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Autore: writteninthesewalls    20/12/2015    3 recensioni
AU • Harry/Louis • Prompt di Ingestita • [4K]
Harry è la statua all'angolo del museo e dorme da tempo e Louis ne è affascinato.
“Tu sei la creatura speciale, Louis, perché sei stato l’unico in grado di farmi tornare umano”
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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[AU dove Harry dorme ormai da secoli e Louis è affascinato dalla statua solitaria nell'angolo della stanza del museo.]

Allora, nuova piccola OS basata su uno dei mille mila bellissimi prompt di Sara (@ingestita).

 
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Tu vedi un blocco,
   pensa all’immagine:
    l’immagine è dentro,
     basta solo spogliarla.
⊰ ⊱
 

Nel paese di Doncaster, situato al centro dell’Inghilterra e con settantamila abitanti, c’è un museo.
E Louis Tomlinson lo ama letteralmente.
Louis ha ventisei anni, tante sorelle e un fratello, – una famiglia numerosa che ama più della sua stessa vita. E’ uno studente di Storia dell’Arte e un giorno spera di poter diventare un critico. Ama l’arte in tutto e per tutto. Non ha delle preferenze o generi ben precisi. Non gli importa se nel dipinto sono stati utilizzati dei colori ad olio rispetto agli acquerelli. Non gli importa se un quadro rappresenti natura morta con un cesto di frutta in mezzo ad un tavolo di legno pregiato, piuttosto che un corpo nudo disteso su un fianco, nel letto, coperto alla bell’e meglio da stracci striminziti, sdruciti e sporchi. Non gli interessa se i colori sono vivi o spenti. L’unico suo interesse è che gli vengano trasmesse emozioni. E riesce a riceverle perfettamente. Ogni giorno Louis, dopo aver finito la lezione alla facoltà, prima di rincasare dai suoi fratelli e da sua madre, si prende cura di se stesso. Ognuno lo fa in modi diversi; chi fa shopping, chi esce con gli amici, chi gioca a calcio, chi si rilassa in una vasca da bagno profumata. Lui si prende cura di se stesso andando in quel museo per qualche ora una volta a settimana. E ringrazierà sempre quel professore di Arte Medievale che glielo suggerì.



Louis entra nel museo chiudendo gli occhi per il piacere, dopo che una sferzata di aria calda gli soffia sul viso delicato, che lo porta a disfarsi della sciarpa blu. Sale le scale di moquet lentamente, e sorride alla signorina Martha – una hostess – che gli rivolge un sorriso largo e una mano che muove dolcemente a mo’ di saluto, mentre arrossisce violentemente perché ha una – piccola – cotta per Louis. Non capisce però, perché Louis una volta a settimana – il mercoledì, precisamente -, si reca al museo, non che gli dispiaccia, anzi, vorrebbe vederlo ogni giorno, ma non si spiega il perché; sa che è uno studente di Storia dell’Arte, ma le statue e i quadri sono sempre quelli tranne quelle due volte all’anno quando vengono sostituiti con altre perché sottoposte a restauro. Ma comunque, non importa. Adora vedere il viso di Louis e quegli occhi blu e freddi che l’hanno colpita e che si scaldano ogni volta che si posano sul suo viso portandola ad arrossire e fargli battere il cuore all’impazzata.
“Hei, Louis! — sapevo che oggi saresti venuto, ma non così tardi, mi stavo preoccupando” dice la ragazza avvicinandosi a lui mentre abbassa il volto paonazzo e giocherella con i bordi della giacca blu scuro.
“Mi dispiace, ho finito la lezione più tardi, anche se sono stanco volevo venire comunque, è d’obbligo ormai, credo tu lo abbia capito” dice dolcemente Louis mentre reprime una risatina perché ha capito che effetto faccia su quella ragazza.
“Si, credo di si” “—comunque hanno portato via due statue per il restauro e ne hanno portata una nuova” dice Martha rialzando il viso.
“Davvero? E come è questa statua?” chiede Louis curioso come un bambino piccolo.
“Io—non lo so? Voglio dire, era coperta dal solito telo grigio, posso dirti solo che è molto alta”
“Ok, ho capito” si limita a dire Louis annuendo più a se stesso che a Martha.
“Comunque puoi vederla oggi stesso, è nella Sala 4; dicono che l’abbiano sistemata in un angolo”
“Ti ringrazio, allora ci vediamo dopo” sorride Louis superandola mentre gli lascia una carezza sulla spalla. “S—sì” balbetta Martha quando ormai Louis è lontano e si sfiora la spalla sorridendo a se stessa timidamente e incredula, perché non ha mai fatto rivolto a lei un gesto così, anche se è solo una carezza impercettibile sulla spalla.



Louis senza difficoltà – ormai a memoria -, raggiunge la Sala 4 dopo aver fatto non sa quante scale. Il piano è vuoto così come la Sala. E’ una stanza non troppo grande; il pavimento è coperto da un marmo pregiato semi-lucido bianco spezzato da venature blu, grigie e nere che gli danno un tocco di vivacità, anche se sono colori abbastanza spenti. Le pareti sono color crema e oro e piene di quadri di varie dimensioni, e di vario genere, incorniciati da cornici dorate pesanti e spesse rendendo tutto l’ambiente fine ed elegante. E’ sempre stata insieme alla Sala 2 – quella dei quadri di Arte antica – la sua preferita anche se non sa bene spiegare il perché.
Potrebbe solo dire che nella Sala 2, c’è un quadro di un ragazzo seminudo, che poggia il palmo della mano su di un vetro sporco e opaco, di una finestra di legno rovinata e a pezzi. Lo straccio che gli copre dalla vita in giù è striminzito e, per questo, evidenzia le curve – perfette – di quel corpo. Il resto, è tutto uno sfondo di vari colori; marrone e nero, sprazzi di grigio e solo quel corpo color carne in evidenza che spicca in quella cupezza. E Louis ci si ritrova tanto in quel quadro. Può benissimo immedesimarsi in quel ragazzo – senza identità – che sembra conoscerlo, o sembra che qualcuno abbia ritratto Louis stesso.
Si immagina lui, stanco della vita, o stanco semplicemente di aspettare le persone, quelle adatte, quelle giuste da tenere strette alla propria vita e al suo cuore. Immagina quel ragazzo stanco di non essere capito. Stanco di aspettare un padre che non ha mai avuto, e quel profilo attaccato a quel vetro è come se lo aspettasse di vedere da anni. Sembra che lo stia aspettando da secoli, da quando era nato, o aveva tre anni vicino a quella finestra e, lontano da tutto e tutti si rinchiude in quel buco di camera angusta e troppo stretta, aspettando che l’uomo, sangue del suo sangue, si presenti davanti a quel vetro sporco.
Nella Sala 4, invece, c’è un quadro più allegro. Un lungo tavolo pieno di leccornie, affollato da tanti bambini, una madre, un padre, una nonna e un ragazzo più grande. Louis si rispecchia anche in quello, tralasciando la parte di suo padre, ovviamente. Rivede in quei bambini le sue sorelle bionde, rivede sua madre e sua nonna felice di sfamare quei terremoti umani e sentirsi rallegrare la propria anima quando ridono contenti. Louis è quel ragazzo più grande, quel fratello maggiore che si occupa di quei piccoletti, che gli irradiano il petto di gioia ogni volta che gli sfoderano un sorriso sdentato.



I soliti i quadri presenti sempre nella Sala 4, erano gli stessi, anche il suo preferito, tranne due quadri che non gli sono mai piaciuti più di tanto, o meglio, non gli ha mai dato importanza, troppo valore. La statua di marmo situata al centro della Sala, quella dove un uomo è accasciato in ginocchio e un pugnale nel petto, e rivoli di marmo in rilievo come se fossero sangue, è ancora lì, al solito posto. Hanno sostituito la statua della donna incinta aggrappata al petto del marito morente, con un’altra statua. Martha aveva ragione. E’ alta, è in un angolo della stanza, ma Louis non riesce ancora a vederne il volto. Si avvicina, così, lentamente, socchiudendo gli occhi per potere analizzare bene quel pezzo di marmo. E che marmo, pensa. E’ una statua alta, seppur appoggiato su un piccolo masso, solo con la fine del suo fondoschiena; il volto è di profilo, ma ovviamente se ci si sposta, si può guardare il viso realmente per come è.
Ha gli occhi chiusi, sembra stia dormendo, un’aria tranquilla, un mezzo sorriso che non sa definire se sia triste o meno.
I riccioli sono scavati nel marmo in modo dettagliato tanto da far somigliare quelle incavature a tante piccole onde del mare.
Poi, il corpo. Degno di una statua greca. E’ una figura slanciata, magra, le cosce muscolose e ben definite, che riescono a trasmettere tanta forza; il petto è alto e ampio, gli addominali sono ben scolpiti e in evidenza, i pettorali, stessa identica cosa.
Le mani sono incrociate tra di loro, sono belle, lunghe, le vene in rilievo spiccano e Louis è capace di poter immaginare il sangue scorrere in mezzo a quel ben di Dio. Tra l’incavo del gomito destro, passa un drappo che cade al centro, alla fine dei suoi piedi, per poi rialzarsi e incrociarsi nell’incavo del gomito sinistro. Non ha idea Louis di cosa possa significare quel pezzo di stoffa, ma tra quelle mani e braccia è come se fosse fatto di oro puro. Il viso, è bellissimo. Perfetto. Il naso è leggermente più grande del normale, ma non stona per niente con il resto del volto, anzi. La mascella è squadrata e sembra tagliente, spigolosa, le labbra grandi, piene e carnose ma bianche. E Louis se fossero umane, le immaginerebbe decisamente rosse come la polpa di una ciliegia, o rosse come le fragole. Louis è convinto decisamente, che quella statua non merita di stare in un angolo.



Non passa una settimana, bensì tre giorni dall’ultima visita di Louis. Saluta frettolosamente Martha, che come è sempre è all’entrata e strabuzza gli occhi perché non si aspettava minimamente un suo ritorno così presto. Louis la ignora bellamente, rivolgendogli un saluto frettoloso e quasi sussurrato, impercettibile, lasciandosi alle spalle Martha con il volto deluso e quasi con le lacrime agli occhi che minacciano di sgorgare presto, per non averla salutata come sempre, come suo solito. Louis arriva di nuovo alla Sala 4, e tutta la notte ha avuto paura che la statua la portassero via, nel museo dove si trovava precedentemente, e che venisse sostituita con la statua della donna incinta. Invece, poi sospira sorridendo per ritrovarla di nuovo lì, al suo posto e purtroppo nell’angolo in cui non merita assolutamente di restare. Tira fuori dalla sua borsa di pelle, una matita e un blocco note, si accascia a terra incrociando le gambe e comincia a ridisegnare la figura su carta. Resta un’ora li, e il tempo sembra volare. Si alza in piedi velocemente perché ha notato la testa della statua muoversi di pochissimo, uno, due, cinque centimetri? E’ sicuro, non sta sognando. Si da un pizzico sul braccio e no, non sta sognando assolutamente. Shockato si avvicina e scruta meglio il volto. La statua si è realmente mossa di poco, ma è comunque diversa rispetto a prima. Louis decide di tornare a casa e pensare di tornare giorni dopo perché non sa cosa dire.



“Quella statua è misteriosa, comunque” dice Liam, il proprietario del museo, e migliore amico di Louis, che però non lo sta ascoltando minimamente, perso tra i suoi pensieri. “Mi stai ascoltando, Louis?” dice sventolandogli una mano davanti.
“Uhm–si, io — scusa ero distratto, dicevi?” conclude sospirando forte passandosi le mani sugli occhi stanchi.
“Dicevo che quella statua sembra misteriosa” ripete tranquillamente.
“Quale—quale statua?” Louis chiede immediatamente. Non starà dicendo quella della Sala 4? Vero?
“Quella della Sala 4”
Appunto.
“Cosa—cosa te lo fa pensare che possa nascondere qualche mistero? E’ un pezzo di marmo intagliato, non credi?” Louis sta dicendo una grossa bugia, ma Liam non deve necessariamente saperlo.
“E’ quello che mi dico anch’io, cosa credi? Quella statua si trovava nel museo di Parigi, il Louvre, prima di essere trasferita qui a Doncaster. Ovviamente non è una statua famosa, con la stessa nomina del David di Donatello o che so io. Per questo è sempre stata abbandonata nello scantinato con un telo sopra a prendere polvere da chissà quanti anni” dice Liam scuotendo la testa perché forse sa, che quella statua non merita di essere nell’angolo della stanza, o peggio nello scantinato con i topi che gli gironzolano intorno.
“Ok, Liam… ma io non capisco?” chiede Louis perché vuole saperne di più.
“Il fatto è che quando mi inviarono la domanda per il trasferimento, mi è stato detto di esporla pochissimo, almeno due giorni e poi metterla nello scantinato. Anzi, credo che le intenzioni di Simon fossero proprio quelle di “Ehi, non esporla proprio, fai prima” e io non capisco, cazzo è un pezzo di marmo, una fottuta statua greca come tutte quelle esposte nel nostro museo e in altri musei del Mondo, che cazzo ha di diverso? Mangia bambini? Ok è bellissima, però—” Liam finisce alzando le mani e gli occhi al cielo come segno di esasperazione.
“Liam, io in realtà, non biasimo Simon” lo interrompe Louis.
“Che cazzo dici?” Sospira profondamente e decide di ciò che ha visto.
“Voglio dire, è misteriosa, si. Cioè, non mangia bambini però —“ dice Louis gesticolando cercando di trovare le parole giuste.
“Louis, sputa il rospo” dice Liam sbattendo il pugno sul tavolo facendo sobbalzare l’altro.
“Quella statua ha colpito anche me. E’ diversa dalle altre, basta vedere le forme, i particolari intagliati in modo diverso da sembrare così reali, probabilmente nemmeno Donatello era capace di fare cose così simili, e se dico una cosa del genere è perché veramente non ho mai visto una perfezione del genere in vita mia, e sai che studio Arte e ne ho viste tante di statue. Ma quella è diversa, perfetta” conclude Louis abbassando gli occhi mentre sfrega le mani per l’ansia.
“Si è vero, questo l’ho notato anch’io, ma?”
“Ma—quando andai li, un giorno, ho preso un blocco note, una matita e ho cercato di ritrarre quella statua, e ecco ha—ha mosso il capo di pochi centimetri” l’ultimo pezzo è sussurrato. Liam lo guarda stupito per poi scoppiare in una risata fragorosa.
“Certo e poi si è alzato in piedi e ti ha riaccompagnato a casa, vero?” chiede con sarcasmo.
“Lo so, mi stai prendendo per pazzo, ma te lo giuro Liam, te lo giuro sulle mie sorelle e lo sai quanto sono importanti per me, non giurerei mai una bugia su di loro. Io stesso pensavo di essere in preda alle allucinazioni, ma fidati ha spostato il capo di pochi centimetri, ma me ne sono accorto lo stesso” Louis ora lo guarda negli occhi ormai seri del ragazzo di fronte a lui, con la speranza che gli creda e che non abbia davvero un amico pazzo.
“Va bene, Lou, ti credo se mi guardi in quel modo, so quando dici le stronzate” e Liam non può che annuire poco convinto.
“Io non ti ho mai detto stronzate” ribatte Louis. “Ah si? Come quando dicevi che ti piaceva Eleanor ma in realtà non facevi altro che guardare il culo a George” dice Liam sorridendo beffardamente.
“Ok, comunque resta un mistero lo stesso e vorrei andare oltre”
“Non cambiare discorso. Ma comunque sono d’accordo con te, si” Liam conclude dandogli una pacca sulla spalla e Louis si lascia andare sulla sedia, fissando la tazzina del caffè vuota e fredda.



Louis è nella solita Sala; la numero quattro. Non è vuota, ci sono due ragazzi che commentano tra di loro i quadri esposti e incrociando il viso di Louis sorridono per cortesia, in modo timido. Louis fa lo stesso, e guarda i quadri appesi alle pareti, aspettando con impazienza che quelle visitatrici escano dalla stanza al più presto. Nel frattempo, lancia occhiate fugaci alla statua all’angolo. La posizione del volto, è rimasta allo stesso posto in cui Louis l’ha trovata. Quando finalmente, le visitatrici escono dalla stanza, Louis si guarda le spalle con la speranza che nessun altro visitatore sia fuori ad aspettare per entrare. Dopo aver controllato di essere solo, posa la solita borsa di pelle a terra, accanto ai suoi piedi, e fissa la statua. Rimane dieci minuti, se non di più, a fissarla, a cercare di capire cosa realmente nasconda, quel blocco di marmo. Se è uguale a una normale statua, se è diversa perché è misteriosa, se è diversa perché cambia a contatto con qualcosa, con qualcuno. Louis, lentamente, alza il braccio e apre il palmo della mano, avvicinandolo lentamente al viso della statua, sfiorando delicatamente la gote perfetta e scolpita. E’ fredda, ghiacciata e per questo Louis ritrae la mano come se fosse stato scottato. Nessun cambiamento. Ci riprova. Apre il palmo della mano e poggia a contatto con la superficie fredda; non è più un tocco delicato e veloce. L’incavo del palmo è perfettamente incastrato all’incavatura dello zigomo freddo. Louis improvvisamente sente calore. Il freddo a contatto con la sua mano viene sostituito da un calore leggero, rilassante, piacevole. Attorno al volto della statua, una luce biancastra gira lentamente, come quando avviene una trasformazione, una magia, aspettando di trovare un risultato diverso da quello iniziale. Louis impaurito, fa due passi indietro mentre fa cadere a peso morto il braccio lungo il suo fianco. La sua mano brucia ancora, ma non fa male. Anzi. Vorrebbe poter sentire quel calore sempre, ogni giorno d’inverno, quando ha freddo e la mano è viola per la circolazione mancata. Poi, la statua, comincia a muoversi, dolcemente, in un attesa estenuante; il volto gira di pochi gradi, ma è chiaramente visibile la differenza dalla posizione iniziale. Il drappo che passava da un braccio all’altro scivola tra le mani, e viene abbandonato ai piedi del ragazzo. I muscoli delle gambe forti e ben scolpite, si illuminano come colpite da un fascio di energia, mentre il fondoschiena viene illuminato da una scintilla che porta all’intero corpo di marmo ad alzarsi in piedi e mettersi in posizione eretta. Gli occhi si schiudono delicatamente e sbattono le palpebre velocemente per mettere a fuoco ciò che ha davanti; ovvero un Louis con la bocca e gli occhi spalancati e un infarto che si abbatterà su di lui a breve. Il corpo della statua ora, è in piedi. Scende lentamente dal piedistallo su cui era adagiato e appoggia i piedi sulla moquet morbida.
“Dammi la tua mano, Louis” è una voce roca, come se le corde vocali non funzionassero da anni, troppi anni.
“C—cosa?” Louis è immobile, a malapena riesce a parlare, balbetta, non sa se stia sognando o meno, e come fa a sapere il suo nome?
“Dammi la tua mano e aiutami a stare in piedi, ti prego” ripete il ragazzo. Louis titubante e con la mano che trema a scatti, allunga la mano verso quella della statua, mentre quest’ultima intreccia le proprie dita tra loro. E’ un intreccio di dita forte, potente, pieno di calore. Ora non è più bianco marmo, ma è a colori e Louis può dire che quei colori, fanno invidia ai miglior quadri famosi.



Louis di colori se ne intende. Ha a che farci ogni giorno per lo studio, per quello che vuole essere quando sarà “grande”. Ha studiato, osservato, criticato migliaia e migliaia di quadri se pur così giovane e a corto di esperienze più corpose, ma. Si intende di arte e colori e questo è indiscutibile. I colori riescono a cambiare una cosa piatta, senza senso, che non esprime emozioni. Una tela, quando è nuova, è bianca, o color avorio; poi, ci si può mescolare sopra colori sul verde scuro, color mattone, nero, blu notte, grigio se vuoi esprime dolore, cupezza, odio, vuoto dentro l’ anima. Utilizzi i colori del rosso sangue, del bianco, del rosa, del giallo, se vuoi esprimere allegria, gioia e positività. Se il verde scuro esprime cupezza, o comunque non è un colore fin troppo vivace, Louis si è ricreduto. Gli occhi del ragazzo ormai - non più statua – sono verdi; verde smeraldo, profondi, grandi, pieni di sfumature che Louis è convinto che racchiuda i prati più vivi dell’intera Irlanda. La bocca piena è rosa, e quindi rimane un colore di positività. Louis è rimasto incantato dalla bellezza di quel ragazzo ancora senza nome, per giunta, ma di una bellezza mozzafiato. A colori è tutto più bello, più vivo.



“Io sono Harry, comunque” . Il ragazzo spezzò il silenzio che sembrò durare anni. Erano solo lui e Louis, su una panchina di legno umida, di fronte al museo. Non sa nemmeno come ci si sono ritrovati seduti li, al freddo, e il vento gelido che gli sferza la faccia calda per l’imbarazzo.
“Io sono Louis ma—credo che tu lo sappia già, a quanto pare” Louis cercò di essere meno duro possibile, anche se forse quella frase gli uscì in modo duro, senza neanche un perché.
“Si lo sapevo già” annuisce l’altro fissando una foglia volare da un marciapiede all’altro.
“Come fai a saperlo?” chiede Louis torturandosi il labbro inferiore.
“Ho questo strano potere di leggere nella mente delle persone, alcune volte, non sempre ma—beh quando riesco, conosco cose…”gli dice Harry sventolando una mano come se stesse dicendo cose di poca importanza.
“Beh, non è l’unica cosa strana che hai” dice Louis alzando un sopracciglio.
“Ti riferisci al mio cor—“
“Si, mi riferisco al fatto che tu sia un umano, sei qui accanto a me e io ti ho conosciuto come un blocco di marmo, vorrei sapere di più, puoi—puoi raccontarmi?” Louis lo guarda con gli occhi curiosi sperando che Harry ceda a quella domanda.
“Ok, quanti anni mi dai?” domanda Harry alzando un angolo della bocca mentre lo guarda.
“Io–mh, beh ti darei non so, ventiquattro anni?” Harry scoppia in una risata fragorosa mentre Louis lo guarda offeso perché da ridere non c’è proprio nulla.
“Cosa ridi?” lo ammonisce in modo serio.
“Scusa, hai ragione ma, ho ventidue anni in realtà e—“
“E questo farebbe ridere?”
“Se tu mi lasciassi finire” dice Harry pizzicandogli il braccio e Louis sbuffa. “Ho ventidue anni e no, non fa ridere. Ho ventidue anni ma dormo da cento” conclude.
“Cosa?” Louis alza il tono con gli occhi fuori dalle orbite.
“Si, Louis, dormo da cento anni” e Harry annuisce perché è una cosa così strana da dire ad alta voce.
“Sei come il vampiro di Twilight? Che ha più di cento anni?” chiede Louis stupito.
“Si ma non brillo sotto al sole” ridacchia Harry “— e no, ora che sono umano morirò prima o poi. Spero più poi che prima, chiaro”
Louis annuisce cercando di essere il più convincente possibile davanti agli occhi di Harry.
“Sono stato umano fino all’età di ventidue anni, poi mi punsi con un fuso che oltre a farmi addormentare mi fece diventare una statua di marmo, e ho dormito per questi lunghissimi anni, e l’età non è andata avanti, quindi ho sempre ventidue anni” sorride il riccio.
“Come la Bella Addormentata?” chiede Louis.
“Si, Lou, come la Bella Addormentata” sussurra Harry mentre gli carezza la guancia dolcemente.
“Lei era destinata a svegliarsi solo se veniva baciata dal principe azzurro, l’anima gemella. Io ero destinato a svegliarmi solo se venivo toccato da qualcuno. Ma quel qualcuno credo sia la persona giusta” Harry conclude lasciando un piccolo bacio all’angolo della bocca di Louis che chiude gli occhi rilassandosi a quel gesto inaspettato e così bello.
“Che vuoi dire, Harry?” chiede l’altro guardandolo negli occhi.
“Sto dicendo che sono stato trasportato in più musei in tutti questi anni, e mai nessuno mi ha sfiorato o guardato più di cinque minuti. Tu invece sei…diverso, ecco sì, tu sei diverso Louis, e—tu venivi li spesso, mi hai anche disegnato un giorno, lo so, e poi credo sia stato destino, semplicemente. Il mio posto era in quel museo”
“Non meritavi di essere in un angolo, sai? Meritavi di essere al centro dove tutti potevano guardarti” mormora Louis scuotendo la testa.
“Io invece sono contento di essere rimasto in un angolo, così solo tu potevi guardarmi” e Harry incrocia le dita di Louis baciandogli le nocche. “E se sei riuscito a guardarmi in un angolo, a restare colpito da me, nascosto li dietro, allora ti dico che sì, tu sei la persona giusta”.
Louis non ha tempo per ribattere perché Harry tra le sue mani grandi prende il suo viso e lo avvicina a se, scambiandosi un bacio lento, melenso, un incrocio di lingue calde e mano tra capelli soffici che si muovono in piccoli movimenti per poter rilassare l’altro sotto il suo tocco. Louis bacia la guancia, il naso, il mento di Harry, mentre si sposta sul collo lasciando un bacio caldo e umido staccandosi con uno schiocco per poi nascondere il volto nell’incavo mentre l’altro lo abbraccia forte a se.
“Sei così bello Harry, così bravo a trasmettere emozioni anche quando eri un blocco di marmo, e questo fa di te una creatura speciale” dice Louis lasciandogli un altro bacio sulle labbra morbide e gonfie di baci.
“Tu sei la creatura speciale, Louis, perché sei stato l’unico in grado di farmi tornare umano”
“E sei contento di essere tornato umano?” gli chiede poggiando la testa al suo petto.
“Aspettare cento anni ne è valsa decisamente la pena, Louis Tomlinson”
   
 
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