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Autore: VV_23    22/12/2015    5 recensioni
"Aveva parlato al plurale. Aveva sottinteso un noi. Un minuto prima ero sola, apatica, pronta ad accogliere la morte in ogni istante. Lui, con una semplice parola, aveva reso di nuovo possibile ipotizzare di riaccogliere la vita"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Paint'
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Noi IV

               Capitolo IV


Gli incubi che popolano il mio sonno hanno tutti la stessa tonalità di blu della sciarpa di Peeta. Sento Prim – la mia Prim, che trasudava ottimismo anche nei momenti peggiori, che quando mi parlava di speranza ci credeva veramente – ripetermi di “non darlo per spacciato”, ma nel frattempo vedo Peeta per mano con Asia, sorridenti e felici di stare insieme. Mi sveglio alle sei del mattino, il cielo ancora completamente buio: la notte di sonno profondo passata per mano con lui sembra già un ricordo lontanissimo. Senza nemmeno pensarci, mi infilo i pantaloni da caccia, il giaccone di mio padre, e vado nel bosco. Ieri non ho cacciato, perciò la selvaggina già scarseggia.


Mentre cammino tra gli alberi, rifletto sulla nostra relazione (se così si può chiamare), su tutto quello che abbiamo passato. All'improvviso mi colpisce un pensiero che mi fa odiare me stessa: è vero, non avevo mai considerato che qualcun altro – o meglio, qualcun'altra – potesse intromettersi nelle nostre vite, ma, tra queste vite, io ho sempre compreso anche quella di Gale, e mi sono permessa più volte di saltare da uno all'altro solo seguendo il correre degli eventi: le frustate e la rivoluzione, e ho scelto Gale 
è mio, mi sono detta, io sono sua  ; il viaggio verso la seconda Arena, e mi sono fatta consolare da Peeta  l'abbraccio sul treno che non volevo sciogliere e il tocco piacevolissimo delle sue labbra sul mio collo, quando mi sentii egoisticamente sollevata nel pensare che, seppure Gale l'avesse visto, avrebbe pensato fosse tutta una messinscena; Peeta depistato, e mi sono rifugiata tra le braccia di Gale  baciandolo per farmi perdonare, per dimenticare, per alienarmi dal mio dolore, pensando solo a me stessa; poi ho lasciato che fossero le bombe a decidere del rapporto tra me e Gale, a metter la parola fine a ogni cosa ci fosse tra me e lui, in primo luogo alla nostra amicizia. Nel frattempo, ho persino avuto la faccia tosta di sentirmi gelosa di Madge, la mia unica amica, l'ennesimo nome nella mia personale lista di morti. In tutto questo, Peeta – innamorato, deluso, corrotto, quale che fosse la sua condizione e quali che fossero gli eventi che stavamo affrontando – è sempre stato fedele a se stesso, ai suoi sentimenti. Mi sono interessato ad altre ragazze, ma nessuna, eccetto te, mi ha lasciato un segno duraturo. È sempre stato fedele a me.
Sono una persona orribile.
Provo una strana rassegnazione nel pensare che, forse, è giunto il momento che lui si liberi definitivamente di me, della mia costante incertezza, del mio non saper esprimere ciò che provo. E mi sento un po' più forte nel dirmi che sì, forse lui amerà un'altra ragazza e si farà una vita con lei, ma io continuerò a custodire quello che sento per lui, e questo sentimento – ora che finalmente mi sono decisa ad ammettere a me stessa che esiste, che non è solo una mera questione di sopravvivenza, che è indipendente da tutto il resto – non me lo potrà togliere nessuno. Dopotutto, per lui è stato così per anni, mi ha amata totalmente senza avere nulla in cambio; e sarebbe stato disposto a lasciarmi andare – a morire lui stesso, per farmi avere una vita completa, anche se con un altro uomo, anche se con Gale. Realizzo che io non sono buona e altruista come lui, non sopporterei mai di vederlo frequentare un'altra donna, ma gli devo il mio aiuto per la panetteria. Gliel'ho promesso, e voglio pensare di fargli una sorta di regalo, l'ultimo regalo, prima di sparire completamente dalla sua vita.
Con questo intento, dopo qualche ora di caccia, mi avvio verso casa per cambiarmi e andare al Distretto. Ma, arrivata al limitare del Prato, vedo la sua figura stagliarsi a qualche metro da me e venirmi incontro. Ha il pane con sé, mentre io mi porto dietro la selvaggina appena cacciata. Questa normalità mi rilassa e, al tempo stesso, mi elettrizza.
Peeta mi guarda con i suoi occhi azzurri e limpidi, e ha un'espressione incredibilmente serena sul volto. Non dice una parola.
Io lo osservo un momento, e, nonostante le riflessioni della mattina e i buoni propositi, non riesco a trattenermi.
“Ti avevo detto di non scomodarti per il pane” gli dico dura. Complimenti! strilla il mio inconscio. Non sono in grado nemmeno di tener fede a delle decisioni prese dieci minuti prima.
“Mi andava di portartelo lo stesso” ribatte, scrollando appena le spalle. Sollevo un sopracciglio.
“Che ne hai fatto di quella bella sciarpa blu?”.
Cielo, sono proprio una stupida ragazzina gelosa.
Ma lui non si scompone.
“L'ho restituita” mi risponde semplicemente.
“Peccato” ribatto “ti donava molto”.
Lui sospira, ma non riesce a nascondere del tutto un sorriso.
“Katniss” esordisce “ti chiedo scusa”.
Questo mi lascia totalmente senza parole. Si sta scusando con me?
“Da quando Asia ha dimostrato interesse per me, ho iniziato a pensare “Perché non posso avere una vita normale? Uscire con una ragazza, frequentarla senza patemi d'animo?”. Mi sono lasciato un po' trascinare dalla sua esuberanza. E quando mi ha regalato quella sciarpa, mi sono sentito davvero un ragazzo come gli altri, senza i Giochi e la guerra alle spalle. Era una sensazione bella”. Mi guarda negli occhi, e sento il mio cuore battere più forte. “Ma non era intensa. Non era reale, non come quando sono con te, non come quello che ho provato nel vederti gelosa di me – perché ti guardavo, sempre, e mi dispiace di avere in qualche modo gioito della tua gelosia”. Sento le guance andare a fuoco, chiedendomi come abbia fatto a non accorgermi delle sue attenzioni. “O l'altra notte, quando ti ho tenuta per mano e ti ho guardata dormire. Quello è reale. Quello che sento per te, nonostante i ricordi modificati e la parte di memoria che ho quasi completamente perso, nonostante...”. Sospira. “nonostante non sappia davvero cosa sia, o se sia paragonabile a quello che provavo prima”.
Sono sotto shock, e contemporaneamente mi sento come sollevata.
“Ma...allora perché ieri sera mi hai detto quelle cose? Perché...”. Odio le mie guance che arrossiscono ancora più furiosamente. “perché non sei rimasto?”.
“Perché ho paura!” esclama, a voce più alta. Io sobbalzo. “Ho paura di farti del male! Potrei avere un incubo e attaccarti nel sonno! Potrei ucciderti!!”. Vedo il terrore sul suo viso, e non so come comportarmi. “Cosa farei, io, se tu morissi? Se morissi per mano mia? Katniss...io voglio stare con te” il cuore che batte più forte “ma sono terrorizzato. Non avere il controllo di me stesso mi devasta”.
E lo vedo. Peeta, il mio Peeta, il mio ragazzo del pane. Capisco quello che prova, vedo il suo tormento, sento che, per l'ennesima volta, sta pensando a me prima che a se stesso. Ma, tra tutte le parole che ha pronunciato – parole che sanno di paura, di terrore, di smarrimento – sono solo quattro quelle che, ormai, sono impresse a fuoco nella mia mente: voglio stare con te. Parole che hanno lo stesso suono dolce e convinto della voce di Prim quando mi parlava di speranza.
Nessun'altra ragazza, nessun altro uomo possono inserirsi in questo quadro, possono prendere i nostri posti nelle nostre vite. Al tempo stesso, non possiamo permettere alla paura di intromettersi tra di noi e di prendersi, oltre al nostro passato, anche il nostro futuro. Ci siamo dentro insieme. Ne possiamo uscire solo insieme. Affronteremo questa cosa come una sola persona.
“Peeta” lo chiamo, e vedo le sue spalle sussultare un attimo, per poi rilassarsi. Mi rendo conto che, come era successo per lui, anche io non pronunciavo il suo nome da troppo tempo. “Stai facendo grandi progressi. Non hai mai avuto episodi violenti con me”.
“Non è vero!” mi interrompe subito. “Certo che li ho avuti!”.
“Fuori dalla porta di casa mia!” ribatto. “Hai sempre capito quando stavi cadendo troppo in fondo, e il tuo primo pensiero è stato quello di andartene per evitare di essere nella stessa stanza con me, durante un episodio! Il tuo impulso è sempre stato quello di proteggermi!”.
Lui scuote appena la testa, demoralizzato. Io allora lascio a terra la selvaggina e mi avvicino a lui. Gli prendo la mano libera dal pane, e la stringo forte, come lui ha fatto con me due notti fa.
“Io mi fido di te” sussurro guardandolo negli occhi.
“Io no” gli sfugge dalle labbra, con un sorriso mesto.
“Mi fido abbastanza io per tutti e due” affermo convinta. Il suo silenzio e i suoi occhi limpidi mi danno la conferma: vogliamo crederci, entrambi. Incrocio le dita alla sue, riprendo la selvaggina e ci dirigiamo verso casa mia, insieme.

Quello che viviamo è un giorno completamente diverso da tutti gli altri. Anche il cielo terso e luminoso sembra accompagnare i nostri sorrisi più aperti e generosi. Penso che i ragazzi del Distretto non mi abbiano mai vista sorridere così e così tanto. Asia non c'è, e la me versione adolescente gelosa marcia non può non gioire di quello che percepisce come un grande trionfo. Peeta mi guarda spesso, e i suoi occhi scintillano. Finalmente, scintillano per me.
La sera, dopo che ci siamo separati giusto il tempo per farci una doccia e cambiarci, viene da me come di consueto per preparare la cena. Mi sento così di buonumore, e ho talmente tanta voglia di passare del tempo con lui, che, invece di stare per conto mio a guardare le nuvole di polvere con Ranuncolo, lo raggiungo in cucina.
“Cosa vuoi preparare stasera?” gli chiedo. Le nostre conversazioni sono sempre così poche ed essenziali e legate alle circostanze, che intraprendere un discorso tanto futile sembra difficilissimo. Almeno per me, che ho sempre avuto qualche difficoltà con le parole.
“Oggi abbiamo coniglio” risponde lui, mentre pulisce con cura le prede della mattina. Le sue mani grandi riescono a sembrare contemporaneamente delicate e vigorose.
“Voglio aiutarti” affermo convinta, e lui mi guarda con tanto d'occhi.
“Sicura di essere capace a cucinare?” mi chiede, scettico e divertito. M'imbroncio un po', ma non seriamente.
“Non sarò brava come te, Mellark, ma sono una che si impegna!”.
La sua risata cristallina mi fa emozionare. In questo momento, mi sento felice.
“Va bene, Katniss, vediamo che sai fare”.

Passiamo una serata rilassata come mai ne avevamo avute in queste settimane. Dopo cena, invece di occuparci del libro, io e Peeta giochiamo con la nipotina di Sae, le leggiamo qualche storia, finché non si addormenta sul divano. Haymitch si riscuote dalla sua pennichella e si prepara ad andare via.
“Si è fatta ora. Peeta, prendi tu la bambina” gli dice. “Buonanotte, dolcezza”.
Peeta però non prende il suo cappotto, e lo guarda con convinzione.
“Io mi trattengo, Haymitch, voi andate pure”.
All'improvviso, lui è sveglissimo. Nel suo sguardo vedo una certa preoccupazione.
“Sei sicuro, ragazzo?”.
Peeta sorride rassicurante, e anche Haymitch sembra tranquillizzarsi sul fatto che non corriamo nessun pericolo.
“Sicurissimo”.
Haymitch ci fa un cenno col capo, prende in braccio la bambina, e i tre vanno via. Senza nemmeno accorgermene, tiro un sospiro di sollievo. Temevo che il nostro mentore non gli avrebbe concesso di rimanere, o che se lo sarebbe portato via con la forza. Invece siamo qui insieme, e quando Peeta mi guarda, mi sento più sicura.
“Che dici, andiamo a dormire? Domani sarà un'altra lunga giornata”.

Ed è così che, dopo mesi di lontananza, dopo il dolore, dopo le settimane di convivenza senza quasi toccarci, dopo la gelosia, dopo la resa, ci ritroviamo insieme nello stesso letto. Io col mio pigiama scuro, lui con una maglia bianca e un pantalone che rimane vuoto in una gamba, dopo che lui toglie la protesi. Rintanati sotto le coperte, con un abat-jour accesa e l'aria frizzante della notte che entra dalle finestre leggermente aperte.
E quando lui mi cinge le spalle con un braccio, io poso la testa e una mano sul suo petto, con una naturalezza che, forse, non ci era mai appartenuta nemmeno prima, quando dormire insieme per proteggerci dagli incubi era una costante. O forse è sempre stato così e io non avevo mai fatto caso a questo particolare, chissà. In questo momento so solo che, sotto la mia mano, il suo cuore batte veloce ma regolare.
“Katniss” sussurra “grazie”.
Mi sembra incredibile sentirgli pronunciare quella parola.
“Perché mi ringrazi?” gli chiedo, alzando appena lo sguardo verso il suo viso.
“Per la fiducia che mi dai. Per non avere paura di me. Io ne ho tanta”. Sento un leggero tremolio nella sua voce. “Ti prego, se ti accorgi che qualcosa sta andando male, scappa. Se io...”.
Ma non lo lascio continuare.
“Peeta, basta, davvero” lo interrompo. “Sono io che ti ringrazio. Per essere con me. Tu...” arrossisco “tu potresti essere con chiunque”.
Lo sento sorridere.
“Ancora?” mi chiede divertito. Sento di diventare ancora più rossa.
“Beh, è così”. Cerco di darmi un contegno. “Potresti, sai? Ma noi...se affrontiamo tutto insieme, ecco, è meglio. Almeno per me”. Grugnisco. “Suona così egoista...”.
Peeta si fa sfuggire una risatina.
“Katniss, te l'ho già detto: voglio stare con te. Anche io sono egoista, perché sono in questo letto accanto a te nonostante il depistaggio, perché il desiderio di starti vicino è più forte della preoccupazione”. Sorride, un po' malizioso. “Ma devo dire che mi lusinghi, Everdeen”.
Ormai le mie guance hanno preso fuoco. Mi stringe un po' più forte.
“Però, veramente, promettimi che se le cose si mettessero male...”
“Non succederà” lo interrompo ancora. “Te l'ho detto. Io mi fido di te”.

La mattina dopo, mi sveglio con una sensazione di calore addosso che ero convinta di dover dimenticare per sempre. Durante la notte ci siamo mossi, e mi ritrovo rannicchiata in posizione fetale, con Peeta che mi abbraccia da dietro e il cui corpo segue la forma del mio. Sento il suo naso tra i miei capelli, il respiro sulla nuca, e tutto questo mi fa sentire rilassata come non mai. Che cos'è, questo caldo che sento partire dal cuore – che batte forte, stamattina – e che si irradia fino alle dita dei piedi?
Non ho il tempo di interrogarmi sui miei sentimenti, perché sento che Peeta si sta svegliando. Sbadiglia piano, e non ho bisogno di voltarmi per capire che mi sta guardando.
“Buongiorno” mormora, con strascichi di sonno nella voce, e io sento un brivido lungo la schiena. La sua voce di prima mattina è come balsamo per le mie orecchie.
“Buongiorno a te” rispondo, e giro appena la testa. Lui mi rivolta tra le sue braccia, e ci ritroviamo occhi negli occhi. Mi scruta attentamente, come se mi vedesse per la prima volta, e io sto attenta a ogni eventuale cambiamento nel suo sguardo. Il mare delle sue iridi, però, è straordinariamente calmo e non dà segno di agitarsi con onde nere e pericolose.
“Hai dormito bene?” mi chiede, spostandomi i capelli dietro la schiena.
“Bene, grazie” rispondo “e tu?”.
Non sono pronta al sorriso aperto e assonnato che mi rivolge, non sono pronta alla luce nei suoi occhi. Se lo fossi, non mi ritroverei ad arrossire come una ragazzina.
“Magnificamente” afferma. Mi scosta i capelli dalla fronte e vi lascia un bacio delicatissimo, che però mi fa fremere: il tocco delle sue labbra era un'altra di quelle cose a cui pensavo di dover rinunciare.
“Vado a preparare la colazione” mi dice “ti aspetto giù”.
Quando rimango sola nel letto, ascolto con attenzione, quasi fosse una musica, i rumori che provengono dal piano di sotto, Peeta che armeggia con le stoviglie, che fischietta distrattamente, che vive nella mia cucina. E lo so già: non potrò più farne a meno.



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So di essere stata un po' severa con Katniss, ma penso che fosse d'obbligo un vero esame di coscienza da parte sua: adesso che è più matura è giunto il momento di fare una scelta coerente, e realizzare quale è stato il suo comportamento in passato è il primo step :)
Grazie davvero a chi sta seguendo questa storia e a chi spende qualche minuto per lasciarmi un parere, senza questi sarebbe impossibile proseguire e migliorarsi! ^^
Ne approfitto per augurare a tutti un buonissimo e sereno Natale!! :D
A presto!!
VV**

  
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