IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
17.
Dougie’s
POV.
Dopo quasi dieci anni che stavo con lei,
davanti ai miei occhi, da pochi giorni a quella parte, mi ero ritrovato davanti
una Giuly che non avevo mai conosciuto.
Già la mattina del 26 Dicembre mi ero
reso conto che avevo perso qualcosa per la strada. Quando la sera prima avevamo
trovato davanti casa nostra Daniele, il suo ex ragazzo italiano, non credevo
che lei sarebbe potuta cambiare così tanto in poco tempo.
Inizialmente mi era sembrata scocciata
del fatto che lui e gli altri fossero arrivati da lei dopo una giornata pesante
come quella che avevamo trascorso, ma quando la mattina dopo li avevo alle 9 di
mattina davanti al portone di casa, mi dovetti ricredere su quello che avevo
pensato.
La felicità e la spensieratezza con la
quale li accolse, mi fece capire che era veramente felice di rivederli.
Per un breve momento fui felice di
vederla sorridere in quella maniera, ma quando poi mi accorsi, osservandola,
come guardava Daniele quando le parlava, non potei far a meno di dimenticarmi
la felicità che avevo provato per lei e iniziai a provare gelosia per come
trattava Daniele.
E così quel giorno, quello dopo e quello
dopo ancora, loro si erano sempre presentati davanti casa nostra al mattino,
per farsi portare da Giuly nei luoghi più conosciuti di Londra. Lei aveva preso
le ferie, non sapendo che loro sarebbero arrivati proprio in quei giorni,
mentre io ero quasi sempre indaffarato con le prove della band. Quando non le
avevo seguivo loro per osservarli e cercare di tenere Giuly più stretta a me
che potevo.
Non riuscivo a capire se lo stesse
facendo apposta nei miei confronti, oppure se le venisse naturale di guardare
con quegli occhi sognanti quelli di Daniele. Un paio di volte, mentre eravamo
fuori a visitare Londra, l’avevo ritrovata a osservarlo silenziosa. Quando poi
lui si voltava e la vedeva, lei sorrideva, come se niente fosse accaduto. E mi
veniva da pensare che quegli stessi sguardi così sognanti erano stati rivolti a
me fino a poco tempo prima.
In quell’ultimo periodo le cose tra me e
lei non erano state molto rosee e tutto per via della mia nuova band.
Ma lei non capiva quanto questa
opportunità fosse importante per me. Io tenevo a quei ragazzi, tenevo a quella
musica e lei pareva non capirlo.
E quando la sera uscivo di casa per
andare a suonare, lei pareva indifferente a tutto ciò, come se io non ci fossi
stato e come se non le avessi detto niente.
Dopo un po’ avevo perso la speranza di
parlarle della mia nuova attività, visto che non provava nessun tipo di
curiosità nei sui riguardi. Ma mi dispiaceva al tempo stesso, che si stesse
così allontanando da me e che si stesse nuovamente avvicinando a lui.
E
che lo stesse facendo sotto ai miei occhi.
Mi preoccupai ancora di più, quando una
mattina di quelle parlando con Walter, l’unico dei quattro che aveva un po’ più
di praticità con l’inglese, mi disse che tra Iris e Daniele non scorreva molto
buon sangue. Mi disse che da un po’ di tempo litigavano spesso, per motivi a
lui estranei e che avevano deciso di fare quella vacanza, proprio per cercare
di mettere fine a quella loro brutta situazione e cercare di rimediare il loro
rapporto.
Ma più che a rimediare il loro rapporto,
mi pareva che l’intenzione di Daniele fosse quella di rimediare qualcosa da
Giuly.
Era arrivata la mattina dell’ultimo
dell’anno, la vigilia del nostro decimo anniversario e quando la mattina mi
svegliai, i miei propositi erano più buoni di quelli che avrei mai sperato. Il
giorno precedente dopo essere andato da Danny a fargli la mia visita
giornaliera, mi ero diretto in gioielleria e avevo comprato una piccola collana
d’argento d’oro bianco con piccolo pendaglio a forma di cuore per Giuly.
Sapevo quanto adorava l’oro bianco ed
ero sicuro che quando avrebbe visto il mio regalo, mi avrebbe donato uno di
quei meravigliosi sorrisi che io amavo tanto.
Ma quando scesi in cucina, trovai un
biglietto per me:
“Ciao Doug, sono andata al Madame Tussaud con i ragazzi perchè loro
non ci sono mai andati. Non ti ho svegliato, tanto so quanto ti annoi nei posti
in cui sei già stato. Magari ci vediamo in giornata, oppure ci vediamo
direttamente stasera per andare da Danny.”
Già.. quella sera avevamo deciso di
trascorrerla con Danny e Candy. Dopo tutto quello che gli stava succedendo,
eravamo sicuri che un po’ di compagnia gli avrebbe fatto piacere.
Lessi nuovamente il biglietto, cercando
qualche parola affettuosa rivolta nei miei confronti, ma non ne trovai traccia.
Quella mattina avrei avuto una riunione con la band, ma ero così triste e
dispiaciuto per quello che stava succedendo, che preferì mandare un messaggio
al chitarrista della band e dirgli che non sarei potuto andare.
Mi si prospettava davanti una bella
giornata di solitudine.
Decisi che sarei andato a cercare Giuly
e dopo aver preso la macchina ed essermi diretto in centro, in quell’inferno
stradale, arrivai al Madame Tussauds. Odiavo guidare
nel centro di Londra, ma la situazione non era delle migliori, quindi per una
buona volta misi da parte l’odio che avevo per il traffico del centro. Arrivato
a destinazione parcheggiai poco distante dal museo.
Solo quando scesi e mi ritrovai lì
davanti, mi venne in mente che quello era il posto dove io e Giuly eravamo
andati per il nostro primo appuntamento.
E proprio in quel momento la mia mente
partì verso il mondo dei ricordi..
Arrivato
davanti al portone della sua casa, suonai e dopo un minuto lei si affacciò
sulla porta salutandomi con il sorriso sulle labbra.
‹‹Ciao››
‹‹Ciao››
dissi a mia volta dandole un piccolo bacio a fior di labbra.
Lei
si chiuse la porta alle spalle e poi mi prese per mano.
‹‹Allora
dove mi porti oggi?›› mi chiese curiosa.
‹‹Ah ah›› scossi la testa ‹‹niente da
fare. Vedrai quando siamo arrivati là››
Sbuffò,
ma allo stesso tempo vidi che era divertita da quel mistero.
Prendemmo
la metro, ma invece di scendere alla fermata di Baker Street, scendemmo alla
precedente: Regent’s Park.
Quando
Giuly vide che presi quella strada mi disse tutta entusiasta:
‹‹Aww!
Hai organizzato un pomeriggio romantico al parco?››
Io
sorrisi tra me e me e le risposi solamente:
‹‹Aspetta e
vedrai››
Le
presi nuovamente la mano e la trascinai dietro a me. Ne approfittai per farle
fare un bel giro per il parco, per farla distrarre dalle mie vere intenzioni.
Lei si osservava attorno tutta eccitata e felice di essere in quel posto.
Procedemmo lungo le due strade circolari concentriche del parco ottocentesco e
poi cercai una buona uscita che ci avrebbe condotto verso Marylebone
Road.
Lungo
il tragitto sentivo la mano di Giuly stretta saldamente alla mia. Mi voltai ad
osservarla e proprio in mezzo al marciapiede mi fermai e la baciai.
Sentii
dietro di me dei brusii dei passanti, ma poco mi importava.
Amavo
quella ragazza.
Giuly
mi guardò interrogativa, per poi chiedermi con un sorriso:
‹‹A
cosa devo tutto questo impeto?››
‹‹Niente››
risposi io ‹‹Volevo darti un bacio, tutto qui››
Lei
si alzò un pochino sui talloni e mi diede un piccolo bacio innocente.
‹‹Grazie››
disse solamente.
Il
mio intento di distrarla era riuscito magistralmente, perché eravamo arrivati
in Marylebone Road e lei non si era accorta di
niente.
Proprio
quando passammo davanti all’entrata del museo io le sussurrai all’orecchio:
‹‹E
grazie di che? È il nostro primo appuntamento e deve essere perfetto. Infatti
non è neanche cominciato››
Aprii
il portone del Museo e vi entrai dentro, con Giuly che mi seguiva stupita.
‹‹Che
fai?›› chiese con un filo di voce.
‹‹Adesso
inizia il bello›› le dissi con un sorriso.
Lei
mi guardò con gli occhi che brillavano e sussurrò nuovamente un “grazie” tra le
labbra.
Andammo
a fare i biglietti e poi seguimmo il percorso che portava ad un ascensore.
Salimmo assieme ad altri due ragazzi e quando la porta si aprì, mille scatti di
fotografi ci colpirono in pieno volto. In realtà non si trattava di fotografi
in carne ed ossa, bensì di alcune sagome di paparazzi attaccate al muro, dalle
cui macchine fotografiche provenivano dei flash.
Giuly
rimase un secondo immobile vicino a me, ad osservare incantata quei mille
flash, ma poi si riscosse e fece due passi verso quei flash, intenta a farsi
“fotografare” nelle varie pose da tappeto rosso.
‹‹Non
sei a una premiere sai?›› dissi andandole in contro.
‹‹Oh
ma sto facendo le prove caro!›› disse lei molto
sofisticata.
‹‹E
per cosa?›› chiesi curioso.
‹‹Beh..
Per quando sarai famoso no?››
Non
potei fare a meno di ridere e di portarla via da quei flash, per entrare nella
prima stanza con le statue di cera.
Appena
entrammo Giuly si fermò nuovamente, immobilizzata ad osservare il salone in cui
eravamo appena entrati. Davanti a noi c’era una piccola fontanella e tanti pilastri
bianchi. Le varie statue posavano immobili tutte attorno a noi.
‹‹Guarda
Doug guarda!›› iniziò a urlicchiare
lei quando si riscosse dal suo stato di momentaneo shock. ‹‹Guarda!!
C’è Julia!! Julia Roberts! E Kate Moss! E Brad Pitt! E Tom Cruise!!››
Saltellava
da destra a sinistra senza fermarsi un attimo.
‹‹Ehi
se ti calmi un attimo possiamo fare delle foto, che ne dici?››
Lei
mi guardò come se avessi detto la cosa più intelligente del mondo.
‹‹Le fotooooo! Non ci avevo pensato! Doug ma sei un genio!!!›› mi abbracciò con trasporto e poi mi sorrise, come se
avesse avuto quattro anni.
‹‹Da
dove iniziamo?››
‹‹Beh
da dove vuoi tu››
Lei
mi prese per la mano e decise che fare le foto in senso orario sarebbe stata la
soluzione migliore. Ci scambiavamo di posto e ad ogni star facevamo una faccia
diversa. Fui geloso di come venne bene la foto di lei in procinto di baciare
Johnny Depp su una guancia.
Ero
geloso di lui.
Quando
finimmo la prima sala entrammo nella seconda e continuammo a farci mille foto
con le tante star del cinema; poi fu la volta della sala degli sportivi e della
famiglia reale. In fondo alla sala, seduti su un divanetto, c’erano le quattro
statue dei Beatles e poco distante da li altri famosi cantanti. Seguiva poi la
sala dei politici e delle figure religiose più importanti. Finita anche quella
sala una guida ci fece strada e ci disse che se volevamo potevamo scegliere il
percorso che prevedeva la visita alla “Chamber Live”
oppure proseguire per andare direttamente alla Camera degli orrori. Io guardai
Giuly e lei con un sorriso disse:
‹‹Chamber Live vero?››
Io
annuii poco convinto e assieme a lei mi diressi all’entrata.
Il
giro prevedeva l’entrata in una prigione completamente buia, dove c’erano
figure umane che vagavano qua e la con catenacci, spaventando noi visitatori.
Sentivo Giuly sussultare ad ogni passo e stringermi così tanto la mano, quasi
da stritolarla, così le passai un braccio sulle spalle e quando quei pochi
minuti di buio,rumori e urla furono finiti, mi guardò riconoscente:
‹‹Forse
era meglio non entrare›› disse impaurita.
Ma
non era finita lì. Continuando c’era la sala delle torture con statue molto
tetre che ci attendevano in un corridoio cupo, dove l’aria pesante e sgradevole
aiutava a sentire quella “tremenda atmosfera di morte”. Vedevo Giuly osservarle
silenziosamente, come se al nostro primo rumore quelle avessero potuto andarle
incontro per farle del male. Sorrisi al pensiero di come più di una volta quel
giorno mi era sembrata una bambina.
Finita
la sala delle torture entrammo in una sala dove veniva mostrato il processo
della lavorazione delle cere, con esempi di progettazione e realizzazione di
vari modelli. Arrivati a quel punto, altre guide ci indirizzarono verso alla
penultima attrazione del museo: la sezione “Spirit of London”, un giro su un vecchio black
cab tipico di Londra che seguiva un percorso su
rotaie e offriva la migliore visuale di oltre 400 anni di storia londinese.
Anche in questo percorso erano moltissime le statue e le illuminazioni
utilizzate. Seduti nel nostro taxi, osservavamo la vecchia Londra che scorreva
accanto a noi, tra le salite e le discese del percorso. Finito il percorso
seguimmo la strada conduceva verso una stanza a forma di cupola, dove
proiettarono “Aardman Presents: The Wonderful World of Stars for Madame Tussauds” un cartone animato con la trama di alcuni alieni
che arrivano sulla terra che fanno incontro con le star nel museo.
Finito il piccolo filmato, proseguimmo verso il punto shopping, dove poco
distante dalla cassa vidi una foto mia e di Giuly, scattata a tradimento
durante il piccolo tragitto nel black cab.
Quando
lei vide le nostre facce preferì tenersi le tante foto che ci eravamo scattate
da soli e dopo aver dato una veloce occhiata dal negozio uscimmo in strada.
I
suoi occhi risplendevano di luce propria e il suo sorriso era radioso.
‹‹Doug..
Io non so come hai fatto! È stata un’esperienza fantastica!! Tutto quanto!
Anche la Camera degli orrori! Io.. Grazie, non so che altri dirti! Davvero
grazie! È il miglior primo appuntamento che avessi potuto sperare››
La
guardai sorridendo:
‹‹Sono
felice che la mia idea ti sia piaciuta! Non volevo fare una cosa banale e
questo era qualcosa di diverso rispetto al cinema o a una passeggiata nel parco››
‹‹Già››
annuì lei ‹‹hai proprio fatto centro››
‹‹Ma
se vuoi possiamo prolungarlo ancora di più questo appuntamento..››
Lei
mi invitò a continuare ‹‹Beh che ne dici di una
cenetta italiana? Per farmi scoprire un po’ le tue tradizioni?››
Vidi
che lei mi guardò scettica.
‹‹E
credi che qui a Londra ci sia un posto adatto e all’altezza per mangiare del
buon cibo italiano?›› chiese.
‹‹Beh››
avevo già pensato anche a quello ‹‹Gi e le sue
origini italiane, mi avrebbero consigliato un ristorantino nella Queensway, non molto lontano dalla stazione metropolitana
di Bayswater.. Che ne dici? Te la senti di provare?››
Lei
ebbe un attimo di esitazione, ma poi accettò.
E
fece bene, perché la cena a base di pasta alla bolognese, delle fettine di
carne rossa con patate arrosto e una fetta di crostata con marmellata alla
pesca, fu un toccasana dopo il pomeriggio passato a scorrazzare per le vie di
Londra. Finita la cena, chiesi a Giuly se le andava di fare un piccolo giro a Kensington Garden, così andammo a trovare Peter Pan.
Poi
un po’ distrutti per la giornata prendemmo la metro e la accompagnai fin sotto al portone della sua casa.
‹‹Proprio
come un vero gentiluomo›› scherzò su Giuly.
Io
mi avvicinai a lei e la baciai.
‹‹Solo
perché sei tu.. e perché ti amo››
Lei
sorrise.
‹‹Ti
amo anche io Doug! Grazie per tutto! Sei stato perfetto!››
Le
diedi un altro piccolo bacio e poi la lasciai andare. Lei sparì dietro la porta
e io mi avviai a casa. Dopo due minuti che stavo camminando il mio cellulare
vibrò.
Era
Giuly e il suo messaggio diceva:
“Già
mi manchi”.
Il clacson di un camion che proveniva
non molto lontano dalla mia posizione, mi riscosse da quel tunnel di ricordi in
cui ero finito.
Scossi la testa.
Che
cosa stava succedendo? Dove era finito quel bellissimo rapporto di serenità che
io avevo sempre avuto con Giuly? Ma soprattutto.. Che credevo di fare? Credevo forse che andando là avrei ritrovato Giuly
e che dopo avrei potuto riportarla a casa come una bambina di dieci anni che ha
disubbidito al padre?
Mi meravigliai di me stesso. Giuly era
una donna autonoma e poteva fare ciò che voleva.
Mi aveva palesemente allontanato da lei
quella mattina, probabilmente sperando di rimanere un po’ sola con Daniele.
A quel pensiero, una morsa allo stomaco
si fece sentire.
Stavo perdendo Giuly. E solo perché lei
non capiva quanto fossero importanti per me quella nuova band e quei ragazzi
che avevo conosciuto da un po’ di tempo a quella parte.
Perché io dovevo mettere da parte le mie
ragioni per stare a sentire le sue, se poi lei mi piantava in asso così per
stare con un altro?
Presi il cellulare e vidi che non
c’erano punte chiamate, così mandai un messaggio a Clive,
il chitarrista leader della band, per chiedere come era andata la riunione.
Mi rispose dicendomi che era stata
spostata nel primo pomeriggio.
Io feci marcia indietro e dopo essere
passato di casa a mangiare un boccone, mi diressi negli studi e mi ritrovai con
loro.
Mi piaceva stare in loro compagnia,
pianificare, comporre, creare, suonare… Erano delle
belle sensazioni quelle che provavo con loro e mi facevano stare bene.
Finita la riunione, mi diressi verso
casa e quando arrivai Giuly non era ancora tornata dalla sua gita mattutina.
Andai in camera e scelsi i vestiti per la sera, quando ad un certo punto,
mentre mi stavo preparando, il mio cellulare squillò.
Quando lo presi trovai un messaggio di
Giuly:
“Doug io farò un po’ tardi, quindi
avviati pure da Danny! Ci vediamo là. A dopo”
Solitamente quando mi mandava i messaggi
c’era sempre qualche parola dolce per me, ma questa volta non fu così.
Finii di prepararmi, poi presi la
macchina e andai a prendere un po’ di champagne, dopo di che mi diressi verso
l’ospedale.
Arrivato trovai già Harry assieme a
Danny, fuori dalla stanza di Candy che stavano parlando.
Danny non aveva una cera migliore
rispetto ai giorni precedenti: quelle profonde occhiaie persistevano sotto ai
suoi occhi chiari, ma vidi comunque che stava cercando di sorridere alle parole
che gli stava dicendo Harry.
Quando mi videro li salutai e subito
Danny mi chiese:
‹‹E Giuly dov’è?››
Cercai di sorridere, come se nulla fosse
accaduto e poi dissi:
‹‹Arriverà tra poco,
doveva finire di fare una cosa››
‹‹Tutto bene comunque?›› mi chiese Harry.
‹‹Si si››
Perché
continuavano a chiedermelo?
Poi mi rivolsi verso Danny e chiesi a
lui:
‹‹E te come va? La
situazione è un po’ migliorata?››
Lui mi fece un triste sorriso e poi
sussurrò:
‹‹Come sempre. Non ci
sono cambiamenti››
Sospirai.
Danny sviò la conversazione su Harry
chiedendogli come procedeva il lavoro al negozio.
Probabilmente voleva svagarsi un po’ con
noi, cercando di non pensare alla sua brutta situazione almeno per poco
tempo..
Parlammo tra di noi fino a quando non
arrivarono Tom assieme alla piccola Holly e Giovanna. Anche loro erano vestiti
di tutto punto, sorridenti e felici.
Li salutammo e dopo che la piccola Holly
finì il suo giro di baci agli zii, Giovanna mi chiese perché Giuly non era lì
con me.
Io guardai l’orologio e notai che
iniziava a essere tardi, ma le dissi ugualmente che sarebbe stata li in pochi
minuti perché doveva finire di fare una cosa.
Dal suo sguardo capii che lei non se
l’era bevuta, ma non le diedi peso.
Presi il cellulare e feci per chiamare
Giuly, ma appena iniziò a squillare, sentii che non c’era il bisogno di sapere
dove si trovasse.
‹‹Buonasera a tutti›› disse con la sua splendida voce.
Quando mi voltai rimasi senza fiato.
Era semplicemente perfetta.
Il vestito nero che indossava quella
sera, le ricadeva perfetto sulle sue forme delicate.
Proseguì fino ad arrivare verso di me,
si fermò e poi mi diede un piccolo bacio a fior di labbra, ma senza guardarmi
negli occhi.
Perché
mi stava facendo tutto quello?
Senza neanche una parola, senza un
sorriso, si diresse verso gli altri ragazzi per salutarli.
Si fermò da Dan e scambiò alcune parole
con lui e dopo averlo abbracciato, andò da Giovanna e si fermò a parlare con
lei.
Cercavo di capire che cosa le stesse
dicendo, ma afferravo solo poche parole, anche se ero a poca distanza da lei. E
non volevo dare nell’occhio agli altri ragazzi, non volevo che si accorgessero
che in un certo senso la stavo spiando.
Giuly sembrava entusiasta di quello che
diceva a Giovanna e aveva uno strano sorriso sulle labbra.
Non era il suo vero sorriso, ma sembrava
piuttosto un sorriso che non avevo mai conosciuto, che non aveva mai sfoggiato
in mia presenza.
C’era qualcosa che non mi tornava.
‹‹Si e poi ci siamo
fatti tante foto.. Non puoi capire, è stato meraviglioso! Era troppo tempo che
non mi divertivo così››
Avvertii nuovamente una morsa allo
stomaco.
Quella mattina lei si era divertita come
non le succedeva da tempo, nel luogo dove eravamo stati per il nostro primo
appuntamento, un luogo che era stato nostro e solamente nostro.. e lei c’era
andata con i suoi vecchi amici, quegli amici che non avevano esitato a tradirla
alle sue spalle quando si era trasferita in Inghilterra.
Non potei fare a meno di sentirmi
triste.
Triste perché sentivo che lei si stava
allontanando da me, triste perché non sapevo come comportarmi, per la prima
volta dopo tanti anni che la conoscevo.
Sentivo di avere paura.
Paura matta che lei potesse allontanarsi
da me, paura di non poter più vedere il suo bel sorriso, soltanto per me, di
non poterla di abbracciare, paura di non sentirla più mia.
Che
quel Daniele le avesse fatto nuovamente battere il cuore per lui?
Avevo afferrato fin troppo bene che quel
sorriso non era rivolto a me quella sera, ma non mi meritavo tutto quello.
Non per ciò che stavo facendo.
Perché
lei non riusciva a capirmi?
La mia mente era dispersa tra mille
pensieri, mentre il tempo, nella piccola stanza che ci avevano ceduto per
quella sera, passava indisturbato. Ogni tanto vedevo Danny uscire,
probabilmente per fare qualche piccola visita a Candy.
Ci ringraziò più di una volta quella
sera, per essere andati là da lui ad aspettare lo scadere della mezzanotte. Lo
avevo visto sorridere più degli ultimi giorni e questa cosa mi rincuorò un
pochino.
Avevamo fatto la scelta giusta, decidendo
di andare lì.
E poi c’era la presenza di Holly, che
intratteneva tutti noi con le sue dolci parole e i suoi abbracci.
Se non fosse stato per i miei problemi,
probabilmente sarei stato più loquace e avrei parlato di più con gli altri.
Ma proprio non ce la facevo ad
abbandonare quei miei pensieri.
Nella tasca della mia giacca era
nascosta la piccola scatolina che conteneva la collana che avevo comprato per
Giuly la mattina precedente. Ogni tanto la tastavo, per sentire se era sempre
lì con me.
Che
avrebbe detto quando avrebbe aperto il pensiero che le avevo comprato?
Ero curioso di scoprirlo.
Mancava veramente poco allo scoccare
della mezzanotte, così tutti noi preparammo lo champagne e i bicchieri per
brindare al nuovo anno.
Poi iniziò l’immancabile conto alla
rovescia:
‹‹10, 9, 8, 7..››
Tutti noi scandivamo i secondi che
restavano, mentre Holly ci guardava sorridente:
‹‹6,5,4,3,2,1››
E poi esplosero alcune grida:
‹‹Auguriiiiiiiii››
Dopo una serie di “auguri” generale, vidi
Danny uscire dalla stanza, mentre io mi focalizzai su una persona.
La raggiunsi fino a che non fui proprio
dietro a lei.
Con un braccio le sfiorai un fianco e
lei si voltò verso di me.
‹‹Hey›› sussurrai.
‹‹Hey›› mi fece eco.
Da
quanto non parlavo con lei?
Ormai erano più di 24 ore.
Sorrisi, ma lei non ricambiò il mio
sorriso.
Ero incerto su cosa dirle:
‹‹Io..Io volevo
farti gli auguri e..›› stavo per prendere la
scatolina dalla tasca, quando le parole di lei mi bloccarono:
‹‹Ah già›› disse con una voce neutra, come se si fosse appena
ricordata che proprio in quel momento, io e lei festeggiavamo dieci dei nostri
anni assieme ‹‹Auguri anche a te››
Poi si voltò dall’altra parte, per
andare a parlare con gli altri.
Sospirai.
Probabilmente,
quel suo sorriso che tanto attendevo alla vista del regalo, non si sarebbe mai
fatto più vedere.
*
*
*
Oh. Questo
è forse uno dei pochissimi capitoli di questa storia che mi piace. E ci tengo
particolarmente, ecco. Spero che sia piaciuto anche a voi!!! *.*
Un grazie
particolare a Tsumika
che mi lascia sempre un commento e mi fa felice. ^-^
Alla prossima!!