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Autore: BlackVanilla    21/12/2015    1 recensioni
...l'abilità speciale del Chirurgo della Morte riuscirà a salvare una giovane e bella ragazza da una misteriosa e sconosciuta malattia? A volte le emozioni non possono essere descritte con le parole, per quanto ci impegniamo per farlo, il risultato sarà sempre deludente.
Ma succede che in certi casi, diventi complicato anche solo capire cosa si stia provando esattamente, l’emozione stessa diventa fonte di confusione e sgomento...
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Pirati Heart, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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~~Gwennie aveva accettato e insieme si erano avviati verso il piccolo ambulatorio presente sulla nave di Bartolomeo sulla quale erano ospiti.
Era agitatissima per due motivi: il primo era indiscutibilmente il fatto che forse stava per scoprire di cosa soffriva e quei lunghi anni di agonia sarebbero finiti; il secondo era ovviamente la visita che avrebbe subito da Law.
“Entra pure”, le disse rompendo il filo dei suoi pensieri.
Le aprì la porta e la fece passare.
Gwennie entrò timida e aspettò altre istruzioni, era tesa ed emozionata.
Il medico mise sulla scrivania la sua spada e tolse il cappello, andò a lavarsi le mani ed indossò un paio di guanti sterili invitando Gwennie ad accomodarsi sul lettino.
“Adesso stai seduta e solleva la maglia dietro”, le disse mentre prendeva uno stetoscopio “respira a fondo”.
La giovane lo fece od almeno ci provò, non appena iniziò a riempire i polmoni di aria esplose in un colpo di tosse sanguinolenta ma si riprese subito scusandosi.
Law le chiese di riprovare ad andò un po’ meglio ma non era in grado di riempire completamente in polmoni di aria senza tossire violentemente.
Il dottore le misurò la pressione e la pesò chiedendole se ricordasse di aver preso o perso chili nell’ultimo periodo. Effettivamente era dimagrita parecchio e gli unici jeans che ancora le stavano bene lo aveva indossati proprio quella mattina. Anche la maglia larga bianca con un teschio nero disegnato sopra l’aveva acquistata da poco per camuffare la magrezza delle spalle che iniziava ad essere poco gradevole.
“Adesso devo prelevarti del sangue”, il medico preparò tutto il necessario “qui non ho gli strumenti adatti ma appena mi ricongiungerò con la mia ciurma potrò effettuare le analisi necessarie” spiegò.
Lei annuì e lo osservò passarle il tamponcino imbevuto di disinfettante sull’incavo del gomito ed applicarle il laccio di gomma.
Con l’ago a farfalla in mano lui si fermò a guardarla. Lei ricambiò confusa.
“Sto per farti il prelievo….non volti la testa?” chiese;
La ragazza balbettò che di solito guardava in modo da poter tenere rilassato il braccio, le sembrò di aver visto un sorriso spuntare sul volto del medico dopo che aveva sentito questa sua timida spiegazione.
 “Adesso è importante una cosa….devo cercare di capire se il tuo battito cardiaco è normale o alterato. Devi stenderti e cercare di rilassarti…” fece un gesto come ad indicare di sdraiarsi sul lettino.
Gwennie era nel panico. Rilassarsi. Interessante. Mezza nuda, stesa su un lettino con lui che le ascoltava il cuore?
Rise mentalmente di se stessa sfilando la maglietta e sdraiandosi sul letto, era rimasta in reggiseno e con una canotta intima nera con le bretelline sottili. Chiuse gli occhi e cercò di far svanire tutto intorno a lei. Respirò piano e nel modo più profondo che la malattia le concedesse di fare.
Dopo qualche minuto sentì posarsi sul petto un piccolo oggetto rotondo e fresco.
Stranamente non era agitata, anzi era rilassata come non mai…nella sua mente sentiva un senso di sollievo assoluto come un viaggiatore che finalmente arriva alla meta tanto agoniata.
“Ok, puoi alzarti.” Gwennie aprì gli occhi e fece come gli era stato detto.
Scrutando Law in cerca di qualche segnale d’allarme, si vestì velocemente rimanendo però seduta sul lettino.
Il giovane si girò e tolse i guanti sterili gettandoli in un cestino, rimise il cappello e afferrò la sua spada, infine si posò alla scrivania.
“Mi servono i risultati delle analisi del sangue per fare una diagnosi certa. Ma sono abbastanza sicuro che si tratti di una particolare malattia rara, anzi rarissima. I libri ne parlano poco e lo fanno in modo superficiale. Tuttavia ricordo di averne letto la descrizione da qualche parte e tu ne sei un chiaro esempio.” Si interruppe.
La ragazza scese dal lettino e gli si mise davanti guardandolo direttamente negli occhi.
Dovette sollevare la testa dato che era circa 25 cm più alto di lei.
“Quanto mi rimane?” i suoi occhi verdi erano limpidi.
Lui ne rimase basito. Allora lo sapeva che stava morendo….tuttavia…era serena.
“Direi che mettendoti a riposo e con una dieta particolare forse un anno…”, la gola era secca.
Lei incassò la notizia rimanendo perfettamente immobile, dopo qualche secondo indietreggiò fino al lettino e si posò imitando la posizione di lui.
Incrociando le braccia al petto sembrò riflettere.
“E continuando così come sto facendo quanto?”, alzò la testa nuovamente e attese la risposta stavolta con le gote accese.
Law le disse che così sarebbe potuta morire anche in quel momento se le fosse venuto un grave attacco, dipendeva da molti fattori ed era impossibile valutarlo così, inoltre le ricordò le analisi del sangue mancanti.
Lei lo ringraziò e gli promise di pensare alla sua proposta e fece per andarsene.
“Aspetta”, la prese di nuovo per il braccio, “non ho finito. Ho una teoria….vuoi sentirla?” sorrise in modo un po’ sinistro nel dirlo ma Gwennie non ebbe paura.
Parlarono fitto fitto per una ventina di minuti e Law le spiegò che secondo lui una cura esisteva, bastava avere una marcia in più.
“Parlo del mio potere ovviamente…però devi affidarti completamente nelle mie mani….e poi dovrai seguire una cura di ricostituente per il tuo organismo…non sarà semplice e suppongo molto doloroso. Inoltre sarà una cosa lunga…riparare i danni dovuti anni di malattia non è così semplice…”, la osservò in cerca di una risposta. 
Gwennie pensò che non aveva niente da perdere, anzi riflettendo si scoprì felice all’idea di passare del tempo con lui nonostante la circostanza.
“Beh, grazie….io credo tu sia molto gentile a farmi questa offerta. Accetto.”, chinò il capo per ringraziare.
Ad un tratto l’atteggiamento del dottore divenne rigido e brusco, “Appena saremo a bordo del mio sottomarino inizieremo con l’intervento”, fece una pausa e aggiunse,”sei solo un caso clinico interessante, non lo faccio per te.” Girò sui tacchi e chiuse la porta.

Quella sera, prima di cena, Gwennie si concesse un bel bagno rilassante.
Si sentiva tesa e a disagio per il repentino comportamento di Law e non ne capiva il motivo.
Si spogliò e gettò gli abiti nel cestone di paglia, afferrò un’ampio telo di spugna ed entrò nella cabina della vasca.
Ripose il telo e i vestiti puliti su un piccolo cassetto di plastica, tirò fuori dal beauty il suo bagnoschiuma e la crema per il corpo rigorosamente alla vaniglia, il profumo che adorava.
L’acqua calda e la morbida schiuma sulla pelle la aiutarono a rilassarsi e quando, avvolta nel telo, si dedicò ai capelli si sentì molto meglio e quasi serena.
Si vestì in fretta mettendo un paio di jeans short e una canotta bianca con dei piccoli brillantini che formavano una farfalla, mise le scarpe da ginnastica bianche e raccolse i capelli appena asciugati in una coda di cavallo.
Guardandosi allo specchio non fu soddisfatta dell’acconciatura e tolse l’elastico lasciando liberi i capelli che le ricaddero morbidi sulle spalle. Guardò l’orologio, doveva affrettarsi la cena atava per essere servita.

A tavola regnava il caos e la festa più totale.
Tutti ridevano e scherzavano divorando tutte le delizie che venivano portate dalla cucina.
Il capitano era felice e ottimista, Zoro non vedeva l’ora di iniziare una nuova avventura ed intanto di consolava con dell’ottimo sake, Usopp era leggermente meno scoppiettante del solito ma sempre allegro.
Robin era seduta accanto a Gwennie e beveva una bibita in modo rilassato mentre ascoltava le chiacchere di quest’ultima.
La giovane infatti si era riproposta di dare il massimo ogni giorno dopo aver scoperto che poteva essere l’ultimo per lei, no che la cosa l’avesse sorpresa più di tanto, in cuor suo l’aveva sempre saputo.
Era da sempre molto affezionata a Robin, la sentiva come una sorella alla quale poteva dire tutto, le era molto mancata la sua presenza confortante dopo Marineford…aveva tenuto tutto il dolore dentro.
Qualche ora dopo la cena era terminata e i commensali si stavano ritirando nelle rispettive stanze, Gwennie salutò Robin augurandole la buona notte ma decise di rimanere un po’ alzata facendo una passeggiata sul ponte.
Era davvero una splendida serata, limpida e calda ma accompagnata da un leggero vento che rendeva l’afa sopportabile.
La luna era bellissima e contare le stelle sarebbe stata impresa non da poco, erano tantissime e di diverse dimensioni, una di esse sembrava brillare di luce colorata…un po’ di blu e un po’ di rosso…o era un’impressione?
La giovane cercò un posto da dove poter osservare meglio la stella e iniziò a percorrere più velocemente il ponte camminando verso poppa.
Camminando lesta non notò la presenza di Law che era appollaiato lì vicino, intento ad ammirare l’arcata stellata proprio come lei.
Soddisfatta del nuovo posto trovato, si sedette per terra e guardò la stellina brillare cambiando colore…rosso e blu…blu e rosso….un po’ di bianco e di nuovo rosso e blu….bellissima si disse, chissà se era un effetto ottico o se era realmente un cambio di colore.
Le venne in mente così una canzoncina che la madre le cantava sempre prima di andare a dormire quand’era piccola.
Dove era nata Gwennie era un privilegio che la madre crescesse personalmente la figlia passando del tempo con lei, di solito erano le bambinaie a farlo al posto della genitrice.
La madre della giovane aveva espresso fin da subito la volontà di pensare personalmente ai bisogni della piccola e di non volere nessun tipo di bambinaia o altro, fu solamente assunta un’istitutrice che si occupasse della cultura della piccola.
Senza pensarci iniziò a canticchiarla piano…com’era dolce quella nenia, proprio come il ricordo della sua mamma.
Gwennie asciugò con il dorso della mano una lacrima tiepida carica di amari ricordi e fece per alzarsi.
Ebbe all’improvviso la sensazione fortissima che qualcuno fosse dietro di lei e, notando solo ora l’ombra scura del medico, sussultò portandosi le mani al petto e sospirando rumorosamente.
“Scusa credevo mi avessi visto….”, ecco un sorriso di quelli sinistri e…affascinanti.
Gwennie scosse il capo, un po’ meno arrabbiata ricordando il motivo per il quale era finita lì, “osservavo la stella…cambia colore…vedi?” indicò il cielo con un dito sentendosi subito dopo molto sciocca.
Il chirurgo della morte che guarda le stelle cambiare colore? Ridicolo, pensò.
Law osservò il cielo e poi anche la giovane: era molto flessuosa e carina nonostante i segni evidenti della malattia e sembrava anche in gamba.
Sarebbe stato interessante passare del tempo insieme, pensò il medico.
“Forse lo vedo solo io!”, la ragazza arrossì “mi piace pensare che cambi colore e che non sia una mia idea…ma forse mi sbaglio” cercò di salutare Law velocemente per nascondere il suo imbarazzo dandogli la buonanotte ma lui la fermò.
“Hai sempre così fretta?” le chiese sornione, “non dovrai averne per niente in convalescenza. Sarà una cosa lunga…..” fece per alzarsi.
Gwennie annuì e dichiarò di essere pronta ad affrontare qualsiasi cosa…con lui? Oddio no no no bisognava reprimere quell’idea.
Lui si accorse di quel piccolo tentennamento e sorrise di nuovo.
“Cambia veramente colore….lo fa ogni sera. Cerca di controllare le emozioni, le fonti di stress peggiorano il tuo stato clinico e..”, si interruppe.
Con la fronte imperlata di sudore la ragazza rispose di non riuscire a respirare bene e di vedere male, una fitta di dolore acuto le riempì i polmoni di fuoco.
“Scusa, io….”, aprì gli occhi e non ricordandosi di averli chiusi.
Il medico le era accanto sostenendola per un braccio.
“La situazione è abbastanza grave. Non abbiamo tutto il tempo che pensavo…dobbiamo agire in fretta. Appena arrivati a Zou ci riuniremo con la ciurma e tu verrai con noi”, gli occhi grigi improvvisamente accesi da un sentimento che Gwennie non sapeva se definire preoccupazione o paura di non avere tempo di studiare il suo caso così scientificamente interessante.
Se fosse morta prima avrebbe potuto farle solo l’autopsia.
Lei si limitò ad annuire.
Le era chiaro che doveva parlarne immediatamente con il suo capitano, gli avrebbe spezzato il cuore, lo sapeva.

   
 
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