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Autore: Arbiter Ex    21/12/2015    1 recensioni
Il regno di Boletaria, governato da Re Allant XII, fa fronte alla più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. L'Antico si è risvegliato, e una densa Nebbia incolore è scesa sulla terra. Da essa, terribili Demoni emergono, rubando le anime degli uomini, e facendole proprie. Chi perde la propria anima perde il senno, e i folli attaccano i sani, mentre imperversa il caos. Presto o tardi la Nebbia ammanterà ogni terra, e l'umanità è soggetta ad una lenta estinzione. Ma Boletaria ha ancora una speranza: un prode guerriero, che ha attraversato la Nebbia. Nella sua lotta non sarà da solo, e di lui verrà raccontata la sua storia, narrata da chi lo ha seguito nella speranza che portasse la fine della Piaga e ristabilisse l'ordine del mondo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Demon’s Souls:
Le cronache dell’uccisore di Demoni
Capitolo 11
 
Le vie dei quartieri della Cittadella Reale erano silenziose. Tra le alte e ricche abitazioni s’insinuava solo un tetro vento lamentoso, il cui verso sembrava animato dalle voci afflitte dei vanitosi ed un tempo prosperi nobili, che ora giacevano ai lati delle strade esanimi. Tutta la futilità delle loro vite, la cui vuotezza non poté essere mai colmata né dagli ori né dai preziosi averi che si affannarono a collezionare in ogni modo possibile, si consumava nell’insopportabile rivelazione che non era servita a proteggerli, e per essa furono lasciati da soli quando avevano più bisogno. Tutto ciò che rimaneva di quelle persone era solo un infelice testamento della loro esistenza scontenta, e solo una sincera malinconia, nata dal profondo dell’animo, rimaneva ad accogliere il loro ricordo. Firion avanzava e guardava mestamente, gli occhi velati dal dolore. Aveva oltrepassato le grandi porte d’accesso che prima erano sbarrate dalla barriera eretta dai demoni: superò il carro, ormai distrutto, che portò Serah alla città, mentre si avvicinava alla torre dove la piccola contadina era stata imprigionata insieme alla strega Yuria dal boia Miralda. Arrivò in una piazza circolare, dove una via a sinistra portava più vicino al palazzo reale, mentre una a destra si perdeva tra altre strette viuzze che, una volta, smistavano i residenti tra le numerose case e negozi del rione signorile. D’un tratto, il lugubre vento che graffiava la sua pelle gli portò un suono inaspettato: quasi impercettibile, sentì un grido perdersi nell’aria. Guidato da quella debole traccia, s’immerse nella fitta rete di strade della Cittadella, finché non sentì che ad ogni passo il grido cresceva d’intensità. Quando fu sufficientemente vicino, riconobbe la natura di quella supplica esausta: il pianto di un bambino. Firion non esitò e si mosse velocemente verso la sorgente del pianto: fu così che, dopo numerose svolte e cambi di direzione, raggiunse la torre di prigionia. Era stata isolata dal resto degli edifici per mezzo di un ponte, ed una piccola cancellata in ferro poneva un’ulteriore separazione tra essa e la zona principale. La porta del cancello era stata violata, ed ora pendeva da uno dei cardini emettendo prolungati cigolii. Firion attraversò il ponte ed entrò cautamente nella costruzione, solo poche finestre ad illuminarla: due cadaveri irriconoscibili giacevano agli angoli oscuri dell’entrata, mentre il pianto, dalla cima della torre, si rifletteva sulle pareti di pietra e scendeva rapido i gradoni lungo il muro. Salì silenzioso la scala, finché, sull’ultima rampa, cominciò a distinguere un bisbiglio sommesso, una richiesta implorante.
“Non devi fare così, piccolino. Fai silenzio, ti prego…”
Firion poggiò i piedi sull’ultimo piano della torre, dove vide Yuria, la cosiddetta strega, a terra col bambino piangente in braccio, una sola finestra dietro di lei a permettere il passaggio della luce. Dalla penombra, notò i suoi abiti rattoppati ed il cappello a punta nero, che sembrava un’estensione dei suoi capelli corvini, lunghi fin sotto il mento. Un neo sotto l’orbita sinistra incorniciava occhi verde acqua e occhiaie scure, su uno sguardo tirato e stanco. Tra le braccia cullava goffamente il fagottino bianco in cui era avvolto il piccolo singhiozzante, che dondolava nel fiacco tentativo di calmarlo. Una corta catena a muro la costringeva al pavimento, con uno stretto anello in ferro a trattenerle la caviglia sottile. Quando alzò di poco lo sguardo dal piccolo in braccio, si accorse di Firion sulla cima delle scale, ansimando di sorpresa, e la paura percorse la sua espressione e le attanagliò il cuore.
“Chi siete?!” riuscì a dire tremando e stringendosi il bambino al petto.
Firion non disse niente e fece un passo in più alla fioca luce, mostrando il suo volto. Yuria sbiancò quando vide gli occhi rossi del guerriero e si ritrasse disperata, premendosi contro il muro alle sue spalle come per attraversarlo e andarsene.
“No! No! Stai lontano! Non ho niente da offrirti, la mia è un’anima troppo debole! Non farci del male!”        
La strega si unì al pianto del bambino e lasciò che copiose lacrime le rigassero il viso, mentre il demone si avvicinava minaccioso. Quando le fu vicino, chiuse gli occhi turgidi in attesa che la morte la colpisse. Invece, sentì l’anello della catena che la vincolava rompersi; tornò a vedere, ed un sorriso rassicurante incontrò il suo sguardo angosciato.
“Tu devi essere Yuria. Non temere: Serah mi ha indicato dove trovarti, ora ti porto al sicuro.”
“Serah è viva?!” chiese lei con sincera apprensione. Firion si limitò ad annuire ancora sorridente. Yuria tornò a piangere e lanciò un braccio attorno al collo di Firion, scomparendo nel suo petto.
“Ho avuto tanta paura! Una dopo l’altra le ha portate fuori! Nessuna è più tornata!” riuscì a dire tra un singhiozzo e l’altro. Piangeva a dirotto, e Firion l’abbracciava e le batteva la schiena per darle sicurezza e per calmarla, rivolgendole parole rincuoranti e confortanti.
“Tu ed il bambino avete finito di soffrire.”
Yuria alzò lo sguardo riconoscente e vivo di nuova speranza, e si staccò il fagotto che aveva tenuto vicino a sé. Sia lei che Firion guardarono il piccolo ora calmatosi, che restituiva loro un dolce sorriso ed una tenera risata.

Il Nexus era sempre stato ammantato da un’aura ostile ed arcana. La natura di quel luogo, antico più di quanto qualunque essere umano avesse mai avuto possibilità di provare, era irraggiungibile ed inafferrabile, preclusa alla comprensione di chiunque avesse tentato di conoscerla. Pochi erano stati coloro che nel corso dei secoli lo abitarono, e ancor di meno furono quelli che vi restarono, data la solitudine che spesso lo caratterizzava e che portava alla follia anche i più sapienti. Mai nell’intera esistenza del Nexus si era visto un gruppo di persone tanto numeroso: incredibilmente, quelle stesse persone erano riuscite a sopravvivere e non impazzire grazie alle continue relazioni che costruivano tra loro, aiutandosi a vicenda e vincendo le loro debolezze con il supporto reciproco. Con quell’aria così altruista, il Nexus era diventato un luogo quasi vivibile. A Serah venne data la possibilità di mangiare, lavarsi e riposare, e tutti i presenti si offrirono di aiutarla come meglio poterono, tranne lo sfortunato Ostrava, che riposava disteso su un telo, lo Spettro avvilito, che difficilmente si faceva vedere, e lo scorbutico Logan. Un caldo benvenuto venne dato anche a Yuria ed al bambino, che la strega lasciò alle attente mani materne della piccola sorella di Claire. In realtà, in un primo momento vi fu molta tensione all’arrivo della timida donna col cappello a punta, quando si mostrarono i chierici. Era risaputo che i devoti detestavano la magia ed i suoi esponenti, perché usufruivano delle Arti dell’Anima lasciandosi andare al potere demoniaco, l’antitesi più eretica degli insegnamenti della religione. Come sapevano bene i più anziani membri della Chiesa, però, le scritture parlavano di un messaggio di pace universale, che doveva essere esteso a tutte le anime del mondo, mentre il conflitto andava estirpato dai cuori volubili degli uomini. Il Discepolo se ne ricordò, quindi si avvicinò e tese la mano alla donna, visibilmente spaventata e provata, rassicurandola sulle loro intenzioni e dicendole che avrebbe trovato solo amici tra loro. Un po’ sorpresi dall’azione del confratello maggiore, poco dopo seguirono anche l’Adoratrice e l’Accolito. La prima fece cadere velocemente l’astio e salutò contenta la nuova arrivata, mentre l’altro si mantenne molto più distaccato e circospetto. Nonostante tutti i dubbi che ancora si portavano dietro, Firion guardò soddisfatto i nuovi legami che si creavano: certo, l’unica cosa migliore sarebbe stata vedere i chierici riappacificarsi anche con Saggio Freke, ma forse arrivare a rispettare il primo ed il più grande degli eretici era ancora un passo troppo grande. Finalmente, Firion riusciva a scorgere la parvenza di una nuova normalità, nata dai suoi sforzi affinché il mondo tornasse ad essere la casa che ricordava. La stessa normalità che aveva perso quando la vita come la conosceva gli venne strappata via, stava tornando ad essere una realtà: una nuova famiglia, a cui dare affetto e da cui riceverne.
Sia Serah che Yuria si presentarono agli abitanti del Nexus: quando la strega conobbe Thomas, ella venne a sapere che il Collezionista era il marito ed il padre delle due compagne che erano state imprigionate insieme a lei. L’incantatrice espresse tutto il suo dolore per la loro perdita e se ne addossò la colpa, ma Thomas la rincuorò dicendole che loro non avrebbero voluto che lei si mortificasse in quel modo e che, ovunque fossero, era sicuro che fossero contente di vederla sana e salva. Claire ricostruì a Serah gli eventi che la portarono a ritrovarla: poi, propose alle due nuove arrivate di raccontare le loro storie, come si conobbero e come avessero fatto a sopravvivere per così tanto. Yuria spiegò che, quando scese la Nebbia, provò a scappare via dal regno insieme a due sue consorelle. Lungo la strada, vennero intercettate da dei demoniaci ministri grassi, i nuovi “funzionari” del regno. Vennero portate al castello e lì imprigionate da Miralda, che già aveva preso per sé la moglie e la figlia di Thomas, anch’esse facenti parti del loro ordine. Una ad una vennero giustiziate, e solo lei rimaneva. Serah, invece, parlò della sua fuga per la pianura che precedeva la capitale. Quando arrivò al castello, una furente battaglia si stava consumando tra gli ultimi difensori di Boletaria ed i demoni sempre più numerosi. Il conducente del suo carro, preso dal panico, caricò follemente avanti, fin oltre il Passo dei Lord, ma superato il portone d’ingresso alla Cittadella il carro sbandò, e si schiantò su uno dei palazzi che si affacciavano sulla piazza, uscendone a pezzi. Serah ebbe appena il tempo di capire cosa successe prima di svenire per la collisione. Quando si svegliò, si ritrovò nella torre, prigioniera insieme a Yuria. Sopravvissero soltanto condividendo gli sporadici e risicati pasti che Miralda concedeva, e s’incoraggiarono a vicenda per non perdere la speranza di uscirne vive.
“Miralda non ha mai detto perché abbia imprigionato anche me. Non ho idea del perché mi abbia tenuto in vita…”
“Effettivamente, aveva detto di essersi fatta ‘portatrice delle anime demoniache’, quindi è probabile che stesse mietendo vittime per diventare più potente, e questo spiega anche come abbia fatto a sopravvivere alla sua caduta. Tutto questo rende il fatto che ti abbia risparmiato ancora più strano…” commentò pensieroso Firion.
“Come è strano il fatto che doveva essere in grado di attraversare la barriera demoniaca: ha portato fuori dalla Cittadella Serah, proprio come Rue e Wren, ma come ha fatto se nemmeno tu potevi attraversare il portone? Lei è morta facilmente, non poteva possedere anime molto potenti, mentre tu hai assimilato le anime di Arcidemoni” disse Claire, dando voce ai suoi interrogativi.
“L’unica cosa a cui posso pensare è che possedesse un mezzo per aprire e richiudere la porta, forse una sorta di manufatto o qualcosa del genere. Ostrava l’ha incontrata proprio quando stava portando Serah al sito di esecuzione: forse lui saprà dirmi qualcosa.”
Firion stava avviandosi verso il guerriero steso vicino agli attenti chierici, nel profondo dell’ala sinistra del limbo grigio, ma Claire tese la mano e lo fece fermare.
“Un momento, Firion. Sai dirmi perché Miralda sembrava sapere chi fossi?”
“Che vuoi dire?” chiese lui con sincera curiosità.
“Hai sentito come si rivolgeva a te, cosa ha detto di te, no? Sembrava conoscerti, Firion: come?”
“Miralda il Boia era conosciuta per la sua instabilità. L’assimilazione di anime demoniache deve aver accentuato la sua eccentricità e paranoia. Era solo una folle, Claire. Non merita il nostro tempo…”
Dette quelle parole, le diede le spalle e si allontanò, superò gli ultimi pilastri che separavano l’ala sinistra e si ritrovò in mezzo ai devoti della Chiesa. Claire continuò a guardarlo dubbiosa, un presentimento ansioso la agitava senza che lei potesse controllarlo, la sensazione di aver tralasciato qualcosa di estremamente importante.
“Concordo con lui.”
Serah si portò alla parete vicino Boldwin e si lasciò scivolare mentre reggeva il piccolo addormentato. Claire si girò scontenta del parere e seguì l’esempio della sorella, appoggiandosi di schiena affianco a lei ed incrociando le braccia.
“Io no. Mi sono sforzata in tutti i modi di essere il più naturale possibile da quando lui me l’ha chiesto. Eppure, a volte, sembra evitare apposta di parlare di certe cose, sembra continuare a celarmi dei misteri, e lo odio per questo.”
“Io credo invece che tu pensi troppo alle cose. Dovresti rilassarti, goderti un po’ di più il tempo che puoi passare in tranquillità, e non rimuginare troppo sulle eventualità e sul futuro.”
“Non voglio farmi trovare impreparata, ecco tutto” disse Claire. Poi cadde il silenzio tra loro, che perdurò per qualche secondo, finché Claire riuscì finalmente a lasciar perdere, anche se per poco tempo, i quesiti irrisolti che gli annebbiavano la mente.
“Dove hai trovato il poppante?” chiese con un cenno della testa verso il piccolo visino, l’unica cosa visibile di quell’involto di stoffa bianca.
Gli occhi di Serah si velarono di amarezza, intanto che un sorriso triste si formava sulle sue labbra.
“Durante la fuga verso la capitale, sul carro ho conosciuto una donna, dai capelli chiari e lucenti come l’aurora. In quei giorni, mi disse, si trovava di passaggio nel nostro villaggio, con l’intenzione di raggiungere Boletaria, per occuparsi di qualcosa che si era lasciata dietro. Sfortunatamente, è rimasta invischiata nei nostri tumulti. Con lei aveva il bambino: mi raccontò che molto tempo prima ne aveva avuto un altro, ma fu costretta ad abbandonarlo. Diceva che avrebbe protetto il piccolo come avrebbe dovuto nei confronti del primo figlio, e che non lo avrebbe mai lasciato. Quando però siamo arrivati alla capitale, un drappello di schiavi folli ci aveva accerchiato. Lei mi affidò il bambino, e corse giù dal carro, attirando la loro attenzione. La chiamai, le dissi di tornare indietro, ma lei svanì tra le vie della città. Non l’ho più rivista…”
“Allora hai pensato che l’unica cosa che potevi fare era proteggere il bambino fino al suo ritorno, non è così?” chiese sicura Claire con un mezzo sorriso. Serah alzò sorpresa il capo verso la sorella, comprendendo il messaggio di fiducia e speranza che voleva condividere e lo accettò con fierezza.
“Sì, e proprio così. Lo terrò in forze finché non tornerà a prenderlo.”
Claire sbuffò divertita e fece spallucce, dando l’impressione di una rassegnazione dilettata.
“Tipico di mia sorella, non poteva essere altrimenti. Però, devo chiedertelo: come hai fatto a non farlo morire di fame per tutto questo tempo?”
Serah sviò dallo sguardo della sorella il viso rosso mentre un sorriso imbarazzato si apriva sulla bocca. Claire la guardò perplessa finché non capì cosa quel sorriso suggeriva e restituì il rossore sulle guance.
“Oh. S-Scusa, non ci avevo pensato” disse, evitando di fare contatto con gli occhi.
“Non è stato indolore, ma dopo un po’ è una bella sensazione” aggiunse Serah con aria contenta.
“Immagino…” commentò Claire, assecondandola con poca convinzione.
“Quindi, hai lasciato che lui ti-”
“Sì, è così che funziona…Vuoi provare?”
“Ehm, credo che sarà per un'altra volta…”
Quello scambio di battute un po’ scomode venne interrotto dalla presenza di Yuria, che si avvicinò silenziosamente alle sorelle con fare timido ed insicuro. Rivolse un sorriso incerto a Claire, abbassando spesso gli occhi, e stese un braccio davanti a sé, offrendo una mano trepidante.
“Serah mi ha parlato tanto di te. Lei mi ha molto incoraggiato durante la nostra prigionia. M-Mi farebbe molto piacere conoscerti.”
“Il mio nome è Claire. Yuria, giusto? Ti ringrazio di essere stata vicina a mia sorella: non tutti avrebbero mostrato la tua solidarietà” disse Claire, stringendo la mano della strega.
“Sono io quella in debito: senza Serah, sarei stata divorata dalla paura e dalla disperazione. Ma come sta il nostro piccolo intruso, eh?”
Yuria s’inginocchiò al livello di Serah ed accarezzò giocosamente con un dito la guancia tondeggiante dell’infante, che non accennava a svegliarsi dal suo sonno innocente. Tolse il dito per non infastidirlo ancora e si limitò a tenere sul bimbo uno sguardo spensierato. Dopo poco cambiò espressione, e sfogò parte della sua rabbia.
“Mi dispiace tantissimo, Serah. Se fossi stata più forte, avrei potuto farci uscire prima da quella torre. Se potessi, la farei pagare personalmente a Miralda.”
“Non parliamone più, Yuria. Ne siamo uscite entrambe: a me basta questo e ne sono grata. Lasciamoci questo capitolo buio della nostra vita alle spalle.” disse l’altra con voce leggera e lenitiva.
“Ora che ci penso, Yuria: perché non hai potuto respingere quella donna con qualche magia?” chiese Claire curiosa.
“Canalizzare il potere di un incantesimo può richiedere un grande sforzo fisico e mentale. Quando eravamo imprigionate, Miralda si guardava bene dal darci pasti soddisfacenti, e ci lasciava il più del tempo a marcire. Io mi ero talmente indebolita, che non potevo eseguire nemmeno le magie più elementari” spiegò la maga. Claire annuì comprensiva. Poi la sua attenzione si spostò su Firion, di ritorno dalla sua visita ad Ostrava, attirando anche quella delle due ragazze a lei vicino, che si focalizzarono sul Cacciatore.
“E’ sveglio, ma è ancora molto debole. Ho scambiato qualche parola con lui ma nulla sul suo scontro, voglio che si riprenda completamente per parlarmi di quello. Nel frattempo, io continuerò la mia missione, sento di essere molto vicino. Vi invito a riposarvi e godere della vostra compagnia, in attesa della fine della Piaga.”
Firion si voltò e si portò alla forgia del vicino Boldwin, che se ne stava tranquillo a battere uno spallaccio sulla sua piccola incudine. Raccolse le parti sopravvissute del suo equipaggiamento: si mise addosso una nuova corazza, più sottile, aderente e leggera della prima, e si legò il fodero della fidata spada alla cinta. Mentre allacciava e assicurava sapientemente le numerose cinghie dell’armatura, Claire lo imitò e si mise in cerca dei suoi averi, preparandosi a sua volta. Firion smise di maneggiare le sue protezioni e la guardò senza dire una parola, interessato dai progetti che leggeva nella sua operosità.
“Allora? Qual è la nostra prossima destinazione?” chiese lei senza guardarlo, occupata com’era a prepararsi il borsello da viaggio.
“‘Nostra’?” ripeté Firion, fingendo una sorpresa che non provava. Claire, invece, rimase esitante alla domanda del cavaliere e non seppe cosa volesse dire e come rispondere.
“Claire, non hai più bisogno di accompagnarmi fuori. Hai ritrovato la tua famiglia e la tua felicità, non sei più costretta a combattere. Hai raggiunto il tuo obiettivo.”
Firion le offrì un sorriso e le poggiò le mani sulle spalle, premendole dolcemente, mentre lei poteva solo rimanere disorientata dalle sue parole. Aveva ragione: non vi era più alcun impegno a legarli, niente più che li costringesse a collaborare, non vi era più motivo per lei di continuare a combattere contro i demoni. Quella era la missione di Firion, non la sua. Era stata lei ad aver permesso a Firion di accompagnarla per ritrovare la sorella, e nel momento in cui avrebbero ritrovato Serah le condizioni del loro accordo sarebbero cadute. In fondo, era quello che lei aveva sempre sostenuto…
Però sentiva qualcosa nel profondo che le chiedeva di non tenere conto di quelle costrizioni che si diede e di seguirlo, incurante delle sue vecchie convinzioni. Benché pensò un momento di farlo, non diede voce a quel sentimento, e si limitò a guardare Firion con occhi incerti.
“E’ il mio compito. Resta qui con tua sorella, gioisci della vostra ritrovata tranquillità.”
“Ma io…”
Firion la lasciò prima che potesse dire altro: fece scivolare le mani sulle braccia e se ne staccò quando arrivò a sfiorarle le dita, mostrando una strana riluttanza. Le diede le spalle e si allontanò stancamente, lasciando che l’inerzia lo portasse verso uno dei monoliti al centro del salone. Ad attenderlo, la Fanciulla in Nero stava eretta vicino l’Arcipietra dell’Isola delle Tempeste, il santuario in mezzo al mare dove i pagani, discendenti di un’antica civiltà, veneravano i temporali e le bufere: all’apparenza, sembrava a disagio in presenza del cavaliere demoniaco. Firion si fermò immediatamente davanti al macigno sagomato e alla cieca figura nera. Sapendo di essere abbastanza lontano da non essere sentito dagli altri, a bassa voce, le chiese di spiegarsi.
“Cosa c’è?”
“Campione del Nexus, perché rifiuti il mio aiuto? Lascia che io renda tue le anime demoniache che porti dentro. Assimilate grezze e lasciate libere per il tuo spirito, troppo in fretta corromperanno la tua persona.”
“Ma solo così posso sperare di poterne usare il vero potere. So già cosa mi aspetta: non fa differenza quando arriverà.”
Firion sfiorò la gemma incastonata nel masso levigato che aveva difronte e svanì nell’etere, lasciando la Fanciulla sola coi suoi pensieri. Interdetta allo stesso modo, Claire lo vide scomparire per un altro nodo estremo del mondo, accompagnato solo dalla sua ombra e dalla sua inquietudine. Fissava il punto in cui si volatilizzò, assorta in un’apprensione di cui sconosceva l’origine, finché non la destò la voce di Serah.
“Sai, ti facevo più sveglia, Claire” disse la sorella con un accenno d’irritazione. L’altra la guardò confusa, non capendo a cosa si riferisse e perché l’avesse offesa in quel modo.
“Di che stai parlando?”
“Di Firion, ovviamente.”
“Cosa c’è che dovrei sapere di lui che ignoro e che tu sembri conoscere?”
“Non posso dirtelo. E’ una cosa che dovresti capire da sola. Non avrebbe molto senso se te lo dicessi io.”
“Come ti pare…” concluse Claire indispettita, sedendosi alla parete accanto a lei.
“Sei scorbutica come sempre: Firion deve avere la pazienza di uno di quei Santi della Chiesa per aver resistito al tuo temperamento” insistette Serah indelicatamente, guadagnandosi un’occhiata truce da Claire.
“Ed è anche molto bello…” pensò ad alta voce Yuria, senza riflettere sulle sue parole, concentrando su di sé le facce meravigliate delle due sorelle. Quando se ne accorse, balbettò e le guance divennero paonazze.
“O-Ovviamente, è un p-parere personale!” esclamò con una risatina nervosa.
Da dietro l’angolo del pilastro opposto alla parete, comparve Boldwin, emerso dal fumo della sua forgia, che per la prima volta Claire vide in piedi invece che seduto al suo sgabello. Arrancava pesantemente mentre teneva i regali che le fece Saggio Freke tra le mani: li aveva lasciati a Thomas poco prima di lanciarsi al salvataggio di Serah, e si dimenticò di reclamarli al suo ritorno.
“Claire, Thomas ti manda questi. Lui è andato in cerca dello Spettro, ovunque sia quell’inetto.”
Porse gli oggetti di scrittura alla ragazza e si soffermò su Serah e l’infante che teneva, inarcando legnosamente la schiena per guardare meglio.
“Dorme serenamente il nostro pargolo? Chi può biasimarlo?”
“Perché non lo tiene lei per un po’, Boldwin?” chiese Serah con un sorriso.
“Io? Non credo di essere adatto-”
Non finì di parlare che il fagotto bianco gli arrivò improvvisamente tra le mani. Per pochi secondi restò immobile, non sapendo che fare, ma poi sembrò cambiare completamente aspetto, e cominciò a cullare dolcemente il corpicino portandoselo in giro per il salone.
“Sarebbe stato un ottimo nonno” rifletté ad alta voce Claire per un attimo. Poi aprì la prima pagina del suo volume bianco e bagnò la punta della penna nella boccetta d’inchiostro nero.
“Un libro?” chiese curiosa Serah.
“Un regalo, uno su cui dovrei scrivere. Voglio coprire le nostre vite e la crisi della Piaga.”
“Dovresti includere anche la battaglia di Firion: quando tutta questa assurda faccenda avrà termine, le persone dovrebbero sapere chi è stato a salvare le loro vite.”
Claire rifletté sul consiglio di Serah e concluse che sarebbe stata un’ottima idea da seguire, annuendo al pensiero.
“Sarebbe un bel regalo da fargli per avermi permesso di ritrovare Serah…”
“E’ un’idea, hai ragione. Voglio buttare subito giù le prime righe!”

Mentre, sul fondo del Nexus, i pochi sopravvissuti alla catastrofe della loro era s’ingannavano, pensando di riuscire a costruire ancora qualcosa di vagamente simile ad una vita, lo Spettro del Cavaliere Avvilito guardava malinconicamente dall’alto del primo piano, seduto pericolosamente sulla ringhiera su cui poggiavano le sinistre statue ombrose, guardiane di quell’eremo oltre la vita e la morte. Quasi invisibile, confuso tra quelle sculture tetre, notava tristemente come la sua assenza, che sapeva portare sempre un alone di paura e rassegnazione remissiva, sembrava davvero alleviare l’esistenza di quei compagni. Per quanto si ostinasse a non accettarlo, sapeva che loro erano le sole persone su cui poteva contare, in maniera maggiore o minore a seconda dei singoli, ma semplicemente non riusciva a capire dove trovassero la forza di mostrare speranza nel futuro, dove lui non vedeva altro che una voragine oscura. Per quel motivo non riusciva più ad integrarsi tra loro, e chiedere di tornare dopo tutto il tempo che aveva passato in isolamento, sarebbe stata un’umiliazione troppo grande per lui. Quindi perché non farla finita? Lasciarsi cadere nel vuoto e scomparire per sempre dall’esistenza? Ci aveva pensato, tante volte, ma non aveva mai trovato la forza. Che anche lui, nel profondo, continuasse a sperare? Persino il suo pessimismo aveva finito per ammorbarlo. Non sopportava più nemmeno il suo stato di fantasma. Aveva già dimenticato cosa fosse il gusto e che sapore avevano i cibi, intanto che i ricordi del suo passato continuavano a svanire: la sua casa, le persone ed i loro visi, ormai immagini sbiadite che minacciavano di svanire. Era fuggito per troppo tempo. Non poteva più restare a guardare: era arrivato il momento di riscoprire il suo coraggio.
“Firion, mi occorrerà la tua forza…”
Stava prendendo la sua decisione quando dei passi pesanti ed altezzosi attirarono il suo orecchio alle sue spalle. Senza bisogno di girarsi, sapeva già di chi si trattava, e già sentiva la necessità di allontanarsi.
“Certo che non è facile trovarti, il che è notevole considerando il ristretto spazio di questo ospizio” esordì Logan con tono invadente.
“C’è un motivo se non lo rendo così facile…”
“Suvvia, non fare così: io sono tuo amico, è importante per gente come noi restare uniti.”
“‘Gente come noi’?” ripeté scettico il guerriero spettrale.
“Noi reietti, quelli che sono stati messi da parte ed ingiustificatamente ignorati. Guardali, come si danno da fare mentre noi potremmo benissimo stramazzare a terra senza che loro battano ciglio” disse lui, dando un cenno arrogante con il mento appuntito. Finalmente, lo Spettro si girò quel tanto che bastava per poterlo vedere con la coda dell’occhio, apparentemente interessato.
“Io dico: facciamoli pentire del loro trattamento nei nostri confronti. Ricordiamogli il nostro e il loro posto…” sibilò velenosamente Logan, vicino all’orecchio dell’altro.
“Vorresti ucciderli?”
“Solo una di loro: la meretrice, l’amichetta del Cacciatore troglodita. M’interessa solo lei, gli altri saranno spaventati.”
Il silenzio cadde, mentre Logan credeva di aver convinto lo Spettro a seguire il suo piano. Credeva che il guerriero trapassato stesse solo prendendo tempo per decidersi a dare la risposta che già sapeva essere positiva, rifletteva quel tanto che bastava per accettare la sua proposta. Il fantasma scese dal parapetto e si posizionò davanti a Logan: lo guardò per dei lunghi attimi con un’espressione vuota, i suoi occhi dolorosi si rispecchiavano in quelli vendicativi del fattucchiere. Improvvisamente, con molta sorpresa di Logan, un potente pugno si scagliò sul suo zigomo pungente. Cadde a terra, incredulo, cercando una risposta nei lineamenti dello Spettro, più vivi di quanto non furono mai, animati da determinazione e rabbia.
“Quel ‘troglodita’ di un Cacciatore e la sua amica lottano per salvare questo mondo e le persone intrappolate qui! Tu non meriti l’occasione che ti è stata data! Sparisci per sempre dalla mia vista, serpente infido!”
Logan indietreggiò veloce con occhi ancora sgranati ed una mano sulla guancia rossa, respinto dalla reazione assolutamente inaspettata del guerriero etereo. Scese rapidamente le scale e si ritrovò in poco tempo nel salone. Nella sua marcia rabbiosa e cieca, spintonò incurante l’ignara Fanciulla in Nero, che rovinò sul pavimento emettendo un verso soffocato che attirò l’attenzione degli altri intorno. Subito sopraggiunse Yuria, che chiese confusa una spiegazione. Logan rispose con uno schiaffo che buttò giù la fragile figura della strega, ancora debole per la sua recente disavventura.
“Ma che diavolo fai?!” esclamò Claire allibita.
“Tu! Preparati ad essere incenerita, patetica popolana!” sentenziò l’incantatore mentre creava una palla di fuoco nella sua mano. Claire si preparò a scattare in avanti per attaccare, ma Boldwin colpì per primo: senza farsi vedere, sbucò da dietro le spalle di Logan, e chiudendo le mani dure più del metallo che lavoravano, batté con incredibile impeto e robustezza le ginocchia dell’incantatore, interrompendo il suo attacco e portandolo velocemente al suo livello. Lo colpì ripetutamente al viso per stordirlo e poi gli afferrò il colletto della giubba.
“Picchi una donna?! E hai il coraggio di definirti ‘uomo’?!” sbraitò il fabbro scuotendolo e continuando a percuoterlo. Quando Boldwin rischiò di ridurre ad un’enorme macchia viola il viso di Logan, Thomas intervenne e lo afferrò dalle spalle, trascinandolo a fatica lontano dalla sua vittima. Boldwin fu costretto a lasciare la stretta e ad essere distanziato dall’uomo che aveva lasciato ansimante a terra, non prima di lanciare uno sputo su quel corpo martoriato. Claire accorse ad aiutare Yuria, fortemente scossa e provata dai ricordi dei tormenti subiti quando imprigionata, rievocati dall’atto meschino di pochi attimi prima. Serah issò lentamente per una spalla la Fanciulla in Nero, da cui ricevette un sincero ringraziamento mentre veniva aiutata a rimettersi in piedi. I chierici si mostrarono anch’essi in compagnia di un Ostrava convalescente, ma non meno agitato dai preoccupanti rumori di ostilità che si erano sentiti. Tutti fissarono l’incantatore impazzito, che si sforzava a rialzarsi, mentre dall’ombra dell’ala destra emergeva Saggio Freke. Con un braccio, cullava il bambino che Boldwin gli aveva lasciato per intervenire contro la furia di Logan, e si avvicinava silenzioso e con un severo sguardo che avrebbe potuto uccidere. Quando Freke arrivò sopra di lui, Logan riuscì solo a mettersi sulle ginocchia e a guardare attraverso le fessure viola che erano diventati gli occhi.
“Logan: tu che ti sei pretenziosamente definito mio apprendista, tu che hai appreso dell’accesso alla saggezza e alla conoscenza. Tu, che hai sfruttato quella conoscenza e la mia saggezza per soddisfare la sua sete bramosa e superba. Tu, che per la tua sete di sangue e violenza hai minacciato la vita di innocenti, meritevoli solo della nostra protezione! Non sei degno! Non sei degno della magia e del potere dell’Anima! La tua, corrotta, porta solo pensieri oscuri e di morte! Io ti bandisco, dall’ ordine dei maghi e da questo Nexus! Traccio su di te il marchio, di chi non potrà mai più praticare le Arti dell’Anima!”
Freke stese la sua mano sopra la testa di Logan e, come se lo avesse vincolato a delle catene, lo sollevò da terra senza toccarlo. Poi, strappò un lembo della sua giubba al livello del petto, e vi premette violentemente la mano. Logan venne spinto indietro, un arcano segno a forma di stella con numerose punte e scritte di una lingua misteriosa comparve e s’impresse sulla sua pelle. Logan tentò di reagire e stese il braccio come aveva fatto prima, provando a lanciare un incantesimo di fuoco. Nulla accadde, e lui si guardò implorante prima le mani e poi quello che ormai era stato il suo maestro, che ancora lo fissava con uno sguardo assassino.
“Svanisci ora, e non tornare mai più!”
Logan zoppicò affrettato verso il monolite per la Torre di Latria e si volatilizzò, lasciando il Nexus ed i suoi abitanti in un silenzio orrendo che ricordava loro quanto poco tempo avessero a disposizione in realtà prima che ognuno di loro venisse vinto dalla follia e dalla paura.

Nota dell'autore: E con la nota "decisamente positiva" con cui si è concluso questo capitolo, che spero vivamente sia stato di vostro gradimento, vi auguro un bellissimo Natale e, in caso non dovessi aggiornare la storia prima, un fantastico anno nuovo. Tantissimi auguri e al prossimo capitolo!          
   
 
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