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Autore: Grimilde Deveraux    23/12/2015    0 recensioni
C'è una tradizione nella famiglia Atelier quando un ragazzo compie 18 anni ed inconsapevolmente o meno Ian e Frankie hanno aspettato questo giorno per tutta la vita...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nella famiglia Atelier c’è una tradizione quando un maschio arriva a compiere diciotto anni: questa tradizione consiste in un piccolo ma alquanto significativo regalo, donato al neomaggiorenne dall’uomo a lui più vicino, che sia egli un fratello o il padre, questo regalo è un simbolo, accompagnato poi da un piccolo biglietto che reca poche semplici parole

 

per non dimenticarti mai che uomo sei

 

Fabien ha regalato a Jean, per i suoi diciotto anni, un braccialetto d’acciaio con una frase di Lincoln incisa sul retro; Jean ha fatto lo stesso regalo a Serge, ma la frase era una di Bukowski, anche François e Dorian hanno ricevuto il loro una volta giunti alla soglia della maggiore età, che cosa ci sarà mai stato scritto sui loro bracciali?

 

…François…

François aprì gli occhi con un enorme sorriso quel dodici novembre: quello era un giorno speciale e non perché fosse il suo compleanno, ma perché quell’anno era la fine e l’inizio di tutto!

Quello era il suo diciottesimo compleanno e, per quanto ne aveva memoria, François aspettava quel giorno fin da quando suo padre gli aveva parlato del bracciale d’acciaio che portava al polso e da cui non si separava mai.

Jean aveva ricevuto quel bracciale da suo padre e aveva promesso a suo figlio che un giorno, quando avrebbe compiuto diciotto anni, ne avrebbe avuto uno anche lui; da quel giorno di molti anni prima molte cose erano cambiate, ma la sua curiosità non si era mai sopita e ora che finalmente era arrivato quel giorno non riusciva a crederci, si era arrovellato per giorni su quale frase suo padre avrebbe mai potuto far incidere su quella targhetta argentata, ma poi si era ricordato delle successive parole di Jean:<< Non è solo una frase, tuo nonno me lo ha regalato perché io non dimenticassi mai che uomo sono, questo mi aveva scritto nel suo biglietto “per non dimenticarti mai che uomo sei” ed è anche quello che io ho fatto con tuo zio Serge >> con ogni probabilità suo padre aveva pensato molto a cosa scrivere per lui, ma François non riusciva proprio ad immaginare che diavolo potesse avergli scritto; lui non era chissà cosa, spesso ancora non riusciva a credere che Lia fosse la sua ragazza, figuriamoci il resto…inoltre era qualche settimana che aveva come la sensazione che Jean Atelier ce l’avesse con lui, più o meno da quando gli aveva detto che una volta finito il liceo non si sarebbe iscritto all’università ma che avrebbe fatto il pugile professionista come gli aveva proposto il suo allenatore.

Inutile dire che il pensiero di aver deluso suo padre lo metteva in agitazione in maniera incredibile, forse Jean nemmeno glielo avrebbe regalato quel bracciale visto quello che lui aveva combinato…ripensando a drammi e liti famigliari François tornò per un attimo con la mente a Dorian: erano quasi due anni che Ian se n’era andato, dalla loro litigata negli spogliatoi della palestra non lo aveva più visto e tre giorni dopo zio Serge gli aveva detto che Dorian si era trasferito ad Orléans e che avrebbe continuato lì i suoi studi, inutile dire che quell’abbandono lo aveva segnato in maniera indelebile; chissà se Ian aveva ricevuto il suo bracciale…avrebbe tanto voluto chiamarlo per chiederglielo, ma la ferita bruciava ancora e il suo dannato orgoglio gli impediva di fare il primo passo!

 

<< Buongiorno tesoro, buon compleanno >> e sua madre lo strinse a sé quando lui entrò in cucina con addosso ancora la maglietta e i pantaloni della tuta che usava come pigiama:<< Grazie maman… >> mormorò con un sorriso guardandosi intorno, ma trovando la cucina desolatamente vuota:<< Dove sono tutti? >> Dorothée tornò ad occuparsi della colazione con un piccolo sorriso:<< Tua sorella dorme ancora mentre tuo padre è uscito presto, aveva del lavoro da sbrigare in ufficio >> François si sedette a tavola cominciando a mangiare le crepes salate che sua madre gli aveva messo davanti, stava proprio per mettersi in bocca l’ennesimo boccone quando un turbine di capelli color rame lo investì e il fresco profumo di Izzy gli invase le narici:<< Auguri fratellone! Buon compleanno! >> lui sorrise alzandosi e sollevando la sua adorata sorellina tra le braccia stringendola a sé:<< Grazie Izzy >> lei rise di nuovo poi correndo di nuovo in sala tornò con un piccolo sacchetto blu tra le mani:<< Aprilo! Avanti aprilo! Voglio vedere la tua faccia! >> François aprì il sacchetto e guardò il piccolo pacchetto rosso e blu:<< Ma cosa… >> poi aprendo la carta si ritrovò in mano una cornice di legno blu scuro con all’interno una foto fatta qualche anno prima che ritraeva loro tre fratelli: Blanche, François e Izzy abbracciati nel giardino nella loro casa ad Orléans, tornando a guardare la foto, o meglio il giovane biondo dagli occhi azzurri abbracciato a lui e che altri non era che suo cugino Dorian, Frankie strinse gli occhi per evitare di piangere:<< Ti piace? >> domandò la sorella preoccupata di aver scelto una foto sbagliata visti i soggetti, ma il caldo sorriso di François la rassicurò:<< È bellissima, è un regalo meraviglioso pulce, davvero >> Elizabeth si gettò di nuovo tra le braccia del fratello:<< Ti voglio bene François >> lui sorrise accarezzandole i capelli ramati:<< Anche io te ne voglio piccola >>

 

Come ogni anno alla cena per il suo compleanno fu invitata l’intera famiglia e ognuno gli fece gli auguri e gli diede il proprio regalo, Frankie apprezzò particolarmente quello di Lia che, insieme a Blache e Denis, gli aveva regalato l’abbonamento per le partite del PSG per l’intera stagione; aveva passato tutta la cena a ridere alle battute di Denis o a rispondere alle domande di suo nonno, tuttavia ogni volta che i suoi occhi capitavano su suo padre o suo zio cadevano immancabilmente sui due bracciali d’acciaio, quasi identici, che entrambi portavano al polso; lui avrebbe mai avuto il suo? Ian lo aveva avuto da suo padre? Più ci pensava e più stava male, suo padre e sua madre gli avevano regalato una macchina e, per quanto apprezzasse il regalo, sentiva che una piccola parte del suo cuore si stava lacerando preda della delusione.

<< Ehi festeggiato >> e la voce di Jean lo fece voltare mentre lui era sul terrazzo di casa alla ricerca di una boccata di aria fresca:<< Papà >> lo salutò poi atono tornando a guardare le luci della città:<< C’è qualcosa che ti preoccupa? >> domandò Jean avvicinandosi:<< Cosa? No… >> replicò sorpreso, possibile che suo padre fosse così perspicace?

<< Bene perché sarei io a dovermi preoccupare: le tue sorelle non si interessano minimamente di calcio e tu, il mio unico erede maschio, sei un traditore come tua madre; ormai sono in netta minoranza >> Frankie rise pensando a come si trasformava sua madre quando giocava il Saint-Germain:<< Beh ho preso da maman molti più pregi di quanto sia disposto ad ammettere >> Jean rise insieme al figlio:<< Di sicuro da me hai preso la modestia François Atelier! >> poi poggiando una mano sulla spalla del figlio e guardandolo dritto negli occhi aggiunse:<< E quindi so benissimo perché sei qui da solo invece che con la tua fidanzata a festeggiare >> << Papà io… >> cercò di giustificarsi lui, ma di nuovo Jean lo bloccò estraendo un piccolo pacchetto dalla tasca della giacca grigia e poggiandolo nelle mani del figlio:<< Ho aspettato questo giorno da quando sei nato >> poi scostandosi il polsino della camicia nera e mettendo bene in mostra il bracciale che Fabien gli aveva regalato molti anni prima aggiunse:<< Questo per me ha significato tutto, mi ha ricordato chi sono ogni volta che me ne stavo dimenticando, mi ha fatto capire chi ero, che cosa potevo essere e, soprattutto, mi ha sempre ricordato che mio padre era fiero di me nonostante a quel tempo non la pensassimo allo stesso modo >> poi guardando suo figlio con il sorriso fiero che François gli aveva visto il giorno in cui aveva portato Blanche all’altare aggiunse:<< So che abbiamo avuto un po’ di divergenze ultimamente François, ma sono e sarò sempre fiero di te, qualsiasi scelta tu faccia da qui al resto della tua vita >> poi lasciandolo solo tornò dentro casa.

Guardando di nuovo il pacchettino lo strinse in mano e sedendosi sul vecchio dondolo alla luce debole che usciva dalla sala scartò il regalo aprendo il coperchio e restando immobile davanti al bracciale d’acciaio che era accompagnato da un piccolo biglietto scritto velocemente da suo padre.

 

Sono fiero di te, non dimenticarti mai che uomo sei.

 

Con il cuore caldo di gioia sollevò il piccolo monile, guardò il suo nome inciso sulla piccola targhetta e poi lo girò piano curioso di vedere quella piccola frase…

 

Si può sempre averne più di niente.

 

Immediatamente i ricordi lo invasero: era il giorno prima della recita scolastica, il giorno in cui aveva avuto l’ennesima riprova del fatto che Lia mai lo avrebbe guardato come qualcosa di diverso da un amico, a complicare le cose poi ci si era messa anche la notizia dell’imminente partenza di Dorian per l’università viste le sue spettacolari capacità da genio matematico; soffocato da quell’assurda situazione François era scappato da scuola e si era rifugiato nell’ufficio di suo padre dove in uno stupido monologo aveva rivelato a Jean i suoi tormenti e le sue paure, si era sentito stupido; pensava che suo padre l’avrebbe disprezzato o l’avrebbe preso in giro visto quello che gli stava rivelando e l’assurda gelosia che da un po’ nutriva nei confronti del suo cugino e migliore amico, ma poi le parole di suo padre lo avevano bloccato:<< Ne sei davvero convinto François? Sei davvero convinto di non avere niente? Di non valere niente? >> si erano guardati per un attimo poi lui aveva replicato:<< Non dico che non ho niente, ma rispetto a Ian io… >> Jean aveva riso abbracciandolo stretto:<< A volte sei troppo simile a tua madre… >> poi poggiandogli una mano sulla spalla aveva aggiunto:<< Si può sempre avere più di niente, ricordatelo >> anche quel giorno si era messo a ridere sentendo quelle parole, erano una citazione di Alice nel Paese delle meraviglie, lo aveva imparato grazie alla recita che stavano facendo a scuola, ma solo ora che parlava con suo padre capiva veramente il senso di quelle parole.

 

<< Tutto bene? >> la voce di Jean lo riportò alla realtà e voltandosi verso di lui François si mise il bracciale al polso sorridendo:<< Benissimo >> poi alzandosi in piedi e abbracciando l’uomo più importante della sua vita aggiunse:<< Ti voglio bene papà >>

 

…Dorian…

Quella fresca mattina di maggio si svegliò solo nel suo letto, era ormai un anno e nove mesi che si era trasferito lì, ma ancora non si era abituato alla solitudine, non il giorno del suo compleanno almeno!

Mettendosi seduto sul bordo del letto Dorian Atelier si passò le mani nei capelli biondi tirandoseli appena e guardando la foto che aveva sul comodino e che ritraeva due giovani con i guantoni da boxe e due sorrisi da idioti stampati in faccia:<< Mi manchi Frankie >> e guardando il cugino che sorrideva nella foto pensò al loro ultimo disastroso incontro e al fatto che lui come un codardo era fuggito, non sapeva nemmeno lui perché, non sapeva che cosa gli era successo, ma quando era entrato in palestra e aveva visto quell’idiota di Alexander Laurent insieme a François, si era sentito irrimediabilmente tradito.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per non far fare al suo adorato cugino la sua stessa fine, ma non poteva metterlo in guardia senza rivelargli la verità e se lo avesse fatto sapeva bene che Laurent e coloro per cui lavorava lo avrebbero di certo rovinato.

Prima che i brutti pensieri tornassero ad offuscargli la mente il suo cellulare suonò segnalandogli l’arrivo di un sms; prendendolo in mano si accorse che durante la notte ne aveva ricevuti altri tre e tutti da membri della sua famiglia:

 

buon compleanno Ian, quando torni a casa? Ci manchi…Izzy

 

auguri per i tuoi diciotto anni, che oggi sia un giorno felice, zio Jean e zia Dorothée

 

ehi vecchietto come ci si sente con un anno in più? verremo a trovarti presto, Bree e Den

 

chiamami quando ti svegli, buon compleanno tesoro…mamma e papà

 

purtroppo la sola persona da cui voleva gli auguri non si era nemmeno degnato di alzare il telefono o di mandare un misero sms, ma in fondo lo conosceva bene e Frankie era orgoglioso almeno quanto lui se non di più, di cosa si stupiva?

Tuttavia alzandosi e dirigendosi in cucina prese il telefono componendo il numero di sua madre, probabilmente Arianne voleva fargli gli auguri a voce o cercare di convincerlo a tornare a casa con la scusa del compleanno o roba simile:<< Tesoro… >> e sua madre rispose al secondo squillo, probabilmente attendeva vicino al telefono:<< Ciao maman… >> << Amore mio…buon compleanno >> << Grazie, come va? >> Aria sbuffò:<< Andrebbe meglio se fossi qui, è il tuo diciottesimo compleanno e non posso nemmeno darti un bacio >> lui rise piano, sua madre si sarebbe mai decisa a trattarlo come un adulto e non come un bambino piccolo?

<< Maman…ho diciotto anni, direi che un semplice buon compleanno può bastare, no? >> << Sei mio figlio e anche a trent’anni avrò il diritto di baciarti il giorno del tuo compleanno >> Ian rise piano, adorava il fare da chioccia di sua madre e il fatto che lui fosse figlio unico era un incentivo in più, era viziato e lo ammetteva senza problemi, ma in fondo era quello il bello di essere il primo ed unico figlio, maschio per giunta, di una coppia come Serge e Arianne Atelier!

<< Papà dov’è? >> << È andato in ufficio, tuo zio aveva bisogno di lui per un paio di sistemi di sorveglianza da finire, ha detto che ti avrebbe chiamato nella pausa pranzo >> Dorian annuì distrattamente mentre cercava i suoi cereali nella credenza, era orribile fare colazione da soli il giorno del proprio compleanno! Guardando poi l’orologio e accorgendosi di essere quasi in ritardo per le lezioni si affrettò a salutare sua madre:<< Devo andare maman, faccio tardi a lezione…ci sentiamo stasera >> << Ian…potresti venire a casa per… >> eccolo, il momento che sua madre aveva aspettato dall’inizio della telefonata:<< Sono in ritardo…ne parliamo stasera d’accordo? >> poi salutando frettolosamente riattaccò andando a cercare qualcosa da mettersi mentre il latte si scaldava nel microonde.

Mezz’ora dopo era già diretto verso il campus, non che impazzisse dalla voglia di fare lezione quel giorno, aveva sempre in testa il pensiero costante di François, ma non poteva buttare al vento la sua laurea solo per un po’ di malinconia, non dopo tutto quello che aveva passato.

 

Quel pomeriggio, avendo qualche ora libera Ian decise di fare due passi per la città, in fondo non aveva voglia di tornare in una casa vuota dove tutto gli avrebbe ricordato la sua famiglia che, se lui fosse rimasto a Parigi, avrebbe festeggiato degnamente i suoi diciotto anni, si sentiva stranamente sentimentale quel giorno e lui di certo non era un tipo del genere!

Stava per entrare in libreria quando il suo cellulare prese a squillare, prendendolo in mano vide il numero di suo padre sul display:<< Papà…credevo fossi ancora al lavoro con zio Jean >> Serge rise:<< Hai parlato con tua madre >> << Ci siamo sentiti stamattina, volevo salutarti ma mi ha detto che eri al lavoro >> << Sì, avevo un paio di cose da sbrigare >> poi Dorian lo sentì smorzare l’ennesima risata:<< Che cosa c’è? Che hai tanto da ridere? >> domandò un po’ accigliato, non aveva detto niente di divertente e non capiva cos’è che faceva ridere tanto suo padre:<< Scusa Ian…davvero scusami >> e rise di nuovo, stavolta il giovane Atelier, permaloso come suo padre, se la prese:<< Sì certo, scusa…chiamami quando ti sarà passata >> e senza aspettarsi una risposta riattaccò brusco, diavolo era il suo compleanno e suo padre faceva così, voleva dargli sui nervi? Cavolo sembrava Serge quello che aveva appena compiuto diciotto anni e non lui!

Poi quasi come un lampo a ciel sereno si bloccò sulla porta della libreria: quel giorno era il suo diciottesimo compleanno, cavolo era tutto il giorno che ci pensava eppure non aveva realizzato davvero che giorno era: lui compiva 18 anni!

Ritornando con la mente ad un discorso che lui e Frankie avevano fatto un paio di anni prima la sua mente si annebbiò per un secondo.

 

<< Due anni…ci pensi Ian, mancano solo due anni… >> lui aveva guardato suo cugino con una smorfia:<< Tu fai troppo affidamento su queste cose, magari papà e zio Jean non ci regaleranno niente >> aveva replicato poi, ma doveva ammettere che una piccola speranza si era presa un pezzo del suo cuore:<< Ah davvero? Se ne sei così sicuro perché hai chiesto a zio Serge se potevi provare il suo bracciale? Ti ho sentito ieri mattina >> Dorian aveva fatto una smorfia annoiata:<< Sei un nanetto impiccione lo sai Frankie >> il cugino aveva riso e poi tornando serio aveva aggiunto, quasi quella fosse una verità ineluttabile:<< Fai il duro quanto vuoi, ma so che ci tieni quanto me >> poi alzandosi in piedi aveva continuato con quegli occhi verdi simili a quelli di un cobra:<< E comunque sono alto quanto te Dorian Jean Atelier! >>

 

<< Ci sei arrivato vero? >> quella voce roca gli fece alzare gli occhi sull’uomo biondo dagli occhi smeraldo e il completo casual davanti a lui:<< Papà… >> Serge si avvicinò al figlio con un gran sorriso:<< Ciao Dorian >> poi continuando a sorridere tirò fuori dalla tasca un piccolo sacchetto di velluto nero:<< So che non ami le smancerie, ma questo è qualcosa di diverso >> poi poggiandolo nella mano di suo figlio aggiunse:<< Spero che tu capisca quanto è importante per me >> Ian rimase immobile per un attimo a guardare il regalo, sapeva bene che cosa conteneva e una parte di lui moriva dalla voglia di aprirlo per leggere ciò che suo padre vi aveva fatto scrivere, l’altra metà del suo cuore tuttavia era impaurita dallo scoprire quelle fantomatiche parole:<< Nervoso Ian? >> lo prese in giro suo padre con un sorriso:<< Cosa? No…cioè io… >> poi fissando il padre negli occhi, gli stessi occhi di sua madre si ricordò Serge, aggiunse con una scrollata di spalle:<< Forse un po’ >> << Non ne hai bisogno >> poco prima di aprire il tanto atteso regalo Ian rimase immobile, la mente persa dietro al ricordo del cugino che in quel momento gli mancava quasi più dell’aria per respirare:<< Lui come sta? >> Serge gli poggiò una mano sul braccio:<< Gli manchi >> << Non mi ha nemmeno scritto un messaggio di auguri, sono quasi due anni che non si fa sentire e… >> << Hai fatto una scelta figliolo, ma sei sempre in tempo per tornare indietro lo sai >> << E se poi lo mettessi nei guai? Frankie non deve entrare in questa storia e… >> inaspettatamente Serge abbracciò suo figlio con un caldo sorriso:<< Non sono mai stato più fiero di te, sei un uomo incredibile Dorian Atelier >> ormai troppo curioso Ian non si fece pregare e aprì il piccolo sacchetto.

Ad accompagnare il bracciale c’era un piccolo messaggio di suo padre

 

non dimenticare mai che genere di uomo sei.

 

Prendendo la placchetta tra le dita lesse orgoglioso il suo nome: Dorian J. Atelier, poi girandola quasi gli vennero le lacrime agli occhi leggendo quelle poche parole

 

per seguir virtute e canoscenza.

 

Era una citazione della Divina Commedia ed era anche quello che gli aveva detto suo padre quando lui, quindicenne solo e spaventato, gli aveva raccontato di quello strano incontro con un reclutatore dell’Interpol e della sua bizzarra offerta.

 

<< Io non sono quel tipo di persona papà, non sono un cowboy pronto ad andare in giro con la pistola in mano, che cosa vogliono da me? >> il tizio che lo aveva avvicinato gli aveva impedito di parlare di quell’incontro con chiunque, ma per Serge non aveva mai avuto segreti: suo padre era il suo mito e il suo scoglio in mezzo al mare.

<< Nessuno ti obbliga a fare niente Ian, puoi essere tutto quello che vuoi alle tue condizioni >> le parole del genitore lo avevano immediatamente calmato:<< Io non sono fatto per quella vita, non credo lo sarò mai, sono più a mio agio dietro un computer o con una tastiera in mano >> Serge aveva guardato suo figlio per un po’ in silenzio, anche se faceva lo spaccone e il gradasso davanti a tutti, proprio come suo zio Jean alla sua età, Dorian era un ragazzo responsabile e, proprio come lo zio, molto più calmo e con quel pizzico di insicurezza che lo rendeva irrimediabilmente irresistibile, più lui cresceva e più Serge lo adorava ed era fiero di lui.

<< Sei tu che devi scegliere la tua strada Ian, puoi fare tutto quello che vuoi, qualunque sarà la tua scelta io ti sosterrò e sarò sempre dalla tua parte >> << Sempre? >> gli aveva domandato con quei grandi laghi azzurri bisognosi di sostegno:<< Sempre >> gli aveva confermato con un sorriso, poi lanciando un’occhiata alla foto di lui e Jean che aveva sulla scrivania aveva aggiunto:<< Non tutti sono fatti per prendere le stesse strade Dorian, ognuno di noi è fatto a modo suo, tu non hai l’indole del cowboy, ma sei nato per seguir virtute e canoscenza >> riconoscendo la citazione della Divina Commedia il giovane aveva accennato ad un sorriso e poi aveva abbracciato stretto il padre ora più sicuro delle sue scelte.
 
Quando suo padre se ne fu andato quella sera Ian si lasciò cadere sul divano e, preda del suo ultimo barlume di coraggio, prese il cellulare cercando nella rubrica il numero del cugino, forse era ora che uno dei due facesse il primo passo.
   
 
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