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Autore: Sanae77    24/12/2015    8 recensioni
Sinapsi
si•nà•psi
1. In neurofisiologia, la connessione funzionale tra due cellule nervose o fra una cellula nervosa e l'organo periferico di reazione.

E se questa connessione avvenisse anche tra due persone?
Svegliarsi e non sapere dove si è collocati.
Non ricordare come ci si è arrivati.
Essere da soli, ma essere coscienti che di solito accanto a noi c’è un'altra persona, che però non c’è.
Un percorso particolare per scoprire la vita della coppia più famosa di CT.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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… otto mesi dopo

Sanae
Finalmente ho risparmiato abbastanza soldi da potermi permettere il volo per il Brasile, Tsubasa sa del mio arrivo, sono emozionata come la prima volta che ci siamo baciati, è da quella famosa settimana di un anno fa che non ci vediamo, quella settimana che ha visto i nostri corpi più maturi, più cresciuti, l’idea di toccarlo nuovamente di stare tra le sue braccia mi fa struggere lo stomaco. La sensazione che sento non è certo dovuta alla fame, anzi, ho un enorme groppo proprio al suo ingresso che non vuol saperne di scendere o salire, è lì, bloccato a metà strada.
In quella splendida settimana che abbiamo passato praticamente sempre insieme come a voler colmare la distanza e il tempo che ci hanno separato per molti mesi, ci siamo cercati e sfiorati più volte, anche se siamo restati sempre i soliti timidi e impacciati, un po’ di audacia in più c’è stata, più volte le mie mani si sono insinuate birichine sotto la sua maglia, e hanno toccato quella pelle ambrata liscia, calda.
Spesso le mie dita si sono spinte fino ai suoi addominali scolpiti, spesso ho baciato e lambito il suo collo come lui il mio, ma la settimana è finita e con essa le nostre prime esperienze.

Un'altra settimana ci aspetta, domani ci sarà la finale di campionato, anche quest’anno sono arrivati in fondo, resta solo l’ultima partita per decretare il vincitore.
Stavolta ci siamo accordati che lo avrei raggiunto io, mi ha promesso di farmi visitare il Brasile, sarà la nostra, prima, piccola vacanza insieme. Non mi capacito ancora di come posso aver accettato di essere ospite a casa di Roberto.

Inizia la discesa per l’aeroporto di San Paolo, il mio cuore subisce un improvviso contraccolpo, non capisco se per la perdita di altitudine o per l’emozione di rivedere Tsubasa, penso sia più dovuto alla seconda ipotesi, mi sudano le mani, ho improvvisamente caldo, un caldo eccessivo vista l’aria condizionata del velivolo.

Finalmente i mie piedi toccano il suolo brasiliano, muovo i miei primi passi in direzione dell’uscita, spero solo di riuscire a vederlo in mezzo a tutte queste persone.
Arrivo all’uscita del Gate con il trolley tra le mani, sto torturando la maniglia, mi fermo un attimo e guardo intorno se riesco a vederlo, ma c’è troppa gente, quindi mi blocco e attendo; inutile spostarsi in giro, rischiamo soltanto di rincorrerci a vicenda.
Ho la gola secca prendo l’acqua della bottiglietta e ne sorseggio un po’, nel farlo mi volto leggermente e i miei occhi si fissano su una persona vicino alla colonna che a braccia incrociate al petto mi sta fissando. Lascio perdere la bottiglietta la ripongo e abbasso gli occhiali da sole che avevo indossato prima di scendere, è un ragazzo alto con jeans e una camicia celeste con maniche arrotolate fino ai gomiti, molto abbronzato, mi sorride. Anche lui compie il mio stesso gesto, abbassa gli occhiali da sole e solo adesso lo riconosco, è Tsubasa. Per tutti gli dei, ma quanto è cresciuto?


Tsubasa
L’attesa è finita finalmente l’altoparlante ha annunciato il VOLO, il SUO volo. Sono appoggiato alla colonna vicino all’uscita del gate, ho indossato gli occhiali da sole per non essere riconosciuto, perché comincio a essere un personaggio piuttosto in vista dopo l’esordio e le vittorie del San Paolo.
Spero di riconoscerla, è passato un altro anno e posso solo immaginare come dev’essere cambiata.
Poi la vedo arriva con passo spedito dal corridoio dell’aereo, tra le mani il trolley, lo percorre fino alla fine e poi si ferma lì. Ha un paio di pantaloni corti di jeans un po’ strappati, sopra una semplice maglietta di cotone rossa, ai piedi delle zeppe color cuoio intrecciate sul polpaccio come i sandali degli schiavi.
Deglutisco a fatica, perché la mia Sane si è trasformata in una donna, una splendida donna. Si è fermata e ha preso la bottiglietta dell’acqua per bere, ed è quando solleva lo sguardo per portare l’acqua alla bocca che i nostri occhi s’incontrano, dopo aver calato entrambi gli occhiali.
Non resisto, affretto il passo e in poche falcate la raggiungo, lei ha lasciato andare tutto quello che aveva tra le mani e adesso sta letteralmente volando tra le mie braccia. Appena siamo vicini ci guardiamo un attimo prima di abbracciarci. Lei mi ha messo le mani al collo, e io l’ho stretta per i fianchi, immagino che se qualcuno ci stesse guardando, possiamo ricordare quelle scene dei film americani.
Il suo volto incastonato tra la spalla e il collo, le sue lacrime sulla mia pelle, la sua bocca vicino all’orecchio che mormora: “mi sei mancato tanto Capitano”.
“Anche tu Sanae, anche tu” rispondo con il cuore impazzito che sembra uscire dal mio petto.
Le sue braccia su di me, il suo corpo che aderisce al mio, il suo profumo di loto che va vibrare ogni cellula. C’è troppa gente per una qualsivoglia forma d’affetto. Finita l’emozione del momento l’adagio a terra intrecciando una mano con la sua, raccogliamo i bagagli e in silenzio ci dirigiamo al taxi.
Una volta all’interno, mi avvicino e poso un flebile bacio sulle sue labbra “Benvenuta a San Paolo” esclamo. Le brillano gli occhi, è come avere al mio fianco una bambina, è felice, e spero in questi giorni di renderla ancora più contenta.

“Allora, ti illustro il programma per oggi, se per te va bene ovviamente?” indago.
“È tutto così strano qua, c’è tantissima gente ed è così grande” esclama con voce emozionata, mentre la vedo sbirciare fuori dal finestrino.
“Già, anch’io appena arrivato sono rimasto imbambolato dalla frenesia. Per oggi avrei pensato: prima tappa casa per depositare i bagagli, dopo stadio, sai, oggi pomeriggio ho un allenamento pre-partita, domani c’è la finale, e se vinciamo stasera per forza ci sarà la festa della squadra.”
“Ottimo programma Capitano – si volta afferra le mie mani – ovviamente do per scontato una vittoria!” afferma convinta.
“Ovviamente” rispondo sorridendo.

Scendiamo sotto casa, prendo i bagagli e faccio strada. Appena varcata la soglia l’accompagno subito alla camera riservata agli ospiti: “prego entra” la invito, mentre ho sistemato le sue valigie alla base del letto matrimoniale.
“Allora quella porta – dico indicando la parete a destra- porta al bagno che è in comune con il mio, infatti la mia camera è dall’altro lato, io vado di sotto a preparare il pranzo, se intanto vuoi farti una doccia?” sono imbarazzato, io e lei da soli in questa casa, Roberto tornerà soltanto stasera, ho avuto come l’impressione che volesse lasciarci soli, ma forse adesso avrei preferito che fosse qua con me.
Si avvicina, le sue mani sul mio petto, solleva le punte dei piedi e mi regala un bacio, non resisto la prendo per la vita e la bacio, davvero.
Le nostre bocche si trovano e si esplorano come non facevano da un anno a questa parte, ma non hanno certo dimenticato, come non hanno scordato le nostre mani, sono soltanto rimaste in sospeso in attesa l’uno dell’altra.
L’assaporo, la bacio, ancora e ancora, ci tocchiamo, ci esploriamo, i respiri sempre più affannati le bocche sempre più affamante, il suo corpo preme sul mio, un attimo di lucidità mi fa separare da lei, le nostre fronti si congiungono, mentre regalandole teneri baci sulle labbra carnose le dico: “Vado a fare il pranzo.”
“Ok” risponde, anche se entrambi non riusciamo a sciogliere l’abbraccio.
Lentamente ci allontaniamo, e prima di uscire dalla camera le parlo di nuovo. “Ti aspetto di sotto, se hai bisogno chiama pure.”
“Ok, grazie” mi risponde.


Sanae
Lo guardo uscire dalla porta e non riesco a distogliere lo sguardo che dalle sue spalle scende ai suoi glutei, i brividi allo stomaco non li controllo più ne ho perso la facoltà, come il mio cuore che galoppa impazzito, decido di andare a fare questa doccia per cercare di calmare tutte queste emozioni.
Vado al bagno mi spoglio e mi dirigo sotto il getto dell’acqua, fa molto caldo e la doccia decido di farla quasi fredda. Mi avvolgo nel morbido telo che vedo ripiegato sulla sedia messa appositamente per questo. Tsubasa è perfetto, ha curato ogni cosa nei minimi dettagli. Solo al pensiero del suo nome, la bocca dello stomaco decide di andare per i fatti propri.
Mi asciugo e dalla valigia tiro fuori un leggero abitino a spalline sottili; è color panna con dei fiorellini provenzali cesti, lo faccio scivolare sul corpo, è molto leggero, mi regala una sensazione di freschezza, scollo a V attillato fino ai fianchi, per poi scendere morbido fin sopra il ginocchio, ho fatto bene a portare cose fresche.
Scendo al piano di sotto e soltanto adesso mi rendo conto che quest’abitazione è praticamente in riva al mare, vado verso la sala che tramite balcone si affaccia sull’oceano brasiliano.
Mi appoggio alla ringhiera assaporando il profumo del mare, non credevo che abitassero in un posto tanto bello, inoltre credo sia molto comodo per gli allenamenti avere la spiaggia così vicina. Sono sovrappensiero e non mi accorgo della figura alle mie spalle, soltanto quando due labbra morbide sfiorano il mio collo cingendomi da dietro, vengo investita dal suo odore.
“Bello vero?” esclama stringendomi al suo petto e scostando i miei capelli.
“Bellissimo” rispondo inclinando un po’ il collo.
“Il pranzo è pronto; se ti va mangiamo qua in terrazza, così ci godiamo la vista.”
“Non potevi avere un idea migliore, non credevo che Roberto abitasse in un posto tanto meraviglioso.”
“Sono rimasto colpito anch’io quando sono arrivato qua, è il posto perfetto per allenarsi.”
Sorrido.
“Che hai da ridere?” chiede curioso.
“Ho pensato la stessa cosa, tra noi scorre il pallone, da sempre” ammetto divertita.
“Già, se non fosse stato per il calcio non ci saremo mai conosciuti.”
“Allora dobbiamo ringraziare questo magnifico sport.”
“Mhmhm” mugugna regalandomi un altro bacio.
Restiamo ancora un altro po’ in contemplazione del mare, poi insieme apparecchiamo sul terrazzo e mangiamo le deliziose pietanze, che mi ha confessato aver comprato alla rosticceria in paese.
Passiamo il tempo a colmare le lacune di questo anno passato lontano, non ci rendiamo conto dello scorrere delle ore.
Vedo Tsubasa osservare l’orologio, scattare in piedi afferrare la mia mano e imboccare la via dell’uscita quasi urlando: “È tardissimo corri”, faccio giusto in tempo ad afferrare la borsa prima che la porta si chiuda.
Nel vialetto d’ingresso mi ritrovo di fronte a uno scooter, con lui che mi porge un casco, lo vedo afferrare la borsa degli allenamenti dal garage e salire sul mezzo. Tanta è la frenesia che mi lancio dietro e mi stringo a lui mentre sfrecciamo per le strade velocissimi per raggiungere lo stadio.


Tsubasa
Lei dietro a me, i suoi seni premuti sulla mia schiena, è una tortura, non riesco a toglierle non solo gli occhi di dosso, ma ogni volta che le sono vicino è difficile tenere a freno la voglia di baciarla, di toccarla. Per fortuna il vento che sento sul mio volto raffredda anche i miei pensieri.
Arriviamo allo stadio, faccio giusto in tempo a indicarle la tribuna da dove può guardare, mentre io mi precipito negli spogliatoi, non mi era mai capitato di arrivare in ritardo, ma oggi ho davvero perso la cognizione del tempo.
Appena entro il mister mi guarda male, mentre lo sento sbottare: “Ozora, spero che domani sarai più puntuale, altrimenti la finale te la scordi.”
“Scusi Mister, non si ripeterà più” dico inchinandomi in segno di rispetto.
“Cambiati e vai a scaldarti con gli altri” mi incita.
“Subito Mister” rispondo pronto, mentre mi sto praticamente vestendo, perché con la coda dell’occhio ho visto i miei compagni uscire dagli spogliatoi.
Esce lasciandomi solo, e pochi istanti dopo sono dietro di lui, lo supero e raggiungo velocemente i mie compagni di squadra, è Pepe il primo a raggiungermi: “Ehi che combini Ozora? Non avevi mai fatto tardi in tutti questi mesi.”
“Sono andato a prendere Sanae all’aeroporto e non mi sono reso conto del tempo che passava, scusate.”
“Ah l’Ozora preso da una ragazza, ragazzi domani festeggiamo anche questa, il fuoriclasse è capitolato tra le braccia di una donna” la voce è canzonatoria e divertita mentre a turno mi danno pacche sulle spalle, credo che il rosso non s’intoni alla maglia dell’allenamento.
“Piantala Pepe!” lo ammonisco.
Ma lui non demorde e continua: “allora dove hai messo la fortunata donzella?” mi chiede.
“È là, sugli spalti” dico indicando un punto preciso, dove ho detto a Sanae di aspettarmi, e appena volto lo sguardo la vedo in piedi alla balaustra che guarda nella mia direzione, alzo un braccio in segno di saluto, e pochi attimi dopo vedo lei fare altrettanto.
“Carina” mormora piano il mio compagno.
“Bellissima altro che, sarà difficile in questi giorni starle vicino.”
“Perché difficile? Dovresti essere contento no?”
“Sì, lo sono” non aggiungo altro perché altrimenti andiamo a parlare di cose per le quali ne sono certo m’imbarazzerebbero fino all’osso. Purtroppo conosco Pepe e la sua ultima occhiata non lascia presagire nulla di buono.
“Quant’è che state insieme?” chiede.
“Circa due anni e mezzo” rispondo a monosillabi, in attesa della DOMANDA, so già che me la farà; lui non ha la mia cultura e il mio carattere, non si fa problemi a parlare di sesso.
Stranamente tace, e mi osserva di soppiatto mentre stiamo correndo intorno al campo, pochi istanti dopo mi sento strattonare per un braccio, restiamo indietro rispetto ai nostri compagni, mi va voltare verso di lui.
Con sguardo tra sconvolto e meravigliato esclama con faccia incredula: “non posso crederci non avete ancora fatto sesso!”
Sento le gote fondere mentre velocemente mi passo una mano sul volto, anche peggio di quello che temevo, cavolo! Almeno ha avuto l’accortezza di far procedere i nostri compagni.
“Pepe, non sono cose che ti riguardano!” vorrei essere più incisivo nel tono, ma sento uscire quasi una voce rassegnata all’evidenza.
“Non avete mai fatto sesso, oddio, non posso crederci” dice afferrandomi per le spalle.
“Piantala!” adesso sto quasi ringhiando, e scuoto le spalle per togliermelo di dosso.
Molla la presa con faccia ancora sconvolta e mentre prendo a correre di nuovo, prima che il mister ci sgridi, lo sento sghignazzare al mio fianco.
“Poi voglio i dettagli” dice picchiando un gomito nel mio fianco.
“Ma neanche per idea, e… non avrei intenzione di far nulla per l’esattezza.”
“E perché mai?”
“Ma … io … al diavolo non lo so, non vorrei affrettare i tempi”
Parte quasi un urlo dal mio amico, ride sguaiatamente.
“Tsubasa due anni e mezzo ti assicuro che sono un tempo più che consono”
“Non abbiamo un rapporto normale in questi due anni ci siamo visti sì e no per dieci giorni.” Ammetto stancamente al pensiero di quanto sia difficile un rapporto a distanza.
Si zittisce, ci riflette, poi esclama: “Avete tutto il tempo di rimediare no!?” e ride.
“Sei impossibile” la tensione si è sciolta, Pepe ci riesce sempre, poi aggiunge “Guarda che anche lei potrebbe voler approfondire la questione che credi? Magari aspetta solo una tua mossa”
Lo guardo di traverso e mi metto a riflettere su questa possibilità, sull’ammissione di Sanae quando per sbaglio le avevo sfiorato il seno. Arrossisco ancora al ricordo. E con un tarlo nuovo in testa, riprendo a correre… forse anche lei.

Finalmente gli allenamenti finiscono, e dopo una doccia veloce presento Sanae ai miei compagni. Tutti la salutano un po’ troppo calorosamente, ma sono perfettamente cosciente che il saluto di questa terra è molto più espansivo del nostro, più volte vedo lei arrossire, lo so, non è abituata a tutti questi contatti, all’inizio anch’io ero in difficoltà.
Pepe non fa altro che complimentarsi con me, mentre insiste sul fatto che devo presentargli un amica della mia ragazza.
Sanae cerca di essere socievole e cordiale con tutti, ma la vedo che è in difficoltà; quindi finiti i convenevoli salutiamo tutti e torniamo verso casa.
Dopo il breve viaggio in motorino arriviamo e troviamo Roberto in sala intento a sorseggiare un te freddo.
Appena entriamo ci accoglie con grande calore, quindi ci sediamo a tavola e tra un boccone e l’altro sorridiamo dei vari aneddoti e vicende accadute in Giappone, a partire dalla sfida lancia a Genzo, alla finale contro Hyuga che per poco non ci rimetto un piede e una spalla.
Finita la cena ci ritiriamo nelle nostre stanze, il viaggio è stato molto lungo, e la vedo, è davvero stanca.
Quindi la bacio e la lascio libera di andare a dormire.
Mi trovo disteso sul letto, sto fissando il soffitto, domani per la prima volta tra gli spalti ci sarà lei, lei che farà il tifo per me. Domani non dovrò soltanto immaginare che ci sia. Lei sarà lì, lì per me.





BUONE FESTE A TUTTI
SANAE77
   
 
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