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Autore: Gora_DC    21/12/2015    2 recensioni
Finalmente è arrivato il giorno del tanto atteso colloquio di lavoro e Blaine deve fare bella figura. Sono già due anni che si è laureato, ma né in campo professionale né in quello sentimentale sembra che la sua vita abbia preso una piega accettabile. E adesso eccolo, traballante su scarpe scomode e vestito di tutto punto, in ritardo cosmico – grazie alla simpatica sveglia che non suona quando dovrebbe e a un autobus che ha deciso di saltare una corsa – sotto la sede della rivista di moda e gossip più letta del momento. Blaine deve avere quel lavoro!!! Ma la giornata a quanto pare è nata storta e può solo peggiorare. E infatti, come una ciliegina sulla torta, l’ascensore che è riuscito a prendere al volo pensa bene di bloccarsi. Uno scossone prima e un altro a breve distanza ed è chiaro che non ripartirà. Ma Blaine lì dentro non è solo… Accanto a lui c’è qualcuno. Qualcuno che soffre di claustrofobia e che è sul punto di avere un attacco di panico. A meno che lui… non si faccia venire qualche idea geniale per impedirlo. Un’idea così geniale che lascerà il segno…
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 26
 
Miss Marple indaga
 
Le ombre della sera avvolgevano la stradina chiusa, dove si affacciava la casetta di zia Nora e nonna Rose.
 
Blaine era alla finestra e guardava fuori distratto, osservando la porta rossa della casa di fronte, le finestre illuminate e la vita di una famiglia che scorreva tranquilla prima dell’ora di cena. Finalmente era in pace con se stesso, tra quelle quattro mura che erano tanto care ai suoi ricordi di ragazzino, che gli davano sicurezza e lo facevano sentire amato. Lasciò ricadere le tende di cotone profumato di lavanda e raggiunse zia Nora in cucina.
 
La donna lo guardò di sottecchi mentre lavava l’insalata. «Siediti, fammi compagnia».
 
Blaine obbedì silenzioso e si accomodò su una sedia lì accanto.
 
«Tu sai che siamo felici quando ci vieni a trovare, ma cosa c’è che non va? Di solito ci avvisi e invece ti sei presentato così, senza bagagli e con una faccia da funerale. Non sarà mica colpa del tuo ragazzo?»
 
«Non ho ancora avuto modo di parlarvi di lui».
 
«Ci hanno pensato tua madre e Cooper».
 
Blaine suo malgrado sorrise. Impossibile tenere un segreto in una famiglia tanto chiassosa.
 
«Cosa sai esattamente di lui?»
 
 «Che è un modello strapagato, un gran bel ragazzo e fa servizi fotografici discutibili per i miei gusti…».
 
Blaine si portò le mani sul volto, arrossendo visibilmente. «Non posso crederci, anche tu lo hai visto nudo?»
 
«Certo, ero curiosa, ho visto che era su “Guys & Dolls” e ho comprato la rivista».
 
Blaine sprofondò nella vergogna più assoluta e appoggiò il braccio sul tavolo, nascondendoci il viso.
 
«Dovresti essere orgoglioso di lui, ha un didietro notevole».
 
«Zia, per favore, tutto questo è la causa della nostra rottura».
 
«Perché è ben attrezzato?» aggiunse sua nonna entrando nella stanza e sedendosi accanto a Blaine, fasciato dalla sua comoda tuta giallo limone.
 
«Nonna, non ti ci mettere anche tu ti prego, sono già abbastanza imbarazzato».
 
«Di sicuro non pensavo di vedere il tuo ragazzo nudo, se non per sbaglio… Magari dopo il matrimonio usciva dalla porta del bagno e gli cadeva l’asciugamano dalla vita…».
 
Blaine la guardò impietrito poi scoppiò a ridere insieme a Rose.
 
«Hai anticipato i tempi e comunque non ci sarà mai nessun matrimonio. Non stiamo più insieme».
 
«Perché non ci spieghi questa parte della storia?». Nora si asciugò le mani con uno strofinaccio e raggiunse gli altri due, sedendosi.
 
«C’è poco da dire, io non riesco a sopportare questa parte del suo lavoro, mi mette a disagio, e soprattutto mi rende geloso. Uno psycho killer pronto a uccidere per avere l’esclusiva del proprio uomo. Non mi piaccio così, non voglio essere così. E Kurt ha scelto il suo lavoro, non gli importa davvero di me, di come mi sento». Scosse la testa avvilito. «Ero convinto mi amasse, ma mi sbagliavo. Sono andato nel suo appartamento, stamattina, con l’intenzione di fargli una sorpresa al suo ritorno, di chiedergli scusa, di risolvere i nostri problemi, di passare persino sopra al mio orgoglio, invece lo sento al telefono con la sua migliore amica, mentre le dice che vuole liberarsi di me. Che ha delle priorità». La sua voce si fece un sussurro. «Mi ha fatto male, tanto male».
Scoppiò a piangere anche se non avrebbe voluto. Rose gli accarezzò i capelli, dolce e comprensiva.
 
«Tesoro mio, quando gli hai chiesto spiegazioni, che ha fatto?»
 
«Sono scappato via, non mi ha visto».
 
«Saresti dovuto rimanere, mio caro, fuggire non serve mai a niente» fece Nora con grande saggezza.
 
«Lo so, lo so benissimo, ma non volevo fare la figura dello stupido, non volevo dargli la soddisfazione di vedermi piangere».
 
«Che situazione spinosa!» esclamò zia Nora convinta.
 
«Ragazzo mio, ora sei qui, non pensare a tutto questo» disse Rose con tono propositivo.
 
«Potremmo fare una maratona di film questa sera».
 
«Odio gli horror e non mi piace Star Trek». Blaine era lamentoso, ma cominciava ad asciugarsi le lacrime.
 
«Gialli con Miss Marple?»
 
«Andata!».
 
Aveva fatto bene a raggiungerle. Per un paio di giorni poteva far finta di avere quindici anni e che tutto sarebbe andato bene.
 
Blaine fece una bella doccia, riuscì persino a canticchiare mentre il getto bollente gli scivolava addosso.
 
Era sereno, una tregua alla sua tristezza ci voleva.
 
Si asciugò con il telo di spugna che sapeva di casa e di ammorbidente, e indossò una vecchia tuta del nonno che gli stava più grande di qualche taglia. Si tamponò i capelli e scese le scale, pronto a raggiungere nonna Rose in salotto. Avevano preparato uno spuntino e avrebbero cenato davanti alla TV. Zio Sauro quella sera era andato al bar per giocare a bocce con i suoi amici, per il raduno settimanale. Sarebbero stati un po’ da soli, finalmente… una pacchia!
 
La nonna aveva già la mano sul telecomando, il dito sul pulsante play, pronta a schiacciare. Blaine si sistemò sul divano, in mezzo alle due, e il film ebbe inizio. Pochi secondi e il campanello della porta suonò.
 
Le teste di tutte e tre si girarono di scatto.
 
«Aspettavi qualcuno?» chiese Rose alla figlia. Quest’ultima scosse il capo e si alzò, avvicinandosi alla finestra per sbirciare fuori.
 
«Oh, questa poi». Sgranò gli occhi sorpresa e fissò Blaine. «Credo che cerchino te».
 
«Me?». Blaine scattò in piedi come se qualcuno gli avesse puntato contro una pistola. «Che stai dicendo?».
 
Il campanello suonò di nuovo e zia Nora andò ad aprire, mentre Blaine correva alla finestra per guardare. Si portò una mano alla bocca allibita. «Non è possibile!».
 
«Si può sapere che succede?», domandò spazientita Rose, ancora seduta sul divano. Blaine si voltò lentamente a fissarlo, con il viso in fiamme. «Kurt. Kurt è qui».
 
 
***
 
Blaine era ancora in piedi accanto alla finestra, quando Kurt Hummel fece irruzione nel salottino con un passo deciso e un aspetto a dir poco imponente. Appariva perfino più alto, tanto era sicuro di sé.
 
I suoi occhi lanciavano fulmini e saette su Blaine. Era arrabbiato e molto, la sua mascella era serrata per trattenere un moto d’ira.
 
Nora rimaneva dietro di lui, silenziosa.
 
Kurt si avvicinò a Rose e le porse la mano. «Mi chiamo Kurt Hummel. Deve perdonarmi per la mia scortesia, mi rendo conto che non è l’orario giusto per fare visita, chiedo scusa per questo».
 
Rose si era alzata e gli aveva stretto la mano, sorridendo con gentilezza. «Rose Anderson, molto lieta. E non si preoccupi, a volte le circostanze richiedono gesti immediati».
 
I lineamenti di Kurt si ammorbidirono all’improvviso. Era chiaro: aveva trovato in Rose un’alleata. Anche Nora adesso sorrideva e Blaine si accorse di essere in netta minoranza. Si chiese il perché, visto che era lui la vittima delle circostanze, o no?
 
Kurt si voltò verso Blaine. «Ho bisogno di parlarti, adesso». Era imperativo, autoritario, stanco di tergiversare. Il ragazzo deglutì, quasi spaventato.
 
Perché era così furioso se voleva lasciarlo andare?
 
«Non c’è più niente da dire». Voleva mostrarsi sicuro di sé. Aveva una dignità da difendere.
 
Kurt si voltò verso Rose. «Le devo chiedere di nuovo perdono. Mi creda se le dico che non mi comporto mai così, ma suo nipote mi farà impazzire, prima o poi».
 
A grandi passi si avvicinò a Blaine che indietreggiò per trovarsi con le spalle al muro.
 
«Adesso parleremo, caro mio. Che tu lo voglia o no!». E con un gesto solo, lo afferrò e se la caricò in spalla come un sacco di patate.
 
Blaine sgranò gli occhi per la sorpresa, mentre Nora e Rose trattennero a stento una risata. Che scena comica per loro.
 
«Aiutatemi» le implorò guardandole con aria stupita, mentre Kurt si dirigeva verso il corridoio fissando le scale che portavano al piano superiore.
 
«Piccolo mio, te lo avevo detto che dovevi affrontare la situazione. Mi sembra il momento giusto».
Nonna Rose gli fece l’occhiolino e alzò il pollice verso l’alto in segno di approvazione.
 
«Dov’è la tua stanza?», gli chiese senza perdere altro tempo.
 
«Di sopra», brontolò Blaine mentre cercava di divincolarsi, ma i muscoli di Kurt, oltre che magnifici, erano una roccia. Impossibile cambiare il corso degli eventi. Si arrese sperando che lo mettesse giù quanto prima.
 
Era umiliante. Lo trattava come un bambino capriccioso. Una remota parte di lui dovette ammettere che non aveva tutti i torti.
 
«Qual è?».
 
Blaine, riluttante, indicò la porta giusta. Lui l’aprì senza il minimo sforzo, con lui ancora di traverso, ed entrò, richiudendola con un tonfo.
 
Lo mise giù con poca grazia e si fissarono in volto per alcuni istanti. Blaine aveva il viso arrossato per la vergogna e il nervoso, Kurt sembrava quieto ora, troppo calmo.
 
Il ragazzo indietreggiò per la seconda volta quella sera.
 
L’uomo invece si guardò intorno. Le pareti a fiorellini, i letti gemelli, le trapunte colorate, poi riconcentrò i suoi occhi su di lui, implacabili. Sembravano spogliarlo e lasciarlo inerme davanti a lui.
 
Blaine non riuscì a sopportare il silenzio, stava per parlare ma lui lo precedette, interrompendolo.
 
«Adesso Blaine Anderson è il mio turno». Si tolse il giubbotto di pelle nera e lo scaraventò su uno dei letti.
 
Perché era così bello e sexy? Quelle braccia forti che sapevano stringerlo con tanta dolcezza erano state sue per breve tempo. Un sogno.
 
«Che devi dirmi? Sbrighiamoci, va bene? Così entrambi potremo ritornare alle nostre vite». Blaine cercava di salvare la poca dignità che gli era rimasta, perché nonostante tutto sarebbe stato pronto a rituffarsi nel suo abbraccio, se solo Kurt glielo avesse chiesto.
 
«Lo sai che sei un ragazzo assolutamente impossibile?». Alzò le braccia al cielo senza più controllo. «Ma si può sapere perché hai fatto di tutto per sabotare la nostra relazione? Quante paranoie può accumulare quella testa che ti ritrovi?». Ok, era veramente molto arrabbiato.
 
«Non è vero…».
 
«Come no… e tutto per colpa di un servizio fotografico. Foto, stupide fottutissime foto. Non ti ho tradito, neppure con il pensiero, ci sei solo tu qui dentro». Si indicò prima il cuore e poi la testa. «Pensavo che rispettarti e amarti fosse abbastanza per te».
 
«Se sei venuto qui per litigare, puoi anche andartene» lo rimbeccò cercando di farsi vedere deciso, anche se dentro era agitato come non mai.
 
«Cocciuto peggio di un mulo» brontolò spazientito.
 
«Non sono cocciuto».
 
«Mi farai impazzire, sei… impossibile».
 
«Lo hai già detto».
 
Era evidente che Kurt cercava di calmarsi, ma non era facile. Blaine aveva quell’atteggiamento risoluto che proprio lo faceva ribollire. Rimase in silenzio, fissandolo a lungo con occhi torvi, come se con quelle sue occhiate potesse farlo ragionare.
 
«Che rispetto c’è» riprese lui, «se trovo fotografie come quelle dappertutto, se ti fai toccare, praticamente nudo, da un modello? Era come se tu non fossi mio, come se uno sconosciuto avesse usurpato il mio posto. E tu glielo hai lasciato fare. Non posso sopportarlo, ti amo troppo, stupido idiota! E questa cosa mi fa soffrire come non vorrei». Che ingiustizia, era già alla resa. Si portò le mani al viso e gli voltò le spalle.
 
Silenzio… il terribile silenzio con cui Kurt rifletteva prima di rispondere.
 
All’improvviso il calore di lui gli arrivò alla pelle attraverso la tuta sformata di nonno George. Ecco, per l’ennesima volta lo vedeva arruffato e disperato.
 
Le mani di lui si appoggiarono sulle sue spalle. «Blaine, nella mia vita ho fatto sempre questo lavoro, ho imparato a essere disinibito. Non mi sono mai fatto problemi se qualche servizio fotografico era un po’ più esplicito. E i miei precedenti ragazzi non si sono mai lamentati, anzi, alcuni di loro sembravano ancora più orgogliosi di sfoggiare un simile esemplare maschio in giro. Faceva tutto parte del gioco».
 
«Io non sono i tuoi ex». Blaine si morse il labbro per trattenere le lacrime, ma la voce gli uscì miseramente smorzata.
 
Kurt gli sfiorò il collo con le labbra, dove la pelle pulsava. «No, non lo sei. Ho capito subito che eri diverso».
 
Questa volta fu Blaine a tacere, non riusciva a formulare un pensiero coerente, neppure mezzo.
 
Sentiva solo il respiro di Kurt su di lui, le sue mani sulle spalle, il corpo premuto sulla sua schiena in un gesto possessivo e familiare.
 
«Non ho mai pensato che il mio lavoro potesse diventare un ostacolo, che in qualche modo tu potessi sentirti offeso». Non c’era più traccia di rabbia nel tono che usava, ma solo di rimpianto e debolezza. «Ti avevo dato tutto me stesso, ti avevo mostrato tutto di me, tu conoscevi quello che provavo. Cosa mi importava di quello che vedevano gli altri? Non contava per me, ma contava per te e a questo proprio non avevo pensato. Ti chiedo scusa per la mia insensibilità».
 
Blaine non si aspettava certo le sue scuse e la confusione gli invase la mente e il cuore, ormai così irrimediabilmente arreso ai sentimenti che provava.
 
«Quando ti ho chiesto se avresti provato gelosia, al mio posto, hai risposto di no. Mi hai ferito, mi sono sentito poco importante per te».
 
Lo fece voltare con delicatezza, per intrappolare il suo sguardo nel proprio. «Ho risposto così per la rabbia, ma ci ho pensato tanto, mentre eravamo lontani. Sarei impazzito di gelosia, te lo giuro. Credo che il mio comportamento sarebbe stato anche più folle del tuo». Gli sorrise con timidezza.
 
Blaine lesse in ogni lineamento di quel volto adorato la sincerità.
 
«Avrei preso a pugni il modello con te, il fotografo, chiunque avesse posato il suo sguardo sul tuo corpo. Non ho mai provato nulla di simile in vita mia. Ero così sgomento da una tale reazione che non sapevo come affrontarla».
 
«Non mi hai cercato, non mi hai voluto parlare».
 
Gli accarezzò la guancia come se fosse un cristallo prezioso e fragile. «Pensavo che stare lontani per un po’ ci avrebbe aiutato a capire meglio, al mio ritorno avevo intenzione di affrontare ogni cosa, non volevo perderti».
 
«E ti ho telefonato dal pub».
 
 «Sì». Il volto di Kurt si irrigidì. «Chi è Dave?» chiese d’impulso mentre un guizzo contrariato alterava i lineamenti del volto.
 
Blaine abbozzò un sorriso e catturò la sua mano, trattenendola sul proprio volto. «Nessuno, me lo sono inventato per farti ingelosire. Che sciocco, eh?»
 
«Non puoi capire come mi sono sentito, bloccato dall’altra parte del mondo, convinto che tu avessi già voltato pagina e fossi uscito con un altro, con uno che…». Si azzittì.
 
Blaine spostò la sua mano e gliela posò sulle labbra. «Non avrei mai potuto, io amo solo te. Non voglio nessun altro nella mia vita. O te o morirò solo» proclamò con aria buffa per spronarlo a sorridere.
 
«Eri ubriaco, in un locale con un altro. Non ci ho visto più. Ho prenotato immediatamente il primo volo per tornare. Ero terrorizzato all’idea che il mio silenzio di quelle settimane fosse stato troppo. Ma eri sempre con me, sempre, non ho fatto nulla che potesse farti soffrire».
 
Blaine si staccò da lui.
 
Gli credeva, ma allora? Quello che aveva ascoltato nel suo appartamento? La conversazione con Rachel?
 
«Ormai avrai capito che ero a casa tua quando sei tornato».
 
Kurt fece un segno affermativo con il capo. «Quando ho visto le chiavi e le buste della spesa in cucina, ho capito che eri stato lì. Sono andato a casa tua e Cooper mi ha raccontato tutto. Hai preferito andartene che parlare con me» fece triste, abbassando il capo in segno di resa.
 
«Quante volte potevo permetterti di ferirmi?».
 
Kurt lo fulminò di nuovo con lo sguardo e si sedette sul letto, poi continuò. «Pensavi che parlassi di te. Sei tu che non mi hai dato fiducia» si lamentò lui.
 
Blaine gli si sedette accanto e gli prese la mano. Aveva bisogno di quel contatto come delle sue parole, delle sue spiegazioni. Ora sapeva che si era sbagliato, che lui lo amava, anche se lui ne aveva dubitato.
 
«Spiegami, adesso sono qui».
 
Kurt lo guardò. «Ho licenziato la mia agente».
 
Blaine ricambiò la sua occhiata con un’evidente confusione stampata sulla faccia.
 
«Le avevo parlato del fatto che d’ora in poi avrei selezionato con più attenzione i servizi fotografici, che non avrei posato più nudo. Per il passato non potevo sistemare le cose, ma per il futuro sì». C’era tanta tenerezza in lui che gli scoppiò il petto per la felicità.
 
«Ma lei era irremovibile, continuava a ripetere che le migliori offerte arrivavano quando io mi scoprivo di più. Le ho ricordato che a trent’anni e con un bel gruzzolo da parte, che non mi basterà una vita intera per spenderlo, mi potevo permettere di selezionare meglio cosa volevo fare e cosa no. Volevo venirti incontro, volevo dimostrarti che per me contavi di più. Mentre tu origliavi» sorrise illuminandosi di malizia e furberia, «parlavo con Rachel proprio del fatto che avevo perso una donna in gamba, ma che avevo delle priorità. La mia priorità eri tu, Blaine. Ma non mi hai dato modo di dirtelo perché sei scappato via».
 
«E tu mi hai inseguito».
 
«E io ti ho inseguito. Sì, ti inseguirei ovunque. Non ti avrei permesso di lasciarmi. Non permetterò che accada di nuovo perché in quelle settimane a Roma mi sei mancato come l’aria. Mi mancava un pezzo di me. Non voglio più sentirmi così. Non voglio più arrovellarmi su quello che avrei potuto fare per impedirti di fuggire via da me».
 
Blaine non riuscì a parlare, tanto era sopraffatto dalla quell’inaspettata rivelazione. Lo abbracciò, tenendolo stretto a sé, come fossero indissolubili.
 
«Credevo davvero di averti perso, Kurt».
 
«E io di aver perso te. Siamo due cretini, dobbiamo imparare a parlare, comunicare, non dobbiamo permettere alle nostre paure e al nostro orgoglio di ostacolarci».
 
«Questa storia mi ha lasciato senza difese. Lo ammetto, non ho mai provato niente di simile a quello che sento per te, e ho avuto così paura che ho finito per credere a tutte le mie… paranoie. Mi sono fatto condizionare, quando avrei dovuto solo credere in noi».
 
«E io ho dato per scontato troppe cose, quando avrei dovuto parlare con te, capire i tuoi dubbi. Non fare finta che li avremmo superati solo con il sesso». Lo squadrò con astuzia e diede una pacca sul letto.
 
«Kurt Hummel, sei terribile». Sollevò le sopracciglia e lui rise.
 
Era successo davvero, Kurt l’aveva raggiunto a Lima, gli aveva aperto il suo cuore e aveva deciso di non fare più servizi fotografici nudo per non farlo soffrire. E mentre rifletteva su quanto tutto si fosse aggiustato per miracolo, Kurt lo fece distendere sul letto e gli accarezzò il viso fino a sfiorargli il collo. «Questa tuta mi fa venire la voglia di sfilartela, lo sai?». Gli abbassò la cerniera e si chinò a baciare la porzione di pelle scoperta.
 
«Ma ci sono nonna e zia di sotto». Non era molto convinto delle sue rimostranze, anzi, il suo corpo iniziava ad arcuarsi per assecondare i movimenti delle dita di Kurt, bollenti al loro passaggio. Gli era mancato da morire e ogni centimetro di lui richiedeva attenzione, desiderava la sua dose di appagamento, la sua dose di Kurt Hummel. Gli sorrideva con quelle fossette ai lati della bocca che lui trovava irresistibili, la camicia bianca sbottonata e un’aria da pirata a caccia del proprio tesoro.
 
E per la miseria, il tesoro era lui.
 
Non ci misero molto a liberarsi dei vestiti e a stringersi in uno dei letti gemelli senza preoccuparsi di coperte o lenzuola.
 
«Che vergogna» scherzò Blaine mentre accarezzava il corpo del suo ragazzo.
 
«Nora e Rose mi sono sembrate molto sveglie, capiranno che dobbiamo… riappacificarci». Gli baciò il lobo dell’orecchio e poi prese a mordicchiarlo, mentre la sua mano scivolava giù a torturarlo di piacere.
 
Tra un gemito e l’altro, Blaine però non riuscì a trattenersi. «Ti amo Kurt, con tutto il cuore, tu sei la perfezione per me, la mia eccezione, il mio tutto».
 
Lo sguardo di gioia di Kurt gli scaldò il cuore. «E tu Blaine sarai per sempre il mio unico amore. Non scordarlo mai».
 
La passione trattenuta per settimane adesso bruciava con una tale intensità da cancellare ogni altro pensiero.
 
Ripresero a baciarsi, a divorarsi, ad aggrovigliarsi, pelle a pelle, cuore a cuore, sussurri e sospiri, mentre i loro mondi un tempo divisi si fondevano definitivamente, diventando uno soltanto, per non separarsi mai più.
 
Per quella notte Miss Marple avrebbe aspettato per risolvere il suo caso. Questioni più urgenti richiedevano la dovuta concentrazione.
 
 
NOTE DELL’AUTRICE:
Ed eccoci alla fine di quella che è una delle storie più “tranquille” e fluff che abbia mai pubblicato. Ho amato questi Klaine dal primo momento, loro sono il mio tutto e scrivere finalmente qualcosa di dolce, senza troppo angst mi ha dato modo di divertirmi…
 
Voi che ne pensate di questo finale? Ricordo che mercoledì ci sarà l’epilogo, quindi non andate via!!!
 
Nello scorso capitolo vi ho chiesto se foste interessati ad una nuova Klaine, i commenti sono stati tutti positivi, quindi come regalo, a Natale siamo tutti più buoni, vi allego la trama della nuova storia… Ditemi se vi ha incuriosito ancora di piu!!!
 
Trama: Il primo anno di università può essere complicato, si sa. Soprattutto quando il tuo fidanzato storico ti lascia senza troppi giri di parole. È quello che succede a Blaine, e la delusione le lascia davvero l’amaro in bocca. Un sapore da cui fatica a liberarsi, nonostante i corteggiatori non gli manchino. Ma tutto cambia quando Blaine incontra Kurt: lui è bello e gentile, forse non proprio il suo tipo ideale. Eppure tra i due la complicità è immediata. Così, tra una confidenza e un bicchiere di vino, accade che Kurt e Blaine si ritrovino a elaborare e a verificare una teoria: per far svanire l’amaro in bocca di una delusione amorosa è necessario passare la notte in compagnia di un buon amico. Uno che non chieda niente al risveglio, uno che sia disposto a essere semplicemente un sorbetto per rinfrescare il palato tra una relazione e un’altra. Ed è così che Kurt e Blaine decidono di diventare amanti di notte e amici di giorno. Tutte le volte che vogliono, tutte le volte che ne hanno bisogno. Stringono un patto, un vero e proprio contratto a cui attenersi scrupolosamente per gestire il proprio rapporto. La teoria del “sorbetto” sembra funzionare alla perfezione per molti anni. Finché uno dei due non infrange la regola più importante di tutte: non innamorarsi.
 
Che ve ne pare? Siate sinceri…
Ci aggiorniamo mercoledì per l’epilogo, per chi volesse può aggiungermi su Fb mi trovate sotto il nome di Gora Criss e… al prossimo aggiornamento!!! :*
  
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