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Autore: ehitsfrannie    20/12/2015    1 recensioni
Esistono Tre Pietre: la pietra dell'equilibrio, quella della saggezza e dell'amore. Tre Pietre essenziali per far tornare la magia a Storybrooke. Il compito di trovarle viene affidato ad Alice, una ragazza tormentata dal suo passato turbolento che sarà costretta a lottare contro i Cattivi più malvagi delle fiabe. Per fortuna (o sfortuna) ci sarà il Cappellaio Matto ad affiancarla in questo viaggio insieme ad un'altra ragazza temeraria tanto quanto il fratello.
Tre Pietre. Tre personaggi. Una sfida per ognuno di loro.
Riuscirà Alice a portare a termine la sua missione? Qual è il vero obbiettivo di Jefferson? Cosa centra Tremotino in tutto ciò? E se Capitano Uncino avesse una sorella?
[le parti di Rumbelle mi sono state gentilmente concesse dall'autrice padme83 alla quale vanno i crediti per le one shot della sua raccolta "In the morning you always come back" di sua totale creazione e stesura.]
Genere: Avventura, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora, Jefferson/Cappellaio, Matto, Killian, Jones/Capitan, Uncino, Signor, Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XVI

 

«Grandioso!» esclamò Kendra alzando le braccia al cielo. «Non facciamo in tempo a prendere la Pietra che Jefferson si lascia rapire dagli Indiani. Ottimo, direi!»
Alice mantenne lo sguardo basso. «Come sono...questi Indiani?»
«Pelle rossa nomadi tatuati e dal linguaggio incomprensibile che costruiscono i villaggi vicino alla Baia delle Sirene, appendono acchiappasogni alle tende e allevano cavalli. Ciò che non riesco a capire è a quale scopo abbiano rapito Jefferson...senza il suo cappello magico è pressoché inutile, anzi mi sembra che porti solo un sacco di guai.» le fece notare Kendra ridacchiando.
L'altra sospirò. «Diciamo che non è facile stargli dietro, ecco.»
Continuarono a camminare, ormai distanti dall'accampamento di Peter Pan e dei Bimbi Sperduti. Quando lo stomaco di Alice brontolò sonoramente, Kendra scoppiò a ridere facendole diventare le guance rosse dall'imbarazzo.
«Ho portato delle provviste.» disse sedendosi ai piedi di un albero e tirando fuori un fagotto dalla redingote che indossava. «Non c'è un granché...solo carne essiccata, acciughe, delle gallette...»
Ma prima che Kendra potesse terminare il suo elenco, Alice si era già tuffata in quel magro picnic. Fece ridere l'ex primo ufficiale, che si mise comoda con la schiena appoggiata al tronco e afferrò una galletta sgranocchiandola rumorosamente. «Dimmi, Alice, che cosa farai una volta tornata a casa?»
Alice deglutì e si pulì con il dorso della mano. «Credo tornerò da mio zio Ernest, e cercherò i miei genitori. A quanto pare sono vivi e sono i personaggi di una fiaba! Chissà che magari io non sia l'erede al trono di qualche regno...» scherzò Alice, prima di tornare seria. «Sai della maledizione?»
«Ne ho sentito parlare. Io e Killian abbiamo navigato per così tanto tempo in queste acque che forse Neverland non ha subito l'incantesimo.» spiegò Kendra mostrandosi pensierosa.
La bionda la guardò attentamente, notando in lei uno strano senso di malinconia.
Le venne un forte desiderio di abbracciarla. «Jefferson vuole ritrovare sua figlia. Una volta tornati a Storybrooke, potresti stare da me per qualche tempo, infondo la casa di Ernest ha bisogno di essere restaurata e...»
«Dici sul serio? Sarebbe meraviglioso, Alice!»
«Ma Killian?»
Kendra abbandonò l'entusiasmo e si incupì. Lasciare il fratello era stato un grande sacrificio, per lei. «Se mai volesse raggiungermi, potrebbe usare il cappello di Jefferson.»
Alice si grattò la testa con imbarazzo. «Ehm...sì, a proposito di quel cappello...»
D'un tratto, un urlo squarciò la loro provvisoria quiete. Alice s'interruppe e balzò in piedi, mentre Kendra raccoglieva le ultime cose. Corsero a perdifiato nella direzione da cui avevano sentito la voce gridare e più volte rischiarono di rimetterci la pelle per un ramo troppo basso o per le radici degli alberi che spuntavano dal terreno, quasi volessero ostacolarle. Arrancavano tra la vegetazione con le mani protese in avanti fino a quando Kendra non scorse la luce di un grande falò. «Alice, da questa parte!»
Si nascosero dietro un paio di enormi scogli che si affacciavano davanti ad una lunga spiaggia dalla sabbia finissima. Poco lontano, un'intera tribù di Indiani svolgeva le solite attività quotidiane: i bambini si rincorrevano da una parte all'altra bagnandosi i piedi con la spuma delle onde, le donne più anziane costruivano piccoli totem a forma di aquila, gli uomini stavano al loro fianco seduti i grandi tronchi ricoperti di pelliccia animale mentre si facevano grandi fumate di pipa. Seminascosto in una capanna e legato al legno che la reggeva, il Cappellaio Matto dormiva inerme mentre un gruppo di giovani gli danzavano intorno.
Appena in tempo, Kendra trattenne Alice per la giacca. «Vuoi farci scoprire? Lo so che hai fretta e che non vedi l'ora di tornare tra le braccia del tuo Cappellaio, ma se vuoi liberarlo dovrai attendere che tutti si ritirino nelle loro tende!»
Alice divenne rossa fino alla punta delle orecchie e borbottò qualcosa, rimanendosene tuttavia al suo posto. Aspettarono tutta la mattinata, ma quando finalmente tutti gli Indiani si dispersero decisero di mettersi in gioco.
«Vedi quelle guardie?» chiese Kendra indicando i pellerossa appostati alla tenda nella quale era stato intrappolato Jefferson. «Rimarranno lì tutto il giorno. Dobbiamo trovare un diversivo.»
«Ottimo. Vado io.»
Kendra guardò Alice accigliata. «Non se ne parla! Conosco l'isola molto meglio di te, sono più veloce e so quali sono i loro punti deboli.»
Alice fece per ribattere, ma tacque quando capì che discutere sarebbe stato un'inutile spreco di tempo.
Entrambe si scambiarono uno sguardo d'incoraggiamento. Kendra fu la prima ad agire.
Bastò uscire allo scoperto con la spada sguainata e attaccare una delle guardie che tutti gli altri rivolsero la loro completa attenzione su di lei ma, prima che questa potesse essere assalita, iniziò l'inseguimento all'interno della giungla di Neverland.
Quando fu sicura che il diversivo di Kendra avesse funzionato, Alice si diresse correndo verso Jefferson.
Il giovane trasalì quando sentì dei passi nella tenda ma sospirò di sollievo quando vide la ragazza impegnata a slegargli i polsi e i piedi dalle funi.
«Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in mente?» sbraitò Alice, abbassando subito dopo la voce.
Jefferson fu finalmente libero e si massaggiò i polsi. «A dire il vero non è stata mia intenzione farmi rapire! Probabilmente mi credono una divinità...» ipotizzò, dandosi delle arie.
Alice alzò gli occhi al cielo. «Lo sai cosa fanno alle divinità intrappolate nella carne umana?»
«No...»
«Le mangiano, in modo che la loro anima possa tornare immortale e libera!»
Jefferson fece una smorfia disgustata al pensiero di venire arrostito e divorato. «Ormai l'effetto della polvere di papavero sarà terminato, e non mancherà molto prima di ritrovarci circondati da Peter Pan e della sua banda.»
«Dobbiamo trovare Kendra, prima.»
Il Cappellaio Matto alzò gli occhi al cielo in un'espressione di esasperazione, ma ogni suo tentativo di protesta venne impedito dallo sguardo glaciale che gli riservò Alice. «Non me ne vado senza di lei.»
«Mi conosci da più tempo di lei e già le sei più affezionata!» sbottò allora Jefferson con ironia.
«Io non mi affeziono alle persone.» borbottò Alice tra sé e sé, abbassando il capo. «Andiamo, ora ci manca solo una Pietra.»
Jefferson annuì e con cautela entrambi uscirono dalla tenda. Mentre attraversavano la spiaggia, un urlo squarciò il silenzio dell'alba.
Alice quasi inciampò sui suoi piedi. Quello non poteva essere nient'altro che un urlo femminile.
Correndo a perdifiato, Alice indicò con l'indice teso un grande masso dal quale avrebbero potuto osservare tutta la zona circostante. Il Cappellaio accettò, un po'
titubante, e insieme scalarono la grande roccia. Con le mani ricoperte dai graffi, Alice finalmente si tirò su e sul viso le si dipinse un piccolo sorriso alla vista di quell'enorme distesa di mare davanti a loro. Il sole alto del mezzogiorno illuminava l'intera isola.

«Era lei. Doveva esserlo per forza.» decretò Alice con il cuore in gola.
Il Cappellaio non rispose, si girò e raggiunse la parte opposta della roccia, sporgendosi per osservare meglio la giungla sotto di sé. «Non si vede un bel niente da qui. Forse se la chiamiamo...»
«No.»
Jefferson aggrottò le sopracciglia. Il ''no'' di Alice gli era sembrato più un'ordine che altro. Tuttavia, decise di non replicare quando la compagna lo afferrò con forza per il gomito, intimandogli di girarsi verso l'oceano e di mettere a fuoco un punto in lontananza. «Guarda lì.»
«E' una nave.» decretò Jefferson in tono ovvio.
Lo sguardo di Alice sembrò spazzare via ogni sua sicurezza. «Quella non è la nave del Capitano Uncino, però.»
Effettivamente, il vascello da Alice indicato era ben diverso da quello di Jones. Quello era più impetuoso, minaccioso quasi; con le vele nere ammainate. Non serviva scervellarsi tanto per scoprire quale nave fosse. Da quella distanza era ben visibile la scritta gotica dipinta sulla murata di babordo.
Queen's Anne Revenge.
«Qual è il piano?» chiese Alice con un soffio, una volta che si fu ripresa dallo shock.
«Tra i nemici che in questi anni mi sono fatto, Barbanera è di certo il peggiore.»
Barbanera. Alice non poteva credere a ciò che aveva appena visto: la nave di un pirata morto trecento anni fa che solcava le acque di Neverland. Come poteva essere?
Nonostante l'assurdità di quella situazione, la ragazza non poté far a meno di entusiasmarsi al pensiero di aver a che fare con un pirata della portata di Edward Tatch. «Bene, significa che andrò da sola.»
«Aspetta...cosa?!»
Alice, che si era già avviata per scendere dal masso, si voltò spazientita verso il Cappellaio. «Non mi interessa quale tipo di scontro hai avuto con Tatch, Jefferson. Per quanto ne sappiamo lui può aver preso Kendra e averla portata sulla sua nave...»
«Ma a quale scopo?»
«Non ne ho idea.»
«Alice, questo non è un gioco. Uncino è nulla in confronto a Barbanera, te lo posso assicurare!» Jefferson scosse la testa, facendo cenno con la mano di averne davvero abbastanza. «Per quanto mi riguarda, possiamo anche lasciarla al suo destino.»
Alice ci mise un po' per assimilare ciò che il Cappellaio aveva pronunciato. Una rabbia cieca prese possesso di lei, che si avvicinò al giovane puntandogli l'indice al petto con fare minaccioso. «Sei un vero codardo! Credi che Kendra abbia esitato quando abbiamo capito che eri stato rapito dagli Indiani?! Credi che abbia tremato di fronte alla possibilità di essere scoperta da Peter Pan e dai Bimbi Sperduti mentre ci aiutava a sbarazzarci di loro?! Te lo dico io: lei, di paura, non ne ha avuta. E neanche io ne ho ora. A te non piace navigare per mare perché non ci sono vie di fughe, vero? Nella terraferma puoi svignartela quando le cose iniziano a diventare ingestibili.» la tempia di Alice pulsava così tanto da temere che scoppiasse. «Sai che ti dico? Trovatela da sola l'ultima Pietra.» esclamò tirando fuori il sacchetto in pelle nel quale aveva custodito lo smeraldo e l'ametista fino a quel momento e sfilandosi l'orologio d'oro dal collo, buttando tutti ai suoi piedi. «Torna a Storybrooke o dovunque tu abbia intenzione di tornare. Risolvi i tuoi affari e consegna queste maledette pietre a chiunque ti abbia incaricato di prenderle. Io vado a salvare Kendra.»
Jefferson aveva assistito a questo scoppio d'ira con un'espressione seria. Neanche imperturbabile, quasi dannata, come se quei suoi occhi cristallini fossero appena diventati due pozze nere, rivelando la parte peggiore di sé. Solo una vocina dentro di lui debole quanto una flebile fiammella lo incitava a parlare.
Non puoi perdere anche lei.
In altre circostanze, Jefferson avrebbe almeno cercato di ribattere, di farle cambiare idea su di lui, di farle capire che doveva – voleva – proteggerla. Ma quella volta non lo fece, perché la verità delle sue parole era agghiacciante. Lui era stata un brutta persona che aveva rubato e ingannato per i propri scopi e si era illuso di essere cambiato dopo la nascita di Grace e in seguito alla perdita di Adele. Non era così: nonostante il dolore e le responsabilità che gravavano su di lui come macigni, Jefferson restava sempre il fuggitivo codardo ed egoista di un volta. E non poteva cambiare le cose.
Aveva osservato Alice trasformarsi in qualcosa a cui mai aveva assistito. Alla fine si era ribellata. Gli venne spontaneo chiedersi come aveva fatto a trattenersi fino a quel momento.
Ma dov'è casa?

La ragazza tacque, riprendendo fiato. Gli occhi erano ridotti a due fessure e il cuore batteva così velocemente da scoppiarle nelle orecchie. Poi abbassò l'indice, in un gesto frustato e deluso, e si girò per scendere dalla roccia, mentre Jefferson se ne stava immobile, con la mente svuotata.
«Mi chiedo come diavolo faccia a piacermi un tipo come te.»








Here I Am
In questi giorni sono diventata lo spirito natalizio che prende possesso delle persone, e intendo contagiarvi tutti c: Vorrei che le vacanze fossero già arrivate perché proprio non ce la faccio più, non so come durerò altri tre giorni tra i banchi di scuola!
Avrei tante novità da raccontare maaaaaa freno il mio entusiasmo e torno subito al capitolo. Credo che questo sia uno dei miei preferiti, soprattutto per il dialogo finale tra Alice e Jefferson. Non è una litigata come le altre: Alice è veramente delusa dall'egoismo e dalla codardia di Jefferson che non cerca nemmeno di discolparsi tanto sono vere le sue parole. Jefferson, seppur sia uno dei miei personaggi preferiti, ha inaggato le persone per molto tempo e il suo apparente coraggio è dato solo dalla ricopensa che riceverà a missione compiuta. Alice se ne rende conto e gli lascia sia il portale/orologio che le pietre, correndo poi alla ricerca di Kendra che sembra in grave pericolo. 
Jefferson coglierà l'occasione e tornerà a casa? Come farà Alice a trovare Kendra? E cosa centra Barbanera in tutto ciò? Intanto vi auguro un bellissimo Natale, godetevi queste vacanze fino all'ultimo e ci rivedremo domenica prossima! 
A presto!
Frannie.

   
 
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