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Autore: cin75    20/12/2015    5 recensioni
Questa sarà una raccolta di storie, di pezzi di vita, di tanti "diversi" Jared e Jensen. A volte saranno storie tristi, a volte comiche, a volte romantiche. Saranno quello che mi ispirerà il mio animo nel momento in cui le scrivo. Quindi sperate sempre che io sia felice!!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’ASCENSORE!

Le porte dell’ascensore si chiusero e i due occupanti si scambiarono a malapena uno sguardo di cortese saluto, anche perché uno dei due era impegnato in quella che sembrava essere una conversazione piuttosto accesa e doveva essere anche parecchio incazzato dato che schiacciò con violenza il tasto per il ventiduesimo piano.

“Sei un bastardo Tom. Ti avevo detto che se lo avessi fatto ancora, ti avrei sbattuto fuori di casa. Beh! Indovina?? Tu ti sei sbattuto Frank. Io ti sbatto fuori. E’ finita!!” ringhiò infuriato e mise fine alla conversazione.

L’altro, fermo all’angolo opposto della cabina meccanica, lo aveva guardato con discrezione e non aveva potuto non notare i lineamenti decisamente belli del ragazzo. I capelli biondi, quasi rossicci, ma non eccessivamente. La decisone della sua corporatura ben definita. E poi quegli occhi. Dannatamente verdi che se anche li aveva appena visti, non erano passati inosservati.
Alzò di poco lo sguardo per osservare il suo vicino che sembrava voler riprendere il controllo dopo quella sfuriata telefonica.

“E’ sempre uno schifo quando succede così!” affermò senza scomporsi più di tanto e guardando subito dopo quando mancava per il suo di piano. Il ventesimo.

“Come scusa?!” ribattè ancora agitato l’altro.
“Scusa! Non è mia abitudine ascoltare le conversazioni degli altri, ma data la nostra situazione….” affermò indicando il luogo ristretto in cui si trovavano.
“Sì. Già!!” convenne. Non poteva dargli torto anche perché lui non era stato per niente discreto mentre liquidava Tom. “Comunque hai ragione. E’ uno schifo!”
“Sembra che non lo facciano mai apposta e che tutto sia sempre colpa dell’altro!” affermò ancora quello che continuava a parlargli senza calcare mai troppo sul tono.
“Wow!! Conosci Tom?!” ironizzò il neo-single mentre riceveva in risposta un sorriso altrettanto ironico.
Quel ragazzo era alto, con un fisico decisamente imponente. Aveva i capelli lunghi quasi fino alle spalle, castani ma non tanto scuri. I suoi occhi erano di un colore chiaro indefinito: verdi, forse lievemente azzurri ma di certo c’erano delle venature dorato o forse ambrate a colorargli le iridi.
Quello sguardo che sembrava scrutarlo eppure pareva appena guardarlo
Tutto di lui sembrava essere indefinito e questo lo rendeva decisamente attraente.
 
Cavolo, se è affascinante!
Dio!, che occhi!
 
Il biondo rimise il cellulare nella tasca della giacca e porse la mano al suo vicino.
“Piacere! Io sono….” stava per dire il suo nome quando l’altro lo fermò.
“No!” fece il giovane.
Il suo sguardo era mutato. Era deciso. Concentrato. E il colore dei suoi occhi era come se si fosse acceso di un qualche desiderio nascosto.
Con movimenti lenti aveva messo via anche il suo di cellulare e i suoi occhi sembravano studiare, scrutare il suo interlocutore sconosciuto.
“Niente nomi. Almeno per una volta. Niente nomi!” sussurrò con un tono basso e vibrante mentre afferrava con decisione ma non rudezza la mano ancora tesa verso di lui.
“Ma io…” balbettò l’altro, decisamente colto alla sprovvista.
“Fermami…. se non vuoi!” e in un attimo azzerò lo spazio tra di loro e si avventò sulle labbra schiuse dalla sorpresa di quel suo inatteso partner.
Il biondo non  lo fermò. Decisamente non lo fermò.
L’impavido baciatore, elettrizzato dal non essere stato respinto, spinse con cautela l’altro contro la parete dell’ascensore e solo dopo aver stuzzicato con sensualità quelle bellissime labbra carnose, si staccò a malincuore da loro.
Guardò quei meravigliosi occhi verdi che avevano ripreso a fissarlo tra un misto di desiderio insoddisfatto e incredulità …incredula.
“Non mi hai fermato!” asserì dolcemente soddisfatto e al tempo stesso spaventato dal fatto di non essere stato fermato.
“Non volevo fermarti e non…” ma sembrò quasi imbarazzarsi di quella che era la conclusione della sua frase.
“Non…cosa?”
“Non volevo fermarmi!” soffiò appena dalle labbra.

I due si guardarono, in silenzio. Nessuno si mosse da quella stretta in cui erano finiti. Entrambi sentivano che qualcosa stava accadendo. Improvvisa, insensata, irragionevole, sconsiderata.
Ma entrambi non riuscivano a spiegarsi , nel segreto delle loro menti, del perché non riuscivano ad allontanarsi.
“E allora non fermiamoci!” azzardò colui che aveva preso l’iniziativa.
L’altro guardò i tasti che si illuminavano di piano in piano e ne mancavano ancora diciotto e la tastiera elettronica segnalava che nessuno aveva richiesto una fermata al piano.
Guardò quegli occhi di un colore indefinito le cui sfumature ambrate sembravano brillare d’oro. Sorrise appena al leggero tremore che vedeva su quelle labbra che l’avevano appena baciato. Anzi, che gli avevano appena tolto il fiato.
 
Da quando non veniva baciato così!?
Da quando non provava quello che stava provando in quel momento? Paura, eccitazione, adrenalina.
Sapeva , sentiva che anche l’altro si trovava nella sua stessa eccitante confusione, glielo leggeva sul viso.
Ma se il primo passo non era stato il suo, questo lo sarebbe stato.
 
“E allora non fermiamoci!” confermò il biondo, trovando il coraggio in quell’inaspettato desiderio che sentiva già pulsargli al basso ventre. Allungò la mano verso la tastiera dei comandi e premette il pulsante di arresto.
La cabina si fermò a metà tra due piani.

……

I movimenti benché frenetici non erano mai bruschi, ma erano avvolti da una patina di passione. Le mani raggiungevano, vogliose, la pelle al di sotto delle loro camicie, stringendo e brandendo con caldo desiderio quella pelle che già scottava al pensiero di quello che stava accadendo e che sarebbe accaduto.
Il ragazzo dagli occhi di ambra , pur non smettendo mai di guardare quel suo inaspettato amante, fece scendere le mani verso la cintura dei pantaloni iniziando a sbottonare con movimenti ansiosi la cinta e poi la cerniera e in quel tentativo, la sua mano accarezzò gentilmente l’ormai esposto desiderio dell’altro che gemette e si aggrappò istintivamente ai fianchi ben torniti e sodi del giovane.
Il pantalone scivolò lungo le gambe e il contatto tra i loro bacini divenne più consistente e deciso e caldo e fremente e….pazzesco!!!
“Anche tu!” sussurrò ansimante il biondo e la sua voce era roca di languida voglia.
Non c’è bisogno di dire che il giovane che non smetteva mai né di accarezzarlo né di baciarlo, non se lo lasciò ripetere.
“Toglimeli tu!” ghignò sulle labbra carnose e arrossate dell’amante che , veloce e tremante, obbedì.
In un attimo entrambi avevano i pantaloni calati, i corpi vicini, le loro intimità che  affamate e frementi si deliziavano di quel sensuale strusciamento.
“Girati!” fece quello più giovane e quando l’altro lo guardò quasi spaurito fece ancora, sorprendendolo: “Vuoi?!” e sembrò quasi una preghiera.
Il biondo deglutì e senza lasciare al suo cervello tempo per analizzare la cosa, si girò faccia alla parete metallica della cabina. Alzò le mani all’altezza del viso , poggiando i palmi contro il metallo, come per sostenersi. Sentì l’altro sistemarsi dietro di lui, contro di lui. La liscia carezza del cotone dei boxer fu sostituita da quella più sensuale del calore della pelle.
E poi , lenta quasi timida, sentì il palesarsi di quella presenza intima e allora si mosse per assecondare i movimenti e facilitare …il resto.
 
Tutto ciò che accadde fu fuoco, fu magia. Fu passione, fu follia.
 
Furono ansimi accaldati, respiri affannati, sospiri tremanti,  movimenti cadenzati. A volte veloci, a volte lenti e profondi.
Un dolore sottile. Un godimento avvolgente.
Furono mani intrecciate. Dita con le dita. Dorso contro palmo. Labbra contro labbra.
Baci sulle braccia. Baci sulla nuca.
Un muoversi ritmico. A volte esigente , a volte  esitante.
E poi fu il piacere. Forte, caldo, sconvolgente. Profondo!!
Inaspettatamente travolgente.
Soffocato in un grido contro il dorso di una mano e su una schiena tesa e tremante.
E poi avvenne. La cosa più sconvolgente.

Un abbraccio.


Quelle mani che fino a quel momento stringevano delle mani contratte alla parete, ora, lentamente, scendevano verso il petto ansimante del biondo e lì si fermavano come per sostenerlo, per chetare quel respiro affannato. Le braccia lo stringevano e lui non riusciva a sottrarsi a quell’abbraccio e tremò quando a quella stretta, un bacio leggero dato alla base della nuca si mostrò , quasi timido.
E anche l’altro tremò , quando un braccio del biondo, piegandosi all’indietro, andò a posarsi sulla curva della sua schiena ancora appoggiata a lui. Il tocco di quella mano fu calda, gentile e decisa al tempo stesso.
“Stai… bene?!” si ritrovò a chiedere il ragazzo ancora stretto a quel corpo caldo.
“Sì!” rispose in un sospiro , il biondo, fermo in quella stretta. Decidendo, stranamente, di godersi quel momento assurdo.
C’avrebbe pensato dopo a darsi dell’incosciente!!!

……

L’ascensore riprese la sua corsa mentre i due riassettarono i loro vestiti.
Uno potè infilarsi la camicia di nuovo nei pantaloni, l’altro no. Il suo piacere aveva lasciato tracce sulla stoffa che non sarebbero passate inosservate.
Allora sistemò la camicia al di sopra dei pantaloni.
Tutto in rigoroso silenzio. Un silenzio che veniva interrotto di tanto in tanto solo da uno sguardo fuggevole che continuavano a scambiarsi. Fuggevole quanto i loro sorrisi sfuggenti.
Furono presentabili appena in tempo quando l’ascensore si fermò al ventesimo piano. Il classico “ding” sembrò riportare entrambi alla realtà.
Il ragazzo dagli occhi di ambra si diede un ultima occhiata e naturalmente guardò un ultima volta quel ragazzo le cui iridi verdi avrebbero fatto impallidire il più prezioso degli smeraldi.
 
Le porte della cabina si aprirono sul corridoio del piano.
“Ciao, sconosciuto!” fece il ragazzo prima di uscire. Sulle labbra un qualcosa di felice e triste allo stesso tempo. Espressione identica di chi lo stava guardando andare via.
“Addio….sconosciuto!” rispose quello rimasto nell’ascensore.
Poi le porte si chiusero per riaprirsi al ventiduesimo piano.

....
 
Il biondo uscì dalla cabina e si diresse nel suo ufficio. Doveva cercare  un modo per “rimediare al suo incidente” ben visibile sui suoi pantaloni.
La camicia avrebbe potuto anche tirargli un brutto scherzo!!
“Jensen!!!!” fu il richiamo allegro che arrivò poco dopo. “Alla buon ora! Ma dove eri finito?”
“Misha, ciao!! C’era traffico e poi….e poi non sono in ritardo!!”
“No. Non sia mai che Mr. Ackles sia in ritardo!!” scherzò Misha, collega di Jensen.
“A che devo tutto questo entusiasmo?!” domandò il ragazzo mentre con uno straccio cercava di strofinare la stoffa dei pantaloni. Quella zona appena accanto alla cerniera.
“Che hai fatto?!” domandò invece di rimando Misha.
“Stupidissimo caffè!!” inventò al momento. “Allora?” ripetè cercando di sviare lì attenzione da lui e da quello che stava facendo.
“Oggi si festeggia!!!” esclamò entusiasta l’amico.
“Cosa o chi?”
“Il nuovo responsabile di settore.” Rispose con tono riverenziale, Misha.
“Ma non doveva arrivare tra due giorni?!”
“Sì, ma a quanto pare, vuole dare un occhiata in giro. Dicono che sia uno in gamba!!” riferì mentre metteva in disordine le cose sulla scrivani dell’amico.
“Finalmente ci affiancano uno che sa il fatto suo?!” domandò ironico e nel frattempo rimetteva in ordine il caos che aveva creato Misha sul suo tavolo da lavoro.
“Lo spero , amico. Quel Marv era un vero incubo. E aveva anche deliri di Onnipotenza!” ripensando al periodo di sei mesi orribili con l’ormai ex collega.
“E infatti lo hanno rinchiuso!” gli ricordò Jensen. “Il poveretto ha avuto un esaurimento nervoso con i controfiocchi!!!” fece mentre finiva di sistemarsi.
Misha lo guardò e soddisfatto di quello che vedeva gli sorrise.“Ok! Sei apposto!” gli disse. “Dai!, sbrigati. Si festeggia al ventesimo!”
“Al ventesimo?” fece quasi con terrore.
 
Non al ventesimo. C’è lui al ventesimo. E se dovessimo incontrarci. E se ci incrociassimo nei corridoi o Dio non voglia di nuovo in ascensore. No. Non al ventesimo!!
 
“Sì, perché non ti piace il ventesimo?” domandò sorpreso Misha che vedeva quell’aria sperduta sul volto dell’amico. “Gli uffici legali…quelli amministrativi…i bagni ben accessoriati…musica soffusa…tutti che parlano con discrezione….sembra quasi l’anticamera del Paradiso.” sembrava tentarlo.
“Ma al ventesimo c’è….” …..stava davvero per dirlo? E dire cosa poi? Il nome, un nome. Ma ops!! Non c’era nessun nome da dire.
“C’è…chi?” fece l’altro, confuso.
“No…niente…nessuno!!” balbettò negando lo sguardo al collega curioso..
Qualcosa non andava. Misha decise che decisamente qualcosa non andava. Guardò Jensen e lo fece nel suo solito modo. Strinse gli occhi e piegò di lato la testa e Jensen tremò, perché allo sguardo di Misha non sfuggiva niente, soprattutto se riguardava lui: Jensen, il suo migliore amico.
“Che mi venga un colpo!” sibilò Misha.
“Misha…”

Ecco! L’aveva scoperto.

“Hai fatto sesso!”
Infatti!!
“Misha!!” cercò di sorvolare.
“Hai fatto sesso e nemmeno da tanto!!” insistette l’amico con più enfasi.
“Cazzo!!…vuoi abbassare la voce. Che diavolo ti prende!!?” gettandosi verso la porta del loro ufficio per chiuderla , così da rendere la conversazione meno pubblica.
“Quando….chi…come…dove!!!” si affrettò ad informarsi.
“Vuoi anche il codice fiscale?!” ironizzò retorico Jensen.
“No, ma se ha avuto la fortuna di accedere alle tue grazie, chiedigli se ha una sorella!!” scherzò.
“Misha…”
“Chi è?!” chiese Misha.
“Io..”
“Andiamo, Jensen. Sono il tuo migliore amico e sono anche quello che ti ha aperto gli occhi sul quel bastardo di Tom. Mi merito di sapere da chi ti sei fatto leccare le ferite!” lo stuzzicò ammiccando.
“Non diventare volgare.” Lo redarguì l’altro.
“Sei tu che pensi male! Andiamo chi è?...”
“Mish…”
“…Lavora qui?” insistette più curioso.
“Misha!!”
“…O almeno in questo edificio?” azzardò ancora.
“Misha!!!!!!”
“…lo conosco?” domandò ostinato.
“No e non lo conosco nemmeno io!” sbottò esasperato da quel terzo grado e sentendosi immediatamente a disagio quando si rese conto di quello che aveva appena rivelato.

Gli occhi verdi vagarono per un attimo su ogni stupido particolare di quell’ufficio , cercando un qualsiasi motivo per non incrociarsi con quelli con cui lo stava fissando Misha.

“Come scusa?!” sussurrò incredulo l’amico. Gli occhi di quell’assurdo blu , stretti in un’espressione indagatoria.
“Io ….non …lo conosco!” fece imbarazzato.
Misha lo guardò ancora per un attimo. La cosa lo stupì, naturalmente, ma non potè non notare il palese senso di colpa e vergogna che aleggiava come un avvoltoio intorno al suo amico.
“Jensen tu hai fatto sesso e questo è un dato di fatto.”affermò convinto. “Ma davvero mi stai dicendo che lo hai fatto con uno sconosciuto?!” domandò ancora.
 
Jensen e lui erano amici da anni. Aveva dimenticato perfino da quando lo erano. Lui fu il primo a sapere della sua omosessualità e gli era stato costantemente accanto anche nei periodi più difficili. E naturalmente Jensen aveva dato a Misha lo stesso appoggio quando era Misha a trovarsi in difficoltà con il gentile sesso.
Il biondo era un ragazzo fortemente legato alla sua privacy e ci credeva parecchio alle relazioni. Quelle vere, però. Non come quelle in cui lo aveva fatto ritrovare Tom. Non era un bacchettone, ma non era nemmeno un tipo alla Christian Grey.
Jensen fondamentalmente era un romantico. Quindi , quella cosa dell’ascensore davvero lo aveva stupito.
 
“…” Jensen non rispose. Non sapeva che rispondere. Come giustificarsi. Come spiegare.
“MA BRAVO IL MIO RAGAZZO!!!!!” esclamò all’improvviso e al colmo di quella che sembrava felicità. "E dove sarebbe successo il miracolo?!" Misha sapeva di dover agire in quel modo o Jensen si sarebbe dato la croce per giorni.
Jensen sentì il rossore bruciargli il viso e non sapeva davvero come confessare al suo amico quella follia temporanea che lo aveva travolto. Sapeva che Misha non avrebbe mollato a quel punto della storia e quindi l'unica cosa che riuscì a fare fu guardare, attraverso le vetrata del suo ufficio,  verso le porte dell'ascensore che era stato l'unico testimone di quella stessa follia. Splendida , splendida follia.
Misha , leggermente confuso, seguì lo sguardo dell'amico e strabuzzò gli occhi quando collegò l'imbarazzo di Jensen al punto che l'amico fissava.
"Nell'ascensore?" azzardò incerto.
".." annuì.
"Stamattina prima di venire al lavoro, hai fatto sesso con uno sconosciuto nell'ascensore di questo ufficio?" domandò andandogli vicino.
"..." annuì ancora. Sempre più in imbarazzo.
"Dimmi che non mi stai prendendo per il culo, Jens."
"..." e ancora in imbarazzo , questa volta negò.
Misha si passò le mani nei capelli rendendoli ancora più sconvolti di come già di solito li portava, ma che, chissà per quale misteriosa ragione, lo rendevano estremamente attraente per tutte le ragazze che lavoravano con lui . E anche per quello che non lavoravano con lui!!!
Il ragazzo tornò a fissare Jensen che continuava a macerare nella sua vergogna.

"Tu. Sei. Il mio. Eroe!!" esclamò enfatico gettando le braccia all'aria come se gridasse il più plateale degli halleluia!

"Cosa??!" si sorprese Jensen.
"Era ora, Jens. Tom ti stava risucchiando l'anima con la sua bastardaggine di traditore e ora finalmente..."
"Cosa, Mish? Cosa??", e questa volta , una sorta di frustrazione piegò la sua voce. "Ho fatto sesso con un emerito sconosciuto in un ascensore, ti rendo conto?!"
"Jensen, metà della popolazione mondiale sogna segretamente di vivere quello che hai fatto tu!" provò a rassicurarlo.
Se di rassicurazione si poteva parlare, data la situazione!!
"Questo non mi fa sentire meglio. Cavolo, Mish!! Non sono un ragazzino in piena crisi ormonale che non sa controllarsi. E se ci avessero scoperti? e se lui fosse..non lo so..." cominciò a spiegarsi nervosamente, gesticolando come faceva ogni volta che era nervoso.
"Cosa? Uno psicopatico? Un serial killer?"
"Tu non capisci!" lo ammonì esasperato mentre si muoveva freneticamente per la stanza.
Misha gli andò vicino e lo afferrò per un braccio, costringendolo a fermarsi e a guardarlo.
"Jensen, amico. Io ti capisco benissimo. Hai rotto con Tom, eri arrabbiato Ti sentivi ferito, amareggiato, triste e in quel momento il tuo corpo e la tua mente non chiedeva altro che stare meglio. L'altro, chiunque egli sia, non ha fatto altro che trovarsi al posto giusto al momento giusto!!"
"No, Mish. No. Non può essere così facile!"
"La vita non è facile. Le scelte non sono facili. L'unica cosa facile è accettare ogni passo che facciamo in questa vita mentre compiamo quelle scelte!" gli fece presente Misha. E questa volta era serio e voleva aiutarlo.
“E se la mia fosse stata una scelta che..”
“Senti, non sto dicendo che da oggi devi andartene in giro a fare sesso con chiunque si renda disponibile. Questo no. E non sarebbe da te. Quello che sto dicendo è che è successo. Punto e basta. E credimi …te lo leggo in faccia che la “cosa” non ti è dispiaciuta!” gli disse ma senza fargliene una colpa.
“Misha…”
“Non negarlo, Jensen. Lo sai che con me non puoi mentire!”
“Lo so.” ammise.
“E allora cosa?!” chiese ora con più complicità Misha.
Jensen per un attimo fissò il vuoto oltre la finestra del suo ufficio. Fu come trovarsi di nuovo in quell’ascensore, in quel calore, in quella follia, avvolto da tutto ciò che aveva provato. Gli sembrò di sentire ogni singola scarica elettrica che gli aveva attraversato il corpo fino alla vetta del piacere.
“E’ stato tutto così …intenso e …..assurdo e….forte e….appassionante!” si limitò a raccontare. “So che può sembrare insensato, che forse non avrà nemmeno senso, ma non è stato solo…sesso.” e questo lo disse quasi con  convinzione.
“Perché dici così?!” domandò perché davvero voleva capire.

A Jensen, dopo quella domanda di Misha,  sembrò di risentire perfino quel tremore che aveva sentito quando quel gesto era stato compiuto.

“Quando…quando tutto è finito…lui…lui…” ed ora c’era imbarazzo cercando di semplificare quel momento e quelle sensazioni.
“Lui …cosa?!” fece Misha che pendeva letteralmente dalle labbra dell’amico.
“Mi ha tenuto abbracciato. Per un po’….lui mi ha tenuto stretto!” confessò con una punta di emozione.
Misha restò in silenzio, guardando Jensen e l’espressione che aveva sul viso. ascoltando ciò che l’amico gli stava confidando e il modo in cui lo stava facendo. “Wow!! Mi sa che Mr. Ascensore ha lasciato il segno, amico mio.”
“Ma che dici!!??” sembrò riaversi Jensen.
“Senti, una ragione di più per scendere al ventesimo. Con la scusa del party di benvenuto, ti fai un giro per il piano e vedi se lo riesci a trovare!!” suggerì Misha.
“Cosa?? ….No! non potrei  mai!” fece quasi in panico, Jensen.
“Ok!, allora dimmi come è fatto e te lo trovo io!!” esclamò Misha mentre afferrava  Jensen e lo trascinava con lui alla festa.

…….

Il rinfresco era già iniziato quando Jensen e Misha arrivarono. Vari gruppetti di colleghi si scambiano battute divertite sia sul nuovo responsabile che su quello vecchio.
Misha si avvicinò ad uno dei loro colleghi e chiese chi fosse il festeggiato. Un ragazzo gli indicò quello che stava parlando con il direttore Sheppard.
“Ok! Jensen. Vieni, nuovo collega avvistato!” fece mentre si avvicinavano ai due.
Sheppard li scorse e Misha lo sentì dire chiaramente:
“O magnifico. Finalmente!!! Jared voglio presentarle Jensen, il nostro più valido collaboratore nel campo della progettazione!!”
Il nuovo responsabile  si girò a quell’invito a fare conoscenza e il sorriso che aveva sulle labbra, sparì immediatamente. Come congelato.
Lo stesso accadde a Jensen.
 
Quegli occhi che mi sono entrati dentro!
Quello sguardo che mi ha fatto tremare!!
 
I due ragazzi rimasero per secondi infiniti a fissarsi. Sui loro volti la confusione più completa.
“Tu…”
“Tu sei…”
“Fantastico, già vi conoscete. Allora mi scuserete ma devo raggiungere un attimo il direttore Beaver.” ma nessuno dei due ragazzi sentì una sola parola di ciò che stava dicendo Sheppard, troppo persi a rivedersi  e ricordarsi in ben altra situazione.
 Solo Misha rimase con loro e continuava a fissarli perplesso. Fissava lo sguardo di puro terrore di Jensen e quello altrettanto sconvolto del nuovo collega.
Poi la lampadina si accese.
“Oh cazzo!!” esclamò con un filo di voce. “Lui è Mr. Ascensore?!” domandò incredulo a Jensen che non riusciva a togliere lo sguardo da colui che adesso sapeva chiamarsi Jared. Annuì soltanto all’amico.
“Mr. Ascensore?!” azzardò Jared, guardando Jensen.
“Idea mia!” fece orgoglioso Misha. “E comunque toglietevi quell’espressione dalla faccia….tutti e due….o metterete i manifesti su quello che è successo!” sembrò avvertirli poi.
Jensen a quell’avvertimento guardò di scatto Misha e poi ancora una volta Jared.
“Scusate…scusate….ma io…io devo andare….oddio!! Ho bisogno di aria.” fece, Jensen, cercando di riprendere il controllo.
“Jensen, ma che…”
“Mi dispiace, Misha. Ci vediamo dopo….o magari ti chiamo…scusate ancora!!” continuò prima di scappare praticamente dall’area relax in cui c’era il piccolo party di benvenuto.
“No, aspetta. Non andartene!!! Aspet….” azzardò Jared che nel tentativo di seguire Jensen, venne prontamente fermato da Misha che lo afferrò per un braccio. “Ma cosa…?”
“Io e te dobbiamo fare due chiacchiere prima che ti permetta di andargli dietro!” fece serio Misha tenendo ferma la sua presa sul braccio di Jared.
“E chi sei?..sua madre?!” rispose stizzito Jared.
“No , il suo migliore amico. Il che è peggio, perché i migliori amici non hanno istinto materno. Il che significa che quei tuoi occhi da cucciolo spaurito non hanno effetto su di me!!” ammise con tono deciso e un‘espressione severa a cui Jared , inspiegabilmente cedette.
“Che cosa sai di preciso?!” azzardò verso Misha.
“Tutto , tranne i particolari piccanti!” rispose il bruno abbassando il tono della voce e tirando Jared verso un angolo più appartato della stanza e sorridendo quando vide Jared arrossire.
“Non è una cosa che ….che faccio spesso. A dire il vero…è…è stata la prima volta che mi è successa una cosa del genere!” ammise. Ma perché stava dicendo una cosa così ad un emerito sconosciuto?

Semplice! L’emerito sconosciuto sapeva dove poteva essere Jensen e se voleva saperlo doveva per lo meno fargli capire che non era un ninfomane che girava per gli ascensori a fare sesso con chiunque.

“E di certo non è da Jensen, credimi!” gli fece presente Misha.
“Tu sai dove è andato?!” domandò sperando in una risposta veloce.
“Credi davvero che io ti dica dove è andato Jensen?”
Addio  risposta veloce!!!
“Sì, se vuoi che io risolva o rimedi in qualche modo!”
“Senti…” fece Misha incrociando le braccia al petto e mettendosi tra Jared e la direzione di uscita dalla stanza. “… ora come ora, tu mi piaci… diciamo al 30 per cento. Quindi ce ne vorrà per farti recuperare qualche punto percentuale. Perciò …” rimase in sospeso facendo cenno al giovane di parlare e spiegarsi.
Jared tentennò. Ma chi era questo Misha per pretendere una simile spiegazione?
Ma l’espressione decisa e autoritaria che aveva non gli dava scampo. O metteva fine a quella conversazione o niente Jensen. Si morse appena il labbro inferiore e decise di assecondare le richieste del cosiddetto “miglior amico”.
“E’ successo qualcosa in quell’ascensore.”
“Questo lo so e …” fece Misha che si sorprese quando Jared fermò la sua risposta.
“E, cosa?”
“…e a quanto pare lo sa anche Jensen.” ammise , notando il guizzo di gradita sorpresa sul volto del giovane. “35 per cento. Va’ avanti!”
“E’ stato qualcosa di…non lo so…non saprei come spiegarlo.” affermò confuso anche se Misha potè notare un leggero sorriso incurvare le labbra del giovane che ripercorreva mentalmente quei momenti.
“Provaci!” lo incoraggiò.
“Non è stato solo sesso!” lo disse senza pensarci il che diede a quell’affermazione una veste di sincerità e poi , riflettè Misha, era esattamente la stessa cosa che gli aveva confidato Jensen.
“40 per cento…” fece Misha per farlo parlare ancora.
“Il suo sguardo, il modo in cui mi ha guardato, il modo in cui i suoi occhi mi hanno fissato un attimo prima che lo baciassi…”
“Lo hai baciato tu per primo?” domandò sorpreso.
“Sì…” e per un attimo si sentì come uno di quei ragazzini che vengono sorpresi dai padri a baciare le loro preziose figlie.
“50 per cento! Continua.”
“Non so che cosa è successo stamattina tra noi due, ma ora so che lui è qui e da quando l’ho rivisto l’unica cosa che mi gira in testa è che voglio capire che cosa è davvero successo lì dentro!!” fece indicando l’ascensore. “Non riesco a pensare ad altro. Non riesco a non pensare a lui! Io….io guardo te e….vedo lui!!”
 Misha lo guardò, anzi, forse lo studiò.
“Ok! Ora ti dirò una cosa.” fece incrociando le braccia al petto e fissandolo così intensamente che Jared si sentì quasi in imbarazzo. “Io sono uno che diventa terribilmente antipatico e vendicativo quando qualcuno, chiunque sia, scombina la vita del mio migliore amico. Rovinare l’esistenza di chi gli incasina le giornate diventa quasi un ossessione, una missione per me.” Sembrò avvisarlo.
“Io non voglio né rovinargli la vita, tantomeno incasinargli tutto il resto. Io voglio solo…”
“Quello che tu vuoi non mi interessa.” gli fece semplicemente presente Misha, mostrandosi indifferente ai buoni propositi di Jared. “A me interessa solo che Jensen stia bene e sia felice perché c’ha già pensato l’ultimo stronzo a farlo star male.”
“Tom?” e Misha lo guardò stranito e sorpreso. Ma annuì appena. “Jensen lo stava liquidando per telefono quando ci siamo trovati nell’ascensore stamattina.”
Ora Misha capiva tutto e soprattutto la reazione di Jensen, anche se già da prima l’aveva immaginato.

“Per favore, Misha. Dimmi dov’è Jensen!? Ti prego….Dimmi dove può essere andato adesso?!”
Misha era davvero tentato di lasciar stare. Ma vedeva l’espressione di Jared e aveva visto quello stesso “segreto entusiasmo” sul volto di Jensen.
Sperò di non fare una stronzata ma decise di dare una possibilità a Jared e se poi si fosse rivelato un disastro avrebbe passato la vita a chiedere scusa a Jensen. “Sulla Maine Street c’è una piccola caffetteria. Di solito va’ sempre lì quando ha bisogno di schiarirsi le idee.”
“Grazie….grazie!!” diceva speranzoso Jared mentre si allontanava da Misha.
“Ehi!! Jared?”
“Cosa?”
“Non farmi diventare antipatico!!” sembrò ricordargli minaccioso.
“Vedrai, sarò il tuo secondo miglior amico!!” promise il giovane.
“Te lo auguro!!” disse mentre Jared spariva dietro le porte dell’ascensore.

……

Jared arrivò alla caffetteria che gli aveva indicato Misha e in effetti Jensen era lì. Seduto da solo, ad un tavolo d’angolo. Lo vedeva fissare una tazza di caffè. Gli occhi persi nel fumo che veniva fuori dalla tazza. Lo sguardo visibilmente teso e confuso. I suoi occhi però, quei bellissimi occhi verdi, brillavano comunque tanto da essere splendidi anche oltre la vetrata del locale.
Per un po’, Jared, restò fermo all’altro lato della strada. Non era indeciso se entrare. Lui voleva entrare nel locale e raggiungere Jensen più di ogni altra cosa. Ciò che lo frenava era la paura di quello che doveva dire.
Fece un respiro profondo e si convinse che le parole sarebbe venute non appena fosse stato alla presenza di Jensen. O almeno così si augurava!!!

Attraversò ed entrò nella caffetteria. Jensen non si era ancora accorto di lui e fu per questo che quando Jared fu vicino al suo tavolo, strabuzzò gli occhi dalla sorpresa e da un pacato panico.
“Tu…tu che ci fai qui?!”  chiese guardandosi discretamente intorno.
“Io…” stava per rispondergli Jared, ma…
“Come hai fatto a trovarmi!?”
“Veramente io l’ho….”. Ci riprovò ancora ma Jensen si rispose da solo.
“Misha!!! Scommetto che è stato lui!”
“Non avercela con lui. L’ho praticamente costretto a dirmi dov’eri. In verità l’ho pregato di dirmelo!” difese l’amico assente, Jared.
Pregato??!!
 
“Che cosa vuoi…Jared!?” ora sapeva come si chiamava lo sconosciuto.
“Voglio chiarire le cose tra noi…Jensen!” e sì! Anche lui sapeva il nome dell’altro.
 
“Non credo che ci sia molto da spiegare. Siamo adulti e sappiamo benissimo quello che è successo e che non sareb….”
“No!!” lo fermò Jared. “Non dirlo. Non dire che “non sarebbe dovuto succedere”!!” e Jensen percepì una certa nota di dispiacere nel tono di voce che aveva utilizzato Jared.
“Dio!!, ma ti rendi conto…Io…tu…un ascensore…da sconosciuti…” sibilò riassumendo il loro primo “incontro”.
“Jensen…Jensen…noi saremo colleghi.”
“Appunto!!”
“Lavoreremo spalla a spalla, a stretto contatto!”
“Esatto!!”
“Passeremo tre quarti della nostra giornata insieme!”
“Giusto!”
“E questo…”
“E questo non ti crea problemi visto quello che è successo tra noi?!” sibilò tra i denti, con un tono quasi esasperato.
“No!” rispose secco Jared , lasciando spiazzato Jensen.
“Ma…”
“Non vedo l’ora di iniziare, Jensen.” lo stupì ancora, il giovane.
“Io non ti seguo, scusami!”
“Ok! Ti farò questo discorso solo questa volta dopodiché lascerò a te ogni decisione.” Fece sporgendosi contro il bordo del tavolo.
“Ma di cosa stai….” esclamò Jensen, indietreggiando quasi istintivamente verso la spalliera della sedia.
“Ti prego…ti prego lasciamo finire.”
“….”
“E’ successo qualcosa in quell’ascensore stamattina!” iniziò, Jared.
“Decisamente qualcosa!!” ironizzò il biondo, fissando lo sguardo verso la tazza del caffè che stringeva tra le dita.
“Già!!.....Ma….ma non mi riferivo a quello o almeno…solo a quello.” Precisò l’altro.
“E a cosa allora?”
Jared  fece un respiro lungo, quasi come se quello che stava per dire avesse bisogno di molto fiato. O forse prendeva solo coraggio.
“Il modo in cui ci siamo toccati. A come ci siamo guardati o baciati. Il modo in cui le nostre mani si sono cercate. Il modo in cui ci siamo abbracciati…dopo!” ricordò ad entrambi ed entrambi sentirono un certo calore che piano e lento saliva dallo stomaco fino al viso.
“Tu…tu..mi hai ..abbracciato!” sembrò volersi giustificare.
“E tu non ti sei sottratto!”, replicò Jared sorridendogli. Poi tornò serio. “Non è stato solo sesso, Jensen.”, affermò dolce ma deciso e il suo tono era maledettamente calmo e per un attimo Jensen lo odiò perché lui invece stava tremando dentro. “Era come se quello che è successo doveva succedere e noi non siamo stati in grado di opporci, ma solo assecondarlo. Ci siamo dati dei momenti per tirarci indietro e nessuno dei due lo ha fatto. Forse perché non sapevamo i nostri nomi e credevamo che tutto sarebbe finito lì, forse perché semplicemente lo volevamo o forse perché in fondo al nostro cuore sentivamo che doveva accadere!”
“Jared…. ma cosa stai cercando di dirmi?!” disse fissandolo, cercando nel suo sguardi e nelle sue parole, una risposta a tutto quello che stava accadendo.
“Oddio!!” esclamò Jared. Il giovane si poggiò contro lo schienale della sua sedia e per un attimo restò a fissare lo sguardo intenso di Jensen.
 
Dio!! che cos’era Jensen!!! Se nella sua testa non ci fosse stata quella vocina che continuava a gridargli “Se lo baci adesso, prima di chiarire, Misha ti uccide!!” , al diavolo tutto!, lo avrebbe baciato.
 
“Quello che sto cercando di dirti, è che vorrei che quello che è successo non fosse la fine ma l’inizio di qualsiasi cosa debba iniziare!”
Ecco! E’ fatta!!!!
“Co….cosa?!” balbettò Jensen. Davvero Jared voleva iniziare qualcosa con lui….dopo solo qualche ora che si erano conosciuti?
Ok! Si erano più che conosciuti, ma insomma……
“Mi piaci Jensen. Mi sei piaciuto non appena hai messo piede in quel maledetto, anzi no, benedetto ascensore. Mi sei piaciuto quando ti ho avuto vicino a me tanto da sentire il battito frenetico del tuo cuore. E mi è piaciuto anche quello. Mi sei piaciuto mentre scomparivi dietro le porte dell’ascensore. Mi sei piaciuto quando sei letteralmente scappato dal party e mi sono incantato a guardarti attraverso la vetrata di questo locale.” disse con convinzione rimanendo in quella sua posizione rilassata contro la sedia.
“Jared, noi….noi non…” cercava di dire qualcosa Jensen. Ma quello che Jared gli aveva appena detto lo aveva decisamente scombussolato.
Piacevolmente scombussolato.
Anche perché Jared , in quel momento, aveva una luce tutta sua che gli faceva brillare gli occhi.
 
Dio!! che cos’era Jared!!! Se nella sua testa non ci fosse stata quella vocina che continuava a gridargli “Se lo baci adesso, prima di chiarire, Misha ti uccide!!” , al diavolo tutto!, lo avrebbe baciato.
 
 “Non sono qui per costringerti a qualcosa. Non lo farei mai e poi Misha credo mi ucciderebbe!”
“Sì, lo farebbe!” E ucciderebbe anche me, se lo facessi!
“Sono qui per chiederti di provare  a fare un passo alla volta. Vedere se quello che pensiamo sia scattato, sia davvero qualcosa su cui crederci.” cercò di rendere plausibile come previsione per una futura relazione tra loro.
“Cosa proponi!?” fece Jensen appoggiando i gomiti sul tavolo.
“La normalità!” rispose Jared imitando il gesto dell’altro.
“Normalità?!” ripetè perplesso il biondo.
“Un “Ciao, come stai?!” la mattina e poi magari un caffè a metà mattinata. Poi se ti va, ogni tanto potremmo pranzare insieme alla mensa aziendale o magari fuori. E quando vorrai, una birra …dopo il lavoro, magari guardando la partita al bar. Normalità!!” spiegò innocentemente.
“Mi piace la normalità!” affermò Jensen, sorridendogli.
“E a me piaci tu, ma questo già lo sai.” gli ripetè piano. Il tono calmo e dolce. Quasi una carezza.
Jensen abbassò gli occhi. In imbarazzo, ma piacevolmente colpito. La batosta che aveva avuto con Tom  era stata pesante e aveva creduto che ce ne avrebbe messo di tempo per fidarsi ancora.
Ma ora, davanti a lui, c’era Jared.
Quello che era diventato prima un amante, poi uno sconosciuto e ora gli stava chiedendo di diventare qualcosa di più. Se tutto, tra loro, fosse andato bene, come nel profondo del suo cuore si augurava, la loro, sarebbe stata una storia dalla tempistica tanto incredibile quanto improbabile.
“….” farfugliò qualcosa, Jensen.
“Scusami? Non ho capito! Perdonami!” fece gentilmente Jared.
“Anche tu …mi piaci!” disse più ad alta voce, mentre puntava gli occhi brillanti in quelli di Jared che iniziarono a brillare anche loro quando Jensen si confessò con quell’apprezzamento.

Jared a quel punto non resistette e se anche agì con discrezione affiancò la sua mano a quella che Jensen teneva appoggiata sul tavolo, così da farle sfiorare. Accarezzare. E sorrise quando Jensen non ritrasse la sua. Ma anzi con un dito cercò un discreto intreccio con un dito della sua mano.
“Allora?!”
“Allora che?!” replicò Jensen gentilmente.
“Vuoi…vuoi provarci?” domandò speranzoso Jared, guardando le loro mani vicine. “Ci proviamo, Jensen?!” guardando, ora, Jensen.
Il ragazzo fissò le loro mani e poi il giovane di fronte a lui. Sorrise.
“Proviamoci!” facendo spallucce.
“Magnifico! Magnifico!” esclamò entusiasmato Jared che si sentì immediatamente più sollevato.
Per un attimo restarono così. Ad assaporare quel momento di intesa che si era creato così naturalmente.
Almeno quello!!!

Quando la cameriera si avvicinò al loro tavolo per chiedere se avevano bisogno di altro, i due dissero di no e Jensen chiese il conto.
“Bene! Credo che ora sia tempo di tornare in ufficio.” affermò Jared.
“Sì, lo credo anche io.” Convenne l’altro e prima di alzarsi dai loro posti , Jared, sembrò scattare come se avesse avuto una folgorante idea.
“Ehi , Jensen?!!”
“Che c’è?!!” chiese sorprendendosi di quello scatto.
“Che ne dici? Domani prendiamo un caffè insieme e poi magari potremmo andare a pranzo e se la giornata non è pesante magari a fine lavoro ci andiamo a fare una birra in un bar carino che ho trovato l’altra sera e…”
“Ehi!!!” lo fermò Jensen, sbalordito ma sorridente. “Hai appena fatto fuori tre punti della tua “lista di cose da fare con calma” in meno di un minuto!!”
“Hai ragione! Non sono bravo con le liste!!” affermò innocentemente Jared e i due risero, ormai non più in imbarazzo.
E Jensen non potè non notare quanto bello fosse il sorriso di Jared. Lo illuminava tutto e i suoi occhi ridevano insieme al suono cristallino della sua risata. Jared sembrava dolce. Jared era dolce. Perfino in quel loro momento in ascensore lo era stato, nonostante tutto.  E il modo in cui lo aveva cercato poi e gli aveva parlato, non faceva altro che confermarglielo.
E allora, sì. Jensen voleva provarci. Jensen voleva davvero provarci.
 
Il biondo lasciò paga e mancia sul tavolo e con Jared uscì dal locale. Parlarono lungo il tragitto: di come fosse assurdo ma bello quello che era successo, di quello che provavano. E quando il silenzio si univa a loro in quella passeggiata, i due si guardavano e  si sorridevano soltanto. Già complici.

.....
 
Quando arrivarono nel palazzo che ospitava i loro uffici, i due ragazzi entrarono e si ritrovarono davanti l’ascensore. Di nuovo!
Jensen premette il pulsante di chiamata.
“Come te la cavi con le scale , Jared?!” chiese all’improvviso.
“Come?” perplesso per quella richiesta.
“Beh!! stiamo per riprendere lo stesso ascensore….insieme!!”
“Giuro che farò il bravo questa volta!” rispose Jared , sorridendo sghembo all’allusione velata di Jensen.
“Mmmh!.....Sei bravo a mantenere le promesse?!” chiese ancora, Jensen. Anche se Jared nel suo tono non potè non notare una certa provocazione.
“Parola di scout!” rispose il giovane mettendosi la mano sul cuore, mentre le porte della cabina si aprivano e Jensen vi entrava .
“Bene, perché io no!” ammiccò Jensen mettendosi in un angolo dell’ascensore e sorridendo sornione allo sguardo sorpreso e basito di Jared. “Che fai, resti lì o …vieni con me?!” domandò languidamente prima di bagnarsi appena le labbra con la lingua.
“Io…io…io…” balbettò l’altro, rimanendo fermo sul posto e sentendosi inebetito da quella ….che cos’era?
Un’allusione? Una provocazione? Una tentazione?
 
E mentre Jared continuava con le sue domande , Jensen restava fermo ad aspettarlo.
Fin quando…..
“Peccato. Risposta sbagliata!” affermò con tono calmo Jensen mentre schiacciava il pulsante del 22esimo piano.
Le porte della cabina si chiusero sullo sguardo spaesato di Jared che guardava Jensen che gli faceva un divertito “Ciao” con la mano.
 
Circa dieci minuti dopo, Jared entrava nell’ufficio di Jensen e si chiudeva la porta alle spalle. Jensen, vicino agli scaffali del suo archivio , si voltò di scatto verso il suo nuovo “collega” ma non ebbe modo di dire niente perché le labbra calde e affamate ed esigenti di Jared lo stavano baciando con palese entusiasmo. Entusiasmo a cui Jensen non riuscì a sottrarsi. E a detta tutta non voleva sottrarsi.
Le loro teste si inclinavano verso quell’angolazione che permetteva alle loro bocche di prendere e dare di più. Le mani intorno ai loro visi , strette, così da tenersi il più vicino possibile. I respiri affannati, prigionieri tra le loro bocche unite.
“Avevi detto di essere uno bravo a mantenere le promesse!” sospirò Jensen quando le labbra di Jared gli permisero di parlare.
“La mia promessa era legata al viaggio in ascensore e qui….qui non siamo in ascensore!” sembrò giustificarsi Jared, mentre non riusciva a capire come mai avere la sua fronte appoggiata a quella di Jensen potesse farlo stare così bene.
“Hai ragione. Sbaglio mio!” si scusò innocentemente Jensen mentre le sue mani accarezzavano piano la nuca di Jared nascosta dai capelli lunghi.
“Ti va di sbagliare un altro po’!?” chiese, sfiorandogli appena le labbra con le sue.
“Sbagliando si impara, no? E io sono uno a cui piace infinitamente imparare!!” rispose, con il respiro affannato mentre si avvicinava lento a quelle labbra che già richiedevano di lui ancora e ancora.
E a cui lui , capì, in quel momento, difficilmente si sarebbe negato!

 



“Che sia per sempre un giorno 
solo un attimo 
che sembri un pericolo 
che sia per scherzo, sbaglio 
o per miracolo 
purché sia tempesta”
( Tempesta, Malika Ayane) 
   
 
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