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Autore: Rota    22/12/2015    1 recensioni
Sousuke è un pirata maledetto, che naufraga su un'isola abitata dalle sirene. Haruka è una sirena piuttosto curiosa, che si prende cura di lui e lo aiuta a sopravvivere in quel posto isolato dal mondo
[PRIMA CLASSIFICATA al contest "Di AU, OTP, Future!Fic e tante belle cose" indetto da aturiel sul forum di EFP e SECONDA CLASSIFICATA al contest "Spokon in Au" indetto da nacchan e Shichan sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Sosuke Yamazaki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Golden Heart'
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Capitolo tre

When all that you have’s turnin’ stale and it’s cold



La pioggia lo sveglia, destando in lui non solo la coscienza ma anche diversi ricordi più che spiacevoli. La sensazione di star di nuovo affogando, con i polmoni che non riescono a inalare nient'altro che acqua, lo irrigidisce per qualche istante, vincendo la resistenza di un corpo sfinito dalla febbre.
Si sente ancora scottare ovunque. Cerca di girare il viso per constatare le condizioni della propria ferita: gli pare peggiorata ancora.
Grugnisce, soffocando nel dolore un'imprecazione più che colorita. Striscia ancora in avanti appoggiandosi sul solo braccio che riesce a muovere, dimenticandosi per qualche momento la maledizione delle proprie mani. Quando finalmente arriva al proprio riparo, sudando quei pochi metri di distanza come se fossero un ostacolo più che insormontabile, i suoi polpastrelli toccano la lunga foglia di palma che gli fa da giaciglio e la trasformano all'istante in una sottile lamina d'oro tutt'altro che morbida. Sousuke, sfinito, si lascia cadere di nuovo, cercando di respirare il più regolarmente possibile.


Sono giornate difficili per il pirata.
Rimane immobile, fermo in una posa rigida, senza la possibilità di fare alcunché. La fame del suo stomaco peggior la situazione, privandolo delle minime forze necessarie per non soccombere, e la forte sete dovuta anche all'incredibile calura del giorno ricalca quel suo stato ancora di più.
Si domanda nel delirio della mente quali siano le reali ragioni della sua presenza in quei luoghi.
Ricorda Rin e l'infanzia, l'adolescenza passata assieme, le prime avventure per mare e le prime lotte. Il loro imparare a destreggiarsi con una spada in mano e le contese giocose che li dividevano per poco tempo.
La paura lo ha spinto a preservare tutto quello come un ricordo – come avrebbe fatto a conservare quel genere di legame con Rin con mani come le sue, con una maledizione così terribile sul capo? Prima di poter essere usato da qualcuno e di vedere la gentilezza di Rin cedere alla pietà per la sua condizione, ha deciso da solo cosa fare. Senza chiedere niente a nessuno, senza confidarsi con alcuno.
L'atto di lasciare la Samezuka è stata una fine più che dolorosa di un'avventura da memoria, perfetta nel suo rimanere intaccata e inviolata.
Anche nel delirio questi pensieri lo colgono e fanno da pilastro a tutto ciò che poi gli sovviene al pensiero. Non può smettere di ragionare perché ha l'incredibile timore che nel momento in cui si concede al sonno questo lo possa prendere per mai più lasciarlo. Ha paura di morire in questo momento, come mai ne ha avuta.
Considerare il proprio futuro non è stato mai un grande problema. Il sogno di Rin è stato il suo per troppo tempo perché si è convinto da solo di non averne di propri e questo lo ha privato della volontà di cercarne solo e solamente per sé. Quel che gli rimane in mano, in una situazione del genere, è soltanto il fortissimo desiderio di non morire in quel posto, ricoperto di sporcizia e maleodorante di vomito.
Nei gesti che la febbre gli fa compiere senza ragione, volta anche la testa verso il lato del giaciglio, un angolo più scuro degli altri. Lì è scivolato il pugnale che ha rubato a quella strana sirena all'inizio dei giorni in cui si è trovato lì. Sorride con l'angolo della bocca amaramente, constatando in maniera ironica come, magari, quelle creature non stiano aspettando altro che la sua dipartita. Non ha ancora intenzione di accontentarle, però.
Geme forte e stropiccia le dita dei piedi: una nuova fitta gli attraversa tutto il corpo, partendo dalla spalla fino all'ultimo dei suoi peli. Si trattiene dallo svenire come meglio può e urla con tutta la forza che gli rimane, per la disperazione.
Fuori, oltre la sua vista, sta morendo un altro giorno.


Sente tardi la presenza dell'altro: Haruka è già entrato con buona parte del proprio busto all'interno del suo rifugio e lo guarda più che incuriosito.
È entrato con l'intenzione di riprendersi il proprio pugnale, vedendo che Sousuke non si muoveva più di tanto già da qualche tempo. L'oggetto che cercava lo ha visto e trovato, in realtà, ma lo sguardo gli è capitato per caso sopra il viso dolorante del pirata – e dalla sua espressione ancora più burbera del solito è scivolato facilmente alla spalla gialla di pus e infezione.
Il pirata non emette alcun tipo di parola, anche fermo nella convinzione che l'altro non lo possa capire. Non cede però alla ricerca facile di pietà perché ha ancora stretto a sé quello stupido orgoglio tipico della sua razza, che alla concreta salvezza preferisce un concetto tutto singolare di morte: come a dare significato a qualcosa di imprescindibile dalla vita stessa, per quanto orribile e spaventosa.
La sirena capisce da solo quali siano le sue esigenze anche senza bisogno di una comunicazione chiara e rapida. Vede la sua gola contrarsi e fare un rumore strano; è totalmente secca. Quell'uomo non deve bere qualcosa da parecchio tempo.
Sousuke, a disagio per quell'analisi e piuttosto irritato da una stasi troppo lunga, prova a fare lo stesso verso con cui al primo incontro si sono separati, nel tentativo di stizzirlo e quindi di allontanarlo. Dalla sua bocca esce un rantolo esausto che cade ancora prima di essere finito.
Haruka è perplesso da quanto ha appena visto e viene toccato da una punta di commiserazione.
Lo scruta un poco di più, muovendo la coda nella sabbia. I suoi occhi brillano di forza, come la prima volta che li ha visti. Gli ricordano il mare in tempesta in questo momento, sconvolti da una furia che viene dall'interno e che si propaga in ogni dove.
Le mani di lui, poi, sono ferme lungo i fianchi, irrigidite da una volontà incrollabile.
Striscia all'indietro, portandosi all'esterno del piccolo e malmesso rifugio. Gli riserva un'ultima occhiata e un sussurro nella sua lingua che suona dolce e rassicurante.
-Non morire.
Si allontana quanto più velocemente può, trascinandosi sulla coda e sulle piccole mani. Raggiunge presto la fonte dell'acqua dolce e ne preleva una piccola quantità con una conchiglia.
Tornando al rifugio dell'uomo, lo trova come prima disteso e febbricitante. Si allunga verso di lui, entrando tutto per lungo. Sousuke lo vede di nuovo e vede la conchiglia tra le sue dita. Per un attimo non capisce, ma quando Haruka tenta di prendergli il capo per sorreggerlo all'altezza della nuca, il pirata si scosta e alza da solo il collo in modo che l'altro non possa toccarlo.
Beve in pochi istanti l'acqua ormai calda della conchiglia e quasi non ne sente la consistenza sul palato. La testa continua a pulsargli dolorosamente quando torna in posizione perfettamente sdraiata, i suoi muscoli non smettono di fremere.
Si rivolge però alla sirena nella propria lingua. È un po' dura, ancora graffia contro la gola, esce faticosamente dalle labbra secche.
-G-grazie.
Non ha altro che il proprio orgoglio da dargli, in quella circostanza. Ne è riluttante, ma non riconoscere la gentilezza altrui sarebbe ancora più infame.
Non gli piacciono le sirene, non gli piace neanche troppo la sirena che ha davanti; eppure è riuscito a essere toccato dal suo garbo. E in tutto quello che è capitato negli ultimi giorni, gliene è più che grato.
Haruka capisce e glielo esprime con quegli occhi di mare che sanno del profondo oceano. Sousuke crede di delirare quando vede quel blu tanto vicino a sé.
La sirena esce di nuovo dal rifugio e prima che quella sera finalmente si riposi percorre avanti e indietro la distanza da lì alla fonte almeno altre sette volte.


Si sveglia di colpo quando la nuca sbatte un poco forte contro un sasso di dimensioni non ridotte e la sua tempia gli manda scariche di dolore che si propagano per tutta la larghezza della fronte.
Sopra di sé, ha la volta celeste nel pieno di una notte sgombra di nuvole – sotto, la terra fine dell'isola. Attorno ai polpacci, le dita sottili della sirena.
Si rende conto dopo qualche istante di smarrimento di essere stato trascinato fuori dal proprio rifugio: l'altro deve aver approfittato del sonno che lo ha colto alla sprovvista, dopo tutta l'acqua con cui l'ha abbeverato, per portarlo fin lì.
Di primo istinto, lo scalcia via con un colpo piuttosto irritato. Haruka è sorpreso di sentirlo muovere con tale vigore e per questo lascia la presa. Si gira verso di lui per guardarlo in viso e resosi conto che è ben sveglio gli rivolge un'occhiataccia, piuttosto significativa.
Tuttavia, Sousuke scalcia ancora per liberarsi dalle sue dita; Haruka, ancora più irritato, si volta e gli striscia un poco distante per farsi vedere ben in viso. La tentazione di tramortirlo con un altro urlo acuto è davvero forte, però si trattiene.
-Non ho intenzione di ucciderti, umano.
Sousuke non capisce e seguita a guardarlo male. C'è un momento di stasi in cui i due si scambiano degli sguardi davvero ostili; la spalla del pirata, però, fa sentire la propria opinione e gli ricorda che non è ancora passato il momento del dolore. L'uomo si contorce e torna a sudare nella propria sporcizia. Haruka aspetta qualche secondo che si rilassi, almeno un poco, e che la fitta passi il suo picco peggiore; striscia davanti a lui per riprenderlo sempre all'altezza dei polpacci, palmi sui vestiti sporchi.
Torna a trascinarlo in avanti, pian piano, come ha fatto prima che Sousuke riprendesse conoscenza.
Il pirata rimane rigido tra le sue dita anche se si arrende all'evidenza di non poter opporre una grande resistenza. Si guarda attorno con gli occhi ancora offuscati dalla febbre, non riesce a capire dove si trovi. Forse è questione di prospettiva, ma non riconosce niente di quel pezzo di foresta.
Haruka impiega parecchio tempo a trascinarlo fin dove desidera arrivare – pian piano, Sousuke sente il rumore dell'acqua corrente e il suo profumo, ancora prima di sentire umido sotto la schiena.
Con qualche difficoltà, la sirena riesce a trascinarlo all'interno di una vasca naturale di acqua tiepida dove il pirata viene immerso fino a oltre l'altezza della vita, ma si bagna tutto a causa degli schizzi che alza la caduta del suo corpo.
La sirena finalmente lo lascia andare per andare a rotolarsi nell'acqua di quella vasca dai bordi di pietra grezza, scuri alla notte. C'è molto buio attorno perché i raggi della luna a spicchio penetrano difficilmente tra le fronde fitte degli alberi di palma, in quel pezzo di foresta.
È tutto rumore e profumo, tutta sensazione di tatto.
L'acqua fresca accarezza la pelle arsa da febbre e caldo di Sousuke, che dopo tanto penare trova un poco di refrigerio. Sospira forte e il suo respiro riesce a farsi finalmente calmo – raccoglie un po' di acqua con entrambe le mani e se la butta in faccia, più volte.
L'acqua non si trasforma in oro quando la tocca, perché dall'acqua proviene la maledizione.
Sente la sirena avvicinarsi di nuovo a lui, appoggiata sopra le pietre del bordo appena poco più in là. La poca luce presente gioca sulle squame della sua lunga coda, che sembra quasi brillare.
Sousuke vede avvicinarsi la sua mano e un oggetto grosso che la sirena stringe tra le dita; non si ritrae, ma lascia che la spugna morbida gli tocchi la pelle e lo strofini piano, per grattare via lo sporco.
Fino a che la sirena non si avvicina troppo ai polsi e alle mani, Sousuke rimane immobile a lasciarsi lavare. Haruka bagna spesso la spugna che sembra di per sé profumata di erba buona e di qualche strano fiore esotico.
Avambracci, spalle e collo; petto e ventre per quanto la camicia a brandelli del pirata permetta. E anche il viso. Davanti alla spalla malmessa, la sirena fa più attenzione che può, ma non evita di grattare la pelle lercia per levare quanto più sporco possibile. Sousuke si lamenta a bassa voce, grugnendo e imprecando: non gli risparmia cattive parole nella propria lingua, eppure non si ritrae neanche una volta. Haruka si immerge in acqua completamente, distendendosi, per lavargli anche i piedi e le gambe fin dove riesce ad arrivare.
Riemerge solo con la testa, nascosto nell'ombra. Sousuke lo vede a malapena, ma indovina la traiettoria dei suoi movimenti e lo segue con lo sguardo; sembrano quasi giocare per un po'. Poi la sirena si avvicina ancora a lui, al posto della spugna ha in mano delle alghe puzzolenti che ha raccolto sul fondo della vasca – le applica alla ferita del pirata, una a una.
In un primo momento quelle bruciano parecchio, tanto che l'uomo si scosta di scatto e lo guarda ancora male. Haruka gli intima di stare fermo nella propria lingua e seguita nel proprio operato; in pochi minuti, Sousuke ha il braccio completamente coperto di quella roba puzzolente.
Difficile anche per lui capire cosa lo porti ad avere fiducia nell'altro. Forse il fatto che non lo ha ancora ucciso e che lo sta aiutando a sopravvivere in diversi modi, potrebbe essere un'idea.
Ma il vero problema è quando la sirena lo guarda fisso con quegli occhi piccoli e delineati, senza aspettarsi una risposta o un gesto di ricambio ma semplicemente stando immobile, come se stesse ammirando un pezzo di verità. Come sta facendo in questo momento.
Dapprima c'è una punta di disagio in lui che poi scema come la febbre si abbassa. Haruka si avvicina a lui, sporgendo il busto nella sua direzione, fino a respirargli sulla pelle del viso, ora un poco più pulita.
Se fosse umano, potrebbe quasi dire che abbia intenzione di baciarlo in quel momento. Non lo schifa l'idea di baciare un maschio, è già capitato in passato e lo ha trovato più che gradevole.
Ma Haruka è una sirena e il suo modo di comunicare i sentimenti è diverso in ogni forma dal suo. Potrebbe persino essere pericoloso, per un essere umano: come la logica vuole qualcosa per una razza ne vuole un'altra per la seconda.
Haruka si sporge, sfiorandolo con la punta del naso. Ora Sousuke capisce che sta avvertendo il suo odore perché è piuttosto chiaro; lo lascia fare, senza scomporsi. Il suo sguardo, d'altronde, indugia lungamente sulla pinna della sirena e a quella distanza benché sia buio può ammirarla meglio.
Si studiano con calma, morbida innocenza.
La febbre torna alle membra di Sousuke, che per qualche istante ha un senso di vertigine che lo scombussola; con garbo appoggia la fronte alla prima cosa che trova: la fronte di Haruka. Il pirata socchiude gli occhi, respirando piano, mentre la sirena rimane ferma e in silenzio ad ammirare il suo profilo duro. E quando l'uomo riapre gli occhi lo rivedere ancora lì, nell'ombra della notte.
Il suo tentativo di toccare l'oceano, nell'irrefrenabile desiderio di toccare qualsiasi tipo di acqua – anche quella dell'animo di un uomo – gli fa alzare la mano al viso di lui.
Ma si trasforma in una cosa strana, il suo gesto. Un movimento che accompagna il respiro dell'uomo per tutta la lunghezza della sua guancia.
È delicato, appena accennato. Fa bene più di mille espressioni.


Quando la pelle è diventata troppo morbida, Sousuke decide che è il momento di uscire dalla vasca di roccia. Si sporge oltre il bordo liscio e si issa sui gomiti, strisciando come meglio può fuori dal liquido fresco. Rotola sulla sabbia per allontanarsi un poco e per appoggiarsi finalmente a qualcosa di asciutto: un cespuglio di fiori violetti aperti alla notte, piccoli e delicati.
Ha bevuto parecchio aiutato dalle mani della sirena: la sua testa non duole più così tanto e il suo corpo ha ritrovato una sensibilità abbandonata da troppo. La febbre gli attanaglia il cervello come prima, ma è stata relegata in un angolo della testa e lì rimane, ferma e in attesa.
Haruka torna da lui pian piano, portandosi appresso una foglia ripiena di bacche rossastre, spolpate in malo modo. Gli si siede accanto e ne allunga una verso il suo viso – centra prima la sua guancia con un gesto un poco forte, Sousuke aggrotta le sopracciglia per guardarlo male.
Ha capito che è soltanto goffo, ma la cosa non gli fa più piacere.
Mangia dalle sue dita, con calma intervallata da leggeri tremiti. Il sapore di quello strano frutto è acidulo, non ricorda di aver mai assaggiato niente del genere. Riempie la pancia poco a poco e lo stomaco finalmente si apre a ciò che ingerisce. Fa male di principio; pian piano, però, si calma anche quel dolore.
Le alghe sono scivolate via dal suo braccio, rinsecchitesi dopo un bel po'. Sousuke avverte il male della ferita ritiratosi in un punto più circoscritto di prima – riesce persino a muovere le dita della mano senza per questo avere spasmi.
Percepisce il bisogno di dormire e questa volta non ha più paura di non svegliarsi.
La sirena è ancora lì, accanto a lui, con le spalle un po' curve e lo sguardo incuriosito. Non gli stacca gli occhi di dosso.
Il pirata sogghigna, con stanchezza che lo rende instabile quanto la febbre fa scivolare lo sguardo sui lineamenti morbidi del viso di lui. Alza una mano per andare a prendere un piccolo fiore, delicato e soffice; lo stacca dalla pianta prima che tutta quella diventi d'oro, togliendolo dal suo picciolo ancora verde. Con un gesto più o meno fluido lo adagia tra i capelli di Haruka, dietro il suo orecchio.
È quasi buffo, così. Ma decisamente grazioso.
La sirena rimane perplessa dal gesto e si toglie il fiore tra i capelli per guardarlo meglio. Il suo sguardo si illumina quando ne vede la perfezione racchiusa in quel colore eterno: non è più vivo e solo in questo modo è diventato perfetto.
Prima di cadere addormentato, il pirata si presenta all'altro.
-Sousuke. Mi chiamo Sousuke.
Prima che la sirena capisca, l'uomo ha chiuso definitivamente gli occhi e ha lasciato andare la coscienza. L'altro si risistema il fiore tra i capelli e striscia verso l'acqua poco distante.
Ma sussurra piano vicino al suo orecchio, in una delle voci più belle che la natura può donare al creato – la voce di una sirena.
-Haruka.

   
 
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