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Autore: _yulen_    23/12/2015    1 recensioni
Yekaterina Danilenko è una ragazza di origine russe, ma che prima dell'Apocalisse abitava a Fargo, un piccolo paesino in Georgia. Orfana di madre, morta dandola alla luce, è cresciuta con il padre che nonostante la mancanza della moglie, è riuscito ad educarla.
All'età di cinque anni fa la conoscenza dei fratelli Dixon e da lì nasce una profonda amicizia che l'accompagnerà per tutta l'adolescenza, ed è proprio in quel periodo che si innamora di Daryl, il minore dei due fratelli.
Quando i morti iniziano a risorgere, Kate sa che potrebbe morire da un momento all'altro, ma non vuole andarsene senza prima essere riuscita a dichiarare il suo amore.
Tra fughe da orde di vaganti e lotte per sopravvivere, Kate dovrà riuscire a trovare il coraggio di confessare al suo amico di vecchia data i suoi sentimenti e un'altro piccolo segreto che potrebbe distruggere la loro amicizia.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Dixon, Merle Dixon, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo33

 
 
 
 
 
 
 

La sera era arrivata, ma del gruppo andato in città non c'era ancora traccia, ogni minuto che passava diventavo sempre più ansiosa e non c'era modo per farmi calmare.
«Dovevano essere di ritorno ore fa» mormorai preoccupata.
«Forse hanno avuto problemi con l'auto» suggerì Dale che, anche se in pensiero con me, riuscì a tenere una maschera di calma.
«O forse sono stati accerchiati, o peggio ancora morti».
Lori mi lanciò uno sguardo assassino e avvolse le spalle del figlio con un braccio, capii di aver esagerato a reagire così e mi vergognai, ma non sapevo che pensare. Doveva essere una semplice ricerca di provviste, anche se Kim era nuova del mestiere non era sola, con lei c'erano Rick e Glenn e lui sapeva il fatto suo.
«Qualcuno dovrebbe andare a cercarli» propose Andrea ed io mi trovai d'accordo con lei
«Non sappiamo dove sono e rischieremo di trasformare questa cosa in una doppia missione di ricerca» continuò Dale.
«Quindi che proponi? Rimanere qui seduti senza fare niente?» sbottai stizzita.
«Sì, almeno fino a domani mattina, uscire ora sarebbe troppo pericoloso».
Lasciai cadere il discorso senza prestare attenzione alle parole del vecchio e dopo aver preso una pistola dal camper arrivai fino all'accampamento di Daryl sperando che almeno lui mi ascoltasse e mi aiutasse.
Quando arrivai alla sua tenda tuttavia non vi trovai nessuno, nemmeno Merle che di solito era già a dormire da un po’ e sbuffando ripiegai sul piano C che comprendeva l'aiuto di Maggie; lei era l'unica a conoscere la città e se avessi fatto la giusta pressione forse mi avrebbe dato una mano.
La trovai sulla veranda seduta su una sedia in legno con le ginocchia al petto e lo sguardo verso il sentiero di ghiaia che portava oltre i confini della fattoria.
«Ti disturbo?» domandai avvicinandomi cauta.
Ella rispose con una alzata di spalle ma non si voltò a guardarmi.
«So che non siamo partite con il piede giusto e mi dispiace per come ho reagito, ma mi sentivo minacciata e volevo che anche i miei amici fossero a sicuro».
«Hai salvato la vita di mia sorella» disse sorridendomi sincera. «Questo basta per ricominciare da capo».
Feci passare alcuni minuti di silenzio in cui valutai quali parole usare per chiederle di accompagnarmi in città, non potevo dirle di lasciare qualsiasi cosa stesse facendo, portarmi in paese e probabilmente rischiare la vita, senza contare che il padre le avrebbe vietato di uscire così tardi.
«Sono qui perché ho bisogno del tuo aiuto. Kim è uscita questo pomeriggio insieme a Rick e Glenn e non sono ancora tornati. Voglio andare a cercarli».
«È rischioso, se fosse giorno ti direi di prendere i cavalli e andare, ma tra poco farà ancora più buio e potremmo incappare i seri guai» rispose. «Anche io ho paura per Glenn, ma so che lui preferirebbe sapermi qui al sicuro».
«Allora dammi una cartina, posso farlo anche da sola».
«Sai che non posso lasciartelo fare e i tuoi amici non mi perdonerebbero mai per averti permesso di andare. La tua amica non è sola e mi sembra una in gamba, sono sicura che se ha avuto dei problemi ha trovato un posto in cui rifugiarsi».
Le parole di Maggie non mi sollevarono dal mio stato d'animo, tuttaviama aveva ragione; Kim era intelligente abbastanza da sapere che se fosse successo qualcosa da impedirle di tornare indietro avrebbe dovuto trovare un luogo in cui nascondersi.
«Se per domani mattina non sono qui andremo insieme in città, conosco la farmacia e i negozi di cui parlavano».
Annuii anche se ancora poco convinta e dopo la cena che toccai a malapena andai a dormire nell'angolo che mi ero ritagliata in sala senza riuscire a riposare per più di due ore, più volte mi svegliai di soprassalto o con il cuore in gola e alla fine decisi di alzarmi e andare di vedetta sopra la finestra del fienile nella speranza di vedere la macchina marcare il sentiero che avrebbe ricondotto a noi i nostri amici.
Rimasi lassù tutta la notte con lo sguardo fisso all'orizzonte fino alla mattina, quando, di comune accordo, decidemmo che un altro gruppo sarebbe uscito alla ricerca dei nostri compagni anche se non ero ancora pronta per fronteggiare nuovamente quel mondo decisi di accantonare la mia paura.
Seguii Maggie nelle stalle e proprio quando misi il piede nella staffa per salire in sella sentii il rumore delle gomme sulla ghiaia, immediatamente lasciai le redini che stringevo dalle mani e corsi fuori per vedere che parcheggiata davanti la casa c'era la macchina con la quale Kim, Rick e Glenn erano partiti.
Presa dalla gioia e dall’euforia iniziai a correre più veloce di quanto mi aspettassi e quando fu davanti a Kim le saltai addosso finendo entrambe a terra tra le risate dei presenti.
«Porca puttana, Kate!» borbottò infastidita, ma guardandola vidi che stava sorridendo.
«Ho quasi avuto un infarto a causa tua» le dissi.
«Sì, a proposito, abbiamo avuto qualche pro-».
«Chi è quello?» domandò qualcuno, T-Dog forse, indicando i sedili posteriori.
Mi rialzai da terra e tesi una mano alla mia amica per aiutarla.
«Si chiama Randall, è lui il nostro contrattempo» rispose Kim.
Il primo a reagire a quella nuova notizia fu Shane che dopo aver sbottato e guardato il suo ex collega come se fosse un serpente velenoso se ne andò a grandi falcate.
«Mi piacerebbe davvero sapere cosa è successo, ma prima dovresti lavarti e cambiarti, ai roba nei capelli» dissi indicando la chioma scura di Kim.
«Se mi dai una mano ti racconto tutto» rispose intimandomi di seguirla con un cenno del capo.
Annuii e con il permesso di Hershel l’accompagnai in uno dei bagni in cui si pulì dal sangue e dallo sporco sulla pelle. Gettò i vestiti in un angolino ed entrò nella vasca da bagno gettando la testa all’indietro quando l’acqua calda avvolse il suo corpo, raccolsi i panni per gettarli a lavare, ma quando vidi che la maglia e i pantaloni erano strappati in più parti decisi che non valeva la pena sprecare acqua.
«Ormai sono inutilizzabili, dovrai buttarli» dissi sedendomi contro la porta. «Allora, cos’è successo?».
Kim aprì un solo occhio per guardarmi e respirò pesantemente, affondando ancor di più nella vasca.
«Avevamo quasi finito di controllare i negozi, eravamo all’ultimo quando sono entrati dei tizi, hanno detto di far parte di un gruppo e che cercavano un posto in cui accamparsi. Non ci è voluto molto per capire che non avevano buone intenzioni e alla fine le cose sono precipitate, Rick li ha uccisi».
«E Randall?».
«Quei due non erano soli, c’erano tre o quattro persone ancora, ci hanno assaltati, alcuni sono morti, uno è riuscito a scappare, ma quel povero disgraziato si è fatto male saltando da un tetto infilzandosi la gamba su un inferriata, Rick non voleva lasciarlo lì a morire così ha deciso di portarselo dietro, come se non fossimo abbastanza numerosi».
«È un ragazzino ed è ferito».
«Ha cercato di ucciderci».
«Avete iniziato voi».
«Per difendere l’incolumità del gruppo».
Scossi la testa e sbuffai. «D’accordo, è impossibile vincere una discussione con te, ti lascio al tuo bagno».
Mi alzai in piedi e raccolsi i suoi vestiti che gettai nel fuoco una volta uscita dall’abitazione. Rientrando per portare a Kim un cambio di vestiti fui fermata da Hershel che mi chiese di aiutarlo a sistemare la gamba del ragazzo: la ferita era molto grave, non avrebbe perso l’uso dell’arto, ma ci sarebbe comunque voluto un po’ di tempo per riacquistare parte della mobiltà, l’intero muscolo era stato strappato e un pezzo di osso era stato scheggiato.
«Non credo che sarò d’aiuto, non ho idea di come si ricuce un muscolo» dissi osservando la gamba.
«Avrò bisogno della tua assistenza in ogni caso. Fagli un’iniezione di morfina, non posso operarlo mentre è ancora sensibile».
Annuì e presi dal borsone un flacone marrone in vetro e una siringa che riempii con il liquido.
Legai il laccio emostatico attorno al braccio del ragazzo e disinfettai l’area dopo aver individuato la vena.
«Sentirai un lieve pizzicorio, poi passa» dissi sorridendo per incoraggiarlo.
Feci entrare l’ago nella pelle e lentamente premetti sulla testa dello stantuffo per permettere che la morfina entrasse in circolo, quando la siringa fu vuota estrassi l’ago e lo posai sopra un vassoio in metallo.
Quando l’anestetizzante iniziò a fare effetto e le palpebre del ragazzo si chiusero, Hershel iniziò la sua operazione mentre io lo assistetti nei limiti delle mie capacità.
 
 
 
 
L’operazione andò a buon fine, Hershel riuscì a ricucire il muscolo mentre io mi occupai di mettere i punti di sutura.
Randall dormiva ancora quando io finii di richiudere il polpaccio e decisi di lasciarlo riposare fino ad ora di pranzo, sciacquai le mani e scesi le scale insieme al vecchio, in salotto si era riunito una parte del gruppo; mancavano solo Kim, probabilmente ancora in bagno e i due Dixon che erano come al solito per i fatti loro.
«Abbiamo riparato la gamba, ma avrà bisogno di una settimana come minimo per rimettersi» disse Hershel.
«Quando potrà camminare gli daremo acqua, cibo e lo porteremo lontano da qui. Lasceremo che se la cavi da solo» rispose Rick.
«Cosa ti fa pensare che non vada a chiamare i suoi amici per portarli qui? Quel ragazzo è una minaccia, dobbiamo occuparcene» intervenne Shane.
«Quel ragazzo» sbottai io. «Era bendato quando l’hanno portato qui, basterà bendarlo di nuovo quando lo porterete via. Minaccia o no fino a prova contraria è un essere umano e va trattato come tale».
L’ex poliziotto mi guardò di sbieco e io restituii lo stesso sguardo di sfida solo per essere interrotta da Rick che aveva capito quali fossero le mie intenzioni.
«Diamoci tutti una calmata, per oggi non possiamo più fare niente» disse posando una mano sulla mia spalla.
Per sfuggire all’aria pesante presente nella stanza andai a cercare Kim che non trovai come mi aspettai in bagno, ma all’ombra di un albero con un libro tra le mani e lo sguardo concentrato sulla lettura.
«Cos’hanno deciso di fare?» domandò vedendomi arrivare.
«Lasciare il ragazzino libero quando potrà camminare».
Mi sedetti affianco a lei e alzai lo sguardo verso il fienile dove vidi Merle e Daryl lavorare per renderlo più resistente e adatto a viverci. Erano entrambi senza maglia, i loro muscoli si contraevano ogni volta che venivano posti ad uno sforzo per poi rilassarsi e mi chiesi come Kim riuscisse ad essere completamente indifferente ad una tale vista.
La mia amica spostò lo sguardo dal libro a me verso i due fratelli e sorrise derisoria. «Hai bisogno di un bavaglino?» chiese.
Prima che potessi rispondere estrasse qualcosa dalla sua tasca e me la lanciò, il suo volto, se possibile, si fece ancora più sinistro.
«Sono riuscita a prendere una scatola prima che arrivasse Glenn, lui e Maggie si stanno dando da fare a quanto pare. Fanne buon uso».
Non capii subito a cosa si stesse riferendo e quando vidi il pacco di preservativi tra le mie gambe le lanciai uno sguardo omicida.
«Kimberly!» sbraitai cercando di nascondere la confezione.
Kim per tutta risposta iniziò a ridere ed io la spinsi facendola finire distesa sull’erba mentre si dimenava ancora, subito dopo mi avventai su di lei per farle il solletico. Cercò di dire qualcosa tra una risata e l’altra ma non capii un granché ed io volendo ottenere la mia vendetta non le diedi un solo secondo per riprendere fiato, restammo lì a rotolarci tra fili d’erba e terra fino quando non fummo costrette a fermarci per respirare, le nostre costole dolevano e guardandoci in faccia riprendevamo a ridere. Sembravamo due bambine in quel momento distese nell’immenso prato a fissare il cielo con i capelli tutti spettinati, i vestiti sporchi di terra e le guance arrossate, ma non m’importava, dopo giorni così cupi avevo bisogno di un po’ di tempo con lei e infatti rispetto la sera precedente mi sentii più rilassata.
«Un giorno di questi ti strangolerò nel sonno» dissi.
«Non lo faresti mai, non riusciresti a trovare una sostituta degna di me» rispose un po’ presuntuosa.
Guardai l’orologio e vedendo che l’ora di pranzo si avvicinava decisi di andare a controllare il ragazzo.
Girandomi su un fianco le schioccai un bacio sulla guancia.
«Vado a vedere come sta Randall, ci vediamo dopo».
Mi alzai e rimossi come meglio potei i granelli di terra dai vestiti.
«Kate?» mi richiamò Kim. «Ti voglio bene».
Inarcai un sopracciglio a quell’affermazioni e non seppi se iniziare a ridere di nuovo o prenderla sul serio. Ovviamente sapevo che me ne voleva, ma non lo aveva mai detto se non in modo ironico e pensai che quella momentanea dimostrazione d’affetto fosse data dal fatto che la sera precedente aveva quasi rischiato la vita.
«Lo so» risposi sorridendo.
Tornai verso la casa e salutai Maggie che mi fermò per consegnarmi un vassoio con del cibo e un bicchiere d’acqua.
«Mio padre ha detto che sarebbe andato a trovare il ragazzo ferito, ma non mi sento al sicuro a mandarlo da solo. Puoi pensarci tu?» chiese.
«Ovviamente. Stavo giusto andando a vedere come sta» risposi prendendo il vassoio.
Salii le scale ed entrai nella stanza dove Randall stava riposando, vedendo che era sveglio decisi di fargli qualche domanda in più per capire che tipi fossero i suoi compagni.
Posai il vassoio con il pranzo sul comò e richiusi la porta accompagnandola con il collo del piede.
«Io sono Kate, come ti senti?» domandai.
Il ragazzo si mise a sedere sul letto e ripose evitando il contatto visivo, la sua voce tremò per la paura e cercò di proteggersi tirando su le lenzuola.
«Fino a qualche minuto fa stavo bene, ma ora la gamba fa male».
Frugai nelle tasche ed estrassi un blister di antidolorifico che gli porsi insieme al bicchiere d’acqua.
«Voglio farti alcune domande e vorrei che tu mi guardassi e rispondessi sinceramente. Non ho intenzione di farti male, ma alcuni membri del mio gruppo non sono come me».
Affacciandomi alla porta mi assicurai che nessuno fosse nei paraggi e poi mi sedetti su una sedia. Non volevo qualcuno scoprisse che stavo parlando con lui o si sarebbe accesa un’altra discussione a cui non volevo prendere parte e prima di decidere le sorti di un ragazzo che aveva sparato solo per difendere i suoi amici volevo capire che tipo di persona fosse.
«Quanto è numeroso il tuo gruppo? C’è qualche possibilità che vengano a cercarti?».
Egli deglutì, probabilmente per prendere coraggio e poi mi guardò.
«Siamo circa una trentina tra uomini, donne e bambini. Siamo piuttosto numerosi e armati, ma non credo verranno a cercarmi, mi hanno lasciato a morire, se non fosse stato per i tuoi amici sarei morto di certo».
«Ok, Kim mi ha detto che state cercando un posto in cui stabilirvi e che hanno cominciato loro, lei è mia amica e mi fido, ma voglio sentire anche la tua versione. Sono persone pericolose?».
Randall distolse lo sguardo ed abbassò il capo iniziando a rigirarsi tra le mani il lenzuolo che lo copriva.
Ciò che lessi sul suo volto non capii se fosse vergogna o paura e quei suoi gesti parlarono più di mille parole.
«D’accordo, ho capito. Hai detto che non verranno a cercarti, ma se dovesse succedere dovrai scegliere da che parte stare. I tuoi amici saranno anche numerosi e armati, ma noi siamo molto uniti, se spareranno attireranno i vaganti e pur di non lasciare questo posto lo distruggeremo» dissi. «Ora, per il quieto vivere è bene che tu non dica a nessuno ciò che hai detto a me, daresti solo motivo per agitarsi ancora di più e qui le minacce non sono ben viste».
Avvicinai il vassoio verso di lui e con un gesto della mano lo incitai a mangiare.
«Le medicine tienile pure, ma non prenderle a stomaco vuoto, sono piuttosto potenti. Passerà qualcuno più tardi a portare via il piatto, tu è meglio che non cammini per un po’».
Uscii dalla stanza, ma prima di chiudere la porta fui chiamata da Randall.
«Kate, giusto?» domandò e senza aspettare la mia risposta continuò. «Grazie».
Sorrisi e lo lasciai al suo pranzo poi scesi le scale e dopo aver preso dalla cucina due bottigliette d’acqua e un cesto con pane, frutta e verdura trotterellai verso il fienile dove i lavori di ristrutturazione erano ancora in corso. Alcune travi erano state messe di supporto contro le assi che reggevano il tetto per dargli maggiore stabilità, altre invece erano messe a rinforzare i punti più deboli come l’arco della porta che aveva ceduto quando gli zombie erano riusciti ad aprirsi un varco.
La puzza era ancora nell’aria nonostante il portone fosse rimasto aperto per due giorni e per terra e sulle pareti in legno c’erano chiazze di sangue che non sarebbero mai venute via. L’idea di dormire lì mi lasciò per qualche secondo, ma ripensandoci mi convinsi che l’arrangiamento che mi ero imposta era più che giusto; facendo così ognuno sarebbe stato più comodo e se fossi riuscita a convincere anche Kim a venire con me sarei riuscita dare ad Hershel e alla sua famiglia più spazio, dopotutto quella era ancora casa loro.
Sapevo che comunque sarebbe stato difficile farle cambiare idea, non tanto perché quel fienile era stato precedentemente dimora degli zombie, ma piuttosto perché non voleva avere niente a che fare con Merle. A lei dava fastidio anche solo il fatto che lui respirasse il suo stesso ossigeno, figuriamoci condividere lo stesso tetto.
Udii dei colpi di martello provenire dal solaio e reggendo il cesto con una mano usai l’altra per salire la scala.
«Solitamente le persone mangiano tutte insieme, non capisco quest’ostinazione a mantenere le distanze» brontolai. «E sicuramente potreste farmi risparmiare tutta questa fatica».
Una mano calda e ruvida prese la mia, alzai la testa e mi trovai a guardare gli occhi azzurri di Daryl, il quale si era chinato per prendere la cesta e posarla sul pavimento in modo da aiutarmi a salire l’ultimo piolo dove inciampai.
La scala ai miei piedi si spostò dal suo appoggio e io fui sicura di fare un volo di due metri sicuri se non fosse stato per Daryl che con un movimento rapido riuscì a tirarmi a sé. Sotto di noi la scaletta cadde con un tonfo attutito dal fieno.
I nostri petti si scontrarono e la forza dell’impatto del mio corpo contro il suo lo fece cadere sopra un cumulo di paglia, finii a cavalcioni sopra di lui con i nostri visi a pochi centimetri di distanza. Lo vidi deglutire e rimase svariati secondi a fissarmi senza fare niente, io iniziai a sentirmi leggermente a disagio, specie per la posizione in cui eravamo, e per evitare che qualcuno ci vedesse rizzai la schiena staccando i nostri petti e sedendomi del tutto sopra il suo bacino.
Così è ancora peggio.
In quella posizione il mio pube era a contatto con il suo e potevo sentire qualcosa di duro contro la stoffa dei jeans, ma non era quello a darmi fastidio, quanto più il fatto di non poterlo avere in quel preciso istante.
Con la code dell’occhio vidi le sue mani fremere e poi chiudersi a pugno, chiaro segno che stava cercando di contenersi e sorridendo maliziosamente spinsi il mio bacino contro il suo ottenendo un basso ringhio dalla sua gola.
«Katerina».
Disse il mio nome in modo così basso e roco che quasi non lo sentii, tuttavia il suo ammonimento non mi fermò e feci scontrare i nostri corpi di nuovo.
«Smettila».
Continuai con quel semplice movimento godendo nel vedere la mascella serrarsi, i suoi occhi chiudersi e il suo petto alzarsi e abbassarsi a ritmi irregolari fino quando con una mossa rapida ribaltò le nostre posizioni.
Quella a trovarsi tra la paglia ero io ora, ma non mi dispiacque, soprattutto per il modo in cui la sua mano teneva i miei polsi sopra la testa e come il suo corpo copriva il mio.
«Ti ho detto di smetterla» ringhiò, il suo fiato si mescolò con il mio.
«Davvero?».
Sorrisi innocentemente e poi leccai le sue labbra salate a causa del sudore che gli colava dalla fronte. La cosa successiva che sentii fu la sua bocca contro la mia in un bacio aggressivo, la sua lingua cercava di dominare la mia e dopo un vano tentativo di riprendere il controllo della situazione lasciai che fosse lui a condurre il gioco.
Solo quando liberò i miei polsi riuscii a far le mie dita tra i suoi capelli color sabbia fino alla nuca per poi farle sostare sui suoi pettorali coperti dalla camicia. Feci in tempo a disfarmi di primi due bottoni quando sentimmo dei passi salire la scala che era stata riposizionata.
Ci staccammo in fretta, ma non abbastanza. Una figura si stagliò alle spalle di Daryl mentre cercò di rialzarsi e un breve applauso ruppe il silenzio alquanto imbarazzante che calò su di noi.
«Vi prego, non fermatemi solo per me».
Riconobbi il tono sarcastico ed irrisorio di Merle e le mie guance diventarono ancora più rosse di quanto non lo erano già. Sentii Daryl mormorare un “Che stronzo” a bassa voce seguito da una risata ancora più forte da parte del fratello.
«Lo sceriffo ci vuole riuniti per fissare i turni di guardia» disse.
Colsi la palla al balzo e senza guardare Merle, che iniziò a ridere quando vide le mie gote accese, scesi i pioli.
Uscii dal fienile il più velocemente possibile e con passo veloce entrai nell’abitazione dove, dalla soglia, sentii le voci concitate provenire dal salotto.
Raggiunsi i miei compagni e non rimasi stupita quando vidi Rick e Shane litigare a causa del prigioniero; secondo Shane qualcuno doveva rimanere fuori dalla sua porta a fare la guardia perché poteva essere pericoloso e la sua era tutta una farsa, Rick invece sosteneva che non ce n’era bisogno poiché il ragazzo era sfiancato per la ferita subita e l’intervento.
Nessuno osò intervenire tra i due, ma io avendone abbastanza di quella disputa cercai di chiamare l’attenzione su di me, i due tuttavia erano troppo presi dalla loro discussione per ascoltarmi. Accanto a me, Kim, ancora più irritata di quanto non fossi io, fischiò mettendo a tacere i due uomini che si voltarono a guardarla di sbieco per averli interrotti.
«Sapete che si può parlare anche senza urlare?».
Le sorrisi mimando un “grazie” con le labbra e approfittando della calma feci un passo avanti per prendere parola.
«Randall non è una minaccia. Non può camminare e quindi a meno che non voli o si teletrasporti al suo campo dubito seriamente possa uscire di qui, ma avevo pensato di passare la notte nella stanza dove sta riposando per controllare le sue condizioni, essere sicura che la ferita non si infetti e che stia reagendo bene ai medicinali».
«Non ce ne sarà bisogno, quello lo posso fare io» intervenne Hershel. «Il ragazzo è stremato dal dolore, aggiungi la morfina data prima dell’intervento e i medicinali per il dolore non si sveglierà per i prossimi due giorni».
Rick annuì e acconsentì alla proposta del padrone di casa, ma poiché non voleva lasciarlo senza protezione decise che qualcuno doveva rimanere con lui e non potei non ridere quando Glenn si offrì per quel compito. L’occhiata che Hershel lanciò al mio amico non mi sfuggì e guardando Maggie vidi come cercò di nascondere il suo viso chinando il capo.
«Ci servono due persone nel camper, una che guardi il bosco dal solaio e altre tre che prendano il secondo turno fino al mattino sostituendo quelli della prima ronda» disse Rick puntando il fienile e il mezzo dalla finestra.
«Faccio io il primo turno nel camper» mi offrii.
«È meglio di no, non penso sia una buona idea dopo l’ultima volta».
A quella parola mi vergognai e spostai il peso da una gamba a l’altra, le mani iniziarono a sudare e sentii l’impulso di scappare correndo, ma quando Kim mi sfiorò il braccio e mi sorrise riuscii a calmarmi e a riacquistare la mia solita compostura.
«Resto io con lei, da lontano ha comunque una buona mira, sicuramente migliore della mia» intervenne T-Dog.
Mi voltai verso di lui e lo ringraziai per aver deciso di prendere il mio stesso turno.
«D’accordo» concesse restio. «Kim, Shane, vi dispiace sostituirli a fine turno?» domandò.
Sentii la mia amica sbottare a quella richiesta, e lanciai una rapida occhiata ai presenti per capire se se ne fossero accorti, ma nessuno parve aver notato il cambiamento di comportamento da parte sua. Nemmeno Shane sembrò felice di quella disposizione, ma anche lui non disse nulla, annuì e basta, cosa che fece anche Kim anche se con una certa riluttanza.
«Daryl, visto che occuperai il fienile voglio te di guardia, farai cambio con tuo fratello» ordinò l’ex sceriffo. «Qualcuno ha qualcosa in contrario?».
Un coro di “no” si levò e dopo quel breve incontro lasciarono il salotto. Io raccolsi dal mio angolino lo zaino e le coperte che portai nel fienile e poi corsi a cercare Andrea. Dovevo fare qualcosa di importante e lei era l’unica che non mi avrebbe ostacolata. Per fare la guardia avevo bisogno di riprendermi dal mio shock e non potevo chiedere a Kim di accompagnarmi in città alla ricerca di zombie da affrontare per eliminare la mia paura, me lo avrebbe vietato e Daryl non sarebbe stato da meno.
La trovai seduta sul portico della casa mentre affilava un coltello e vedendo che non c’era nessuno nei dintorni mi avvicinai a lei.
«Ehi» la salutai.
Ella mi sorrise ed io mi sedetti difronte a lei.
«Ho un grosso, grosso, grosso favore da chiederti» iniziai. «Quando gli zombie hanno invaso il cortile io mi sono bloccata, lo sai. Devo combattere questa cosa e o bisogno del tuo aiuto».
Andrea posò il caricatore sul tavolo e mi guardò incerta riguardo la mia proposta, ma io ero determinata a convincerla, se non ci fossi riuscita avrei dovuto ripiegare su Merle e volevo evitare di ricorrere a lui.
«Rimanere sveglia tutta la notte per scorgere eventuali pericoli e poi non essere in grado di affrontarli è un po’ una stupidata, non sei d’accordo? Non voglio essere spaventata, voglio mostrare a me stessa in primis che posso farcela».
«Cos’hai in mente?» chiese accettando.
«Andare in città, cercare qualche zombie per affrontarlo e poi tornare indietro prima che faccia buio».
«Conosco il posto giusto» disse.
Andrea mi portò in un zona residenziale dove mi disse aveva cercato me e Sophia insieme a Shane. Era lì che aveva imparato a sparare quando si era trovata circondata dagli zombie e speravo con tutta me stessa che la paura potesse aiutarmi a riprendere ciò che mi aveva portato via.
Le case erano costruite in blocco, avevano tutte la stessa struttura e si affacciavano su un’unica strada che era quella principale. C’erano pochi vaganti e si muovevano lenti, erano bersagli facili quindi stringendo il coltello tra le mani mi avvicinai ad un errante solitario, lontano dal resto degli altri e quando gli fui a pochi centimetri di distanza mi preparai per sferrare l’attacco, ma quando si voltò e mi guardò con i suoi occhi privi di vita e qualsiasi emozione l’arma mi scivolò di mano e con essa finii a terra anche io. Andrea non aveva mai lasciato il mio fianco quindi quando caddi e mi trovai senza possibilità di difendermi fu lei a intervenire e uccidere lo zombie.
Mi rialzai senza perdermi d’animo e dopo aver ripreso possesso del mio coltello cercai un altro errante che non fosse troppo vicino ai suoi simili.
«Forse dovremo tornare indietro» suggerì Andrea dopo il mio fallimento.
«No, non ancora».
Avanzai furtiva verso un non morto più interessato ad una maglia che ondeggiava appesa ad uno stendino che a me e prima di sferrare l’attacco respirai profondamente per calmarmi, chiusi anche gli occhi per pochi secondi per non dover guardare quella creatura e prima che il mio odore gli giungesse alle sue narici, lo pugnalai con un colpo preciso. Quando sentii il suono del coltello che penetrò la carne riaprii gli occhi per verificare se lo avessi attualmente colpito, ma la lama lo passò solo da una parte all’altra del collo e l’errante che si era finalmente accorto della mia presenza si girò e con la bocca aperta si avventò su di me.
Urlai in preda al panico e ancora una volta lasciai che il mio unico strumento di difesa mi sfuggisse dalle mani sudate. Non pensai nemmeno a raccogliere l’arma, mi girai e corsi dalla direzione opposta senza accorgermi che le mia grida avevano interessato anche il resto degli zombie che prima ignoravano la mia esistenza.
Entrai in macchina e chiusi la portiera con così tanta forza che temetti mi sarebbe rimasta in mano, tirai su il finestrino, mi rannicchiai sul sedile portando le ginocchia al petto circondandole con le braccia e iniziai ad ondeggiare leggermente. Abbassai il capo e chiusi gli occhi per non doverli vedere, convinta che quello sarebbe bastato a farli sparire, ma quando presero a colpire il vetro della macchina lasciando le impronte delle loro mani insanguinate sul vetro cominciai a piangere e a cercare le chiavi dell’auto per andarmene.
Le mie mani tremanti fecero fatica ad abbassare la visiera o a rovistare nel vano portaoggetti, tra le varie cianfrusaglie tuttavia non trovai quello che stavo cercando ed io mi abbandonai all’idea che quella volta non ne sarei uscita viva.
Andrea salì in macchina, ma non mi accorsi di lei fino quando non prese il mio volto tra le mani e lo girò verso il suo per potermi guardar negli occhi, mi stava parlando, ma vidi solo le sue labbra muoversi senza riuscire a capire una sola parola di ciò che stava dicendo.
Andrea lasciò il mio viso per girarsi verso il quadro dell’auto, pochi secondi dopo sentii il sedile vibrare e tra le lacrime che offuscarono la vista vidi gli zombie che prima premevano contro il finestrino diventare più piccoli man mano che la macchina, in retromarcia, si allontanava.
Riuscii a calmarmi solo quando vidi dalla stradina in ghiaia la forma della casa e sentendomi molto più al sicuro mi sedetti meglio sul sedile, posando i piedi sul tappetino invece di tenerli contro le mie cosce.
Quando l’auto si fermò, slacciai velocemente la cintura e corsi nel camper dove mi chiusi in bagno per sciacquare il viso ed eliminare ogni traccia di pianto, fu un po’ più difficile rimediare agli occhi gonfi, ma con qualche trucchetto riuscii a eliminare anche quelli e quando guardandomi allo specchio vidi che ero riuscita a mascherare bene anche il mio volto pallido con qualche schiaffo tornai all’aperto.
Ad aspettarmi fuori trovai Andrea che in modo discreto e con un tono di voce molto basso mi chiese se stessi bene.
«Sì, o almeno credo» risposi. «Mi dispiace per prima, volevo reagire ma non ci sono riuscita».
«Ehi, almeno ci hai provato» disse sperando di risollevarmi il morale, al che io scossi la testa.
«Non capisci, se tu avessi avuto bisogno di me io non avrei potuto aiutarti e mi odio per essere così debole. Vorrei gettare la spugna e mandare tutto al diavolo, ma voglio anche continuare finché non riesco a sconfiggere questa mia paura».
Andrea sorrise e mi mise una mano sulla spalla stringendo leggermente per consolarmi. «Sappi che sarò con te fino quando vorrai provare».
Sorrisi di rimando e l’abbracciai forte. «Grazie, davvero».
 
 
 
 
Kim mi trovò a tarda sera mentre allacciavo le stringhe dei miei stivali, il mio turno di guardia sarebbe iniziato a breve e prima di raggiungere T-Dog al camper volevo controllare prima lo stato delle armi, poco importava se erano state pulite proprio quel pomeriggio, volevo essere sicura al cento per cento che i fucili non si sarebbero inceppati proprio nel momento del bisogno come mi era già capitato.
«Sei stata strana oggi, dopo l’incontro in salotto» disse togliendosi gli anfibi e posandoli vicino al suo sacco a pelo.
«Avevo molto per la testa, Rick in fin dei conti ha ragione» mentii solo in parte. Era vero che la mia mente era oscurata da pensieri, ma quella non era il solo motivo e parlarne con lei mi avrebbe fatto fare tardi oltre che far nascere un’accesa discussione farcita con un vocabolo molto colorito da ambe due le parti.
«Forse ne ha, ma tanto vale darti un po’ di fiducia, no?».
«Lo scopriremo tra poco» risposi.
Mi alzai in piedi e tastai le tasche per controllare che avessi tutto il necessario e salutai la mia amica schioccandole un bacio sulla guancia, presi la pistola sul tavolo infilandola nel retro dei pantaloni e camminai fino all’arco che si affacciava sull’ingresso, lì Kim mi richiamò a sé strofinandosi un braccio.
Quello era un gesto che vedevo fare quando era a disagio e la sua esitazione nel parlare mi diede conferma che c’era qualcosa che la turbava.
«Devo davvero dormire con loro?» domandò indicando gli altri giacigli.
Kim odiava condividere lo spazio con persone che non conosceva bene o di cui non si fidava, era una cosa che la rendeva nervosa, infatti prima che il mondo finisse era raro vederla al bar di giorno o di notte e anche quando andava a fare spesa per lei era una questione di pochi minuti.
«Lo sai che puoi venire nel fienile con me».
«Non esiste!» sbottò perdendo momentaneamente la sua timidezza. «Il solo pensiero che tu mi stia suggerendo di accamparmi con te e il tuo amante mi mette i brividi, non voglio ascoltare i vostri amplessi mentre vi rotolate nella paglia».
Arrossii di colpo al pensiero e mi voltai per non farle vedere come le sue parole mi misero in imbarazzo, mi schiarii la gola e quando non sentii più la mia faccia bollire la guardai di nuovo.
«La scelta è tua, sai che c’è posto».
«E dover stare a un metro di distanza da Merle? No, grazie».
Roteai gli occhi e agitando una mano in aria la salutai prima di uscire dalla casa, quella conversazione avrebbe potuto continuare fino al mattino e io non avevo tempo per continuare a rispondere ai suoi battibecchi.
Quando salii sul camper vidi che T-Dog mi stava già aspettando con il fucile sulle gambe, presi posto sul sedile affianco a lui e tramite il binocolo posato sul cruscotto scrutai verso il bosco, ma a parte i rami e le foglie che si muovevano non c’era nulla che facesse presagire ad un pericolo imminente.
«Questo è il turno d guardia più noioso che io abbia mai fatto» brontolò T-Dog.
«Io non mi lamento di certo» risposi con una scrollata di spalle.
Preferivo annoiarmi a morte piuttosto che morire per non essere riuscita a superare una paura così stupida, quel pomeriggio era stato la dimostrazione che il mio era un problema serio e che mi serviva aiuto; aiuto che non sapevo a chi chiedere a parte Andrea e nonostante avessi il suo appoggio sapevo di non poter contare su di lei, non perché non mi fidassi, ma perché apocalisse o meno lei aveva la sua vita e io non potevo ronzarle attorno continuamente.
Avevo bisogno di qualcuno che nonostante tutto credesse in me e non mi trattasse come una bambola di porcellana, su questo posso dire che Kim riponeva molta fiducia nei miei confronti e pure T-Dog che quel pomeriggio aveva preso le mie parti non mi riteneva un’incapace, sapere che c’era ancora qualcuno che ancora credeva in me mi dava forza a sufficienza per continuare a lottare.
«Non credo di averti ringraziato per aver fatto cambiare idea a Rick» dissi.
«Non c’è problema, so che per te è stata dura».
Involontariamente strinsi il fucile tra le mani facendomi seria.
«Non sai quanto» mormorai.
La conversazione cadde e per i resto del nostro turno restammo quasi in un totale silenzio salvo fatto qualche parola scambiata di tanto in tanto per rompere quella monotonia. T-Dog aveva ragione, quella era davvero la notte più tediosa e alla fine stanca appoggiai il gomito al finestrino per portare la mano all’altezza del capo e appoggiarvi sopra la testa, in quella posizione gli occhi mi si chiusero più di una volta e quando Kim e Shane arrivarono per darci il cambio dissi un fugace “ci vediamo dopo” senza nemmeno prestare loro troppa attenzione.
Arrivata al fienile aprii una delle due ante che richiusi accuratamente dopo essere entrata, salii la scaletta e mi trascinai fino al mio cumulo di coperte dove mi gettai sopra a peso morto; le emozioni dei giorni precedenti mischiate a quelle di quel pomeriggio mi avevano sfiancata.
Mi girai verso Daryl che era già disteso con un ginocchio alzato e una mano dietro la testa, a carponi mi avvicinai a lui facendo scricchiolare le assi sotto di me e rimasi ad osservarlo.
«Cosa vuoi?» domandò senza guardarmi.
«Nulla» risposi. Scostai dai suoi occhi una ciocca di capelli e mi abbassai per lasciargli un bacio veloce.
«Buona notte» sussurrai, la mia bocca ancora sopra la sua sfiorò le sue labbra alle mie parole.
Daryl prese il mio viso tra le mani e mi attirò a sé per un secondo bacio più duraturo e meno fugace, nella foga del momento mi misi sopra di lui a cavalcioni non curandomi del fatto che Merle, a pochi metri da noi, avrebbe potuto vederci.
Daryl spostò le mani ai miei fianchi e con un colpo d’anca ribaltò le nostre posizioni per riprendere a baciarmi e lasciare una scia umida dalle labbra all’incavo del collo dove nascose il viso. Rimase fermo così a lungo e poi sospirò.
Infilai le mani tra i suoi capelli e vi passai più volte le dita massaggiandogli la testa.
«Che c’è?» chiesi.
«Sono troppo stanco per fare qualsiasi cosa» biascicò.
Mi morsi un labbro per non scoppiare a ridere, cosa che feci comunque e quando Daryl mi guardò leggermente irritato dalla mia reazione fui io a nascondermi.
«Scusa» dissi mettendomi a sedere. «La verità è che anche io sto facendo fatica a rimanere vigile» spiegai baciandolo di nuovo.
Rotolai su un fianco per tornare sotto le coperte dove sarei stata al riparo da vento e dagli spifferi d’aria notturni, ma Daryl mi fermò trattenendomi per il fianco.
«Vieni qui» disse solo.
Voltai la testa verso di lui e lo guardai con sguardo inquisitorio.
«Cosa?» domandai incredula. Non credevo che lui fosse tipo da dormire vicino a qualcuno senza prima esserci stato un rapporto.
«Muoviti, prima che cambi idea»
Sorrisi e mi feci più vicina per riuscire ad infilarmi sotto le coperte, stranamente trovai quel giaciglio molto più caldo del mio e posando la fronte contro il suo petto mi accorsi di come il suo corpo fosse caldo e di come nonostante facesse freddo lui indossasse una delle sue camicie senza maniche.
Daryl era abituato freddo a dormire al freddo, la sua vecchia casa era al limite del fatiscente e poteva riscaldarsi solo quando trovava lena per accendere la stufetta, ma anche in quel caso il calore non raggiungeva le camere da letto lasciando quella parte dell’abitazione una ghiacciaia.
Alzai il capo e vidi i suoi occhi chiusi mentre la bocca era leggermente aperta, il suo volto era molto rilassato e grazie alla nostra vicinanza riuscii a sentire come il suo petto si alzasse e abbassasse regolarmente.
Non so quanto tempo dopo mi addormentai, per un po’ rimasi a guardarlo dormire, ma alla fine cullata dal ritmo del suo respiro mi abbandonai al mio sonno.











 

*angolo autrice*
ehilaaaaa! Dunque voglio dirvi che so che avevo promesso di pubblicare due capitoli oggi, ma ho deciso di aggiungere tre capitoli 
incastrandoli all'interno di questo e questo facendolo diventare un unico "grande" capitolo (quindi è come se ne avessi pubblicati quattro, mi perdonate, vero?), perché so che con certezza nei prossimi due giorni non sarò libera.
Quindi io vi saluto in via definitiva e ci sentiamo dopo Natale, 

yulen c:


P.S: buone feste, di nuovo :)))

   
 
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