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Autore: FatSalad    23/12/2015    3 recensioni
Giulia ha 17 anni ed è in tutto e per tutto ciò che si potrebbe definire “normale”. Tutto tranne la sua eccessiva timidezza, che le impedisce di farsi molte amicizie tra i coetanei, anche se dentro di sé sente il desiderio di essere apprezzata e amata per quello che è.
Grazie a Spartaco, suo fratello, che ha tante qualità da sembrare la reincarnazione di un qualche eroe dei fumetti ed è tutto ciò che si potrebbe definire “extra-ordinario”, Giulia farà la conoscenza di Nathan.
Giulia e Nathan si parlano regolarmente ormai da diverso tempo. Scherzano, flirtano, si confidano... ma sempre tramite sms. Come mai lui la evita sempre quando si incrociano faccia a faccia nei corridoi del liceo? Prima o poi il mistero dovrà venire a galla, perché Giulia da quel ragazzo dall'aria malinconica e sfuggente è sempre stata inspiegabilmente attratta.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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ATTENZIONE! Questa settimana ho già aggiornato, quindi, se non l'avete già fatto, leggete prima il capitolo 5!

 

Capitolo 6 – Paradiso Amaro

 

Era abbastanza preparata? Non c'era da scherzare, senza sapere bene a cosa andava incontro, se sarebbe stato un compito scritto o un'interrogazione e soprattutto su quali temi si sarebbe tenuta la verifica. Giulia diede un'ultima ripassata veloce al discorso che si era preparata, si diede uno sguardo globale per vedere se era abbastanza in ordine e suonò il campanello.

Si era concentrata su un sorriso discreto, ma non si era certo immaginata la faccia scura della donnina con i capelli legati sulla nuca che le venne ad aprire con aria un po' scocciata.

«Sì?» chiese la donna dopo averla squadrata.

«Ehm... sono venuta a trovare Nathan...»

«Penso che sta dormendo» disse la donna con un accento marcato, addolcendosi dopo aver gettato uno sguardo al bottino che Giulia protggeva tra le braccia e facendola entrare in casa «Vai a vedere.»

Giulia fu abbandonata in fretta dalla donna delle pulizie in miniatura, che evidentemente era stata interrotta nel bel mezzo del suo lavoro. La ragazza entrò titubante, pensando che il primo test era stato superato, dopo una ventina di minuti circa passati a camminare senza sosta intorno a quel terratetto che Spartaco le aveva indicato come la casa di Nathan. L'unico problema era che non vi era mai stata prima, non aveva idea di dove si trovasse la stanza del ragazzo e certo non voleva disturbarlo se stava dormendo, sebbene fossero le 4 del pomeriggio.

«Come ho fatto a farmi convincere a venire da sola?» si chiese Giulia, incapace di muovere anche solo un passo in quel terreno sconosciuto. “Se andrò a trovarlo non sarò certo da sola” aveva assicurato a Lilla e invece eccola lì, ad annaspare come un pesce fuor d'acqua.

«Potresti farmi un favore?» le aveva chiesto quella mattina suo fratello «Porteresti dei libri allo Scheggia?»

Sul momento Giulia non aveva trovato modo migliore di rispondere se non arrossire violentemente, sperando di non essere vista. Dopotutto erano giorni che sperava di andare a trovare il povero infortunato, ma non si aspettava certo che le venisse chiesto di andare da sola. Le venne in mente quella frase che recitava all'incirca: “Non sperare qualcosa perché potresti essere accontentato”, non sapeva dove l'aveva sentita, ma calzava a pennello.

«Perché non glieli porti tu?» aveva ribattuto subito, apparendo un po' irritata dalla faccenda, mentre una parte molto nascosta di lei stava ballando macarena, conga e samba al ritmo del suo cuoricino impazzito. L'effetto era stato quello di ricevere qualche preghiera dal fratello, che, a quanto pareva, “aveva un impegno”, dopo le quali aveva magnanimamente accettato di fargli quel favore.

Così ora si trovava in un salotto spazioso illuminato da finestre enormi, che dovevano mettere a dura prova la filippina che le puliva, costringendola sicuramente a salire su uno scaleo. Dopo uno sguardo globale ai calici nella vetrina e al televisore a schermo piatto che dava mostre di sé con la sua superficie scintillante, Giulia si impose di tornare al problema principale: trovare la stanza di Nathan.

«Datti una mossa, Giulia!» si disse «Se il bagno è sempre in fondo a destra... proviamo ad andare a sinistra.» azzardò.

Si avvicinò con cautela ad una porta e sentì un lieve mormorio. Doveva essere la stanza giusta e, a quanto sembrava, Nathan era immerso in un sogno non troppo piacevole. Due moti opposti di gioia e di tristezza lottarono dentro di lei. Da una parte era sollevata di non dover affrontare il ragazzo che le piaceva in quel modo, in un luogo sconosciuto, senza il sostegno di nessuno. D'altra parte era un po' delusa, perché aveva sperato in ogni caso di poterlo vedere e parlargli di persona, cosa che non era ancora riuscita a fare da quando era accaduto l'incidente. Si guardò le mani, che reggevano tutti i regali che doveva consegnare e decise di non bussare alla porta. Gli avrebbe lasciato tutto in salotto, o sul tavolo della sala da pranzo, ma non valeva davvero la pena di svegliarlo. Solo... sarebbe passato del tempo prima che il ragazzo potesse vedere cosa gli era stato lasciato in un'altra stanza, forse era meglio fargli almeno sapere che qualcuno era passato. Doveva avvertire la domestica? Non le sembrava una buona idea disturbarla di nuovo e se poi fosse andata via prima di poter riferire il messaggio? Forse, se fosse riuscita a far passare sotto la porta il nuovo numero di Thor che gli aveva comprato, Nathan l'avrebbe notato appena sveglio e avrebbe saputo che qualcuno era stato lì. Magari poteva lasciare un bigliettino sopra o dentro il giornaletto nel quale avrebbe spiegato che era passata per lasciargli alcune cose e avrebbe potuto specificare dove. Sì, l'idea era geniale!

Frugò nella borsa per trovare l'occorrente per scrivere e, accontentandosi di uno scontrino stropicciato, cominciò a scarabocchiarci sopra due righe di saluto, scrisse solo “Ciao! Questo è un regalo per te... Guarisci presto! Un abbraccio”, lo mise alla prima pagina di Thor e cominciò a far strusciare il fumetto sotto la porta.

Soddisfatta, Giulia stava per alzarsi e andarsene, quando dei dubbi la colsero. Partirono da un innoquo e lecito: «Forse da quello che ho scritto non capirà che ho portato anche altre cose»; passarono ad un più allarmato: «E se legge dallo scontrino che ho comprato le strisce per depilarmi e gli assorbenti con ali?»; fino ad arrivare a preoccupanti «Sono un'idiota!» accompagnati da propositi di sbattere la testa sullo spigolo più vicino.

«Come mi è venuto in mente di disegnarci una fatina che manda un bacino??? Non capirà mai che cos'è quello sgorbio!».

Fece più volte per andarsene prima di ripensarci e fare dietro front e quando sulle mattonelle di marmo aveva ormai scavato un sentiero si decise.

«Devo riprendermi Thor.»

Purtroppo, pochi minuti prima era stata così zelante nello spingere il fumetto il più lontanto possibile dalla porta, per renderlo più facilmente visibile, che adesso riprenderselo era un'impresa non da poco. Cercò di allungare le dita della mano sotto la porta, si scorticò le nocche, ma era impossibile arrivarci in quel modo. Si sentiva una ladra, a fare una cosa del genere di nascosto, cercando di non fare alcun rumore.

«Ladra? Ma certo!»

Con un ghigno furbastro Giulia prese l'oggetto distintivo di un ladro: la forcina. Se ne tolse un paio dai capelli e le deformò in modo da renderle più lunghe possibile e facendole passare sotto l'uscio tentò di raggiungere Thor, ma quello, dopo qualche minuto, se ne stava ancora tranquillo e indisturbato dall'altra parte della porta con il suo martello in mano e il sorriso ruggente sulla faccia.

Niente da fare, i tentativi erano falliti di nuovo, miseramente.

La sua permanenza davanti ad una porta chiusa cominciava ad essere imbarazzante, per cui Giulia si decise: aprire uno spiraglio, il minimo indispensabile per far passare una gamba e tirare verso di sé il dannato fumetto.

La porta dispettosa cigolò traditrice e Giulia trattenne il fiato, ma dal letto che scorse nella semi-oscurità della stanza non provenne nemmeno un gemito, solo il respiro regolare di un dormiente. Sollevata, la ragazza allungo adagio una gamba e cercò a tentoni il fumetto.

«Dove diavolo l'avevo spinto?» pensò.

A quel punto era meglio entrare completamente nella stanza e afferrare l'oggetto incriminato con le mani e così fece Giulia.

«Missione compiuta» pensò quando ebbe il fumetto in mano, accovacciata per terra.

In effetti quello che le rimaneva da fare a quel punto era solo tornare indietro silenziosamente e richiudersi la porta alle spalle, solo che un urlo agghiacciante la fece schizzare in piedi, gridando a sua volta.

Fu questione di un attimo, la luce si accese, illuminando una stanza inaspettatamente piccola, se confrontata con il salotto esagerato, l'uomo che urlava fu messo a tacere con un un rapido gesto di Nathan, dopo che il ragazzo ebbe urlato a sua volta.

Oh, dunque si trattava solo di una sveglia, non c'era nessun uomo agonizzante, in fin di vita, nessun attacco alieno o mostro venuto per sbranarli. Bene a sapersi. Solo che ora due occhi sgranati la ossarvavano interdetti, chiedendo silenziosamente cosa ci facesse una ragazza non invitata in quella stanza.

«Ehm... ciao.» farfugliò Giulia, improvvisamente rossa.

«Ciao» rispose lui.

Cavoli, com'era quel discorso decoroso e brillante che aveva memorizzato prima di suonare il campanello? E perché nessuno l'aveva mai informata che soffriva di perdita di memoria a breve termine?

«Scusa, io, ehm... ecco, non sono una ladra!» sì, bene, questo era un ottimo inizio «Sono venuta per... non so se ti hanno avvertito... io... non volevo svegliarti... è solo che dormivi e... ti ho portato questi.»

Un discorso davvero brillante. Qualcuno doveva avvertire il professore di “Idiozia del discorrere e delle figure di merdeloquenza applicata”, perché Giulia era sicura di meritarsi almeno una laurea.

«No, figurati, avevo messo la sveglia, altrimenti se dormo troppo non riesco a dormire la notte»

«L'ho sentita la sveglia, sì...»

«Già, io se non metto a volume alto rischio di non sentire niente»

«Certo.» perché Nathan si stava giustificando? La situazione stava diventando più imbarazzante di quanto già non lo fosse. Essere beccata nella camera di un ragazzo come una ladra... che vergogna! E ora che ci pensava la sua coda di cavallo doveva essere indecorosa dopo che aveva deformato (invano) le forcine che la tenevano in ordine. Per fortuna Nathan riprese presto la sua solita naturalezza.

«Già che sei qui potresti aprire la finestra, per favore? Così spengo la luce e magari cambiamo aria...»

Cambiare aria: esattamente ciò di cui aveva bisogno.

Giulia non si fece pregare e si affrettò verso la finestra, lasciandogli prima tutto ciò che gli spettava sul comodino, senza riuscire ancora a guardarlo negli occhi.

«Ecco, come dicevo, sono passata a lasciarti delle cose, appunti, libri e altra roba.» Poteva farcela, poteva riprendersi.

«Grazie. Oh! Questi li hai fatti tu?»

Giulia si voltò, per trovare Nathan con un sorriso riconoscente e il sacchetto dei muffin in mano.

«Beh, sì... spero ti piacciano, Spartaco ha detto che la torta dell'altro giorno ti era piaciuta, quindi ho usato la cioccolata per andare sul sicuro.»

«Grande! A proposito, grazie ancora per la torta dell'altra volta, era meravigliosa.»

Giulia abbassò la testa, felice ma ancora imbarazzata. Dunque, quello che doveva fare l'aveva fatto, era tutta qui la spaventosa interrogazione per cui si era preparata per ore? Sarebbe stato più opportuno salutare, lo sapeva, ma voleva parlare ancora con Nathan, così, facendo uno sforzo enorme e tentando di recuperare negli anfratti della memoria i punti toccati dal discorso che, inutilmente, si era preparata, chiese:

«Come... come ti senti adesso?»

«Meglio, grazie. Tra domani e dopodomani dovrei tornare anche a scuola, dipende da quando mi arrivano le stampelle.» rispose lui tranquillo, armeggiando con il sacchetto dei muffin. «Ehi, ti va di farmi compagnia? Non penso di riuscire a mangiarli tutti io.»

Un momento. Nathan l'aveva appena invitata a mangiare con lui? Ok, era solo per cortesia e si trattava di un muffin che aveva preparato lei stessa e avrebbe mangiato con lui ingessato e costretto a letto, ma mentre accettava e si avvicinava a Nathan, che gli indicava la sedia della scrivania, stava praticamente volando. Registrò nella mente la mensola sopra la scrivania con una fila ordinata di dvd, un armadio chiaro di fronte al letto ed una quantità esagerata di fumetti che riempivano ogni spazio vuoto.

«Mmm... sono buonissimi! Ritratto: penso che riuscirò benissimo a mangiarli tutti!» disse Nathan appena ebbe addentato un dolcetto, facendo ridere e gongolare Giulia.

«Bene, mi fa piacere. Poi, li ho fatti piccoli apposta: è una dimensione per cui non ci si sente in colpa se se ne mangia di più!»

Parlarono ancora per qualche minuto di cioccolato, calcetto e operazioni al ginocchio, che Nathan avrebbe voluto evitare, poi Giulia considerò che fosse il momento giusto per salutare, prima che cadesse un silenzio imbarazzante.

«Devo andare a prendere l'autobus, altrimenti torno a casa per cena»

«Certo, vai pure. Grazie ancora per i muffin e per avermi portato tutto il resto» disse Nathan mentre osservava gli oggetti ricevuti «No! Grandioso! Usciva oggi il nuovo numero di Thor!»

Giulia, ormai sulla soglia, si incantò a guardare quel volto radioso di un bambino che ha appena ricevuto il giocattolo che aveva richiesto a Babbo Natale, prima che una sconvolgente realtà le tornasse alla mente.

«Gli assorbenti! La fatina!» gridò la sua materia grigia.

Nathan avrebbe visto lo scontrino con i suoi saluti strampalati non appena avesse aperto il fumetto. Non potendo fare ormai nulla per impedire l'inevitabile, si affrettò a ripetere un saluto e a fiondarsi fuori da quella casa.

Era appena salita sull'autobus quando le arrivò un messaggio di Nathan, era semplicemente la foto del fumetto che gli aveva regalato, prima che arrivasse un secondo messaggio:

- Ti adoro!

Bene, era un buon segno. Cioè, intanto era una bellissima frase di per sé, che la fece sciogliere sul posto, poi significava che il ragazzo non aveva fatto troppo caso al suo ridicolo scontrino-biglietto.

- Ma questa pallina di lardo con la bacchetta in mano saresti tu, fatina?

Come volevasi dimostrare.

- Grazie di tutto, sei la fatina migliore che conosca, ma non posso garantire che mi rimetterò presto, dovrò fare continui controlli e stare fermo per 6 mesi. Quindi, almeno che questi tuoi bacini non siano magici e facciano passare tutta la bua, dovrò stare fermo per un bel po'. Ho già detto grazie?

- Mi pare che tu l'abbia fatto, sì! Prego, vorrei fare di più, ma non ho imparato a dare bacini anti-bua...

Si trattenne dal dirgi che gli avrebbe volentieri dato tanti bacini e basta.

- Che ti adoro l'ho già detto?

Giulia ridacchiò, era al settimo cielo e, come al solito, molto più disinvolta con i messaggi che non nelle convesazioni a tu per tu, ma ugualmente non ebbe il coraggio di rispondergli che anche lei lo adorava, anche se lo pensava ormai da tempo. A Nathan non parve dar noia quel silenzio, continuò a mandarle svariati messaggi per tutto il pomeriggio, la aggiornava di tanto in tanto sulle vicende di Thor che stava leggendo, la omaggiava ogni volta di nuovi dolci ringraziamenti e scherzosi complimenti “Ogni volta che ho bisogno tu ci sei. Come fai a sapere sempre cosa dire e cosa fare? Mi piacciono le tue magie!” e via dicendo. Giulia fu grata del fatto che se anche si era accorto che aveva comprato degli assorbenti non l'aveva detto, ma tutto il resto del suo biglietto era stato analizzato e commentato da Nathan, come fosse una poesia da studiare per scuola e la cosa la colpì non poco. Veramente Nathan dava tutta quell'importanza alle sue poche, semplici parole? Era bello sapere che ne aveva avvertito la sincerità, anche se dopo averle scritte le erano sembrate un po' stupide, soprattutto per aver disegnato quella fatina-palla che soffiava un bacio. Era così bello che Giulia si sentiva scaldare il cuore e allo stesso momento avvertiva la paura che la gioia terminasse bruscamente, come se fosse troppa per essere contenuta tutta insieme nel suo corpicino minuto. Aveva l'impressione di essere una bottiglia gigante di spumante, con le bollicine che si agitavano nel suo stomaco, ma un triste presentimento le faceva pensare che presto la bottiglia sarebbe esplosa sputando lontano quella frizzante sensazione.

Dopo cena un nuovo squillo la fece precipitare sul cellulare.

- Che fai, bellezza?

Tipico di Andrea cominciare un discorso con quella frase. Giulia avrebbe voluto troncare in fretta il discorso, dal momento che era molto più interessata ad aspettare i messaggi di un altro ragazzo, ma lasciandosi trasportare dall'euforia che le aveva portato la giornata, forse grazie alla cioccolata che aveva ingerito, decise di non essere acida.

- Niente di che. Tu che mi dici?

Valutò la frase e le parve sufficientemente cortese senza essersi sbottonata troppo. Sapeva inoltre che dando un minimo di appiglio al ragazzo lui si sarebbe scatenato in un lungo e dettagliato monologo. Era divertente, non le richiedeva troppa partecipazione e solitamente la faceva ridere. Infatti non la deluse e cominciò a raccontarle come aveva tentato di prepararsi la cena mettendo insieme tutto ciò che era riuscito a trovare nella dispensa e nel frigo e del risultato disastroso che l'aveva costretto ad aggiungere di volta in volta nuovi ingredienti, continuando a peggiorare il sapore del suo esperimento culinario.

- Notevole!

Commentò con una serie di faccine che si sbellicavano dalle risate e stava ancora ridacchiando quando due messaggi arrivarono contemporaneamente, ma a quel punto non le fece alcun effetto il neanche troppo velato invito ad uscire che le fece Andrea, perché il suo:

- Bellezza, ti va di fare un giro, sabato?

Fu surclassato ed oscurato da un nuovo, sconvolgente messaggio di Nathan.

Per quanto la domanda fosse sintatticamente e semanticamente semplice, a Giulia sembrò di avvertire il proprio cuore arrestarsi e per la prima volta in vita sua seppe cosa significava presentarsi ad un'interrogazione senza aver studiato. Di tutto si sarebbe aspettata, ma per quelle semplici parole, che lesse e rilesse fino a imprimerle negli occhi e nella memoria, non trovava soluzione.

- Perché ti chiamano Lilla?

La bottiglia di spumante aveva perso il suo gusto frizzantino come un palloncino sgonfiato e Giulia era impreparata.

 

Il mio angolino:
_____________
BUON NATALE!
Capitolo breve. Non dico altro. Peace.
Ricomincerò a pubblicare prossimanente, dopo le feste. Stay tuned! ;)
Grazie per essere arrivati fin qui.
FatSalad

   
 
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