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Autore: yukiko_no_niji    08/03/2009    1 recensioni
"Il suono del campanello mi riscosse dai miei pensieri. Guardai l’ora e sulla mia faccia si allargò un sorriso. ‹‹Arrivo!›› urlai. Sicuramente anche lui era tornato da lavoro." Sequel di "New Life" - McFly
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IMPORTANTE: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei Mcfly (e degli altri personaggi della mia storia), offenderli in alcun modo.

 

Capitolo 17.

Dougie’s POV.

 

Dopo quasi dieci anni che stavo con lei, davanti ai miei occhi, da pochi giorni a quella parte, mi ero ritrovato davanti una Giuly che non avevo mai conosciuto.

Già la mattina del 26 Dicembre mi ero reso conto che avevo perso qualcosa per la strada. Quando la sera prima avevamo trovato davanti casa nostra Daniele, il suo ex ragazzo italiano, non credevo che lei sarebbe potuta cambiare così tanto in poco tempo.

Inizialmente mi era sembrata scocciata del fatto che lui e gli altri fossero arrivati da lei dopo una giornata pesante come quella che avevamo trascorso, ma quando la mattina dopo li avevo alle 9 di mattina davanti al portone di casa, mi dovetti ricredere su quello che avevo pensato.

 

La felicità e la spensieratezza con la quale li accolse, mi fece capire che era veramente felice di rivederli.

Per un breve momento fui felice di vederla sorridere in quella maniera, ma quando poi mi accorsi, osservandola, come guardava Daniele quando le parlava, non potei far a meno di dimenticarmi la felicità che avevo provato per lei e iniziai a provare gelosia per come trattava Daniele.

 

E così quel giorno, quello dopo e quello dopo ancora, loro si erano sempre presentati davanti casa nostra al mattino, per farsi portare da Giuly nei luoghi più conosciuti di Londra. Lei aveva preso le ferie, non sapendo che loro sarebbero arrivati proprio in quei giorni, mentre io ero quasi sempre indaffarato con le prove della band. Quando non le avevo seguivo loro per osservarli e cercare di tenere Giuly più stretta a me che potevo.

 

Non riuscivo a capire se lo stesse facendo apposta nei miei confronti, oppure se le venisse naturale di guardare con quegli occhi sognanti quelli di Daniele. Un paio di volte, mentre eravamo fuori a visitare Londra, l’avevo ritrovata a osservarlo silenziosa. Quando poi lui si voltava e la vedeva, lei sorrideva, come se niente fosse accaduto. E mi veniva da pensare che quegli stessi sguardi così sognanti erano stati rivolti a me fino a poco tempo prima.

 

In quell’ultimo periodo le cose tra me e lei non erano state molto rosee e tutto per via della mia nuova band.

Ma lei non capiva quanto questa opportunità fosse importante per me. Io tenevo a quei ragazzi, tenevo a quella musica e lei pareva non capirlo.

E quando la sera uscivo di casa per andare a suonare, lei pareva indifferente a tutto ciò, come se io non ci fossi stato e come se non le avessi detto niente.

 

Dopo un po’ avevo perso la speranza di parlarle della mia nuova attività, visto che non provava nessun tipo di curiosità nei sui riguardi. Ma mi dispiaceva al tempo stesso, che si stesse così allontanando da me e che si stesse nuovamente avvicinando a lui.

E che lo stesse facendo sotto ai miei occhi.

 

Mi preoccupai ancora di più, quando una mattina di quelle parlando con Walter, l’unico dei quattro che aveva un po’ più di praticità con l’inglese, mi disse che tra Iris e Daniele non scorreva molto buon sangue. Mi disse che da un po’ di tempo litigavano spesso, per motivi a lui estranei e che avevano deciso di fare quella vacanza, proprio per cercare di mettere fine a quella loro brutta situazione e cercare di rimediare il loro rapporto.

 

Ma più che a rimediare il loro rapporto, mi pareva che l’intenzione di Daniele fosse quella di rimediare qualcosa da Giuly.

 

Era arrivata la mattina dell’ultimo dell’anno, la vigilia del nostro decimo anniversario e quando la mattina mi svegliai, i miei propositi erano più buoni di quelli che avrei mai sperato. Il giorno precedente dopo essere andato da Danny a fargli la mia visita giornaliera, mi ero diretto in gioielleria e avevo comprato una piccola collana d’argento d’oro bianco con piccolo pendaglio a forma di cuore per Giuly.

Sapevo quanto adorava l’oro bianco ed ero sicuro che quando avrebbe visto il mio regalo, mi avrebbe donato uno di quei meravigliosi sorrisi che io amavo tanto.

   

Ma quando scesi in cucina, trovai un biglietto per me:

Ciao Doug, sono andata al Madame Tussaud con i ragazzi perchè loro non ci sono mai andati. Non ti ho svegliato, tanto so quanto ti annoi nei posti in cui sei già stato. Magari ci vediamo in giornata, oppure ci vediamo direttamente stasera per andare da Danny.”

 

Già.. quella sera avevamo deciso di trascorrerla con Danny e Candy. Dopo tutto quello che gli stava succedendo, eravamo sicuri che un po’ di compagnia gli avrebbe fatto piacere.

 

Lessi nuovamente il biglietto, cercando qualche parola affettuosa rivolta nei miei confronti, ma non ne trovai traccia. Quella mattina avrei avuto una riunione con la band, ma ero così triste e dispiaciuto per quello che stava succedendo, che preferì mandare un messaggio al chitarrista della band e dirgli che non sarei potuto andare.

Mi si prospettava davanti una bella giornata di solitudine.

 

Decisi che sarei andato a cercare Giuly e dopo aver preso la macchina ed essermi diretto in centro, in quell’inferno stradale, arrivai al Madame Tussauds. Odiavo guidare nel centro di Londra, ma la situazione non era delle migliori, quindi per una buona volta misi da parte l’odio che avevo per il traffico del centro. Arrivato a destinazione parcheggiai poco distante dal museo.

Solo quando scesi e mi ritrovai lì davanti, mi venne in mente che quello era il posto dove io e Giuly eravamo andati per il nostro primo appuntamento.

E proprio in quel momento la mia mente partì verso il mondo dei ricordi..

 

Arrivato davanti al portone della sua casa, suonai e dopo un minuto lei si affacciò sulla porta salutandomi con il sorriso sulle labbra.

‹‹Ciao››

‹‹Ciao›› dissi a mia volta dandole un piccolo bacio a fior di labbra.

Lei si chiuse la porta alle spalle e poi mi prese per mano.

‹‹Allora dove mi porti oggi?›› mi chiese curiosa.

‹‹Ah ah›› scossi la testa ‹‹niente da fare. Vedrai quando siamo arrivati là››

Sbuffò, ma allo stesso tempo vidi che era divertita da quel mistero.

Prendemmo la metro, ma invece di scendere alla fermata di Baker Street, scendemmo alla precedente: Regent’s Park.

Quando Giuly vide che presi quella strada mi disse tutta entusiasta:

‹‹Aww! Hai organizzato un pomeriggio romantico al parco?››

Io sorrisi tra me e me e le risposi solamente:

‹‹Aspetta e vedrai››

Le presi nuovamente la mano e la trascinai dietro a me. Ne approfittai per farle fare un bel giro per il parco, per farla distrarre dalle mie vere intenzioni. Lei si osservava attorno tutta eccitata e felice di essere in quel posto. Procedemmo lungo le due strade circolari concentriche del parco ottocentesco e poi cercai una buona uscita che ci avrebbe condotto verso Marylebone Road.

Lungo il tragitto sentivo la mano di Giuly stretta saldamente alla mia. Mi voltai ad osservarla e proprio in mezzo al marciapiede mi fermai e la baciai.

Sentii dietro di me dei brusii dei passanti, ma poco mi importava.

Amavo quella ragazza.

Giuly mi guardò interrogativa, per poi chiedermi con un sorriso:

‹‹A cosa devo tutto questo impeto?››

‹‹Niente›› risposi io ‹‹Volevo darti un bacio, tutto qui››

Lei si alzò un pochino sui talloni e mi diede un piccolo bacio innocente.

‹‹Grazie›› disse solamente.

Il mio intento di distrarla era riuscito magistralmente, perché eravamo arrivati in Marylebone Road e lei non si era accorta di niente.

Proprio quando passammo davanti all’entrata del museo io le sussurrai all’orecchio:

‹‹E grazie di che? È il nostro primo appuntamento e deve essere perfetto. Infatti non è neanche cominciato››

Aprii il portone del Museo e vi entrai dentro, con Giuly che mi seguiva stupita.

‹‹Che fai?›› chiese con un filo di voce.

‹‹Adesso inizia il bello›› le dissi con un sorriso.

Lei mi guardò con gli occhi che brillavano e sussurrò nuovamente un “grazie” tra le labbra.

Andammo a fare i biglietti e poi seguimmo il percorso che portava ad un ascensore. Salimmo assieme ad altri due ragazzi e quando la porta si aprì, mille scatti di fotografi ci colpirono in pieno volto. In realtà non si trattava di fotografi in carne ed ossa, bensì di alcune sagome di paparazzi attaccate al muro, dalle cui macchine fotografiche provenivano dei flash.

Giuly rimase un secondo immobile vicino a me, ad osservare incantata quei mille flash, ma poi si riscosse e fece due passi verso quei flash, intenta a farsi “fotografare” nelle varie pose da tappeto rosso.

‹‹Non sei a una premiere sai?›› dissi andandole in contro.

‹‹Oh ma sto facendo le prove caro!›› disse lei molto sofisticata.

‹‹E per cosa?›› chiesi curioso.

‹‹Beh.. Per quando sarai famoso no?››

Non potei fare a meno di ridere e di portarla via da quei flash, per entrare nella prima stanza con le statue di cera.

Appena entrammo Giuly si fermò nuovamente, immobilizzata ad osservare il salone in cui eravamo appena entrati. Davanti a noi c’era una piccola fontanella e tanti pilastri bianchi. Le varie statue posavano immobili tutte attorno a noi.

‹‹Guarda Doug guarda!›› iniziò a urlicchiare lei quando si riscosse dal suo stato di momentaneo shock. ‹‹Guarda!! C’è Julia!! Julia Roberts! E Kate Moss! E Brad Pitt! E Tom Cruise!!››

Saltellava da destra a sinistra senza fermarsi un attimo.

‹‹Ehi se ti calmi un attimo possiamo fare delle foto, che ne dici?››

Lei mi guardò come se avessi detto la cosa più intelligente del mondo.

‹‹Le fotooooo! Non ci avevo pensato! Doug ma sei un genio!!!›› mi abbracciò con trasporto e poi mi sorrise, come se avesse avuto quattro anni.

‹‹Da dove iniziamo?››

‹‹Beh da dove vuoi tu››

Lei mi prese per la mano e decise che fare le foto in senso orario sarebbe stata la soluzione migliore. Ci scambiavamo di posto e ad ogni star facevamo una faccia diversa. Fui geloso di come venne bene la foto di lei in procinto di baciare Johnny Depp su una guancia.

Ero geloso di lui.

Quando finimmo la prima sala entrammo nella seconda e continuammo a farci mille foto con le tante star del cinema; poi fu la volta della sala degli sportivi e della famiglia reale. In fondo alla sala, seduti su un divanetto, c’erano le quattro statue dei Beatles e poco distante da li altri famosi cantanti. Seguiva poi la sala dei politici e delle figure religiose più importanti. Finita anche quella sala una guida ci fece strada e ci disse che se volevamo potevamo scegliere il percorso che prevedeva la visita alla “Chamber Live” oppure proseguire per andare direttamente alla Camera degli orrori. Io guardai Giuly e lei con un sorriso disse:

 ‹‹Chamber Live vero?››

Io annuii poco convinto e assieme a lei mi diressi all’entrata.

Il giro prevedeva l’entrata in una prigione completamente buia, dove c’erano figure umane che vagavano qua e la con catenacci, spaventando noi visitatori. Sentivo Giuly sussultare ad ogni passo e stringermi così tanto la mano, quasi da stritolarla, così le passai un braccio sulle spalle e quando quei pochi minuti di buio,rumori e urla furono finiti, mi guardò riconoscente:

‹‹Forse era meglio non entrare›› disse impaurita.

Ma non era finita lì. Continuando c’era la sala delle torture con statue molto tetre che ci attendevano in un corridoio cupo, dove l’aria pesante e sgradevole aiutava a sentire quella “tremenda atmosfera di morte”. Vedevo Giuly osservarle silenziosamente, come se al nostro primo rumore quelle avessero potuto andarle incontro per farle del male. Sorrisi al pensiero di come più di una volta quel giorno mi era sembrata una bambina.

Finita la sala delle torture entrammo in una sala dove veniva mostrato il processo della lavorazione delle cere, con esempi di progettazione e realizzazione di vari modelli. Arrivati a quel punto, altre guide ci indirizzarono verso alla penultima attrazione del museo: la sezione “Spirit of London”, un giro su un vecchio black cab tipico di Londra che seguiva un percorso su rotaie e offriva la migliore visuale di oltre 400 anni di storia londinese. Anche in questo percorso erano moltissime le statue e le illuminazioni utilizzate. Seduti nel nostro taxi, osservavamo la vecchia Londra che scorreva accanto a noi, tra le salite e le discese del percorso. Finito il percorso seguimmo la strada conduceva verso una stanza a forma di cupola, dove proiettarono “Aardman Presents: The Wonderful World of Stars for Madame Tussauds” un cartone animato con la trama di alcuni alieni che arrivano sulla terra che fanno incontro con le star nel museo. Finito il piccolo filmato, proseguimmo verso il punto shopping, dove poco distante dalla cassa vidi una foto mia e di Giuly, scattata a tradimento durante il piccolo tragitto nel black cab.

Quando lei vide le nostre facce preferì tenersi le tante foto che ci eravamo scattate da soli e dopo aver dato una veloce occhiata dal negozio uscimmo in strada.

I suoi occhi risplendevano di luce propria e il suo sorriso era radioso.  

‹‹Doug.. Io non so come hai fatto! È stata un’esperienza fantastica!! Tutto quanto! Anche la Camera degli orrori! Io.. Grazie, non so che altri dirti! Davvero grazie! È il miglior primo appuntamento che avessi potuto sperare››

La guardai sorridendo:

‹‹Sono felice che la mia idea ti sia piaciuta! Non volevo fare una cosa banale e questo era qualcosa di diverso rispetto al cinema o a una passeggiata nel parco››

‹‹Già›› annuì lei ‹‹hai proprio fatto centro››

‹‹Ma se vuoi possiamo prolungarlo ancora di più questo appuntamento..››

Lei mi invitò a continuare ‹‹Beh che ne dici di una cenetta italiana? Per farmi scoprire un po’ le tue tradizioni?››

Vidi che lei mi guardò scettica.

‹‹E credi che qui a Londra ci sia un posto adatto e all’altezza per mangiare del buon cibo italiano?›› chiese.

‹‹Beh›› avevo già pensato anche a quello ‹‹Gi e le sue origini italiane, mi avrebbero consigliato un ristorantino nella Queensway, non molto lontano dalla stazione metropolitana di Bayswater.. Che ne dici? Te la senti di provare?››

Lei ebbe un attimo di esitazione, ma poi accettò.

E fece bene, perché la cena a base di pasta alla bolognese, delle fettine di carne rossa con patate arrosto e una fetta di crostata con marmellata alla pesca, fu un toccasana dopo il pomeriggio passato a scorrazzare per le vie di Londra. Finita la cena, chiesi a Giuly se le andava di fare un piccolo giro a Kensington Garden, così andammo a trovare Peter Pan.

Poi un po’ distrutti per la giornata prendemmo la metro e la accompagnai  fin sotto al portone della sua casa.

‹‹Proprio come un vero gentiluomo›› scherzò su Giuly.

Io mi avvicinai a lei e la baciai.

‹‹Solo perché sei tu.. e perché ti amo››

Lei sorrise.

‹‹Ti amo anche io Doug! Grazie per tutto! Sei stato perfetto!››

Le diedi un altro piccolo bacio e poi la lasciai andare. Lei sparì dietro la porta e io mi avviai a casa. Dopo due minuti che stavo camminando il mio cellulare vibrò.

Era Giuly e il suo messaggio diceva:

“Già mi manchi”.

 

Il clacson di un camion che proveniva non molto lontano dalla mia posizione, mi riscosse da quel tunnel di ricordi in cui ero finito.

Scossi la testa.

Che cosa stava succedendo? Dove era finito quel bellissimo rapporto di serenità che io avevo sempre avuto con Giuly? Ma soprattutto.. Che credevo di fare? Credevo forse che andando là avrei ritrovato Giuly e che dopo avrei potuto riportarla a casa come una bambina di dieci anni che ha disubbidito al padre?

Mi meravigliai di me stesso. Giuly era una donna autonoma e poteva fare ciò che voleva.

Mi aveva palesemente allontanato da lei quella mattina, probabilmente sperando di rimanere un po’ sola con Daniele.

 

A quel pensiero, una morsa allo stomaco si fece sentire.

Stavo perdendo Giuly. E solo perché lei non capiva quanto fossero importanti per me quella nuova band e quei ragazzi che avevo conosciuto da un po’ di tempo a quella parte.

Perché io dovevo mettere da parte le mie ragioni per stare a sentire le sue, se poi lei mi piantava in asso così per stare con un altro?

 

Presi il cellulare e vidi che non c’erano punte chiamate, così mandai un messaggio a Clive, il chitarrista leader della band, per chiedere come era andata la riunione.

Mi rispose dicendomi che era stata spostata nel primo pomeriggio.

Io feci marcia indietro e dopo essere passato di casa a mangiare un boccone, mi diressi negli studi e mi ritrovai con loro.

Mi piaceva stare in loro compagnia, pianificare, comporre, creare, suonare… Erano delle belle sensazioni quelle che provavo con loro e mi facevano stare bene.

 

Finita la riunione, mi diressi verso casa e quando arrivai Giuly non era ancora tornata dalla sua gita mattutina. Andai in camera e scelsi i vestiti per la sera, quando ad un certo punto, mentre mi stavo preparando, il mio cellulare squillò.

Quando lo presi trovai un messaggio di Giuly:

Doug io farò un po’ tardi, quindi avviati pure da Danny! Ci vediamo là. A dopo

Solitamente quando mi mandava i messaggi c’era sempre qualche parola dolce per me, ma questa volta non fu così.

 

Finii di prepararmi, poi presi la macchina e andai a prendere un po’ di champagne, dopo di che mi diressi verso l’ospedale.

Arrivato trovai già Harry assieme a Danny, fuori dalla stanza di Candy che stavano parlando.

Danny non aveva una cera migliore rispetto ai giorni precedenti: quelle profonde occhiaie persistevano sotto ai suoi occhi chiari, ma vidi comunque che stava cercando di sorridere alle parole che gli stava dicendo Harry.

Quando mi videro li salutai e subito Danny mi chiese:

 ‹‹E Giuly dov’è?››

Cercai di sorridere, come se nulla fosse accaduto e poi dissi:

‹‹Arriverà tra poco, doveva finire di fare una cosa››

‹‹Tutto bene comunque?›› mi chiese Harry.

‹‹Si si››

Perché continuavano a chiedermelo?

Poi mi rivolsi verso Danny e chiesi a lui:

‹‹E te come va? La situazione è un po’ migliorata?››

Lui mi fece un triste sorriso e poi sussurrò:

‹‹Come sempre. Non ci sono cambiamenti››

Sospirai.

Danny sviò la conversazione su Harry chiedendogli come procedeva il lavoro al negozio.

Probabilmente voleva svagarsi un po’ con noi, cercando di non pensare alla sua brutta situazione almeno per poco tempo.. 

 

Parlammo tra di noi fino a quando non arrivarono Tom assieme alla piccola Holly e Giovanna. Anche loro erano vestiti di tutto punto, sorridenti e felici.

Li salutammo e dopo che la piccola Holly finì il suo giro di baci agli zii, Giovanna mi chiese perché Giuly non era lì con me.

Io guardai l’orologio e notai che iniziava a essere tardi, ma le dissi ugualmente che sarebbe stata li in pochi minuti perché doveva finire di fare una cosa.

Dal suo sguardo capii che lei non se l’era bevuta, ma non le diedi peso.

 

Presi il cellulare e feci per chiamare Giuly, ma appena iniziò a squillare, sentii che non c’era il bisogno di sapere dove si trovasse.

‹‹Buonasera a tutti›› disse con la sua splendida voce.

Quando mi voltai rimasi senza fiato.

Era semplicemente perfetta.

Il vestito nero che indossava quella sera, le ricadeva perfetto sulle sue forme delicate.

Proseguì fino ad arrivare verso di me, si fermò e poi mi diede un piccolo bacio a fior di labbra, ma senza guardarmi negli occhi.

Perché mi stava facendo tutto quello?

Senza neanche una parola, senza un sorriso, si diresse verso gli altri ragazzi per salutarli.

Si fermò da Dan e scambiò alcune parole con lui e dopo averlo abbracciato, andò da Giovanna e si fermò a parlare con lei.

Cercavo di capire che cosa le stesse dicendo, ma afferravo solo poche parole, anche se ero a poca distanza da lei. E non volevo dare nell’occhio agli altri ragazzi, non volevo che si accorgessero che in un certo senso la stavo spiando.

Giuly sembrava entusiasta di quello che diceva a Giovanna e aveva uno strano sorriso sulle labbra.

Non era il suo vero sorriso, ma sembrava piuttosto un sorriso che non avevo mai conosciuto, che non aveva mai sfoggiato in mia presenza.

C’era qualcosa che non mi tornava.

 

‹‹Si e poi ci siamo fatti tante foto.. Non puoi capire, è stato meraviglioso! Era troppo tempo che non mi divertivo così››

Avvertii nuovamente una morsa allo stomaco.

Quella mattina lei si era divertita come non le succedeva da tempo, nel luogo dove eravamo stati per il nostro primo appuntamento, un luogo che era stato nostro e solamente nostro.. e lei c’era andata con i suoi vecchi amici, quegli amici che non avevano esitato a tradirla alle sue spalle quando si era trasferita in Inghilterra.

Non potei fare a meno di sentirmi triste.

Triste perché sentivo che lei si stava allontanando da me, triste perché non sapevo come comportarmi, per la prima volta dopo tanti anni che la conoscevo.

 

Sentivo di avere paura.

Paura matta che lei potesse allontanarsi da me, paura di non poter più vedere il suo bel sorriso, soltanto per me, di non poterla di abbracciare, paura di non sentirla più mia.

Che quel Daniele le avesse fatto nuovamente battere il cuore per lui?

Avevo afferrato fin troppo bene che quel sorriso non era rivolto a me quella sera, ma non mi meritavo tutto quello.

Non per ciò che stavo facendo.

Perché lei non riusciva a capirmi?

 

La mia mente era dispersa tra mille pensieri, mentre il tempo, nella piccola stanza che ci avevano ceduto per quella sera, passava indisturbato. Ogni tanto vedevo Danny uscire, probabilmente per fare qualche piccola visita a Candy.

Ci ringraziò più di una volta quella sera, per essere andati là da lui ad aspettare lo scadere della mezzanotte. Lo avevo visto sorridere più degli ultimi giorni e questa cosa mi rincuorò un pochino.

Avevamo fatto la scelta giusta, decidendo di andare lì.

E poi c’era la presenza di Holly, che intratteneva tutti noi con le sue dolci parole e i suoi abbracci.

Se non fosse stato per i miei problemi, probabilmente sarei stato più loquace e avrei parlato di più con gli altri.

Ma proprio non ce la facevo ad abbandonare quei miei pensieri.

 

Nella tasca della mia giacca era nascosta la piccola scatolina che conteneva la collana che avevo comprato per Giuly la mattina precedente. Ogni tanto la tastavo, per sentire se era sempre lì con me.

Che avrebbe detto quando avrebbe aperto il pensiero che le avevo comprato?

Ero curioso di scoprirlo.

 

Mancava veramente poco allo scoccare della mezzanotte, così tutti noi preparammo lo champagne e i bicchieri per brindare al nuovo anno.

Poi iniziò l’immancabile conto alla rovescia:  

‹‹10, 9, 8, 7..››

Tutti noi scandivamo i secondi che restavano, mentre Holly ci guardava sorridente:

‹‹6,5,4,3,2,1››

E poi esplosero alcune grida:

‹‹Auguriiiiiiiii››

 

Dopo una serie di “auguri” generale, vidi Danny uscire dalla stanza, mentre io mi focalizzai su una persona.

La raggiunsi fino a che non fui proprio dietro a lei.

Con un braccio le sfiorai un fianco e lei si voltò verso di me.

‹‹Hey›› sussurrai.

‹‹Hey›› mi fece eco.

Da quanto non parlavo con lei?

Ormai erano più di 24 ore.

Sorrisi, ma lei non ricambiò il mio sorriso.

Ero incerto su cosa dirle:

‹‹Io..Io volevo farti gli auguri e..›› stavo per prendere la scatolina dalla tasca, quando le parole di lei mi bloccarono:

‹‹Ah già›› disse con una voce neutra, come se si fosse appena ricordata che proprio in quel momento, io e lei festeggiavamo dieci dei nostri anni assieme ‹‹Auguri anche a te››

Poi si voltò dall’altra parte, per andare a parlare con gli altri.

Sospirai.

 

Probabilmente, quel suo sorriso che tanto attendevo alla vista del regalo, non si sarebbe mai fatto più vedere.

 

 

 

     *                                                                                         *                                                                                           *

 

Oh. Questo è forse uno dei pochissimi capitoli di questa storia che mi piace. E ci tengo particolarmente, ecco. Spero che sia piaciuto anche a voi!!! *.*

Un grazie particolare a Tsumika che mi lascia sempre un commento e mi fa felice. ^-^

Alla prossima!!

   
 
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