutto, tempo fa avrei potuto essere invidioso del mentore dei Bladebreakers, ora non me ne importava nemmeno più di tanto.
E così da allora Dai Tenji aveva offerto a me e ai miei compagni un alloggio nella nuova sede della BBA, che nuova di zecca accoglieva centinaia di bambini e ragazzi. Aveva capito bene che in Russia in fondo non ci era rimasto nulla se non il triste passato e si era offerto di aiutarci. Ovviamente ricambiavo il favore lavorando lì, allenando mocciosi e svolgendo le mansioni più svariate che mi erano richieste. Nel frattempo mi consentivano di studiare così che un giorno avrei potuto andarmene. Non amavo decisamente i bambini e non avevo certo intenzione di rimanere lì per tutta la vita.
Arrivai finalmente al piano che cercavo e tra i vari schiamazzi tipici di una palestra mi colpì la solita scenetta quotidiana che aveva il mio amico Boris come coprotagonista.
- Hej, aspetta! Ti devo ancora sfidare!- urlava questo mentre il suo avversario se ne andava sogghignando e sbattendogli in faccia la porta da cui era appena passato.
- Non ti sei ancora arreso, eh?- gli dissi osservando divertito i suoi impacciati tentativi di riaprire la stessa porta che gli era appena stata sbattuta sul naso. O era diventata improvvisamente di piombo, o aveva una serratura automatica, o il fuggitivo la stava tenendo dall’altra parte.
- Fatti i cavoli tuoi e non sfottere, tu!- mi apostrofò donandomi non più di qualche secondo della sua attenzione e ritornando alle prese con l’inapribile porta.
- G-A-R-L-A-N-D V-O-N C-E-T-W-A-L-D!- tuonò poi stando bene attento a sillabare ogni singola parola. –Aprì questa malefica porta, vigliacco! Oggi me lo sento, vincerò! Non puoi esimerti!-
Come negare che mi era tornato improvvisamente il buon umore? Mi divertivo sempre a vedere le simpatiche scenette tra Boris e Garland. Già, perchè il mio amico, dalla bruciante sconfitta che l’aveva spedito all’ospedale qualche mese prima, non si era più arreso. Non aveva fatto in tempo a rimettere i piedi per terra che aveva giurato sul suo onore ed orgoglio (praticamente tutto ciò che aveva) che sarebbe riuscito a battere quello sbruffone a costo della vita. Beh, le ultime parole probabilemente erano state influenzate da uno degli appassionati racconti di Takao di come il “suo Kei” aveva sconfitto coraggiosamente Brooklyn.
Ad ogni modo erano mesi che lo sfidava. E mesi che perdeva. Avevo assisitito a diverse delle loro sfide eppure, sebbene non potessi negare i notevoli progressi fatti dal mio amico, anche comparati al ragazzo svedese, continuava a ricevere delle sonore batoste. Sempre di pochissimo, specialmente negli ultimi tempi, ma abbastanza da sconfiggerlo. E vedendo Garland così spesso, i due erano diventati una sorta di amici, anche se Boris l’avrebbe difficilmente ammesso. Avevo il sospetto, diciamo sicurezza, che lo svedese si divertisse alquanto a bisticciare con lui, probabilmente lo trovava buffo. Chissà se il mio amico lo immaginava...
La scenetta finì quando Garland mollò la presa qualche secondo dopo portando la porta ad aprirsi improvvisamente e a far scapitombolare Boris all’indietro tra qualche risatina del giovane pubblico.
- Tu! Se ti prendo!- E il gioco continuò, tra le escandescenze di uno e i ghigni divertiti dell’altro. Non vidi oltre, quei due non dovevano raccontarmela giusta...
Ora era tempo dei miei allenamenti. Giusto, divagando avevo finito col dimenticarmelo. Passeggiando per il corridoio a cui ero diretto finii per incontrare inevitabilemente Takao. Per fortuna quei due avevano appena avuto il potere di cambiare il mio umore, altrimenti sarei probabilmente stato più acido di uno yogurt come al solito.
Perchè andava considerato anche questo: fattore Takao. Un campione, indiscutibile. Con la sua allegria e il suo modo di fare finiva per conquistare tutti e sul beyblade e spirito sportivo avrebbe avuto da insegnare a chiunque. Dopo quest’ultimo torneo avevo finito per arrendermi anch’io e, nonostante il mio carattere non fosse proprio dei più allegri e solari, mi sforzavo di tanto in tanto di essere carino (per quel che poteva essere il mio concetto di carino rispetto al suo) con lui. All’inizio era stato facile. Poi era entrato un altro fattore.
- Yuriy, vieni ad allenarti con noi?- al suo seguito ovviamente c’erano come al solito il suo gruppetto: il biondino americano, il tappetto con gli occhiali, il ragazzino esagitato con cui mi ero divertito ai mondiali e quella rompiscatole di sesso femminile che dovevo ancora capire che diavolo di ruolo avesse in quella squadra. Giocava a Bey? No. Sapeva la benchè minima nozione di Bey? No. La mia curiosità mi aveva spinto a metterla diverse volte alla prova ma ero rimasto costantemente deluso.
“Suicidio...” In effetti se non amavo allenare i mocciosi, decisamente odiavo guardare l’affabilità di Takao con essi. Il suo modo di giocare con loro semplicemente per vedere i loro visi entusiasti per quello sport.
- Veramente, io dovrei...- “Pensa! Pensa! Su, una scusa!” - ...finire una commissione che mi ha dato Dai Tenji per lo stadio 4!- “Sì, ecco! Una scusa perfetta!”
- Lo stadio 4? Non è quello in ristrutturazione?- Oh cazzo... il professore si pronunciò con tranquilla curiosità, probabilmente non immaginando neppure le saette che i miei occhi gli stavano tirando in quel momento.
- Yuriy, non è che per caso non ti va di venire con noi?- disse Takao con quella finta aria innocente che sapeva fare alla perfezione.
“No, per niente, non mi va di vedere le vostre belle faccine ridere solari mentre Takao si struscia con Kei”
Mi sarebbe piaciuto dirlo. Ma oltre a testimoniare un’accentuata maleducazione nei confronti di chi mi aveva aiutato, quella frase avrebbe testimoniato anche un’altra cosa.
Già, ecco l’altro fattore: Kei. Probabilmente il motivo più importante e realistico per cui non riuscivo proprio ad andare d’accordo con Takao.
- No, figurati, come volete, vengo volentieri, devo essermi sbagliato...- “Yuriy, ma che cazzo stai dicendo??? Ribellati!!!” La voce della mia coscienza (e della ragione probabilmente) urlava a squarciagola nella mia testa, ma non l’ascoltai e sapevo benissimo il perchè.
Mentre seguivo Takao feci ancora una volta il punto del mio stupido comportamento. Ammiravo Takao, l’avevo già detto, era un campione. Per una volta mi costrinsi ad ammettere che se non sarei mai riuscito a sorridergli sinceramente era perchè ne ero fondamentalmente invidioso.
Era il campione mondiale. Sentii quella parola risuonarmi in testa ancora una volta. No, non era quello. Non me ne importava più di premi e trofei anzi, non me ne era mai importato.
Takao aveva ottenuto lui. Quella persona che era sempre sfuggita a tutti per tutta la sua vita. Nessuno era mai riuscito a prendere la fenice. Silenziosa e imperiosa dall’alto del suo manto di fuoco, aveva sempre guardato il mondo con disprezzo. Ma aveva sorriso a lui.
Che Takao avesse sempre avuto un qualcosa al di là della semplice ammirazione per Kei, era sempre stato chiaro. Non era stato l’unico a perdere la testa per il russo di fuoco e ghiaccio allo stesso tempo. No, il ghiaccio ero io.
Ma Kei... Kei era chiaro che non era più rimasto imparziale. Nessuno sapeva quali fossero i suoi pensieri, se fossero stati chiari probabilmente avrebbe perso tutto il fascino che esercitava su coloro che non riuscivano a comprenderlo. Praticamente tutti. Ciò nonostante con Takao aveva assunto uno strano comportamento complice, mentre l’altro lo guardava pendendo letteralmente dalle sue labbra.
Arrivammo al chioschetto poco fuori dal grande palazzo con tanto di piste per bey senza che io aprissi ancora bocca e che nessuno pretendesse nulla da me. Come previsto, il cinese e il russo-nipponico erano già lì. Il primo era seduto sullo schienale di una panchina con i piedi su di essa. Sembrava stesse raccontanto qualcosa al secondo, che lo osservava silenziosamente ad occhi semichiusi sdraiato sul prato con il solito filo d’erba in bocca che gli avevo già visto diverse volte. Alzò di poco il busto per constatare il nostro arrivo, poi tornò a sdraiarsi.
- Indovinate chi c’è con noi!- Il solito entusiasmo di Takao non faceva certo eccezione questa volta.
- Lo possiamo vedere da noi Takao, non siamo ciechi...- Beh, almeno avevo la certezza che Kei fosse sempre lui, e non si fosse rammollito troppo crogiolandosi nel suo nuovo concetto di amicizia.
- Ciao Yuriy!- il cinese sorrise e ricambiai il saluto. Ecco una delle poche persone che stimavo senza che mi dovesse necessariamente dare sui nervi. Il cinese sapeva il fatto suo, si faceva rispettare e allo stesso tempo era una persona affabile e gentile. Aveva avuto la mia stima sin da quando più di tre anni prima aveva battuto Boris in quella battaglia disperata che gli era costata un simpatico soggiorno all’ospedale.
Inutile perdersi nei dettagli di poi, disputai qualche incontro senza troppa convinzione mentre Kei, nonostante le suppliche e le “minacce” di Takao (- Se non ti alzi stasera ti lascio senza cena!- -E allora? Non mi chiamo Takao...-), non si era alzato e aveva continuato a guardare il cielo, quella mattina insolitamente chiaro e azzurro.
Alla fine mi ero andato a sedere accanto a lui mentre Takao e Rei combattevano distruggendo ciò che era rimasto del BeyBlade Stadium in cui avevamo giocato prima.
Io e Kei. Ecco invece un punto interrogativo. Mi ero perso nell’incostanza del mio rapporto con lui.
Avevo ammesso che non mi era indifferente come volevo fare credere a me stesso già da dopo la fine di questo mondiale. Mi ero sentito rodere guardando lui e Takao in quella memorabile sfida. Ammirazione? Allora Sergej aveva detto col suo solito tono funereo che dovevo avere una sorta di complesso nei suoi confronti. Ora invece era passato direttamente a sostenere una mia cotta per lui. E più io mi accanivo a negare, più lui mi diceva che non lo stavo negando a lui ma a me stesso. Boris non diceva nulla, se non che il gigante silenzioso parlava poco, ma quando lo faceva era per una valida ragione.
Aveva ragione, dico ora, e allora guardandolo fu la prima volta che non potei che ammetterlo dentro di me. Guardando i suoi occhi persi da qualche parte nel cielo sopra di lui e la sua espressione meravigliosa così assorta sempre rivolta altrove, provai il desiderio di acciuffarlo. Non lui, quanto il suo sguardo.Volevo che scendesse e che si fermasse sulla terra, vicino a me.
Scossi la testa, cercando di scacciare dalla mente quei pensieri a mio avviso idioti per concentrarmi su qualcosa di più realistico, ma non potei che pensare ancora a lui.
Stavolta al torneo Justice 5. Quando io ero arrivato con Dai Tenji a vedere ciò che stava succedendo e Kei era lì, intoccabile come al solito su quel suo piedistallo di pietra. C’era stato un veloce scambio di sguardi, mi aveva sorriso prima di tornare a fissare l’incontro. Quello era stato il mio colpo di grazia. Il pensare che almeno qualche istante il suo sorriso era stato rivolto a me e non a Takao. Era chiedere troppo? O io con il mio assurdo carattere non ne avevo diritto?
- A cosa stai pensando?- la sua voce interruppe bruscamente il girovagare della mia mente, le voci di Takao e Rei ancora come sottofondo.
- Mph!- Il suo rivolgermi la parola così improvvisamente mi aveva alquanto sorpreso e, non sapendo cosa dire, avevo evitato il problema dicendo qualcosa di non compromettente e per di più tipico del mio e del suo carattere. Era quasi il terrore che avrebbe potuto reputarmi per sempre uno stupido a seconda di ciò che gli avessi detto nei successivi dieci secondi. Incredibile cosa non fai quando la persona che più ti interessa ti rivolge la parola e tu hai paura di rovinare tutto.
- Ah, facciamo gli scontrosi oggi, Yuriy Ivanoff...- a volte mi faceva impazzire persino il modo beffardo in cui pronunciava il mio nome. Avrei voluto tirargli un pugno, per poi stringerlo stretto a me.
“E fare cosa?” Ecco quella voce che ricominciava a parlare. E la risposta non poteva che affiorare ormai...
- Non ho voglia di parlare, tutto qui.-
Ma che diavolo stavo dicendo? Non potevo reagire così ora che parlavo con lui. E tutto perchè provavo quella voglia incredibile di... baciarlo.
- Ti stai isolando, lupo solitario?- sembrava compiaciuto.
- Non pretenderai di avere l’esclusiva...- forse era dolore, il sapere di non contare più nulla per lui rispetto agli amici che aveva ora.
- Forse non gradisci la compagnia?- continuò tranquillo con un cenno al match di bey e ai suoi giocatori ancora impegnati.
Non risposi, continuando a guardare dritto avanti a me.
- Che cattivo, e pensare che per loro sei ormai uno del gruppo...- Il suo tono si manteneva ironico, ma il mio istinto protettivo mi diceva di non fidarsi.
- Che cosa vuoi da me, Kei? Cosa significa questo?- non capivo, non riuscivo a comprendere.
- Credevo di contare qualcosa per te, o mi sbagliavo?- O merda... Non sapevo se mettermi a piangere perchè mi aveva inevitabilmente scoperto o saltare di gioia perchè si era accorto di me. La mia paura mi suggeriva la prima ma... come non riaffacciarsi alla possibilità che ci fosse ancora qualcosa di bello là fuori?
Rimasi interdetto.
- O anche tu invece ti fermi a ciò che vedi? Bravo blader, bel ragazzo, affascinante e misterioso, chissà cosa nasconderà dietro la maschera...- ormai sembrava parlare più a se stesso che a me.
Da qualche parte, precedentemente atrofizzata e ridotta al silenzio dai battiti del mio cuore, la mia lingua si risvegliò e parlò.
- Io so ciò che nascondi Kei... siamo cresciuti assieme, ancora non ricordi? Eppure neanch’io però riesco ad afferrarti. Ho cercato di capirti...-
- Pfui- fu tutto ciò che ottenni, come in una vignetta fumettistica di Paperon de Paperoni.
- Credevo che fossi felice qui. Hai degli amici che ti vogliono bene, Takao che stravede per te, cosa ti puoi mancare? A me non è rimasta che la pietà!- sbottai io, cercando irrimediabilmente di saperne di più.
- Takao? Già...- disse guardando il cielo e riprese poi guardandomi negli occhi.
- Mi annoio- lo disse come se fosse la cosa più banale e semplice del mondo prima di alzarsi definitivamente in piedi, in concomitanza con l’urlo di vittoria di Takao.
Voltandomi a guardare il gruppo vidi la faccia di Rei rassegnata ma soddisfatta, il frenetismo del professore nel raccogliere dati e Takao dirigersi verso di noi.
- Hey Kei! Visto che mossa?- Non poteva avere idea di quanto gli invidiassi a volte il suo entusiasmo...
- Wow...- lo disse con la sua solita inflessione ironica senza sbilanciarsi. E il giapponese non se la prese troppo, doveva essere abituato ai lunghi silenzi di Kei dopotutto.
- Scusa Takao, oggi sono stanco, meglio che vada, ho delle faccende da sbrigare, mi dispiace- disse poi lui atono. Si voltò e con un cenno della mano salutò, lasciando al compagno piuttosto corrucciato solo il tempo di dire un flebile: -Sì, certo Kei...- che lasciava ben trasparire la sua delusione.
Kei si voltò solo una volta, e fu per dirmi con un tono spiccatamente intrigante:
- Ci vediamo domani, Yuriy...-
  
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